9. Illusione e realtà, amore e desiderio

(…immersa solo in quel sorriso… in quegli occhi che la

conducevano nelle infinite profondità della sua anima…

 in quel suo sogno incantato finalmente diventato realtà…)

Eccomi ancora una volta nella Foresta Proibita. Alle mie spalle, ad Ovest, l'oscurità della notte è ancora completa… ma davanti a me c'è già il primo vago chiarore dell'alba. La rugiada ricopre ogni cosa col suo velo leggiadro e presto i raggi del sole trarranno riverberi scintillanti da queste minuscole perle d'acqua. Gli orridi animali della notte tornano a rifugiarsi nelle loro tane oscure, mentre gli uccelli più mattinieri già cinguettano felici tra i rami degli alberi. In questo momento la foresta mi sembra una cara, vecchia ed affezionata amica. In questo momento anche la vita, forse per la prima volta, mi sta sorridendo gentile. Osservo il primo raggio di sole che penetra tra i rami frondosi e poi si disperde in tanti minuti bagliori.

Alhyssa.

Alhyssa mi ama.

Alhyssa mi ama da sempre.

Ecco il mio sogno, devo solo tendere la mano.

Questa mattina, forse, il sole è finalmente sorto anche per me.

Chiudo gli occhi e mi abbandono a questa dolce e meravigliosa emozione.

Il dolore acuto della ferita mi riporta bruscamente alla realtà.

Guardo alle mie spalle: il cielo è sempre nero.

Le tenebre del mio passato.

Voldemort è là.

Ancora.

Mi rendo conto che le spietate tenebre che hanno sempre strettamente avvolto il mio passato non mi hanno ancora abbandonato. Voldemort è la mia vera oscurità. La tua luce, mia dolce Alhyssa, non può ancora brillare per me… non finché Voldemort è vivo… non finché può ancora farti del male.

Non è ancora arrivato il tempo di abbandonarmi all'amore. Non posso ancora concedermelo. Se ora permettessi a me stesso di lasciarmi andare alle dolci emozioni dell'amore… sono certo che perderei tutta la mia freddezza ed il mio autocontrollo. Non riuscirei mai più a dominare e a cancellare quest'emozione d'amore, così potente, alla presenza di Voldemort. Gli permetterei di sbaragliare le mie difese e di insinuarsi, con estrema facilità, nella mia mente e di scoprire tutto di me. Non riuscirei più a farmi scudo dell'Occlumanzia e rimarrei inerme davanti all'Oscuro, sua debole preda, come ogni altro mago. Ma io so troppo bene cosa ciò può significare. Troppe volte ho visto maghi, forti e sicuri di sé, crollare miseramente quando si sono resi conto che le persone che amavano erano in pericolo. Troppe volte ho visto padri, sinceri ed onesti, tradire gli amici per salvare il proprio figlio. Troppe volte ho visto mariti, dolcemente innamorati, uccidere con insensibile crudeltà pur di salvare il proprio amore. E tutti, alla fine, hanno perso. Anche quei pochi fortunati che sono riusciti a salvare il figlio… o la moglie… o la loro misera vita… hanno perso la dignità ed il rispetto di se stessi. E sono diventati schiavi abbietti dell'Oscuro Signore, che ha saputo togliere loro ogni speranza. I miei occhi hanno visto troppe sconfitte, le mie orecchie hanno ascoltato troppe urla disperate… ed io ho imparato a non fare passi falsi… mai.  Ho congelato ogni mia singola, trascurabile ed insignificante emozione, ho rinnegato di possedere un cuore capace di amare e di soffrire, ho soffocato in un rogo ardente ogni singolo ansito della mia misera anima. Questo è il prezzo che ho dovuto pagato per sfidare l'Oscuro Signore, per poterlo guardare senza alcun timore in quei suoi spietati occhi iniettati di sangue, per riuscire a mentirgli con il più completo distacco negli occhi e nella voce. Mi sono condannato al gelo ed alle tenebre per combattere e distruggere Voldemort… ed ora devo terminare ciò che ho iniziato. Lo devo a tutte le vittime innocenti il cui sangue è ancora sulle mie mani. E' il mio debito d'onore… non posso non pagarlo… io voglio pagarlo!

