Capitolo 2
Il patto

-Un comportamento inammissibile, Colonnello. Per l'amore di Dio, una ragazzina!-

-My Lord, con il dovuto rispetto, questa ragazzina, come la chiamate voi, è una ribelle e per colpa sua Rupert Halliwell è riuscito a fuggire-

-E' ovvio che abbia cercato di difenderlo, Colonnello! Era suo fratello maggiore, a quanto mi avete detto!-

-My Lord...-

-Non ammetterò un comportamento del genere in futuro, Colonnello Tavington! Voi e la vostra dannatissima sete di gloria! Non si è mai, dico mai sentito di un soldato nobile del vostro calibro compiere simili atrocità! Prima i ribelli impiccati agli alberi di Pembroke, poi questa povera ragazza che rischia di essere strangolata da uno dei miei colonnelli più in vista! Vi rendete conto della gravità della cosa?? Vi rendete conto della reputazione che date a voi stesso, a me, all'intero corpo dei Dragoni e persino a Sua Maestà???? Ci state facendo passare per carnefici!! Tutto per colpa vostra!-

Un sospiro profondo e spazientito.

-Le mie scuse, My Lord-

Le due voci provenivano da piuttosto lontano. Si udì un sospiro un po' più vicino e una porta chiudersi lentamente.

Natasha aprì gli occhi. Inizialmente vide tutto sfocato, poi riuscì a distinguere un soffitto bianco un po' confuso che si definiva pian piano. Arrivarono le prime sensazioni: un dolore sordo intorno al collo, al fianco, alla guancia... qualcosa di fresco, umido e ristorante sulla fronte... il caldo di pesanti coperte sul suo corpo non più congelato dalla neve ma asciutto e pulito... Le prime emozioni furono di grande benessere e sereno oblio. Fino a quando non le arrivarono dei ricordi e allora il malessere psicologico soffocò la comodità fisica... Sua madre che cadeva a terra ricoperta di sangue... Alan che moriva nel giro di pochi secondi... Rupert che scappava veloce nella foresta... un braccio che le stringeva il collo fino a farle perdere i sensi... due occhi azzurro ghiaccio...

Natasha battè le palpebre ripetutamente, cercando di vedere un po' meglio. Intanto, qualcuno le disse:

-Ben svegliata, Miss Halliwell-

Natasha, con un certo dolore, voltò la testa e vide chi aveva parlato. Felton le sorrideva rassicurante dal lato destro del letto.

-Dove... sono?- chiese Natasha, la voce impastata e arrochita. -A Fort Carolina- rispose lui –Siete giunta qui in condizioni molto gravi. Eravate svenuta per... bè... il Colonnello Tavington ha cercato di strangolarvi. Immagino che non ricordiate molto...-

-Qualcosa- ammise Natasha, cercando comunque di scacciare il ricordo.

Felton scosse la testa con disapprovazione.

-In ogni caso, ho espresso a Lord Cornwallis il mio disappunto. Volevano che voi cominciaste a lavorare domani! Nelle vostre condizioni, direi che una settimana di riposo sarà più che necessaria-

-Grazie- disse Natasha debolmente –Ma perché vi prendete tanta cura di me? Non sono che... una ribelle-

Felton sorrise.

-E' vero, siamo in guerra, ma questo non vuol dire che tutti gli inglesi si debbano comportare come Tavington. Voi che ne dite?-

Natasha annuì dolorosamente.

Felton le si avvicinò e girò il panno che aveva sulla fronte.

-Avete bisogno di riposo, Miss Halliwell-

Regnò il silenzio per qualche minuto. Felton continuava a guardarla con quell'aria compassionevole che le dava uno strano senso di sicurezza.

Poi Natasha disse:

-Cosa dovrò fare una volta guarita, signor Felton?-

Felton fece un piccolo sbuffo divertito: -Non sono ancora "signor Felton", Miss Halliwell. Ho diciotto anni. A proposito, non mi sono ancora presentato come si deve. Thomas Felton, futuro Sir Felton-

-Natasha Halliwell- mormorò lei in risposta.

-Potete chiamarmi semplicemente Tom-

-E voi potete darmi del tu, se volete. E chiamarmi Natasha o Tasha. Come mi chiamava mia madre...-

Gli occhi di Natasha si riempirono di lacrime. Il ricordo di sua madre era troppo doloroso. Era troppo da sopportare. Tom le accarezzò il viso con la mano.

-Mi dispiace-

Natasha non riusciva a parlare: il pianto le serrava la gola in una morsa.

In quel momento la porta si spalancò. Tom e Natasha si voltarono giusto in tempo per vedere il Colonnello Tavington avanzare deciso nella stanza, il caschetto da cavalcata sotto il braccio.

-Colonnello Tavington, cosa ci fate qui?- chiese Felton.

