Capitolo 5
Chiarimenti
Quella notte Natasha dormì male. Ogni volta che chiudeva gli occhi le appariva Tavington, e i ricordi legati a lui... tutti quei dannatissimi ricordi. Natasha si rigirò inquieta per ore. Riusciva a cogliere ogni minimo rumore dall'esterno, e benchè fosse molto assonnata, anche il suono più lieve era sufficiente a tenerla sveglia. A poco a poco, Natasha sentì i primi uccellini che iniziavano a cantare, vide il cielo rischiararsi, cospargendo una luce arancio e giallo ocra. Era l'alba. Natasha si mise a sedere, strofinandosi gli occhi. Non solo non era riuscita a dormire, ma la giornata che l'aspettava si prospettava terribile. Fece il suo solito lavoro quotidiano, occupandosi dei pochi cavalli rimasti nella stalla; la sua mente era occupata da pensieri su Tavington. Aveva molta paura. Finì di pulire le stalle circa cinque ore dopo, quindi si rannicchiò in un angolo aspettando con impazienza il pranzo. Ciò che più desiderava era distrarsi. Quando sarebbe arrivato Tavington? E, soprattutto, avrebbe voluto vederla subito? Era così in ansia che non si mise a pensare molto su quello che le era successo la notte prima, con Tom. Ovviamente qualche volta le capitava di ritornarci, con la mente, ma a quel punto le paure su Tavington prendevano il sopravvento e lei ricominciava a tremare. Qualche ora dopo, arrivò Tom, che si sedette a mangiare vicino a lei. -Sembri molto stanca- osservò lui. -Non ho dormito bene- rispose Tasha, addentando il sandwich. Tom intuì che il motivo per cui Natasha non aveva dormito non lo riguardava, quindi rivolse la conversazione altrove, con gran sollievo di lei. Dopo un po' si udì un rumore di zoccoli di cavallo avvicinarsi al cancello, nel cortile. Natasha sollevò la testa e mise giù il tramezzino, smettendo anche di masticare. Tremava. -Sono tornati- disse Tom piano, rivolgendo la testa all'entrata della stalla. -Vieni, ti accompagno di fuori- Natasha scese più velocemente che poteva la scala a pioli ed uscì dalla stalla, seguita da Tom. Da lontano distinse l'immagine dei Dragoni oltrepassare il cancello, Tavington in testa. Il Colonnello non le rivolse nemmeno uno guardo, le affidò frettolosamente il cavallo e si diresse con passo veloce verso il palazzo. La folla di prostitute si avventò sugli altri Dragoni che, nonostante apparissero molto stanchi, si misero a ridere e scherzare con loro. Natasha raccolse le redini di tutti i cavalli e li riportò nella stalla, momentaneamente sollevata che Tavington non le avesse rivolto attenzione. -Io devo andare, ci vediamo questa sera, d'accordo?- le disse Tom, baciandola. -D'accordo- rispose lei, ricambiando il bacio. Natasha lo guardò allontanarsi, appoggiata allo stipite della stalla. Poi il suo sguardo vagò sul folto gruppo di donne e ragazze ancora intente a corteggiare i Dragoni, che le sceglievano via via. Ancora una volta, la vista di Sharon le provocò uno shock. Era davvero sua sorella quella creatura truccata pesantemente, con quel vestito così ampio e scollato, che faceva quelle risatine acute e sciocche? Sì, era davvero lei. Come si era ridotta così? Perché era fuggita di casa per andare incontro a questo destino? Domande, domande, domande. Aveva bisogno di risposte. Un disperato bisogno di risposte. Natasha rientrò sospirando: non poteva sopportare neanche per un secondo di più la visione di quelle disperate. Per passare il tempo e per riscaldarsi, Natasha ricominciò il suo giro di pulizie. Doveva occuparsi di nutrire e pulire i nuovi arrivati. Dopo una mezz'ora di lavoro, Tasha giunse al cavallo del Colonnello. Dall'esterno non venivano più le risate e i trilli allegri delle ragazze, così il mal di testa le si era placato. Osservò il destriero di Tavington e gli sorrise. Quello nitrì in risposta. -Sarai affamato- gli disse, accarezzandogli il bel pelo scuro -Vado a prenderti qualcosa- Si voltò, ma così facendo urtò contro qualcuno. Sobbalzò ed alzò lo sguardo. -Vedo che ti stai occupando del mio cavallo- le disse Tavington, instaurando immediatamente una salda presa su di lei e circondandola con le sue forti braccia. Natasha era insieme confusa, attonita, sgomenta. Come aveva fatto a non sentirlo entrare? Come aveva potuto giungerle alle spalle così silenziosamente? Perché si divertiva così tanto a terrorizzarla? -Io... io...- fu tutto quello che riuscì a dire, guardando altrove. La mano di Tavington le girò il viso, costringendola a fissarlo negli occhi. -Guardami negli occhi quando ti parlo- le disse con tono imperioso. Natasha non disse nulla, si limitò a cercare di opporgli resistenza. Ma le sue piccole mani, le sue esili braccia, non potevano nulla contro quell'uomo così atletico e forte, abituato alla lotta e alla battaglia. Era come cercare di fermare una valanga con una piuma. -Perché ti stai occupando adesso del mio cavallo?- -Io sono la stalliera... devo occuparmi dei cavalli- mormorò lei. Le labbra di Tavington si incurvarono in un ghigno: -Ah sì? Bè, si dà il caso che il mio cavallo debba venire curato per primo- le disse vicino all'orecchio, stringendo sempre più l'abbraccio in cui era imprigionata -Mi sono spiegato?- Lei annuì, tremante. -Adesso lasciatemi andare, per favore- mormorò. Lui allentò la presa, ma solo leggermente, quindi le spinse la testa verso la sua e la baciò, penetrandole in bocca con la lingua. Natasha avvertì un senso di nausea e disgusto. Quando lui riaprì gli occhi le disse, sussurrandole all'orecchio: -Ti voglio vedere, stasera. Nella mia stanza a mezzanotte- Detto questo, le lanciò un ultimo sguardo di ghiaccio e lasciò la stalla, mentre Tasha, sconvolta e impaurita, riprendeva fiato.
Tom ritornò al palazzo quasi correndo. Arrivato nella sua stanza, ansimava. Si buttò sul letto e si mise a riflettere intensamente su ciò che aveva appena visto. Così Tavington la minacciava. Quel bastardo. Se avesse potuto, lo avrebbe ucciso. Come poteva fare del male ad una creatura così fragile e delicata come Natasha? Tom prese un cuscino e lo gettò dall'altra parte della stanza, cercando di sfogare la sua rabbia. Sentì i passi di Tavington percorrere il corridoio ed aprire la porta della stanza accanto. Tom tese l'orecchio e capì che c'era qualcuno con lui. -Sei stata brava ad aspettarmi fino ad ora- stava dicendo Tavington. Fu la voce leggera e frivola di una ragazza a rispondergli. -Chi non aspetterebbe per il più affascinante colonnello d'America?- disse questa, ridacchiando. -Ti meriti una ricompensa...- disse Tavington in tono malizioso -Entra - -Non me lo faccio ripetere due volte- rispose lei con voce acuta. Tom udì la porta chiudersi e poi nulla. I muri del palazzo erano molto robusti, quindi era impossibile sentire qualcosa che avvenisse nella camera attigua. Tom considerava ciò un'insperata fortuna. Ritornò a pensare a quello che aveva visto e sentito nella stalla poco tempo prima. Tavington era entrato ed era giunto alle spalle di Natasha. La ragazza non lo aveva sentito arrivare, quindi voltandosi gli si era ritrovata addosso. Poi lui -lo stomaco di Tom si contorceva al pensiero- l'aveva tenuta ferma con le braccia vicinò a sé. Le aveva parlato e Tasha appariva più che terrorizzata. Tom non poteva biasimarla. Cosa le aveva detto il colonnello? Qualcosa che riguardava il suo cavallo. Secondo Tavington, lei avrebbe dovuto occuparsi di lui prima di tutti gli altri. Natasha tremava, ma aveva annuito sottomessa. Povera fanciulla, nelle braccia di quell'uomo crudele, senza vie di scampo, costretta a obbedire ai suoi ordini. E prima di andare via, Tavington... Tavington l'aveva baciata. Tom aveva visto tutto. Aveva stretto i pugni così forte che le unghie gli si erano conficcate nella carne. Bastardo, bastardo. Quella è la mia fidanzata... lui non può farle del male. E invece gliene stava facendo, eccome. E lui, Tom, lì a guardare senza fare nulla. Ma non poteva rischiare di agire. Tavington avrebbe potuto pensare che era stata Tasha a dirgli che lui la minacciava. Non avrebbe mai creduto che Tom l'avesse scoperto da solo. E sarebbe stato peggio, soprattutto per Natasha. Tavington ne avrebbe combinata una delle sue. Avrebbe ucciso la persona (o Rupert o Sharon) alla quale Natasha teneva a tal punto da sottostare a Tavington. Avrebbe ucciso anche Natasha stessa, probabilmente. Tom non riusciva a pensare di perderla. Sarebbe stato impossibile riprendere la vita di tutti i giorni senza di lei. Natasha era diventata la sua luce; voleva proteggerla, aiutarla... voleva amarla. E la amava. Dio, se l'amava. Ma cosa, cosa è che lei gli nascondeva? Tom tentò di capire a cosa gli fosse servito pedinare Tavington e origliare la sua conversazione con Natasha nella stalla, sempre che gli fosse servito a qualcosa. Un fatto era certo: per quanto Tasha avesse detto che Tavington le faceva paura perché aveva ucciso la sua famiglia, quella non era la verità. No, la verità era che Tavington dedicava alla ragazza particolari "attenzioni". Era ciò che terrorizzava Tasha. La fanciulla mentiva quando gli aveva detto che semplicemente non le piaceva vedere Tavington in giro. In realtà, Natasha era sollevata quando Tom le aveva detto che Tavington era stato bloccato dalla neve, perché così lui non avrebbe potuto tormentarla per un certo periodo di tempo. Non era la sola presenza del colonnello ad impaurirla: era il colonnello stesso, che si divertiva a giocare con lei. Ma in cosa consisteva il "gioco" di Tavington? Cosa c'entrava in tutto questo la minaccia di uccidere Sharon o Rupert? Tom riflettè. Natasha non può dirlo a nessuno, altrimenti Sharon o Rupert moriranno. Ma dire cosa? Che Tavington la molesta. La risposta era arrivata così inaspettatamente che Tom sobbalzò. Lui aveva visto, con i suoi occhi, Tavington baciarla. Era da escludere che avesse una relazione con Natasha, anzi, lei tremava e cercava inutilmente di spingerlo via. Quindi, di conseguenza, Tavington la usava come proprio divertimento. Era attratto dalla ragazza, era evidente. Sin da quando Tom lo aveva visto malmenare Natasha fuori dalla "Spiga Dorata", aveva notato uno strano brillio negli occhi del colonnello. Era evidente che provava gusto nel farle del male, eppure allo stesso tempo sembrava voler chiarire al mondo che Natasha fosse sua. E si sbaglia, si disse Tom, Si sbaglia di grosso. Tavington la voleva. Adorava sottometterla, gli piaceva il fatto di darle ordini, la baciava contro la sua volontà... e la povera Tasha non poteva dirlo a nessuno, altrimenti o sua sorella o suo fratello sarebbero morti. Natasha aveva la responsabilità di queste vite nelle sue mani, non poteva permettersi di commettere l'errore di disobbedire a Tavington. E io cosa posso fare? si domandò Tom Cosa posso fare per aiutarla? Era da escludersi l'idea di andare a raccontare tutto a suo zio o a Lord Cornwallis. Tavington avrebbe pensato che Tasha avesse fatto la spia. E allora? Andare a parlare con Tavington e pregarlo di lasciare stare Natasha? Inutile, quando mai Tavington aveva dato retta ad una preghiera? In ogni caso, doveva cavarsela da solo. Non poteva coinvolgere altri, per il bene di Tasha. Ma, si tornava sempre al punto di prima: cosa poteva fare lui? Niente, niente, niente... no, ma doveva fare qualcosa! Doveva procedere con metodo, altrimenti avrebbe commesso un fiasco. E quel fiasco poteva costare molto a Tasha e alla vittima che Tavington minacciava. In fondo, Tom ancora non conosceva neppure i fatti con precisione. Non era ancora chiaro come Tavington la minacciasse... insomma... che cosa le faceva? La baciava, certo... e dalla reazione di Natasha era difficile dire se quella fosse la prima volta che lo facesse o se lo avesse fatto prima... probabilmente... era duro da ammettere, ma probabilmente lui l'aveva già fatto. E chissà cos'altro le aveva fatto! Possibile che avesse fatto qualcosa di peggio? In un lampo, senza che intendesse farlo, Tom rievocò nella mente le parole di Tasha, quelle parole che lo avevano tanto preoccupato... Con lui sono già stata ieri sera. -Basta!