Il mantello si è impigliato nei rovi… come diavolo ho fatto a finirci in mezzo… Sto lottando per liberarmi, ma le spine mi assalgono impetuose, mi si parano davanti e mi feriscono crudelmente le mani mentre il sole illumina le minute goccioline di sangue che stillano da tutti questi piccoli graffi. Sono intrappolato, proprio come lo è il mio cuore, da quest'insormontabile muro di rovi spinosi… non c'è luce per me… non c'è speranza… non c'è alcun futuro possibile. Ci sono sempre e solo le colpe e le tenebre del mio passato che mi schiacciano e mi opprimono. Ancora non posso anelare alla felicità, ancora non posso amarti Alhyssa, non devo coinvolgerti nella mia oscurità… non posso farlo… non voglio… Tu sei solo luce e calore e speranza… mentre io rischio solo di distruggerti, annullandoti nella mia eterna notte disperata.

Ora anche il sole si sta offuscando… l'oscurità sta tornando ad avvolgermi nelle sue gelide spire. Barcollo, cerco di sfuggire alle ombre minacciose del mio passato che m'inseguono e sono sempre più vicine, cerco di non ascoltare gli urli strazianti delle mie vittime innocenti che rimbombano sempre più forti nelle mie orecchie… Ma i rovi mi stringono e mi ghermiscono con le loro unghie affilate, non riesco a fuggire… Stremato, sudato ed impaurito cado in ginocchio tra i rovi imponenti, cercando di proteggermi il volto con la mano…

Il dolore acuto delle spine che mi trafiggono le gambe mi riporta finalmente alla realtà.

Sono un idiota… solo uno stupido idiota: sto delirando per la febbre… la ferita sta pulsando rabbiosamente… ho perso troppo sangue. Devo tornare al castello, alla svelta… Prendo la fiala di pozione Corroborante dalla tasca del mantello e ne trangugio in un sorso l'intero contenuto… mi passo una mano sugli occhi, come a cercare di schiarirmi la vista. Stringo i denti e mi rialzo. Posso farcela. Allungo il passo pestando con decisione il piccolo cespuglio di rovi sul quale sono miseramente crollato e mi dirigo nuovamente verso Hogwarts. Poi qualcosa mi distrae: là, in mezzo ai rovi, il sole sta traendo dei brillanti riflessi vermigli. Mi chino ad osservare… uno splendido e delicato fiore fa capolino tra le spine: è di un rosso inteso, come il fuoco… come l'amore… come la mia passione per Alhyssa. Allungo una mano per raccoglierlo, incurante dei nuovi graffi che mi sto procurando. Quel fiore rosso, illuminato dal sole, imprigionato in mezzo ai rovi… deve avere un significato… un significato importante. E' come il mio cuore straziato che ancora pulsa disperato… che urla chiedendo pietà… che cerca smanioso la libertà. E' come la mia dolce ed appassionata Alhyssa che attende di donarmi il suo amore… Le mie dita si stringono delicatamente sul gambo del fiore purpureo… per un istante la mia mano trema, quasi indecisa. Poi lo colgo e lo porto alle labbra per sfiorarlo delicatamente, in un quieto sospiro.

Anche per me verrà il dolce tempo per amare, ora ne ho la certezza. Ma prima devo compiere il mio dovere e pagare il mio debito. Devo riportare la sicurezza nel mio mondo… e ricacciare per sempre quel demone infernale nelle tenebre dalle quali è emerso tanti anni fa.

Il sole ormai splende sulla Foresta Proibita e distinguo in lontananza le torri di Hogwarts.

*

Ancora non ci credeva… ma alla fine era riuscito ad arrivare al castello ed a trascinarsi a fatica verso il suo appartamento. Era crollato tra le braccia di Alhyssa che lo aveva adagiato sul letto. In poche parole, certo alquanto confuse, le aveva raccontato tutto di Lupin e del suo fortunoso salvataggio. Ma non le aveva detto nulla di quanto Remus gli aveva rivelato su di lei.

La maga lo guardava scotendo lievemente il capo, incredula, con quei suoi meravigliosi occhi verdi che sapevano sorridere alla sua anima, che sapevano riscaldare il suo cuore. Cominciò a sciogliere la fasciatura di fortuna alla spalla ed inorridì quando vide la ferita.