-Sono venuto a trovare Miss Halliwell- rispose la fredda voce del Colonnello. Natasha chiuse gli occhi e cercò di addormentarsi prima di vederlo ancora.

-Non mi sembra il momento più adatto, Colonnello- replicò Tom.

-Davvero? Bè, si dà il caso che ho molta fretta e il Generale Cornwallis mi ha ordinato di venire a farle visita. Perciò, Felton, se volete scusarmi...-

Dopo aver scansato Felton, Tavington si sedette su una sedia vicino al letto su cui giaceva Natasha. Poi si voltò verso Tom.

-Lasciatemi solo con lei-

Tom scosse la testa: -Non se ne parla-

-Felton, sono qui per ordine di Lord Cornwallis, come vi ho già spiegato. Fatemi il piacere di andarvene-

-No, Colonnello-

-Felton...-

-Perché volete starvene da solo con lei, se non per farle del male? Non le avete fatto abbastanza? Ha rischiato di morire, Colonnello, solo per colpa vostra!- disse Tom arrabbiato.

-Gli ordini di Lord Cornwallis non si discutono, Felton- disse Tavington, un ghigno nella voce.

-Uscirò, allora, Tavington. Ma ascoltatemi bene: voi provate a torcerle un solo capello e siete un uomo morto-

-Sì, certo, Felton. Chiudete la porta- la voce fredda di Tavington accompagnò Tom fino all'uscita dalla camera.

Tavington si voltò verso Natasha. La ragazza tremava sotto le coperte e aveva ancora gli occhi chiusi. -So che siete sveglia, Miss Halliwell- disse lui –Aprite gli occhi- Natasha rabbrividì, ma non aprì gli occhi.

-E' un ordine... Natasha-

Il modo con cui disse il suo nome, così strascicato e sarcastico, la spinse ad aprire gli occhi.

-Molto meglio-

Natasha non riusciva a credere che stava guardando l'uomo che aveva ucciso sua madre, suo padre e suo fratello. Non riusciva a credere di essergli così vicina...

-Avete dei bellissimi occhi, Natasha- disse lui, scostandole un ciuffo ramato dal viso.

Brividi, brividi la attraversavano...

Avvenne in un attimo.

Tavington si chinò lentamente su di lei, e Natasha non aveva la forza di muoversi... sentì il suo profumo più intensamente che mai, un profumo da uomo, che ora le riempiva le narici... Vide il viso di lui sempre più vicino al suo... lo vide socchiudere gli occhi... poi sentì le labbra di lui appoggiarsi sulle sue... La baciò. Le sue labbra accarezzarono quelle di lei, poi le aprirono la bocca e la esplorarono brevemente. Natasha non riusciva a capire nulla. Sentiva solo quello che lui le stava facendo. Brividi la percorsero. Non riusciva a muoversi, avrebbe tanto voluto andarsene... spostarsi... stava baciando un assassino... Tavington si alzò. Aveva un'espressione di grande compiacimento.

-Credo che ci divertiremo molto nei prossimi giorni, Natasha. Quando tu sarai completamente al mio servizio...-

Con un ultimo ghigno malefico, Tavington abbandonò la stanza, lasciando Natasha sola con i suoi miserabili pensieri.