- disse ad alta voce -Sono uno stupido a prendere in considerazione quello che mi ha detto quel giorno. Era ubriaca, non pensarci più, maledizione!- Che poteva fare? Che poteva fare? Non riusciva a ragionare, la sua mente era offuscata dalla rabbia verso Tavington... poteva avere tutte le donne che desidarava, cosa diavolo voleva dalla sua Tasha? Che gli aveva fatto lei di male? Non aveva già sofferto abbastanza? Maledetto. Ma ancora più che vendicarsi di Tavington, Tom aveva voglia di rivedere Natasha. Stringerla tra le sue braccia, consolarla, dirle che non aveva nulla da temere. Rassicurarla. Ma era vero che non aveva nulla da temere? Oh, Tom non lo sapeva. Voleva solo che lei fosse felice e tranquilla, libera da ogni brutto ricordo di ciò che Tavington le aveva fatto... libera dal colonnello stesso. Ma sarebbe stato impossibile. Però doveva provarci. Doveva farlo per Tasha. E ora, passando al secondo punto... doveva dire a Tasha della sua scoperta? No, non glielo dirò... non voglio vederla piangere ancora, non voglio parlare con lei di cose di questo genere... voglio vederla ridere insieme a me, voglio baciarla... voglio che lei passi dei bei momenti con me... come io li passo con lei. No, non gliel'avrebbe detto. Assolutamente no. Si sarebbe comportato normalmente con lei. E con Tavington? Come si sarebbe dovuto comportare? Normale anche con lui. Anche se questo sarebbe stato più difficile. Lo odiava con tutto se stesso. Tom sospirò profondamente, massaggiandosi le tempie e chiudendo gli occhi. Doveva venirgli un'idea, prima o poi... Appoggiando la testa alla parete, Tom si assopì, immerso nei suoi pensieri.
Nella stanza adiacente, William Tavington ansimava sopra l'ossuto corpo di una ragazza ventenne. -Oh, William!- gemette lei, circondandogli il collo con le braccia. Tavington la coinvolse in bacio lungo e profondo, prima di cadere a fianco della ragazza e avvolgersi nel lenzuolo, mentre il suo petto scoperto e solido si alzava e si abbassava affannosamente. La ragazza si voltò lentamente verso di lui e lo guardò negli occhi: -E' stato meraviglioso- disse, passandogli le dita nei lunghi capelli marrone scuro. -Lo sai che sei la mia preferita, Sharon- rispose lui con voce roca, fissandola con quel suo sguardo azzurro e lesto. Sharon Halliwell sorrise e lo baciò.
Era il tramonto quando Natasha si appoggiò all'entrata della stalla e si mise ad osservare pigramente le attività del cortile. Aveva appena terminato i suoi compiti giornalieri, occupandosi in particolar modo dei cavalli tornati solo poche ore prima, come quello del colonnello. Era annoiata. Non aveva sonno, non aveva niente da fare. Ricominciare il giro di pulizie non era una prospettiva allettante; inoltre, la stalla e i cavalli erano talmenti lucidi e puliti che ogni lavoro in più sarebbe risultato ridicolo. La cosa importante era non fermarsi a pensare. Non doveva pensare a cosa sarebbe successo di lì a qualche ora. Era importante che si concentrasse su altro. Il problema era che, a parte il lavoro di manutenzione della stalla, lei non aveva nulla da fare quando Tom lavorava. Non aveva passatempi, nè compagnia, se non si consideravano i cavalli. Ma tutte quelle bestiole erano stanche e molte di loro giacevano addormentate: se lei avesse provato a fare conversazione con uno di loro, avrebbe inevitabilmente svegliato gli altri. No, l'unica cosa per passare il tempo era guardare il cortile. Attività assolutamente noiosa. Un gruppo di circa venti soldati in giubba rossa era allineato ordinatamente ai lati del massiccio cancello di entrata. Quasi non si muovevano e Natasha si chiese come doveva essere stare fermi per ore dritti sull'attenti. Sicuramente duro e molto monotono. La temperatura era molto fredda: qualche fiocco che cadeva dal cielo nuvoloso era quello che rimaneva dell'imponente bufera di pochi giorni prima. Natasha tuttavia non sentiva molto freddo, forse perché stava incominciando ad abituarsi ai pochi vestiti che aveva e a vivere in un edificio di legno dalle cui pareti traspirava tutto il gelo dell'esterno. Strizzando gli occhi davanti a sé, riuscì a scorgere una baracca che non aveva mai notato prima. Riflettendo, si ricordò che le prostitute erano venute da quella parte. Immaginò che quella baracca fosse la loro abitazione. Di nuovo, il suo pensiero vagò a Sharon. Proprio mentre Natasha sospirava profondamente, una ragazza uscì dal palazzo, stringendosi le braccia attorno al corpo per il freddo. All'inzio Natasha non vi fece caso, ma man mano che la ragazza si faceva più vicina, Tasha riconobbe dei lineamenti familiari. Sharon. Diretta verso la baracca. Natasha decise in un lampo. Corse veloce verso il centro del cortile ed afferrò il braccio della sorella. -Ehi, ma cos...?- disse questa, guardandola seccata. Gli occhi di Sharon si spalancarono per la sorpresa quando videro chi l'aveva fermata. -N-Natasha?- -Sharon, vieni nella stalla, ho bisogno di parlarti- disse Natasha, tirandola verso la stalla. -Ma cosa ci fai qui?- chiese Sharon, confusa. -Vieni nella stalla, veloce, prima che qualcuno ci veda- le disse Natasha. Le due corsero nella stalla senza essere viste. Una volta dentro, Natasha chiuse la porta dietro di sé e posò gli occhi sulla sorella. Da vicino, Sharon era ancora la stessa, complessivamente. Solo alcuni particolari erano cambiati. Il viso, che Tasha ricordava già molto ossuto, era diventato più scarno e pallido che mai, e di forma leggermente più allungata. I lineamenti erano fini e appuntiti. I capelli biondo paglia erano più lunghi e in qualche modo parevano molto più crespi e folti. Sulla pelle lattea del collo risaltavano alcuni segni rossi. -Sharon, cosa sono?- domandò Natasha, sfiorando con un dito il collo della sorella. Sharon sorrise: -Niente, niente- disse frettolosamente. Nei suoi occhi scuri era ancora evidente un'ombra di confusione: -Cosa ci fai qui, Natasha?- chiese. Natasha sospirò: -Sono stata catturata, più o meno...- tentò di ricordare -Un mese fa, o anche di più- -Non ti ho mai visto- ribattè Sharon. -No, io faccio la stalliera e le uniche volte che posso uscire di qui è per prendere i cavalli dei soldati. Io ti ho visto, una volta, ma tu eri troppo occupata per notarmi- Una rabbia bruciante invase il cuore di Natasha, pronunciando quelle parole. Sharon strinse gli occhi: -Che vuoi dire?- chiese aspramente. -Voglio dire...- cominciò Natasha. Non riusciva a trovare le parole giuste. Sospirò, quindi disse: -Era questo quello che intendevi fare sin da quando sei scappata di casa?- Sharon alzò le spalle: -Veramente no. E' stato il destino a scegliere per me. Sai che ero depressa... insomma, il solo pensiero di passare il resto della mia vita con quel perdente del mio fidanzato e con la mia stupida famiglia era... - Natasha le tirò uno schiaffo con tutta la forza che aveva, presa da un'ira improvvisa e incontenibile. Sharon si portò lentamente una mano sulla guancia, guardando indignata la sorella. -Noi ti volevamo bene! Nostra madre, nostro padre, Alan, Rupert...- Natasha non riuscì a continuare. Si coprì il viso con le mani ed emise un singhiozzo. Sharon rimase in silenzio. Dopo qualche secondo chiese: -Che ne è di loro?- Natasha alzò la testa per guardare Sharon negli occhi. Quindi, distogliendo lo sguardo, disse: -Morti. Solo Rupert è ancora vivo, ma è in grave pericolo- Sharon abbassò la testa. -Mi dispiace- disse. -No, non è vero- disse Natasha -A te non è mai importato niente di noi. Ed ora fai la puttana...- Sharon alzò la testa: -Già, ma non l'ho deciso io- Un filo di speranza perpetrò la mente di Natasha. Che avesse avuto ragione a sospettare che Tavington la costringesse a fare quello che faceva? Ma Sharon distrusse immediatamente quelle speranze: -Voglio dire, non che mi dispiaccia. Ti assicuro che dopo le prime volte è davvero emozionante. Ora sto bene- Sharon sospirò e aggiunse con cautela -Meglio di quando stavo con la mia famiglia, senza dubbio- Natasha fu tentata di schiaffeggiarla di nuovo, ma la sua voglia di spiegazioni la trattenne. -Cosa... cosa ti è successo dopo che fuggisti di casa, due anni fa?- chiese. -Non fuggii di casa. Certo, è naturale che tu e gli altri lo abbiate pensato, dato che non era certo un segreto che io non sopportassi la mia vita, ma... bè... dovevo andare ad un appuntamento con John, ricordi? Ma mentre mi dirigevo al luogo dove ci dovevamo incontrare, vidi una pattuglia di Dragoni Verdi venire verso di me. Ero terrorizzata, sapevo che erano inglesi, quindi tentai di fuggire. Ma loro mi avevano vista. Due soldati mi presero e mi portarono dal loro colonnello- Sharon fece una pausa ed un sorriso, che Tasha non riuscì a decifrare, le illuminò il volto. Continuò a fissare il vuoto, come se cercasse di ricordare con esattezza la situazione in cui si era trovata, e di riviverla: -Tavington scese dal suo cavallo e mi guardò. Per la prima volta incontrai quegli occhi, così freddi eppure così... così... sexy. Da quando lo vidi non tentai più di scappare... quell'uomo mi... mi affascinava. Mi disse: 'Bellezza, vieni con noi, ci divertiremo' e poi è scoppiato a ridere sgradevolmente insieme ai suoi uomini- Sharon rise -Ovviamente, io pensavo che la cosa più matura e saggia da fare fosse oppormi, piangere, gridare, scalciare, supplicarlo, chiamare aiuto. Ma in quel momento decisi il mio futuro. Capii che non era un caso che il colonnello Tavington e i suoi uomini fossero passati di là proprio mentre passavo io. E, cosa più importante, capii che il colonnello non era venuto a distruggere la mia vita, ma a renderla meravigliosa. Per la prima volta, il mio destino mi sembrò piacevole. Mi feci condurre, prigioniera, qui a Fort Carolina e diventai... bè, diventai una delle "ragazze" di Tavington. Con il passare del tempo, sono stata sempre meglio. Ho imparato a non guardarmi più alle spalle. E poi...- aggiunse, quasi in tono sognante -... c'è il Colonnello Tavington. Io... bè, non credo che lui lo capirà mai, ma... io... bè... credo di essere innamorata di lui- Natasha la guardò attonita. Quella dichiarazione aveva completato un folle discorso già privo di senso. Sharon era innamorata di Tavington. Non poteva crederci. Era... assurdo. Ovviamente il Colonnello Tavington era un bell'uomo. Molto affascinante, molto... molto uomo. Ma innamorarsi di lui... Natasha non riusciva a credere come fosse possibile. Dopo tutte le stragi che aveva fatto, dopo tutte le persone che aveva ucciso a sangue freddo... dopo tutte le ragazze che aveva violentato... come si poteva amarlo? -I-innamorata?