- E' un taglio molto profondo Severus. Dobbiamo andare da Madama Chips. –

- No. Nessuno deve vedere… nessuno deve capire. – sussurrò lui.

- Ma io… cosa posso fare… - mormorò Alhyssa – Ci vorrebbe una pozione rigenerante… -

Severus sorrise stancamente indicando l'armadietto nell'angolo:

- Là troverai tutti i semi-preparati necessari per un veloce approntamento della pozione Cicatrizza e Rigenera. –

- Quella terribile pozione? Ma è dolorosissima! – esclamò Alhyssa allarmata.

- Ne conosci forse un'altra in grado di rimettermi in sesto in poche ore? – la sfidò lui.

- No, maledizione. Per il semplice fatto che non ne esiste un'altra. – imprecò la maga.

- Allora non perdere tempo in stupide chiacchiere. – sibilò Severus - Credo di essere prossimo a svenire. Datti da fare alla svelta. –

Alhyssa sbuffò. In un modo o nell'altro finiva sempre per trovarsi ad eseguire gli ordini che Severus le abbaiava addosso sgarbatamente. Anche se doveva sempre ammettere che lui aveva perfettamente ragione. Aveva sempre maledettamente" ragione.

E lei lo amava, sempre di più, ad ogni singolo istante che passava.

In pochi minuti la pozione fu pronta e la appoggiò sul comodino. Pulì accuratamente la ferita, cercando di essere quanto più delicata possibile, ma sobbalzando ogni volta che lo vedeva stringere i denti o socchiudere gli occhi. In un attimo fu in bagno di sudore. Allungò la mano tremante per prendere l'ampolla con la pozione che aveva appena preparato.

Severus posò la mano sulla sua, fermandola:

- Stai tranquilla Alhyssa… va tutto bene. – sussurrò piano, con voce dolcemente rassicurante. – Rovescerai la pozione se le tue mani continuano a tremare in questo modo… -

Alhyssa lo guardò… e sentì tremare anche il suo cuore. Vide la mano ricoperta di graffi. Vide il suo volto estremamente pallido e sfinito dalla sofferenza, i lunghi capelli neri sparsi sul cuscino bianco, le labbra sottili, esangui, dischiuse in un sorriso rassicurante, appena accennato. Vide il fuoco che ardeva nei suoi profondi occhi neri, lesse di nuovo il messaggio d'amore che quelle impetuose fiamme nere portavano a galla dalle profondità di quel suo Cuore Oscuro… e seppe che anche lui stava leggendo nei suoi occhi lo stesso messaggio. Non c'era alcun bisogno di parlare… le parole erano ormai del tutto inutili… il loro amore era troppo grande per essere imprigionato in semplici parole…

La sua mano tornò sicura e ferma. Prese l'ampolla e con un lieve tocco impresse un movimento circolare al liquido ambrato, affinché la pozione risultasse magistralmente mescolata. Colse un lampo d'orgogliosa approvazione scaturito per un istante dagli occhi di Severus. Quindi lo versò senza esitazione sulla ferita… perfettamente consapevole del terribile dolore che il liquido avrebbe immediatamente scatenato. Chiuse gli occhi e strinse i denti mentre cercava, a tentoni, di riappoggiare l'ampolla vuota.

Severus fu assalito dal lancinante dolore provocato dalla pozione che, immediatamente, cominciò ad agire sulla profonda ferita cicatrizzandola e rigenerando i tessuti, tendendo a comprimere in poche ore l'intero processo di guarigione… ma concentrando in quel ridotto periodo di tempo, e segnatamente i suoi primi minuti, tutto il dolore che la natura, generosa con gli uomini, aveva distribuito in diversi giorni lungo il normale processo di guarigione. Ma Severus non era mai stato generoso con se stesso… meno che mai il giorno in cui era riuscito a sviluppare quella pozione fino a quel suo limite estremo. Anche se, ogni volta che la assumeva, il dolore sembrava sempre coglierlo impreparato. Certo vi era un nesso diretto tra l'intensità del dolore e la gravità della ferita… ed il taglio infertogli da Lupin era molto profondo. Ma Alhyssa era china su di lui… e non voleva che capisse… neppure un gemito doveva sfuggirgli, neppure un sospiro… Anche se sapeva benissimo che lei conosceva l'effetto di quella pozione… ma non voleva che lei vedesse il dolore sul suo volto.