****

I giorni trascorsero velocemente e Natasha stava sempre meglio. Di salute. Per tutto il resto, avrebbe benissimo potuto suicidarsi. Tavington, fortunatamente, fu molto impegnato nei giorni seguenti, e Natasha non lo incontrò più dopo la sua ultima, terrificante visita. Il terzo giorno di permanenza a Fort Carolina, Tom arrivò con il vassoio della colazione come era suo solito. Natasha aveva avuto modo di scoprire che Tom era davvero un ragazzo simpatico: gentile e premuroso, le portava sempre un vassoio con delle cose da mangiare, si preoccupava della sua salute, chiacchierava con lei, la rassicurava. Era l'unica persona con cui lei riuscisse a sentirsi tranquilla, là dentro. Il peggiore di tutti era Tavington: Natasha non riusciva a credere a cosa le avesse fatto. A volte si chiedeva se fosse successo veramente: in fondo era traumatizzata ed era appena rinvenuta da uno svenimento. Proprio non lo sapeva. Troppe volte le era venuta la tentazione di raccontare tutto a Tom; di lui si fidava ciecamente, nonostante non lo conoscesse da molto. Ma confidargli ciò che forse era successo non era una buona idea comunque. Se Tavington avesse saputo che lei aveva parlato? L'avrebbe uccisa, senz'altro. E lei aveva troppa paura di morire. Il dolore della morte dei suoi cari non si era ancora estinto; bastava che Natasha parlasse o pensasse a loro che le lacrime le giungevano spontanee. Infatti lei e Tom parlavano molto raramente dell'argomento. Si limitavano a chiacchierare sulla guerra, sul tempo, spesso si raccontavano le loro vite. Natasha ora sapeva che Tom era figlio di un barone molto ricco che al momento aveva deciso di tornare in Inghilterra con la moglie fino alla fine della guerra. Tom non aveva avuto voglia di lasciare l'America, perciò era andato a stare a Fort Carolina, che oltre ad essere un ottimo riparo dai ribelli, era anche la dimora di suo zio, il Generale O'Hara, il fratello di sua madre. Natasha lo aveva visto solo una volta: era un uomo basso e pallido, con due grandi occhi molto attenti e vispi. Era un soggetto molto strano, a quanto le aveva raccontato Tom: era sì, un gentiluomo, ma essendo il secondo Generale, doveva sottostare agli ordini di Lord Cornwallis, il Generale vero e proprio. O'Hara seguiva Cornwallis ovunque, era come il suo fedele cagnolino. Inoltre O'Hara aveva confidato a Tom che il suo sogno nel cassetto era diventare un tenore. Il che lo rendeva davvero una persona curiosa. Erano tante le volte in cui Natasha e Tom erano scoppiati a ridere nel sentire O'Hara urlare: -Aprite i cancelli!- con evidente intonazione canora. Natasha stessa riteneva O'Hara un uomo piuttosto affabile. Per quanto riguardava Lord Cornwallis, Natasha non lo aveva mai incontrato di persona, ma anche quando era ancora con la sua famiglia aveva sentito parlare bene di lui: era un nobile inglese ricco e distinto, combatteva la guerra con lealtà, anche se con evidente snobbismo. Era la persona più importante all'interno del forte e l'unico con cui si confidava era O'Hara. Da quando, tre anni prima, sua moglie era morta di febbre, era diventato sempre più introverso ed ora trovava la gioia solo nei suoi cani, Jupiter e Mars, che si vociferava gli fossero stati donati da Re Giorgio III in persona. Quel freddo giorno di fine gennaio, comunque, era appena iniziato e Tom portava con sé, come al solito, il vassoio della colazione. Le due grandi finestre della stanza erano coperte da una cortina di neve e fiocchi candidi ancora cadevano sul cortile all'esterno.

-Buongiorno, Natasha- disse Tom, entrando. Ormai entrambi si chiamavano per nome e si davano del tu.

-Buongiorno, Tom- rispose Natasha.

-Stai bene? Come và il collo?-

-Bene- disse lei –Ma mi stavo domandando una cosa-

-Cosa?- domandò Tom, sedendosi sulla sedia accanto al letto.

-Tre giorni fa, quando ti ho chiesto che lavoro mi affideranno, non sei riuscito a rispondermi... è arrivato il Colonnello-

-Già- disse Tom, pensoso –Bè... ho parlato con mio zio, gli ho detto ciò che tu mi avevi raccontato riguardo alla tua passione per i cavalli e... bè, ci farebbe piacere che tu facessi la stalliera. Dovrai pulire la stalla, spazzolare, nutrire e sellare i cavalli... cosa ne dici?-

Natasha sorrise debolmente: -Andrà benissimo. Grazie, Tom-

Tom ora sembrava imbarazzato.

-Tom? Qualcosa non và?- gli chiese Natasha.

-No, è solo che... vedi, i cavalli di tutti i soldati sono in un'unica, grande stalla, quella di cui ti occuperai tu. Quindi, bè...-

Natasha deglutì:- Ci sarà anche il cavallo del Colonnello Tavington, vero?-

Tom annuì.

-Mi dispiace, ma è così-

Regnarono alcuni minuti di silenzio nei quali Natasha non potè fare a meno di ricordare la sensazione provata quando Tavington aveva posato le labbra sulle sue. Deglutì, quindi cominciò a fare colazione. Tom non parlò. Entrambi erano quieti. Entrambi avrebbero voluto fare qualcosa per cambiare la situazione, ma nessuno di loro poteva. Era una sensazione alla quale entrambi, come vedremo poi, avrebbero dovuto abituarsi.

****

Quella notte, il Colonnello Tavington se ne stava nel suo studio, strofinandosi gli occhi stanchi. Era distrutto. Fissò annoiato i fogli sparsi sulla sua scrivania di mogano illuminati dalla debole luce aranciata delle candele sparse nella stanza. Quelle lucine fioche facevano sembrare tutto più noioso, lo facevano sentire spossato. Si versò un bicchiere di brandy. Mmm. Adesso andava un po' meglio. L'indomani avrebbe avuto una battaglia e proprio non voleva andarci. Almeno avrebbe ucciso qualche altra dannata giubba blu. Come quando aveva ucciso George Halliwell... che soddisfazione immensa. Ed ora aveva anche sua figlia, la bella Natasha. Era strano che un fiore delicato come lei fosse nata da uno zoticone come Halliwell. Com'era stato inebriante baciarla, mentre lei non poteva muoversi. Le labbra di Tavington si piegarono in un sorriso crudele a quel ricordo. Se solo Felton non si fosse intromesso, che bel lavoretto le avrebbe trovato lui... anzi, se Felton non si fosse messo in mezzo probabilmente ora lei sarebbe stata lì con lui, legata al suo letto, mentre lui le sfilava lentamente via i vestiti...