- ripetè Natasha attonita -Sei... sei innamorata di lui?- Sharon annuì, un'aria grave in viso. -Già... adoro quando lui... quando lui mi sceglie. Passo la notte con lui, ed è così... così fantastico. Io lo amo, Tasha. Con tutta me stessa. Ma...- e qui il magro viso di Sharon si incupì -Non credo che lui se ne accorgerà mai... lui... no, non lo capirà mai. E anche se fosse... non credo che ci possa essere possibilità per noi due. Chi è che si sposerebbe mai con... bè...- una lacrima rotolò lentamente sulla guancia. Sospirò, mentre l'asciugava. -Chi mai si sposerebbe con una come me?- disse con una risata amara. Per un attimo Natasha fu sul punto di avvicinarsi a lei e consolarla, ma poi giudicò che quella non era la cosa più giusta da fare. Si ricordò di tutto quello che Sharon aveva detto della sua famiglia e di nuovo per lei provò una forte ira... un odio, quasi. Sua sorella se ne stava lì, con dei succhiotti sul collo fatti dall'uomo che lei, Natasha, temeva di più al mondo. Non solo, ma Sharon stava addirittura piangendo per le sue pene amorose, mentre Tasha aveva visto la sua vita frantumarsi davanti ai suoi occhi ed ora viveva nel terrore di un appuntamento da lei stessa concordato per salvare la vita a suo fratello. Natasha rimase in silenzio a guardare quella ragazza giovane e ossuta, sciupata, quella puttana che un tempo era stata sua sorella. Natasha abbassò lo sguardo e disse, in tono controllato: -Vattene, Sharon- La ragazza alzò la testa e la fissò. Il trucco nero intorno agli occhi le stava lentamente colando sulle guance per via del pianto. -Come?- -Ho detto vattene- ripetè Natasha. Sharon la guardò stupita: -Ma che ti succede, Natasha? Prima mi schiaffeggi, poi mi cacci via...- -Non...- cominciò Natasha, quindi sospirò -Non so neanch'io cosa mi succede- Sharon la guardò con comprensione: -I primi giorni è difficile, so come ti senti...- -Tu non hai idea di come mi senta!- esclamò Natasha, arrabbiata. -Sai, Tasha, ti vedo male qui in questa stalla... a parlare solo con i cavalli... poveretta, ti hanno dato un lavoro davvero penoso. Chissà, magari se chiedessi al colonnello, lui potrebbe fare in modo che tu ti unisca a noi, che ne dici?- Natasha la guardò con odio: -Lui mi aveva già scelta per quel lavoro- borbottò. Un lampo di gelosia passò negli occhi di Sharon: -Ah sì? E perché hai rifiutato?- Natasha strinse gli occhi: -Sharon, quell'uomo ha ucciso i miei genitori, e Alan, e... ed è lui che tiene nelle sue mani il destino di Rupert... come puoi essere così ottusa? Come puoi... come puoi fargli da puttana?- -Non sono confusa, sono innamorata. Quanto alla seconda domanda... mi vuoi dire che altra scelta ho? Vuoi che io finisca impiccata per essermi rifiutata di andare a letto con uno di loro? E' così, non è vero? Senti un po', Tasha, continua a vivere nel tuo piccolo mondo tragico... io la mia vita sono riuscita a costruirla. Non credo che ru riuscirai a fare altrettanto- Dicendo questo, Sharon si diresse verso la porta della stalla, la spalancò e uscì all'esterno, verso la baracca. Natasha rimase a fissare il punto nel quale pochi secondi prima stava la sorella. La conversazione con Sharon l'aveva distrutta. Era solo una stupida illusione, che Sharon non agisse di sua spontanea volontà. Era tutto falso. Solo una pallida, tenue e debole speranza che Natasha aveva costruito per avere un appiglio al quale aggrapparsi. Ma ora quell'appiglio non c'era più. Natasha era sola. Aveva Tom, certo, ma lui non poteva essere sempre con lei. No, a parte lui Natasha era sola a tutti gli effetti... sola, con un pesante carico sulle spalle, salvare la vita di suo fratello... sola, con una sorella che si divertiva a fare la prostituta... sola, con un uomo che voleva andare a letto con lei e la costringeva a fare cose che lei mai avrebbe voluto fare... Natasha si prese la testa tra le mani. Per lo meno, aveva ricevuto un chiarimento, una risposta, anche se negativa. Ma, in fondo... quello per cui lei aveva tanto pregato era che Sharon fosse felice e lei, senza dubbio, aveva raggiunto la felicità, anche se in modo del tutto sbagliato. Forse Sharon aveva ragione... magari era quello il suo destino. Continua a vivere nel tuo piccolo mondo tragico... io la mia vita l'ho costruita. Sharon aveva trovato la sua strada. Una strada sporca, orrenda, penosa, ma era pur sempre una strada... e per di più era un destino che a lei non dispiaceva. Ma qual era il destino di Natasha? Continuare a vivere nel terrore del colonnello? Continua a vivere nel tuo piccolo mondo tragico... che significava? Cosa c'era di non-tragico in quella situazione? Tom. Rupert. Stringi i denti, Natasha... stringi i denti per loro. Le due persone alle quali tieni di più al mondo... meritano dei sacrifici da parte tua? Era la voce di sua madre che parlava. Certo che meritano dei sacrifici, rispose Natasha, Ma io sono una debole. Non ce la faccio più. Non riuscirò mai a tirare avanti. Non uscirò mai da quest'incubo. Come farò, questa notte, ad andare dal colonnello? Con quale coraggio? Natasha si posò una mano sulla fronte. Doveva farcela. Doveva smetterla di lamentarsi. Poteva urlare, poteva piangere, poteva soffrire quanto voleva ma mai sarebbe riuscita a cambiare la situazione. E, cosa più importane di tutte, doveva assolutamente smetterla di pensare. I pensieri non facevano che scoraggiarla. Ogni sua speranza si era rivelata vana. Che motivo aveva di riflettere ancora? Aveva già pensato a sufficienza. Ora doveva smetterla. Con una nuova determinazione, Natasha iniziò a cercare un passatempo. Vediamo un po', si disse, guardandosi intorno, Potrei cercare di accendere un fuoco, così potrei riscaldarmi un po'... ma no, troppo rischioso, potrei incendiare tutta la stalla... dunque... Natasha continuò a guardarsi intorno in cerca di suggerimenti. Se il pavimento della stalla fosse stato sabbioso, avrebbe potuto sedersi a fare qualche disegno con un bastoncino o qualcosa del genere. Ma purtroppo la pavimentazione era di nuda pietra gelida. Nel pagliaio rialzato per terra c'erano assi di legno. No, non poteva fare neanche quello. Natasha sbuffò. Quello che desiderava veramente era una penna, un calamaio e qualche foglio. Sapeva scrivere, quindi avrebbe potuto comporre poesie, scrivere un diario, fare anche qualche disegno. Ma non aveva neppure quelli. Che cosa si poteva fare con a disposizione un mucchio di fieno e dei cavalli addormentati? Natasha salì la scaletta che conduceva alla sua "stanza", valutando attentamente ogni cosa che vedeva. Lo sguardo le cadde su un mantello nero per metà sotterrato dal giaciglio di paglia sul quale dormiva di solito. Si avvicinò e lo tirò fuori, osservandolo con meticolosità e curiosità. Era un mantello lungo e nero, da uomo, con piccoli alamari d'argento. Assomigliava molto ad una cappa da aristocratico. Natasha aveva la strana impressione di averlo già visto più di una volta addosso a qualcuno. La stoffa era liscia e fredda, leggermente rigida e cosparsa di fili di paglia. Natasha li scosse via tutti, liberando il mantello che ora appariva più che mai regale ed elegante. Tasha si chiese di chi fosse e, soprattutto, come avesse fatto a finire lì, nella stalla. In quel momento la porta della stalla si aprì e Natasha scattò in piedi, il mantello ancora in mano. -Ciao, tesoro- disse Tom, salendo con il vassoio della cena fermo in una mano -Come và?- -Bene- rispose lei. Non si era resa conto di che ora fosse. -Ho trovato questo- aggiunse, mostrandogli il mantello. Tom sorrise: -Sì, ti avevo coperto con quello un giorno, mentre dormivi... mi sembrava che avessi freddo- Natasha arrossì: -Oh... come sei stato carino- gli disse, baciandolo brevemente sulle labbra. -Puoi tenerlo, se vuoi- disse Tom -Questa stalla dev'essere molto fredda- Natasha annuì: -Lo è, ma non me la sento davvero di tenerlo. Voglio dire, questo mantello ti sarà costato una fortuna- -Oh, è un mantello come tanti altri. Ne ho già trovato un altro identico- spiegò Tom. -Oh, bè... grazie, allora- rispose Natasha imbarazzata, riponendo con cura il dono di Tom sul pagliericcio. -Allora, cosa mi racconti?- disse Tom in tono occasionale. Natasha abbassò lo sguardo: -Bè, veramente... non cose molto allegre- Tom la guardò con un'espressione che Tasha non riuscì a interpretare. Sembrava molto preoccupato, forse troppo, così Tasha riprese in fretta a parlare. -Ho... ho incontrato mia sorella- Tom la guardò spalancando gli occhi grigi, ma in un certo senso pareva estremamente sollevato. -Tua sorella?- disse sbalordito. Natasha annuì: -Già- -E di cosa avete parlato?- -Le ho chiesto di raccontarmi la sua storia e lei... e lei me l'ha raccontata- Natasha deglutì -Ha detto... ha detto che non le dispiace fare la prostituta e poi... dice di essere innamorata di Tavington- Tom alzò le sopracciglia: -Cosa?!- -Mi ha detto proprio così. Sono rimasta talmente scioccata... e non ha cambiato idea sul colonnello neanche quando gli ho raccontato la mia storia-
Tom scosse la testa lentamente: -E pazzesco, assurdo!- -Terribile- fu il commento di Tasha. Tom si avvicinò a lei e l'abbracciò. -Mi dispiace. Devi esserci rimasta malissimo- -Non importa- fece Natasha -Ormai non c'è più niente da fare. E' come se avessi perso mia sorella...- Tom annuì, un'espressione grave sul viso: -Ricordo quando Sharon è arrivata a Fort Carolina...- Natasha lo guardò: -Davvero? Come mai non me ne hai mai parlato prima?- -Io... bè per prima cosa, non volevo caricarti di apprensioni in più. In secondo luogo, non volevo immischiarmi negli affari della vostra famiglia- Natasha annuì: -Sì, credo che tu abbia fatto bene. Hai dato l'occasione a Sharon di spiegarsi da sola. E' stato meglio così. Almeno, so che ora è felice- Natasha sospirò profondamente. Tom le prese il viso tra le mani: -Tu come stai?- -Non lo so- rispose Tasha -Sono... sono così confusa. Non capisco più niente di quello che mi sta succedendo- Tom rimase in silenzio, quindi la baciò appassionatamente. Tasha accettò il bacio e chiuse gli occhi, circondando la vita di Tom con le braccia. Si separarono due ore dopo, quando Tom le disse con profondo rammarico: -Devo andare- -Non puoi restare ancora un po'?- chiese Natasha. Non voleva che lui se ne andasse. -Mi piacerebbe, tesoro, ma proprio non posso- le spiegò Tom, raccogliendo il vassoio della cena e iniziando a scendere la scaletta. Arrivato all'entrata della stalla, si voltò e le disse: -Ci vediamo domani. Ti amo- -Anch'io ti amo, Tom. Che ore sono?- -Le undici- rispose Tom -Ciao- -Ciao- gli rispose lei. Dopo che la porta della stalla si fu chiusa alle spalle di Tom, Natasha si accasciò a terra. Un'ora. Aveva un'ora di tempo per prepararsi psicologicamente al secondo appuntamento con Tavington. Iniziò a contare...