Alhyssa riaprì infine gli occhi e si costrinse a guardarlo: le sue belle labbra, lievemente dischiuse, tremavano appena; i suoi profondi occhi neri erano socchiusi… ma ogni tanto li spalancava per un istante… ed erano colmi di sofferenza. Ma neppure il più piccolo lamento sfuggiva dalle sue labbra. Si chinò a prendergli la mano, stringendola… soffrendo con lui. Severus strinse la sua mano… e le regalò un piccolo ed incerto sorriso. Alhyssa sentiva l'amore crescere sempre più verso quell'uomo incredibile. Sapeva benissimo quale dolore stava sopportando… eppure era lì, con quel sorriso sulle labbra tremanti… affinché lei non si preoccupasse troppo. Ricambiò il sorriso, senza riuscire a trattenere una lacrima: in quel momento desiderò intensamente d'essere una Fenice…

Finalmente quei primi, interminabili e terribili minuti erano passati. Lo vide rilassarsi un poco sul cuscino e chiudere gli occhi. Terminò di medicare la ferita e lavò dal sangue il resto del busto, buttando via la camicia ed il mantello, lacerati ed impregnati di sangue. Quindi si accinse ad immobilizzargli il braccio sinistro sul petto.

Solo in quel momento si accorse che la sua mano stringeva qualcosa: un piccolo fiore purpureo, dal colore incredibilmente intenso, faceva capolino tra le sue dita, fragile e forte al tempo stesso, delicato ed orgoglioso. Un meraviglioso fiore di rovo, nato nella profonda oscurità della foresta, cresciuto sfidando ogni giorno la morte delle spine, colto per lei dall'uomo che l'amava oltre ogni limite. Il simbolo sublime del loro amore. Delicatamente glielo sfilò dalle dita e lo portò alle labbra. Severus riaprì gli occhi in quell'istante. Il loro fu uno sguardo interminabile, intenso, intriso di un amore profondo e sconfinato.

- Ti amo. – sussurrò piano Alhyssa – Immensamente. – e si chinò lentamente su di lui a sfiorargli appena le labbra, che fremettero a quel suo tocco leggero.

Severus l'allontanò con dolcezza e tornò a rimirarla. Lei leggeva un infinito desiderio nella splendente luce nera dei suoi occhi.

- Ma anche tu mi ami… - affermò la maga, con dolce sicurezza – Perché continui ad allontanarmi da te? –

- Non posso… ancora non posso. – sospirò Severus socchiudendo gli occhi.

- Perché? Perché non puoi? –

- Alhyssa… Alhyssa… come è dolce il tuo nome sulle mie labbra… - mormorò piano – Se io ti amassi ora… metterei a rischio la tua vita. L'Oscuro Signore ancora incombe su di noi: ho visto troppi uomini perdersi per amore… e perdere il loro amore. –

Severus protese la mano fino a sfiorare appena la guancia di Alhyssa:

- Nessuno deve sapere che ti amo. Anche tu non avresti mai dovuto saperlo. –

La sua voce era un delicato sussurro d'amore ed i suoi occhi brillavano d'incantato e puro desiderio.

- Prima occorre distruggere il malefico potere dell'Oscuro. Per questo ero fuggito da te, sei mesi fa. –

Alhyssa afferrò la sua mano premendola contro la propria guancia e baciandone teneramente il palmo:

- Sei un uomo meraviglioso, Severus. Ed io ti amo, ogni istante sempre di più. – sussurrò la maga, gli occhi dilatati e scintillanti – Ti imploro… lasciati amare! Sarà il nostro meraviglioso segreto… ti prego… -

Lui scosse il capo, mestamente, e riuscì a far scivolare via la mano da quelle labbra brucianti:

- No, mio dolce amore. Un gesto, uno sguardo presto ci tradirebbero. –

La mano di Alhyssa stava ancora cercando di trattenere la sua… e lui la strinse, portandola poi vicino alla sua guancia.