William, vecchio mio, si disse tra sé e sé, Anche con le ragazzine?

-Perché no?-mormorò fissando il vuoto.

Quanti anni doveva avere? Quindici o sedici, probabilmente. Ed era così piccolina. Fragile, delicata...proprio il genere di ragazze che lui era solito violentare... mmm... sarebbe stato bello portarla a letto, proprio sì...

-Troverò il modo- si disse, riordinando i fogli e buttandosi nel letto. Dopodichè, s'immerse in pensieri insani che lo portarono al sonno profondo.

****

Natasha, nella sua stanza, non riusciva a prendere sonno. Aveva troppa paura di fare un incubo che le era capitato la notte precedente. Sua madre, suo padre e Alan la accerchiavano e le ripetevano che era colpa sua se erano morti... poi arrivava Tavington che la prendeva e la baciava, mentre lei d'un tratto si paralizzava e non riusciva più a muovere un muscolo... era stato terribile. Visto che proprio di dormire non se ne parlava, decise di alzarsi. Aveva recuperato molte delle sue forze negli ultimi giorni: riusciva a camminare bene, anche se le gambe erano un po' indolenzite, dopo essere stata tre giorni nel letto. Si alzò e raggiunse la finestra, davanti a cui c'era il comodino con la brocca dell'acqua. Mentre si versava da bere, lo sguardo le cadde sul cortile oltre il vetro. Come avrebbe voluto essere là fuori... provò, più silenziosamente possibile, ad aprire la finestra, solo per scoprire che non era una finestra bensì una vetrata. Non c'era modo di aprirla, a meno che non la si rompesse. Il rumore avrebbe svegliato l'intero forte (Colonnello Tavington compreso) e le sentinelle all'esterno sarebbero accorse per catturarla. La sua situazione sarebbe solo peggiorata. No, tentare una fuga era una pazzia. Sospirò, quindi si avvicinò lentamente alla porta della camera. Non aveva mai visto il resto del forte. Ma se c'erano delle guardie in corridoio avrebbero di certo pensato che stesse tentando di fuggire. Così, Natasha si rimise a letto. Non a dormire, a pensare. Come evitare il destino? Come superare quel momento? Come stava Rupert? Dov'era? Oh, come avrebbe voluto rivederlo... Ma sapeva che Tavington ora gli stava dando la caccia, quindi senza dubbio ora Rupert era nascosto. Chissà se era ancora in America... probabilmente sì. Non aveva i mezzi per lasciare il paese. Oh, tutte le cose che la guerra le aveva fatto perdere... padre, madre, uno dei fratelli maggiori... e forse anche sua sorella gliel'aveva sottratta la guerra. Già, Sharon. Presa dagli eventi tremendi degli ultimi giorni, Natasha non aveva più pensato a lei. Si augurò che stesse bene, ovunque fosse.

****

I giorni seguenti trascorsero veloci. Tom le fece visitare i giardini intorno al forte, e le disse che comunque non era molto sicuro andarci, per via delle varie scorribande e dei numerosi attentati. Bastava muovere un piede fuori dall'alto cancello di legno (cosa comunque impossibile perché era sorvegliatissimo) che eri in pericolo mortale. Bisognava avere una scorta di almeno quattro uomini per farlo. Fu per questo, forse, che la passeggiata con Tom non piacque moltissimo a Natasha. Detestava essere seguita e sorvegliata. Il giorno dopo, cioè il giorno in cui Natasha avrebbe cominciato a lavorare, Tom l'aveva condotta nel cortile, dove le aveva mostrato la stalla, luogo sorprendentemente vasto. Le pareti e il pavimento erano di pietra: la stanza era divisa in piccoli reparti, circa due dozzine per lato, nei quali stavano i cavalli. Alcuni destrieri al momento erano fuori, come aveva spiegato Tom, ma i rimanenti erano comunque numerosissimi. Erano tutti cavalli adulti molto forti e robusti: i loro manti lucidissimi erano di colore scuro, dal castagna al nero inchiostro. Il reparto con la targhetta "Destriero del Colonnello Tavington" era il più spazioso di tutti ed era vuoto. Natasha aveva sentito dire che il colonnello era in battaglia con la maggior parte dei suoi uomini (e dei cavalli della stalla).

-Il cavallo del Colonnello Tavington è uno dei migliori- disse Tom, accennando allo scomparto vuoto.

Natasha non replicò e la visita proseguì fino a che non arrivarono alla fine della stalla, dove c'era un ultimo cubicolo.

-Fai piano, Daisy sta dormendo- le sussurrò Tom.