Quarantacinque minuti dopo, Natasha scese la scala a pioli e atterrò sulla fredda pietra della stalla. Diede un'ultima occhiata alle sue spalle, controllando che tutto fosse a posto. I cavalli erano tutti profondamente addormentati, e in caso che si fossero svegliati affamati, le mangiatoie e gli abbeveratoi erano pieni. Silenziosamente, Natasha uscì nella fredda temperatura di fine febbraio guardandosi intorno furtivamente. Le guardie erano esattamente nelle stesse posizioni di quel pomeriggio, senza l'ombra di cambiamenti. Tasha corse velocemente verso il palazzo, salì i gradini ed entrò nell'ampio ingresso. Velocemente e senza fermarsi, arrivò alla prima porta sulla destra e la aprì. Il corridoio era ancora una volta miracolosamente deserto e Tasha lo percorse velocemente, cercando di ignorare quella voce dentro di lei... Tasha, che stai facendo?? Smettila, non rendermi le cose più difficili... stà zitta... Tasha, non pensare. Natasha si ritrovò davanti alla porta del colonnello. Bussò lievemente. Dopo pochi secondi, si udirono dei movimenti all'interno e la porta fu aperta dal Colonnello Tavington. Sorrise. -Entra- le disse, spalancando la porta e tirandola dentro per un braccio. L' uscio si chiuse alle sue spalle. Tavington quel giorno non aveva i capelli sciolti sulle spalle: era ancora vestito esattamente come quando era in servizio. Natasha rivolse il suo sguardo alla camera intorno a lei per evitare di incontrare gli occhi di lui. -Ho avuto una giornata pesante- disse Tavington. Le si avvicinò e le disse, in poco più di un sussurro: -Ora voglio divertirmi- Natasha non aveva mai sentito parole più minacciose in vita sua. Iniziò a tremare, nonostante si stesse imponendo di controllarsi. Il Colonnello Tavington le passò lentamente una mano tra i capelli, respirando profondamente. Natasha chiuse gli occhi e tentò di immaginare che ci fosse Tom lì con lei, al posto del colonnello. Tavington si sciolse i capelli e gettò il laccio altrove; quindi prese a sbottonarsi la giacca, facendo scivolare minacciosamente i bottoni dorati fuori dalle asole. Si tolse la giacca e l'appoggiò sullo schienale della poltrona dietro la scrivania, quindi rivolse il suo sguardo paralizzante a Natasha, che lo guardava senza dire una parola. Lui si avvicinò a lei e la baciò, spingendo a forza la lingua nella sua bocca. Natasha fu presa alla sprovvista e cercò di spingerlo via per tentare di respirare. Fu tutto inutile. Ad un tratto Tasha si sentì soffocare ed emise dei versi strozzati. Tavington si staccò da lei con un ghigno sulle labbra e la lasciò respirare. Natasha ansimò premendosi la mano sul petto. Poi il bacio riprese, e Tasha si ritrovò a cercare disperatamente di pensare ad altro. Le mani del colonnello raggiunsero la parte posteriore del collo di lei e lo accarezzarono, mentre il bacio diveniva più che mai profondo e coinvolgente. Natasha cominciava ad avvertire un principio di torcicollo, dovuto al fatto di tenere la testa alzata verso quella di lui. Le narici di Tasha erano piene del profumo del colonnello, un profumo che ormai conosceva così bene... Lui staccò le labbra dalle sue e la guardò intensamente negli occhi. -Stenditi sul letto- le disse, abbassando la testa verso i suoi capelli. Natasha avrebbe preferito di gran lunga che lui l'avesse spinta sul copriletto come la volta prima: stendersi di sua spontanea volontà sarebbe stato mille volte peggio. Piantala, Tasha. E' terribile, ma cosa ci puoi fare? Fà quello che ti dice e tieni bene a mente che tutto questo serve a salvare Rupert. Natasha, il corpo scosso da brividi che non riusciva a fermare, si stese sul letto. Voltò la testa e cercò di ignorare il Colonnello Tavington che ora montava su di lei. -Guardami negli occhi- le ordinò lui. Natasha voltò la testa e lo guardò. Inavvertitamente, gli occhi le si riempirono di lacrime. Tavington le accarezzò una guancia con la mano: -Non piangere- -N-n-non riesco- balbettò lei -Vi prego, non impeditemi anche questo- -Ti renderà solo le cose più difficili- le disse lui, scostandole alcuni ciuffi di capelli dal viso. Quella frase giunse del tutto inaspettata alle orecchie di Natasha. Renderà le cose più difficili?! Allora Tavington capiva quanto lei stesse soffrendo. Il punto era che non gliene importava nulla. No, un momento... se le aveva appena detto di non piangere per non renderle le cose più difficili significava che lui non voleva rendergliele più difficili. Ma tutto ciò non aveva senso: perché allora la ricattava? Perché aveva ucciso Alan e i suoi genitori? Natasha lo guardò confusa, ma Tavington parve non accorgersene.
William posò nuovamente le labbra su quelle di Natasha, coinvolgendola in un lungo bacio. Quindi iniziò a slacciarle il vestito, impaziente di vederla nuda ancora una volta. La sua eccitazione era al massimo. Avvertì il corpo della ragazza tendersi al suo tocco. Slacciò i bottoni velocemente, e ben presto si ritrovò ad ammirare i seni della fanciulla. Con ansia, la sua bocca si chiuse su uno dei capezzoli di lei. Natasha inarcò la schiena, ma Tavington non ci fece caso. Continuò a succhiare, a leccare e a godere del contatto delle sue mani sulla sua pelle nuda. Gli occhi di lei gli imploravano pietà, ma lui non era disposto a dargliene. Lui non aveva mai avuto pietà per nessuno. Anzi, in quel momento la rabbia gli era tornata nuovamente. Guardò il corpo della ragazza che giaceva sotto di lui. Per un attimo, una sensazione di pena lo aveva attraversato. Ma no, non sarebbe durata a lungo. Quella fanciulla era pericolosa per lui, se gli faceva venire queste strane idee in testa... non doveva prestare attenzione a queste impressioni passeggere. William, vecchio mio... fagliela vedere a questa puttana. Falle vedere cosa significa soffrire, provar dolore...