- Per quanto io sia bravo ad occludere la mia mente all'Oscuro… so per certo che non riuscirei mai a nasconderti a lui. E non posso farti questo… - sussurrò in tono sconsolato - Ho già perso una volta la donna che amavo perché non ho saputo rinunciare a lei… non ripeterò lo stesso errore! –

- Io non voglio rinunciare a te… e non ti permetterò di rinunciare a me! – esclamò lei con impeto.

- Alhyssa…ti prego, non insistere… – la implorò Severus, socchiudendo gli occhi mentre portava alle labbra la mano della sua donna.

– Ti amo… - sussurrò con amore, sfiorandole appena, con le labbra, la punta delle dita. - Ti amo immensamente… ma prima dobbiamo distruggere l'Oscuro! –

- E allora distruggiamolo alla svelta! – cercò di sorridere Alhyssa.

Anche Severus sorrise, socchiudendo appena le labbra sottili. Un sorriso solo lievemente accennato, un dolce sorriso incantato che sembrò liberare le fiamme nere e splendenti dei suoi occhi.

Ad Alhyssa sembrò di librarsi nell'aria, immersa solo in quel sorriso… in quegli occhi che la conducevano nelle infinite profondità della sua anima… in quel suo sogno incantato finalmente diventato realtà…

- Com'è bello il tuo sorriso, Severus! –

- E' per te, solo per te Alhyssa. Per la donna che mi ha fatto tornare a vivere, a sognare, ad amare… ed a sorridere. –

La voce di Severus, infinitamente dolce, lasciava trasparire con intensità tutto il suo immenso amore:

- Per la donna che ha saputo liberare il mio cuore dall'oscurità… per inondarlo con la luce della sua speranza. –

Severus trasse delicatamente Alhyssa verso di sé:

- Ti amo! – le sussurrò piano, sfiorandole soavemente le labbra, in un dolcissimo e casto bacio, prima di allontanarla ancora una volta da sé, con un lungo e sofferto sospiro.

Poi Severus strinse gli occhi e si morse forte il labbro per cercare di resistere… a se stesso. Mai ci fu duello più arduo e dall'esito così incerto… di quello che il mago combatté contro di sé in quel momento.

Infine riaprì lentamente gli occhi, dove le fiamme ardenti della sua passione d'amore avvampavano ancora tumultuose ed indomabili.  Ma per quella volta, ancora, era riuscito a vincere quella battaglia che si faceva sempre più difficile e dal risultato quanto mai imprevedibile.

- Ora è meglio che tu finisca di medicarmi la ferita. – disse con tranquillità.

Alhyssa lo guardava, quasi incredula per l'esito di quella lotta, della quale aveva ben compreso il significato. Eppure era anche profondamente ammirata ed infinitamente orgogliosa che quell'uomo sublime… amasse proprio lei.

Prese la bacchetta e fece comparire un vasetto d'acqua dove immerse il fiore purpureo che, fino a quel momento, aveva stretto tra le dita. Un lieve tocco della bacchetta ed il fiore ritrovò tutta la sua naturale freschezza. Senza dire una parola, ma sempre sorridendo felice, terminò di medicarlo immobilizzandogli il braccio sinistro sul petto. Quindi gli fece bere una pozione soporifera e si accomodò vicino a lui, attendendo che si addormentasse.

Severus era sempre rimasto serio e silenzioso, ma non l'aveva mai abbandonata con lo sguardo. Uno sguardo che valeva ben più di mille parole. Un fuoco ardente che riscaldava il cuore.

Finalmente scivolò nel sonno.

Alhyssa si chinò su di lui per accarezzargli dolcemente il volto, spostando quella ciocca di capelli neri sempre ribelle. Rimirò il suo viso, finalmente rilassato in quel sonno ristoratore, dove ogni ruga sembrava scomparsa. Anche quelle che lei amava così tanto: quelle sottili e numerose all'angolo degli occhi e quella profonda, quasi scavata verticalmente nella fronte, appena sopra il naso. Sfiorò con le dita le labbra sottili, morbidamente dischiuse nell'abbandono del sonno, le guance pallide, la tempia ed i capelli disordinati… Poi si chinò su di lui per rubare un dolce bacio alle sue labbra e sussurrò piano:

- Ti aspetterò amore mio… per tutto il tempo che sarà necessario! –