-Daisy?-

-Già. L'unica puledra della stalla. La usano per far riprodurre gli altri cavalli maschi-

-Terribile- fu il commento di Natasha. Tom sorrise. Che ragazza genuina, pensò.

-Vieni- le disse Tom, prendendola per mano. Natasha sentiva qualcosa di confortante nella mano calda di lui che stringeva la sua, qualcosa che non riusciva a spiegarsi. Tom la condusse fino ad una scaletta a pioli.

-Ti aiuto io- disse, porgendole una mano. Una volta sopra, si ritrovarono su una sorta di balconcino interno, che si affacciava sull'intera stalla. Era un fienile sopraelevato.

-Tu dormirai qui, Natasha- le spiegò Tom, indicandole un letto arrangiato con un lenzuolo, una coperta ed un cuscino di piume sgualcito.

Natasha sospirò.

-Dovrò vivere in questa stalla, non è vero?-

Tom le lanciò un'occhiata penetrante.

-Sì, temo di sì. Ma ho già parlato con mio zio, sai... ho insistito e lui mi ha detto che potrai uscire in cortile una sera alla settimana, non per più di un'ora, però, e con il permesso di un ufficiale-

-E per il resto starò sempre qui, vero?- domandò Natasha.

Non avrebbe mai più potuto godere della vista del tramonto quando voleva, l'aria fresca e il vento le sarebbero stati razionati...

-Ti verrò a trovare spesso. Potremo anche chiacchierare, quando non lavoro-

Natasha dimenticò la sua disperazione per un attimo.

-Lavori?-

-C'è carenza di personale, al forte, così mi occupo di scartoffie e documenti vari. E' un lavoretto che mi sento di dovere a mio zio, anche se lui non mi ha chiesto di farlo. Mi faccio pagare solo qualche soldo-

-Cosa ci fai con quei soldi?-

-Bè, dipende...- Tom alzò le spalle –A volte vado in paese con la carovana che passa ogni tanto di qui per portarci le provviste da Charlestown. Mi compro dei libri, in genere-

-Libri? Anche a me piace leggere, ho letto praticamente tutti i libri di mio padre...- "Non metterti a piangere adesso, no, Tasha, non farlo"...

Natasha si accasciò a terra. Tom si inginocchiò davanti a lei.

-Mi dispiace così tanto... vorrei poter fare qualcosa per te, davvero...- le disse.

-Hai già fatto tanto, Tom...- singhiozzò Natasha. Tom l'abbracciò e lei posò la testa sulla sua spalla. Lui le mise una mano dietro il collo.

Lei avvertì di nuovo quello strano senso di protezione, di sicurezza che lui le trasmetteva... lo sentiva più forte che mai, stando tra le sue braccia. "Sono al sicuro finchè Tom è con me..."

Natasha si asciugò le lacrime e fissò Tom. Per un attimo qualcosa di magnetico si creò fra i loro sguardi... nessuno dei due riusciva a staccare gli occhi dall'altra, quindi continuarono a guardarsi, senza neppure comprendere pienamente cosa stesse succedendo... I loro visi si avvicinarono lentamente ed entrambi socchiusero gli occhi, pronti a fare incontrare le loro labbra in un bacio spontaneo, naturale, avvertito più che voluto... Quando all'improvviso l'incantesimo si spezzò ed entrambi riaprirono gli occhi con uno strano senso di vuoto. C'era stato un rumore lontano, lungo e strascicante. Il cancello doveva essersi aperto. I Dragoni dovevano essere tornati dalla battaglia.

-Vieni giù- disse Tom, prendendola nuovamente per mano –Devi uscire ad accoglierli-

-Accoglierli?- domandò Natasha, senza capire.

-Ehm... le persone bè... diciamo "non nobili" devono per forza interrompere qualsiasi attività quando i Dragoni tornano da una battaglia. E' una cosa ridicola, lo so, ma è comunque qualcosa che devi imparare a fare, per cavartela. E non dimenticare di prendere i loro cavalli-

Natasha uscì dalla stalla insieme a Tom e parandosi con una mano dal sole del tramonto vide i Dragoni, Tavington in testa, entrare trionfalmente dal grosso cancello.

-Allora potrò uscire anche tutte le volte che loro tornano dalle battaglie- bisbigliò Natasha a Tom.

Lui assentì: -Poi però devi subito rientrare-

Natasha annuì, maledicendo dentro di sé tutte quelle stupide regole. La sua rabbia repressa però, venne completamente accantonata dalla scena che le si parò davanti. Nonappena Tavington smontò da cavallo, da una fila di tende sbucarono un gruppetto di donne dall'aria appariscente. Vestivano abiti con corpetti aderenti e sensuali ed avevano tutte i capelli sciolti sulle spalle nude. Le donne circondarono i Dragoni ridendo e puntando soprattutto sul Colonnello. Natasha notò che alcune erano molto giovani, anche della sua età. Tavington sorrise –un sorriso che, Natasha doveva ammetterlo, era pieno di fascino e sensualità- alle donne ridenti, che subito si presero a gomitate per stare davanti a lui.