Natasha strinse gli occhi quando lui la penetrò. Doveva cercare di non urlare, ma questo non faceva che raddoppiare le lacrime che le sgorgavano dagli occhi. Dopo qualche secondo avvertì con chiarezza l'erezione di lui spingere in lei, sempre più a fondo, procurandole sempre più dolore. -Per f-f-f-favore- balbettò, allo stremo delle forze -Mi state facendo male... vi prego, fate più piano...- Tavington le rivolse un'occhiata glaciale e le tirò uno schiaffo. -Stai zitta- le impose -Non azzardarti a dire un'altra sola parola, puttana-
Natasha non avrebbe potuto dire un'altra parola neanche se avesse voluto. Le forze l'avevano abbandonata completamente, lasciando posto a un grande, profondo dolore che non accennava a spegnersi. Tavington continuò a spingere, e ad ogni violenta spinta seguiva un ansimare che si faceva sempre più serrato e affannoso. Natasha non si mosse, ma chiuse gli occhi e cercò, nella sua mente, di porre fine al dolore, o almeno di sopportarlo. Tavington uscì dal suo corpo un'infinità di tempo dopo, quando ormai Natasha stava per svenire dal male che le proveniva da in mezzo alle gambe. Il colonnello, ansimando profondamente, si stese di fianco a lei. Natasha aprì gli occhi e cercò anche lei di riprendere fiato. Non osava ancora abbassarsi la gonna del vestito, non finchè Tavington non si fosse seduto alla sua scrivania. Tasha voleva andarsene. Tornare alla stalla e farsi una bella dormita; era stanchissima, ed era sicura che una notte di sonno avrebbe anche liberato parzialmente il suo corpo dal dolore provocatele dalla crudeltà del colonnello. Ma Tavington non sembrava aver fretta di congedarla: al contrario, quando ebbe ripreso fiato, si tolse la camicia, la gettò a terra e disse: -Passerai la notte qui- Natasha lo guardò con aria interrogativa. Aveva troppa paura di contraddirlo, ma era comunque assurdo il fatto che lei dovesse passare la notte lì con lui. Timidamente, e con voce fioca, Natasha mormorò: -Colonnello... io... io dovrei essere nella stalla per l'alba- Lo guardò impaurita, sperando che il colonnello non si fosse arrabbiato per quella piccola protesta. Tavington le rivolse uno sguardo un po' meno freddo del solito e le disse: -Tornerai alla stalla per l'alba, ma la notte la passerai qui- A questo Tasha non poteva rispondere, così se ne rimase zitta. Tavington fece il giro della stanza e spense tutte le candele, quindi si infilò a letto, tirandosi il lenzuolo sul torace scoperto. Alla debole luce lunare che entrava dalle finestre, Tasha vide il colonnello voltarsi verso di lei ed aggrottare la fronte: -Mettiti sotto le coperte- Natasha ubbidì e per la prima volta dopo tanto tempo di ritrovò ad assaporare la comodità di un letto vero e proprio. Le lenzuola erano fresche e leggere (a quanto pareva il Colonnello Tavington non era molto sensibile al freddo), il cuscino morbido e candido. Tavington le circondò la vita con un braccio. Nessuno dei due parlò per alcuni minuti. Dopo la prima impressione di rilassatezza, Tasha iniziò a sentirsi inquieta. Doveva passare la notte con lui. Cosa le avrebbe potuto fare, mentre lei era addormentata? Niente peggiore di ciò che mi ha già fatto, riflettè Tasha. Così, cercò di mettersi l'anima in pace e di dormire. Ma a poco a poco iniziò a sentire freddo, un terribile freddo. Quelle lenzuola erano troppo leggere, non riuscivano a riscaldarla, nè a ripararla dal gelo dell'inverno. Natasha, a disagio, si rannicchiò su un lato e cercò di addormentarsi senza badare ai brividi convulsi che ora le scuotevano il corpo le facevano battere i denti. -Stai tremando- osservò Tavington -Hai freddo?- Natasha annuì istintivamente e Tavington le disse: -Vieni qui. Avvicinati a me- Tasha avrebbe preferito fare qualsiasi cosa all'infuori di quella, ma non osò opporre resistenza. Si avvicinò a lui e Tavington la circondò con le braccia, tenendo il viso di lei a contatto con il suo petto. Inizialmente Tasha non si sentì affatto meglio, ma dopo una manciata di minuti cominciò a rilassarsi e ad avvertire una maggiore sensazione di calore. Era una situazione strana, Tasha non avrebbe saputo se collocarla nei momenti belli o nei momenti brutti: non era bello come stare con Tom, ma neanche tremendo come quello che era successo poco prima su quello stesso letto. Era solo strano. Buffo, per un attimo ho avuto l'impressione che lui non volesse farmi del male... Ed è così... così... bè in qualche modo, è rassicurante stare qui... Natasha non riusciva a spiegarsi a se stessa. Era divisa tra un sentimento di angoscia e panico per il fatto di trovarsi tra le braccia di un assassino, e da una sensazione strana di pace, quasi di sicurezza... solo che al momento quest'ultima parte di lei aveva il sopravvento sulla prima. Che i discorsi di Sharon l'avessero influenzata negativamente? Non lo sapeva. Ma l'importante non era capire, l'importante era rimandare il dolore fino al prossimo appuntamento con il colonnello.
Natasha aprì gli occhi lentamente. Inizialmente si domandò cosa ci facesse in un letto matrimoniale. Che fosse stato tutto un sogno? Che ora fosse a casa, nella sua camera? Un ruggito alla sua destra le rispose. Voltando la testa, Natasha vide il Colonnello Tavington addormentato di fianco a lei. Ah, ecco dov'era. Non era tornata a casa. Era nel letto di Tavington. Sentendo la malinconia invaderle il corpo, Natasha riappoggiò la testa sul cuscino e si mise ad osservare il colonnello addormentato. Sembrava totalmente un'altra persona. Il volto era rilassato e inespressivo; stralci di capelli marrone scuro gli ricadevano sul viso. Il suo petto si alzava e si abbassava regolarmente. Sembrava tranquillo, addirittura angelico. Questo perché ha gli occhi chiusi, si disse Natasha, continuando ad osservarlo. Ad un tratto le labbra di Tavington si piegarono in un leggere ghigno. Tasha preferì non sapere cosa stesse sognando. Così, cominciò a domandarsi se era il caso di lasciarlo solo e andarsene. Provò ad immaginare cosa avrebbe detto il colonnello se, al suo risveglio, avesse trovato il letto vuoto. Sicuramente si sarebbe arrabbiato e poi sarebbero stati guai, per lei. Allora era il caso di svegliarlo? Lentamente, timidamente, Tasha si avvicinò a lui e bisbigliò: -Colonnello!- Gli posò una mano sulla spalla e lo scosse leggermente. -Colonnello! Posso andare?- Tavington si mosse ed aprì gli occhi, sbattendo le palpebre alla luce dell'alba. -Colonnello! Posso andare?- ripetè Tasha pazientemente. Tavington si alzò a sedere e la guardò. -Che ore sono?- le chiese. Natasha alzò le spalle: -Io... non lo so- Tavington si legò un lenzuolo in vita e scese dal letto, stirandosi. Quindi si voltò e disse: -Sì, vai- Era proprio quello che Natasha voleva sentirsi dire. Si diresse alla porta, e stava per aprirla quando un dubbio si fece strada nella sua mente. -Colonnello...- -Mmm?- disse lui, chinandosi per raccogliere la sua camicia. -Se qualcuno mi vedesse uscire dalla vostra stanza? Voglio dire... se incontrassi qualcuno in corridoio?- Tavington la guardò negli occhi per qualche secondo, riflettendo. Quindi le sue labbra si incresparono in un ghigno. Ridacchiando, disse: -Immagino che quel "qualcuno" stia per Felton, ho ragione?- Natasha lo guardò stupita, presa in contropiede. Cosa diavolo ne sapeva, lui? -Bè...- disse, cercando di prendere tempo. Tavington si infilò la camicia e si avvicinò a lei. -Non credere che non lo sappia- le disse, guardandola dall'alto della sua statura. Natasha abbassò lo sguardo. Sì, in realtà credeva che non lo sapesse. -Il solo fatto che io sia stata costretta a partecipare al vostro ricatto...- -Partecipare al mio ricatto?- rise Tavington -Io non ti ho fatto nessun ricatto. L'idea è stata tua, tesoro- Tesoro. -Io...- Natasha non sapeva cosa dire -Voi volevate che io reagissi così, quel giorno, quando mi avete detto di mio fratello. Era ciò che avevate in mente dall'inizio, non è così?- Tavington le alzò il viso con una mano: -Questo non c'entra. Il fatto che io avessi previsto che sarebbe finita così non vuol dire che ti abbia costretto- -Le circostanze mi hanno costretta!- replicò Natasha, fissandolo con furia. Tavington diede in un piccolo sbuffo divertito: -Non ti conviene arrabbiarti con me, Natasha. Non scherzare con il fuoco- Natasha sospirò: -Lo so... me lo avete insegnato fin troppo bene- Tavington ridacchiò e si abbottonò la giacca, prima di infilarsi gli stivali. -Puoi passare per la finestra- disse, prendendo un pettine e iniziando a sistemarsi i capelli. Natasha, la cui attenzione era concentrata sulla breve discussione appena avuta, lo guardò con aria interrogativa. -Come?- -Ho detto- disse Tavington con una vaga nota minacciosa, come se la stesse rimproverando per non essere stata ad ascoltarlo -Che puoi passare per la finestra- -Oh- disse Natasha, che non ci aveva pensato. Guardò la finestra, dalla quale iniziavano ad entrare fiotti di luce. Tasha la aprì e si issò a sedere sul davanzale, guardando fuori. -A stasera- disse Tavington distrattamente, raccogliendosi i capelli in una lunga coda. -Come??- disse Natasha sconvolta. Tavington si voltò e la guardò con freddezza: -Devo ripetertelo?- -Colonnello, io... io non credo di farcela. Due notti di fila, io non...- -Primo: quando ti dò un ordine, niente obiezioni. Secondo: non è una questione da discutere con la finestra aperta- -Colonnello... io davvero non ce la faccio- disse Natasha, sull'orlo delle lacrime. -A stasera- disse Tavington in un tono che non ammetteva repliche. Natasha scese dal davanzale ed atterrò in una delle ali laterali del cortile. Individuò la stalla dalla parte opposta e si avviò, pensando infuriata a quello che Tavington le aveva ordinato. Un'altra sera così. C'era limite alla crudeltà? Oltrepassò un Dragone che veniva dalla direzione opposta alla sua. -Signorina, cosa ci fate qui?- le disse questo, con un'occhiata inquisitoria. Natasha non sapeva cosa rispondere. -Ehm... bè, vedete, ecco io...- rivolse un cenno del capo alla finestra dalla quale era appena scesa. Proprio in quel momento si vide il Colonnello passare e legarsi la spada alla cintura. Il Dragone parve capire: -Oh... certo, miss, passate pure- -Grazie- disse Tasha, non sapendo cosa dire. Raggiunse la stalla e vi s'infilò. Appena si voltò per proseguire verso i vari cubicoli, vide che dentro c'era già qualcuno. James Wilkins se ne stava lì, in piedi vicino a un cubicolo, e la stava guardando entrare. -Cosa ci fate voi qui?- domandò Natasha d'impulso. Poi, schiarendosi la gola, disse: -Scusatemi, signore. Qual è il vostro cavallo?- Wilkins si tolse il caschetto da cavalcata e la guardò intensamente. -Miss Halliwell, credo che noi due dovremmo parlare- Natasha lo squadrò stringendo gli occhi in un'espressione ostile: -Non credo che abbiamo nulla da dirci, signore- Wilkins abbassò la testa. -So che siete arrabbiata con me per...- -Per aver causato la morte dei miei genitori e di mio fratello? Sì, Wilkins, sono infuriata con voi per tutto questo!- sbottò Natasha, senza riuscire a controllarsi. Wilkins non rispose. Regnò qualche secondo di silenzio. Tasha sospirò cercando di calmarsi e disse, passandosi una mano sulla fronte in un gesto stanco: -Cosa vi è successo? Cosa... cosa vi ha spinto a diventare quello che siete?- Natasha gettò uno sguardo disgustato alla divisa che Wilkins indossava. Wilkins sospirò, con l'aria di uno che si attinge a raccontare una lunga storia: -Conoscevate mia moglie Lillian e il mio piccolo figlio Edward. Non era che un neonato- gli occhi di Wilkins diventarono lucidi -E noi conoscevamo bene la vostra famiglia. Gli Halliwell ci erano sempre stati molto cari. E' molto tempo che voi e i vostri genitori non mi vedevate, perché... perché è successa una... una cosa. Un giorno- Wilkins sospirò -I Dragoni vennero a casa nostra. Loro... uccisero mia moglie e mio figlio- la voce di Wilkins si spezzò. Natasha abbassò lo sguardo, ma dentro di sé si chiedeva cosa fosse successo dopo. -Io non sapevo cosa fare. Loro mi dissero che se mi fossi unito a loro mi avrebbero risparmiato. Io... io non so perché accettai. Dopotutto, ora che la mia vita era distrutta... che importanza aveva se mi avessero ucciso? Ma, d'altro canto, avevo capito una cosa: uccidendomi, loro avrebbero vinto. Avevo capito che avrei potuto avere la mia parte di vincita solo arruolandomi con loro. Non solo, avrei anche potuto vendicarmi- -Ma vendicarvi su chi??- gridò Natasha -Vendicarvi su persone innocenti!- Wilkins scosse la testa: -Sono loro i più forti, Miss Halliwell. Sono loro quelli che vincono. Io sono un uomo distrutto. L'unico modo in cui posso rendermi utile a qualcuno è dare informazioni al nemico. Ed è quello che sto facendo- Natasha scosse la testa: -Potrei anche acconsentire con il vostro modo di pensare, per quanto insensato sia, ma il punto è che la vostra decisione ha implicato la distruzione di vite innocenti, al di fuori della vostra! Quella di mio padre, mia madre, Alan, Rupert... la mia... mi avete rovinato, Wilkins. Avete rovinato la mia esistenza e quindi se cercate la mia approvazione, o il mio perdono, non l'otterrete. L'unica cosa che potete ottenere da me sarà il vostro cavallo. Ne avete bisogno?- Wilkins parve abbattuto dalle sue ultime parole. Le fece un cenno con la testa ed uscì a passi veloci dalla stalla, mentre Natasha lo guardava allontanarsi.
Chiarimenti
Quella notte Natasha dormì male. Ogni volta che chiudeva gli occhi le appariva Tavington, e i ricordi legati a lui... tutti quei dannatissimi ricordi. Natasha si rigirò inquieta per ore. Riusciva a cogliere ogni minimo rumore dall'esterno, e benchè fosse molto assonnata, anche il suono più lieve era sufficiente a tenerla sveglia. A poco a poco, Natasha sentì i primi uccellini che iniziavano a cantare, vide il cielo rischiararsi, cospargendo una luce arancio e giallo ocra. Era l'alba. Natasha si mise a sedere, strofinandosi gli occhi. Non solo non era riuscita a dormire, ma la giornata che l'aspettava si prospettava terribile. Fece il suo solito lavoro quotidiano, occupandosi dei pochi cavalli rimasti nella stalla; la sua mente era occupata da pensieri su Tavington. Aveva molta paura. Finì di pulire le stalle circa cinque ore dopo, quindi si rannicchiò in un angolo aspettando con impazienza il pranzo. Ciò che più desiderava era distrarsi. Quando sarebbe arrivato Tavington? E, soprattutto, avrebbe voluto vederla subito? Era così in ansia che non si mise a pensare molto su quello che le era successo la notte prima, con Tom. Ovviamente qualche volta le capitava di ritornarci, con la mente, ma a quel punto le paure su Tavington prendevano il sopravvento e lei ricominciava a tremare. Qualche ora dopo, arrivò Tom, che si sedette a mangiare vicino a lei. -Sembri molto stanca- osservò lui. -Non ho dormito bene- rispose Tasha, addentando il sandwich. Tom intuì che il motivo per cui Natasha non aveva dormito non lo riguardava, quindi rivolse la conversazione altrove, con gran sollievo di lei. Dopo un po' si udì un rumore di zoccoli di cavallo avvicinarsi al cancello, nel cortile. Natasha sollevò la testa e mise giù il tramezzino, smettendo anche di masticare. Tremava. -Sono tornati- disse Tom piano, rivolgendo la testa all'entrata della stalla. -Vieni, ti accompagno di fuori- Natasha scese più velocemente che poteva la scala a pioli ed uscì dalla stalla, seguita da Tom. Da lontano distinse l'immagine dei Dragoni oltrepassare il cancello, Tavington in testa. Il Colonnello non le rivolse nemmeno uno guardo, le affidò frettolosamente il cavallo e si diresse con passo veloce verso il palazzo. La folla di prostitute si avventò sugli altri Dragoni che, nonostante apparissero molto stanchi, si misero a ridere e scherzare con loro. Natasha raccolse le redini di tutti i cavalli e li riportò nella stalla, momentaneamente sollevata che Tavington non le avesse rivolto attenzione. -Io devo andare, ci vediamo questa sera, d'accordo?- le disse Tom, baciandola. -D'accordo- rispose lei, ricambiando il bacio. Natasha lo guardò allontanarsi, appoggiata allo stipite della stalla. Poi il suo sguardo vagò sul folto gruppo di donne e ragazze ancora intente a corteggiare i Dragoni, che le sceglievano via via. Ancora una volta, la vista di Sharon le provocò uno shock. Era davvero sua sorella quella creatura truccata pesantemente, con quel vestito così ampio e scollato, che faceva quelle risatine acute e sciocche? Sì, era davvero lei. Come si era ridotta così? Perché era fuggita di casa per andare incontro a questo destino? Domande, domande, domande. Aveva bisogno di risposte. Un disperato bisogno di risposte. Natasha rientrò sospirando: non poteva sopportare neanche per un secondo di più la visione di quelle disperate. Per passare il tempo e per riscaldarsi, Natasha ricominciò il suo giro di pulizie. Doveva occuparsi di nutrire e pulire i nuovi arrivati. Dopo una mezz'ora di lavoro, Tasha giunse al cavallo del Colonnello. Dall'esterno non venivano più le risate e i trilli allegri delle ragazze, così il mal di testa le si era placato. Osservò il destriero di Tavington e gli sorrise. Quello nitrì in risposta. -Sarai affamato- gli disse, accarezzandogli il bel pelo scuro -Vado a prenderti qualcosa- Si voltò, ma così facendo urtò contro qualcuno. Sobbalzò ed alzò lo sguardo. -Vedo che ti stai occupando del mio cavallo- le disse Tavington, instaurando immediatamente una salda presa su di lei e circondandola con le sue forti braccia. Natasha era insieme confusa, attonita, sgomenta. Come aveva fatto a non sentirlo entrare? Come aveva potuto giungerle alle spalle così silenziosamente? Perché si divertiva così tanto a terrorizzarla? -Io... io...- fu tutto quello che riuscì a dire, guardando altrove. La mano di Tavington le girò il viso, costringendola a fissarlo negli occhi. -Guardami negli occhi quando ti parlo- le disse con tono imperioso. Natasha non disse nulla, si limitò a cercare di opporgli resistenza. Ma le sue piccole mani, le sue esili braccia, non potevano nulla contro quell'uomo così atletico e forte, abituato alla lotta e alla battaglia. Era come cercare di fermare una valanga con una piuma. -Perché ti stai occupando adesso del mio cavallo?- -Io sono la stalliera... devo occuparmi dei cavalli- mormorò lei. Le labbra di Tavington si incurvarono in un ghigno: -Ah sì? Bè, si dà il caso che il mio cavallo debba venire curato per primo- le disse vicino all'orecchio, stringendo sempre più l'abbraccio in cui era imprigionata -Mi sono spiegato?- Lei annuì, tremante. -Adesso lasciatemi andare, per favore- mormorò. Lui allentò la presa, ma solo leggermente, quindi le spinse la testa verso la sua e la baciò, penetrandole in bocca con la lingua. Natasha avvertì un senso di nausea e disgusto. Quando lui riaprì gli occhi le disse, sussurrandole all'orecchio: -Ti voglio vedere, stasera. Nella mia stanza a mezzanotte- Detto questo, le lanciò un ultimo sguardo di ghiaccio e lasciò la stalla, mentre Tasha, sconvolta e impaurita, riprendeva fiato.