-William... ti ricordi l'altra notte?- domandò una, con una vocetta particolarmente acuta. Tavington ghignò:- Come potrei dimenticarmene, Alyssa?-

La ragazza scoppiò a ridere e si aggrappò al suo braccio con fare possessivo.

-Dai, Willy, scegli!- esclamò una donna dal fondo della fila.

-Stanotte Sharon andrà benissimo, ragazze- disse lui.

Una ragazza nel mezzo del gruppo, con capelli biondi e corti, si mise a saltellare per raggiungere Tavington.

-Non te ne pentirai, William caro- disse lei.

-Certo che no, Sharon- rise lui, mettendole un braccio attorno alle spalle. D'un tratto Natasha la riconobbe e le mancò il fiato.

-Oh mio Dio- mormorò, senza staccare gli occhi dalla ragazza.

-Disgustoso, vero?- disse Tom.

-No, è che... quella... ragazza è... è... mia sorella!-

-Tua sorella??- chiese Tom sbalordito.

-Sì, te l'ho raccontato un paio di giorni fa... sono due anni che non avevamo più sue notizie! Ed ora fa... la...-

Lo sguardo di Tavington si spostò su Natasha.

-Ehi, stalliera!- le gridò, beffardo –Non vieni a prendere i nostri cavalli?- La folla di prostitute scoppiò a ridere alla vista di Natasha. Gli occhi di Tavington brillarono.

Natasha si fece coraggio e cominciò a raccogliere le redini di tutti i cavalli. I Dragoni se ne andarono con le donne ancora ridacchianti e Tom le disse: -Scusa, Natasha, ma ora devo andare. Ho il lavoro arretrato di un intero pomeriggio. Ci vediamo domani mattina-

-D'accordo- disse Natasha, ancora sconvolta per la vista di sua sorella. Sharon certamente non l'aveva riconosciuta, era ancora più miope di lei...

Natasha condusse tutti i cavalli nelle loro rispettive stalle laterali, quindi cominciò a spazzolarli con una setola che aveva trovato appesa a un gancio. I suoi genitori e suo fratello morti... l'altro suo fratello fuggito chissà dove... prigioniera in una stalla ventiquattr'ore su ventiquattro... un lavoro che era più una schiavitù... sua sorella, per la quale aveva pregato due anni interi, trovata a fare da puttana all'uomo che più odiava e temeva al mondo... costole e zigomo doloranti, per non parlare del collo, dove si era formato un lungo pesto bluastro... Natasha si chiese come sarebbe potuta andare peggio. "Ma ho Tom", riflettè, "Lui è un bravo ragazzo e io gli voglio bene". Sì, su questo non c'erano dubbi, pensò Natasha, passando ad un altro cavallo, gli voleva bene. E anche lui teneva a lei. Lo sguardo vagò fino alla terrazza dove avrebbe dormito quella notte per la prima volta.

Ma cosa era successo lassù? Si stavano davvero per baciare? Era successo veramente?

"Sì, è successo. E quando ci hanno interrotto mi sono sentita così vuota... avrei voluto baciarlo..."

Stava davvero pensando questo? Lei voleva che lui la baciasse... lo amava?

"Sì."

La risposta era arrivata così veloce e nitida che Natasha si stupì della propria lucidità.

Andò al cavallo successivo. Amava qualcuno. Davvero. E si sarebbero baciati, se non fossero arrivati i Dragoni. Maledetti. Ed ora lei, per la prima volta in vita sua, amava qualcuno. Non riusciva a crederci.

"Sei confusa, ecco tutto. Arriva questo ragazzo bello e gentile e tu non sai resistergli. Sei debole. Debole e sciocca. Quanto ci scommetti che ora lui è con una di quelle donne? Si staranno dando alla pazza gioia e tu sei l'ultimo dei suoi pensieri..."

No, non era possibile. Tom non era il tipo. Dio, quanto era bello... con quei capelli lucidissimi e di un biondo quasi innaturale, con quegli occhi grigio chiaro così profondi...

"Piantala, sei patetica", si disse, cambiando cubicolo. "Lui non mi ama."

Anche questo non era possibile, lo sapeva bene. Quel momento, lassù sul fienile, era stato... magico. Sì, proprio magico. Non sapeva come, ma in qualche modo sapeva che lui aveva provato i suoi stessi sentimenti, in quell'attimo di pura follia, di distorsione del tempo, di...