Tom ritornò al palazzo quasi correndo. Arrivato nella sua stanza, ansimava. Si buttò sul letto e si mise a riflettere intensamente su ciò che aveva appena visto. Così Tavington la minacciava. Quel bastardo. Se avesse potuto, lo avrebbe ucciso. Come poteva fare del male ad una creatura così fragile e delicata come Natasha? Tom prese un cuscino e lo gettò dall'altra parte della stanza, cercando di sfogare la sua rabbia. Sentì i passi di Tavington percorrere il corridoio ed aprire la porta della stanza accanto. Tom tese l'orecchio e capì che c'era qualcuno con lui. -Sei stata brava ad aspettarmi fino ad ora- stava dicendo Tavington. Fu la voce leggera e frivola di una ragazza a rispondergli. -Chi non aspetterebbe per il più affascinante colonnello d'America?- disse questa, ridacchiando. -Ti meriti una ricompensa...- disse Tavington in tono malizioso -Entra - -Non me lo faccio ripetere due volte- rispose lei con voce acuta. Tom udì la porta chiudersi e poi nulla. I muri del palazzo erano molto robusti, quindi era impossibile sentire qualcosa che avvenisse nella camera attigua. Tom considerava ciò un'insperata fortuna. Ritornò a pensare a quello che aveva visto e sentito nella stalla poco tempo prima. Tavington era entrato ed era giunto alle spalle di Natasha. La ragazza non lo aveva sentito arrivare, quindi voltandosi gli si era ritrovata addosso. Poi lui -lo stomaco di Tom si contorceva al pensiero- l'aveva tenuta ferma con le braccia vicinò a sé. Le aveva parlato e Tasha appariva più che terrorizzata. Tom non poteva biasimarla. Cosa le aveva detto il colonnello? Qualcosa che riguardava il suo cavallo. Secondo Tavington, lei avrebbe dovuto occuparsi di lui prima di tutti gli altri. Natasha tremava, ma aveva annuito sottomessa. Povera fanciulla, nelle braccia di quell'uomo crudele, senza vie di scampo, costretta a obbedire ai suoi ordini. E prima di andare via, Tavington... Tavington l'aveva baciata. Tom aveva visto tutto. Aveva stretto i pugni così forte che le unghie gli si erano conficcate nella carne. Bastardo, bastardo. Quella è la mia fidanzata... lui non può farle del male. E invece gliene stava facendo, eccome. E lui, Tom, lì a guardare senza fare nulla. Ma non poteva rischiare di agire. Tavington avrebbe potuto pensare che era stata Tasha a dirgli che lui la minacciava. Non avrebbe mai creduto che Tom l'avesse scoperto da solo. E sarebbe stato peggio, soprattutto per Natasha. Tavington ne avrebbe combinata una delle sue. Avrebbe ucciso la persona (o Rupert o Sharon) alla quale Natasha teneva a tal punto da sottostare a Tavington. Avrebbe ucciso anche Natasha stessa, probabilmente. Tom non riusciva a pensare di perderla. Sarebbe stato impossibile riprendere la vita di tutti i giorni senza di lei. Natasha era diventata la sua luce; voleva proteggerla, aiutarla... voleva amarla. E la amava. Dio, se l'amava. Ma cosa, cosa è che lei gli nascondeva? Tom tentò di capire a cosa gli fosse servito pedinare Tavington e origliare la sua conversazione con Natasha nella stalla, sempre che gli fosse servito a qualcosa. Un fatto era certo: per quanto Tasha avesse detto che Tavington le faceva paura perché aveva ucciso la sua famiglia, quella non era la verità. No, la verità era che Tavington dedicava alla ragazza particolari "attenzioni". Era ciò che terrorizzava Tasha. La fanciulla mentiva quando gli aveva detto che semplicemente non le piaceva vedere Tavington in giro. In realtà, Natasha era sollevata quando Tom le aveva detto che Tavington era stato bloccato dalla neve, perché così lui non avrebbe potuto tormentarla per un certo periodo di tempo. Non era la sola presenza del colonnello ad impaurirla: era il colonnello stesso, che si divertiva a giocare con lei. Ma in cosa consisteva il "gioco" di Tavington? Cosa c'entrava in tutto questo la minaccia di uccidere Sharon o Rupert? Tom riflettè. Natasha non può dirlo a nessuno, altrimenti Sharon o Rupert moriranno. Ma dire cosa? Che Tavington la molesta. La risposta era arrivata così inaspettatamente che Tom sobbalzò. Lui aveva visto, con i suoi occhi, Tavington baciarla. Era da escludere che avesse una relazione con Natasha, anzi, lei tremava e cercava inutilmente di spingerlo via. Quindi, di conseguenza, Tavington la usava come proprio divertimento. Era attratto dalla ragazza, era evidente. Sin da quando Tom lo aveva visto malmenare Natasha fuori dalla "Spiga Dorata", aveva notato uno strano brillio negli occhi del colonnello. Era evidente che provava gusto nel farle del male, eppure allo stesso tempo sembrava voler chiarire al mondo che Natasha fosse sua. E si sbaglia, si disse Tom, Si sbaglia di grosso. Tavington la voleva. Adorava sottometterla, gli piaceva il fatto di darle ordini, la baciava contro la sua volontà... e la povera Tasha non poteva dirlo a nessuno, altrimenti o sua sorella o suo fratello sarebbero morti. Natasha aveva la responsabilità di queste vite nelle sue mani, non poteva permettersi di commettere l'errore di disobbedire a Tavington. E io cosa posso fare? si domandò Tom Cosa posso fare per aiutarla? Era da escludersi l'idea di andare a raccontare tutto a suo zio o a Lord Cornwallis. Tavington avrebbe pensato che Tasha avesse fatto la spia. E allora? Andare a parlare con Tavington e pregarlo di lasciare stare Natasha? Inutile, quando mai Tavington aveva dato retta ad una preghiera? In ogni caso, doveva cavarsela da solo. Non poteva coinvolgere altri, per il bene di Tasha. Ma, si tornava sempre al punto di prima: cosa poteva fare lui? Niente, niente, niente... no, ma doveva fare qualcosa! Doveva procedere con metodo, altrimenti avrebbe commesso un fiasco. E quel fiasco poteva costare molto a Tasha e alla vittima che Tavington minacciava. In fondo, Tom ancora non conosceva neppure i fatti con precisione. Non era ancora chiaro come Tavington la minacciasse... insomma... che cosa le faceva? La baciava, certo... e dalla reazione di Natasha era difficile dire se quella fosse la prima volta che lo facesse o se lo avesse fatto prima... probabilmente... era duro da ammettere, ma probabilmente lui l'aveva già fatto. E chissà cos'altro le aveva fatto! Possibile che avesse fatto qualcosa di peggio? In un lampo, senza che intendesse farlo, Tom rievocò nella mente le parole di Tasha, quelle parole che lo avevano tanto preoccupato... Con lui sono già stata ieri sera. -Basta!- disse ad alta voce -Sono uno stupido a prendere in considerazione quello che mi ha detto quel giorno. Era ubriaca, non pensarci più, maledizione!- Che poteva fare? Che poteva fare? Non riusciva a ragionare, la sua mente era offuscata dalla rabbia verso Tavington... poteva avere tutte le donne che desidarava, cosa diavolo voleva dalla sua Tasha? Che gli aveva fatto lei di male? Non aveva già sofferto abbastanza? Maledetto. Ma ancora più che vendicarsi di Tavington, Tom aveva voglia di rivedere Natasha. Stringerla tra le sue braccia, consolarla, dirle che non aveva nulla da temere. Rassicurarla. Ma era vero che non aveva nulla da temere? Oh, Tom non lo sapeva. Voleva solo che lei fosse felice e tranquilla, libera da ogni brutto ricordo di ciò che Tavington le aveva fatto... libera dal colonnello stesso. Ma sarebbe stato impossibile. Però doveva provarci. Doveva farlo per Tasha. E ora, passando al secondo punto... doveva dire a Tasha della sua scoperta? No, non glielo dirò... non voglio vederla piangere ancora, non voglio parlare con lei di cose di questo genere... voglio vederla ridere insieme a me, voglio baciarla... voglio che lei passi dei bei momenti con me... come io li passo con lei. No, non gliel'avrebbe detto. Assolutamente no. Si sarebbe comportato normalmente con lei. E con Tavington? Come si sarebbe dovuto comportare? Normale anche con lui. Anche se questo sarebbe stato più difficile. Lo odiava con tutto se stesso. Tom sospirò profondamente, massaggiandosi le tempie e chiudendo gli occhi. Doveva venirgli un'idea, prima o poi... Appoggiando la testa alla parete, Tom si assopì, immerso nei suoi pensieri.
Nella stanza adiacente, William Tavington ansimava sopra l'ossuto corpo di una ragazza ventenne. -Oh, William!- gemette lei, circondandogli il collo con le braccia. Tavington la coinvolse in bacio lungo e profondo, prima di cadere a fianco della ragazza e avvolgersi nel lenzuolo, mentre il suo petto scoperto e solido si alzava e si abbassava affannosamente. La ragazza si voltò lentamente verso di lui e lo guardò negli occhi: -E' stato meraviglioso- disse, passandogli le dita nei lunghi capelli marrone scuro. -Lo sai che sei la mia preferita, Sharon- rispose lui con voce roca, fissandola con quel suo sguardo azzurro e lesto. Sharon Halliwell sorrise e lo baciò.
Era il tramonto quando Natasha si appoggiò all'entrata della stalla e si mise ad osservare pigramente le attività del cortile. Aveva appena terminato i suoi compiti giornalieri, occupandosi in particolar modo dei cavalli tornati solo poche ore prima, come quello del colonnello. Era annoiata. Non aveva sonno, non aveva niente da fare. Ricominciare il giro di pulizie non era una prospettiva allettante; inoltre, la stalla e i cavalli erano talmenti lucidi e puliti che ogni lavoro in più sarebbe risultato ridicolo. La cosa importante era non fermarsi a pensare. Non doveva pensare a cosa sarebbe successo di lì a qualche ora. Era importante che si concentrasse su altro. Il problema era che, a parte il lavoro di manutenzione della stalla, lei non aveva nulla da fare quando Tom lavorava. Non aveva passatempi, nè compagnia, se non si consideravano i cavalli. Ma tutte quelle bestiole erano stanche e molte di loro giacevano addormentate: se lei avesse provato a fare conversazione con uno di loro, avrebbe inevitabilmente svegliato gli altri. No, l'unica cosa per passare il tempo era guardare il cortile. Attività assolutamente noiosa. Un gruppo di circa venti soldati in giubba rossa era allineato ordinatamente ai lati del massiccio cancello di entrata. Quasi non si muovevano e Natasha si chiese come doveva essere stare fermi per ore dritti sull'attenti. Sicuramente duro e molto monotono. La temperatura era molto fredda: qualche fiocco che cadeva dal cielo nuvoloso era quello che rimaneva dell'imponente bufera di pochi giorni prima. Natasha tuttavia non sentiva molto freddo, forse perché stava incominciando ad abituarsi ai pochi vestiti che aveva e a vivere in un edificio di legno dalle cui pareti traspirava tutto il gelo dell'esterno. Strizzando gli occhi davanti a sé, riuscì a scorgere una baracca che non aveva mai notato prima. Riflettendo, si ricordò che le prostitute erano venute da quella parte. Immaginò che quella baracca fosse la loro abitazione. Di nuovo, il suo pensiero vagò a Sharon. Proprio mentre Natasha sospirava profondamente, una ragazza uscì dal palazzo, stringendosi le braccia attorno al corpo per il freddo. All'inzio Natasha non vi fece caso, ma man mano che la ragazza si faceva più vicina, Tasha riconobbe dei lineamenti familiari. Sharon. Diretta verso la baracca. Natasha decise in un lampo. Corse veloce verso il centro del cortile ed afferrò il braccio della sorella. -Ehi, ma cos...?- disse questa, guardandola seccata. Gli occhi di Sharon si spalancarono per la sorpresa quando videro chi l'aveva fermata. -N-Natasha?- -Sharon, vieni nella stalla, ho bisogno di parlarti- disse Natasha, tirandola verso la stalla. -Ma cosa ci fai qui?