Dei passi interruppero le sue riflessioni. Si voltò, giusto in tempo per vedere Tavington entrare nella stalla con passo pesante. I suoi stivali producevano un tung tung inquietante sul pavimento di pietra e il tintinnio della spada appesa al fianco non faceva che incrementare la paura che la sua improvvisa apparizione aveva scaturito in Natasha. Le cadde la setola che aveva in mano. Lui la guardava, sorridendo con gli occhi e gustando gli effetti del terrore che la ragazza aveva di lui. Le mani di Natasha iniziarono a tremare, così le nascose dietro la schiena. I denti battevano. E un nuovo sentimento la invase. Improvvisamente, davanti a quest'uomo bello, affascinante, sicuro di sé e con un manipolo di donne che cadeva ai suoi piedi, davanti a quest'uomo il cui potere era quasi palpabile attorno a lui, davanti a questi due occhi così freddi eppure così canzonatori e ammiccanti, lei, nella sua semplice tunica da stalliera, lei, con il corpo tremante e coperto di lividi, si sentì stupidamente goffa. Si sentì inspiegabilmente insignificante, davanti ad una tale figura di ambizione e potere. Lui le si avvicinò, così tanto che il viso di lei era a poco più di un pollice dalla sua divisa. Lei lo guardò negli occhi, riluttante.

-Vi è caduta la setola, Natasha- disse, scandendo crudelmente le parole –Raccoglila. E' un ordine-

Natasha sospirò, l'ultima parte della frase del colonnello che le rimbombava nella testa. Si chinò, fino a trovarsi a poca distanza dai suoi stivali neri. Raccolse la setola e si rimise in piedi. Lui la guardava ancora.

-Cosa... perché siete qui, Colonnello?- domandò a fatica.

-Per vederti, è chiaro- rispose lui.

Il cuore di Natasha le saltò in gola.

-V-vedermi?- balbettò.

-Vederti da solo- precisò lui. Si tolse un guanto sfilandolo dito per dito. Ogni suo movimento sapeva di minaccia.

Lei abbassò lo sguardo e mormorò: -Credevo che una di quelle... donne fosse con voi-

Lui diede in un piccolo sbuffo divertito: -Per quello che la pago, deve stare ai miei comodi. Aspetterà-

Natasha lo guardò: -Aspetterà cosa?-

Lui ghignò: -Fai troppe domande, Natasha-

Lei continuò a fissare per terra, incapace di alzare lo sguardo.

Lui le prese un ciuffo di capelli e iniziò a giocherellarci.

"Scappa, Natasha. Scappa ora che puoi. Corri al palazzo e vai da Tom. Lì, solo lì, sarai al sicuro." Natasha arretrò di un passo, ma Tavington le venne così vicino che lei si ritrovò come soffocata dalla sua divisa. Prima che potesse arretrare ancora, le braccia del Colonnello la circondarono, imprigionandola.

-Vi prego, Colonnello...- mormorò Natasha, cercando di spingerlo via.

Tavington sorrise vedendo che ogni suo tentativo di fuga era vano, e la strinse più forte, costringendola ad appoggiare la testa sul suo petto.

-Lasciatemi...-

Lui le alzò il viso con una mano, mentre l'altro braccio la teneva ancora saldamente. Con suo grande orrore, Tavington abbassò la testa sulla sua e prima che lei potesse fare qualunque cosa, lui la stava baciando con passione. Natasha sobbalzò sentendo la lingua calda di lui esplorarle la bocca. Un senso di nausea la investì; non riusciva a muoversi, lui la teneva ferma...

Il bacio continuò. Natasha vide che Tavington aveva gli occhi chiusi e le sue braccia la stringevano sempre di più in una morsa immobilizzante. Natasha non aveva più fiato; aveva le narici piene della sua essenza maschile, il corpo tremava, stretto da quelle braccia forti e robuste... quelle braccia da uomo...

Finalmente, dopo quella che le parve un'eternità, le labbra di lui si staccarono morbidamente dalle sue. I suoi occhi di ghiaccio si riaprirono e la guardarono beffardi.

Natasha stava riprendendo fiato, perché il bacio le aveva impedito di respirare. Abbassò ancora lo sguardo, incapace di sostenere il suo sguardo colmo di soddisfazione.

-Come...- ansimò lei, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime –Come avete potuto?-

-Shh... non parlare- sussurrò lui, stringendola tanto da farle male. Anche se non lo vedeva, Natasha avvertiva il suo sguardo su di lei e ciò la metteva in imbarazzo.

Tavington abbassò la testa e l'appoggiò sui capelli ramati di lei. Inspirò a lungo, godendo del suo profumo da ragazza.

Natasha sentì le dita di lui passarle tra i capelli lentamente, dolcemente, ed era così vicina a lui che sentì la sua erezione premerle appena sotto l'ombelico. Ciò la impaurì. Significava che lo stava eccitando... e cosa le avrebbe fatto Tavington, per soddisfare i suoi stimoli?

-Per favore... lasciatemi, vi prego- mormorò, spingendo con più veemenza sul suo torace robusto.

-No, non credo che ti lascerò- disse lui con fare minaccioso –Non ora che sto per dirti ciò che più mi sta a cuore-

Era strano sentire la parola "cuore" pronunciata da lui. Per la seconda volta in una settimana, Natasha sentì le labbra del Colonnello toccarle l'orecchio.

-Ho visto il tuo fratellino di recente- sussurrò.

Lei sobbalzò, il cuore che le batteva molto più violentemente di quando lui l'aveva baciata.

-State mentendo- mormorò, senza in realtà crederlo.

-Credi pure ciò che vuoi, ma so dove si nasconde. Non l'ho ucciso semplicemente perché ero stanco, essendo tornato da una battaglia... ma la prossima volta puoi stare certa che gli sparerò, a quel bastardo-

-Non lo farete. Non vi credo!-

-L'ho visto passando per quella foresta che, se viene attraversata, conduce a dove una volta stava la tua casa-

Fu come se qualcuno le avesse dato un pugno nello stomaco. Sapeva che Tavington doveva aver ragione: in quella foresta c'era un vecchio capannone dove un tempo viveva suo nonno. Era proprio nel cuore della foresta, e quasi nessuno sapeva della sua esistenza. Doveva immaginarsi che Rupert si sarebbe nascosto là. Ed ora Tavington lo avrebbe ucciso, perchè sapeva dove si trovava.

Si costrinse a guardare negli occhi freddi di Tavington.

-No, vi prego, non fategli del male! Vi prego, non potete uccidere anche lui! Vi supplico!-

-Dammi una buona ragione per cui dovrei risparmiarlo- disse lui con un sorriso crudele, sfiorandole il viso con due dita.

Una strana idea si fece strada nella mente di Natasha. Un'idea disperata, ma in qualche modo sapeva che Tavington avrebbe accettato... ma il problema era che per lei sarebbe stato troppo duro sottostare a questo "patto" che l'era venuto in mente... Dio, non sapeva proprio che fare...

Tavington ghignò, quindi la lasciò andare.

-Credo che mi occuperò di lui tra un paio di giorni- disse, prima di andarsene verso l'uscita della stalla. Natasha rimase a guardarlo mentre lui se ne andava. "Ucciderà Rupert e sarà tutta colpa mia... avrei dovuto cercare di fare il possibile e l'impossibile per salvarlo, invece sono stata tanto codarda... tra un paio di giorni avrò anche lui sulla coscienza..."

-Aspettate!- esclamò improvvisamente, correndo verso Tavington.

Lui si voltò e la guardò come se tutto quello che stava succedendo fosse perfettamente programmato.

"Sapeva che io non lo avrei lasciato uccidere mio fratello senza prima aver combattuto..."

Non era altro che una pedina. Una pedina con cui lui adorava giocare.

-Sì, miss Halliwell?-

-Mi avete chiesto di darvi una ragione per risparmiarlo- disse Natasha lentamente eppure tutto d'un fiato –Ed io ve ne darò una-

-Sarebbe?- chiese lui in tono falsamente sarcastico.

-Me- rispose Natasha, abbassando lo sguardo –Io sono pronta a fare di tutto per salvarlo. Quindi, se voi non lo ucciderete, mi avrete-

Le labbra di Tavington si incurvarono: -Posso già avervi, miss Halliwell-

Stava ancora giocando con lei. Sapeva che per lei era difficile fare ciò che stava facendo, perciò voleva metterla a disagio il più possibile.

-Ma io potrei andare a raccontare tutto a Lord Cornwallis- biascicò lei.

L'espressione di Tavington si irrigidì come se qualcosa non stesse andando secondo i suoi piani.

-Non vi piacerebbe avermi per nemico, Natasha- disse, d'un tratto minaccioso.

-Siete già mio nemico- rimbeccò lei.

Alzò la testa e lo guardò fisso negli occhi: –Pensateci, Colonnello. Farò tutto ciò che vorrete, potrete avere tutto ciò che desiderate da me, senza il rischio che io lo dica a qualcuno. E senza alcun prezzo, solo il risparmiare la vita di mio fratello. Vincerete comunque- aggiunse.

Lui parve pensieroso per un attimo. Quindi piegò le labbra in una smorfia di piacere.

-Bene, miss Halliwell. Questo sarà il nostro piccolo segreto- disse, prima di riprendere a camminare verso l'uscita.

Arrivato sulla soglia, si voltò. La sua alta sagoma si stagliava contro le ultime ombre del tramonto alle sue spalle.

-Ah, e un'altra cosa. Se vengo a sapere che ne avete parlato con qualcuno, sappiate che vostro fratello morirà-

Natasha annuì: -Avete la mia parola, Colonnello-

-A domani allora, Miss Halliwell- e con queste ultime parole, Tavington lasciò la stalla e s'incamminò verso l'edificio principale.

Natasha lo seguì con lo sguardo fino a che non scomparve, ancora incredula di essersi appena venduta a lui.