- chiese Sharon, confusa. -Vieni nella stalla, veloce, prima che qualcuno ci veda- le disse Natasha. Le due corsero nella stalla senza essere viste. Una volta dentro, Natasha chiuse la porta dietro di sé e posò gli occhi sulla sorella. Da vicino, Sharon era ancora la stessa, complessivamente. Solo alcuni particolari erano cambiati. Il viso, che Tasha ricordava già molto ossuto, era diventato più scarno e pallido che mai, e di forma leggermente più allungata. I lineamenti erano fini e appuntiti. I capelli biondo paglia erano più lunghi e in qualche modo parevano molto più crespi e folti. Sulla pelle lattea del collo risaltavano alcuni segni rossi. -Sharon, cosa sono?- domandò Natasha, sfiorando con un dito il collo della sorella. Sharon sorrise: -Niente, niente- disse frettolosamente. Nei suoi occhi scuri era ancora evidente un'ombra di confusione: -Cosa ci fai qui, Natasha?- chiese. Natasha sospirò: -Sono stata catturata, più o meno...- tentò di ricordare -Un mese fa, o anche di più- -Non ti ho mai visto- ribattè Sharon. -No, io faccio la stalliera e le uniche volte che posso uscire di qui è per prendere i cavalli dei soldati. Io ti ho visto, una volta, ma tu eri troppo occupata per notarmi- Una rabbia bruciante invase il cuore di Natasha, pronunciando quelle parole. Sharon strinse gli occhi: -Che vuoi dire?- chiese aspramente. -Voglio dire...- cominciò Natasha. Non riusciva a trovare le parole giuste. Sospirò, quindi disse: -Era questo quello che intendevi fare sin da quando sei scappata di casa?- Sharon alzò le spalle: -Veramente no. E' stato il destino a scegliere per me. Sai che ero depressa... insomma, il solo pensiero di passare il resto della mia vita con quel perdente del mio fidanzato e con la mia stupida famiglia era... - Natasha le tirò uno schiaffo con tutta la forza che aveva, presa da un'ira improvvisa e incontenibile. Sharon si portò lentamente una mano sulla guancia, guardando indignata la sorella. -Noi ti volevamo bene! Nostra madre, nostro padre, Alan, Rupert...- Natasha non riuscì a continuare. Si coprì il viso con le mani ed emise un singhiozzo. Sharon rimase in silenzio. Dopo qualche secondo chiese: -Che ne è di loro?- Natasha alzò la testa per guardare Sharon negli occhi. Quindi, distogliendo lo sguardo, disse: -Morti. Solo Rupert è ancora vivo, ma è in grave pericolo- Sharon abbassò la testa. -Mi dispiace- disse. -No, non è vero- disse Natasha -A te non è mai importato niente di noi. Ed ora fai la puttana...- Sharon alzò la testa: -Già, ma non l'ho deciso io- Un filo di speranza perpetrò la mente di Natasha. Che avesse avuto ragione a sospettare che Tavington la costringesse a fare quello che faceva? Ma Sharon distrusse immediatamente quelle speranze: -Voglio dire, non che mi dispiaccia. Ti assicuro che dopo le prime volte è davvero emozionante. Ora sto bene- Sharon sospirò e aggiunse con cautela -Meglio di quando stavo con la mia famiglia, senza dubbio- Natasha fu tentata di schiaffeggiarla di nuovo, ma la sua voglia di spiegazioni la trattenne. -Cosa... cosa ti è successo dopo che fuggisti di casa, due anni fa?- chiese. -Non fuggii di casa. Certo, è naturale che tu e gli altri lo abbiate pensato, dato che non era certo un segreto che io non sopportassi la mia vita, ma... bè... dovevo andare ad un appuntamento con John, ricordi? Ma mentre mi dirigevo al luogo dove ci dovevamo incontrare, vidi una pattuglia di Dragoni Verdi venire verso di me. Ero terrorizzata, sapevo che erano inglesi, quindi tentai di fuggire. Ma loro mi avevano vista. Due soldati mi presero e mi portarono dal loro colonnello- Sharon fece una pausa ed un sorriso, che Tasha non riuscì a decifrare, le illuminò il volto. Continuò a fissare il vuoto, come se cercasse di ricordare con esattezza la situazione in cui si era trovata, e di riviverla: -Tavington scese dal suo cavallo e mi guardò. Per la prima volta incontrai quegli occhi, così freddi eppure così... così... sexy. Da quando lo vidi non tentai più di scappare... quell'uomo mi... mi affascinava. Mi disse: 'Bellezza, vieni con noi, ci divertiremo' e poi è scoppiato a ridere sgradevolmente insieme ai suoi uomini- Sharon rise -Ovviamente, io pensavo che la cosa più matura e saggia da fare fosse oppormi, piangere, gridare, scalciare, supplicarlo, chiamare aiuto. Ma in quel momento decisi il mio futuro. Capii che non era un caso che il colonnello Tavington e i suoi uomini fossero passati di là proprio mentre passavo io. E, cosa più importante, capii che il colonnello non era venuto a distruggere la mia vita, ma a renderla meravigliosa. Per la prima volta, il mio destino mi sembrò piacevole. Mi feci condurre, prigioniera, qui a Fort Carolina e diventai... bè, diventai una delle "ragazze" di Tavington. Con il passare del tempo, sono stata sempre meglio. Ho imparato a non guardarmi più alle spalle. E poi...- aggiunse, quasi in tono sognante -... c'è il Colonnello Tavington. Io... bè, non credo che lui lo capirà mai, ma... io... bè... credo di essere innamorata di lui- Natasha la guardò attonita. Quella dichiarazione aveva completato un folle discorso già privo di senso. Sharon era innamorata di Tavington. Non poteva crederci. Era... assurdo. Ovviamente il Colonnello Tavington era un bell'uomo. Molto affascinante, molto... molto uomo. Ma innamorarsi di lui... Natasha non riusciva a credere come fosse possibile. Dopo tutte le stragi che aveva fatto, dopo tutte le persone che aveva ucciso a sangue freddo... dopo tutte le ragazze che aveva violentato... come si poteva amarlo? -I-innamorata?- ripetè Natasha attonita -Sei... sei innamorata di lui?- Sharon annuì, un'aria grave in viso. -Già... adoro quando lui... quando lui mi sceglie. Passo la notte con lui, ed è così... così fantastico. Io lo amo, Tasha. Con tutta me stessa. Ma...- e qui il magro viso di Sharon si incupì -Non credo che lui se ne accorgerà mai... lui... no, non lo capirà mai. E anche se fosse... non credo che ci possa essere possibilità per noi due. Chi è che si sposerebbe mai con... bè...- una lacrima rotolò lentamente sulla guancia. Sospirò, mentre l'asciugava. -Chi mai si sposerebbe con una come me?- disse con una risata amara. Per un attimo Natasha fu sul punto di avvicinarsi a lei e consolarla, ma poi giudicò che quella non era la cosa più giusta da fare. Si ricordò di tutto quello che Sharon aveva detto della sua famiglia e di nuovo per lei provò una forte ira... un odio, quasi. Sua sorella se ne stava lì, con dei succhiotti sul collo fatti dall'uomo che lei, Natasha, temeva di più al mondo. Non solo, ma Sharon stava addirittura piangendo per le sue pene amorose, mentre Tasha aveva visto la sua vita frantumarsi davanti ai suoi occhi ed ora viveva nel terrore di un appuntamento da lei stessa concordato per salvare la vita a suo fratello. Natasha rimase in silenzio a guardare quella ragazza giovane e ossuta, sciupata, quella puttana che un tempo era stata sua sorella. Natasha abbassò lo sguardo e disse, in tono controllato: -Vattene, Sharon- La ragazza alzò la testa e la fissò. Il trucco nero intorno agli occhi le stava lentamente colando sulle guance per via del pianto. -Come?- -Ho detto vattene- ripetè Natasha. Sharon la guardò stupita: -Ma che ti succede, Natasha? Prima mi schiaffeggi, poi mi cacci via...- -Non...- cominciò Natasha, quindi sospirò -Non so neanch'io cosa mi succede- Sharon la guardò con comprensione: -I primi giorni è difficile, so come ti senti...- -Tu non hai idea di come mi senta!- esclamò Natasha, arrabbiata. -Sai, Tasha, ti vedo male qui in questa stalla... a parlare solo con i cavalli... poveretta, ti hanno dato un lavoro davvero penoso. Chissà, magari se chiedessi al colonnello, lui potrebbe fare in modo che tu ti unisca a noi, che ne dici?- Natasha la guardò con odio: -Lui mi aveva già scelta per quel lavoro- borbottò. Un lampo di gelosia passò negli occhi di Sharon: -Ah sì? E perché hai rifiutato?- Natasha strinse gli occhi: -Sharon, quell'uomo ha ucciso i miei genitori, e Alan, e... ed è lui che tiene nelle sue mani il destino di Rupert... come puoi essere così ottusa? Come puoi... come puoi fargli da puttana?- -Non sono confusa, sono innamorata. Quanto alla seconda domanda... mi vuoi dire che altra scelta ho? Vuoi che io finisca impiccata per essermi rifiutata di andare a letto con uno di loro? E' così, non è vero? Senti un po', Tasha, continua a vivere nel tuo piccolo mondo tragico... io la mia vita sono riuscita a costruirla. Non credo che ru riuscirai a fare altrettanto- Dicendo questo, Sharon si diresse verso la porta della stalla, la spalancò e uscì all'esterno, verso la baracca. Natasha rimase a fissare il punto nel quale pochi secondi prima stava la sorella. La conversazione con Sharon l'aveva distrutta. Era solo una stupida illusione, che Sharon non agisse di sua spontanea volontà. Era tutto falso. Solo una pallida, tenue e debole speranza che Natasha aveva costruito per avere un appiglio al quale aggrapparsi. Ma ora quell'appiglio non c'era più. Natasha era sola. Aveva Tom, certo, ma lui non poteva essere sempre con lei. No, a parte lui Natasha era sola a tutti gli effetti... sola, con un pesante carico sulle spalle, salvare la vita di suo fratello... sola, con una sorella che si divertiva a fare la prostituta... sola, con un uomo che voleva andare a letto con lei e la costringeva a fare cose che lei mai avrebbe voluto fare... Natasha si prese la testa tra le mani. Per lo meno, aveva ricevuto un chiarimento, una risposta, anche se negativa. Ma, in fondo... quello per cui lei aveva tanto pregato era che Sharon fosse felice e lei, senza dubbio, aveva raggiunto la felicità, anche se in modo del tutto sbagliato. Forse Sharon aveva ragione... magari era quello il suo destino. Continua a vivere nel tuo piccolo mondo tragico... io la mia vita l'ho costruita. Sharon aveva trovato la sua strada. Una strada sporca, orrenda, penosa, ma era pur sempre una strada... e per di più era un destino che a lei non dispiaceva. Ma qual era il destino di Natasha? Continuare a vivere nel terrore del colonnello? Continua a vivere nel tuo piccolo mondo tragico... che significava? Cosa c'era di non-tragico in quella situazione? Tom. Rupert. Stringi i denti, Natasha... stringi i denti per loro. Le due persone alle quali tieni di più al mondo... meritano dei sacrifici da parte tua? Era la voce di sua madre che parlava. Certo che meritano dei sacrifici, rispose Natasha, Ma io sono una debole. Non ce la faccio più. Non riuscirò mai a tirare avanti. Non uscirò mai da quest'incubo. Come farò, questa notte, ad andare dal colonnello? Con quale coraggio? Natasha si posò una mano sulla fronte. Doveva farcela. Doveva smetterla di lamentarsi. Poteva urlare, poteva piangere, poteva soffrire quanto voleva ma mai sarebbe riuscita a cambiare la situazione. E, cosa più importane di tutte, doveva assolutamente smetterla di pensare. I pensieri non facevano che scoraggiarla. Ogni sua speranza si era rivelata vana. Che motivo aveva di riflettere ancora? Aveva già pensato a sufficienza. Ora doveva smetterla. Con una nuova determinazione, Natasha iniziò a cercare un passatempo. Vediamo un po', si disse, guardandosi intorno, Potrei cercare di accendere un fuoco, così potrei riscaldarmi un po'... ma no, troppo rischioso, potrei incendiare tutta la stalla... dunque... Natasha continuò a guardarsi intorno in cerca di suggerimenti. Se il pavimento della stalla fosse stato sabbioso, avrebbe potuto sedersi a fare qualche disegno con un bastoncino o qualcosa del genere. Ma purtroppo la pavimentazione era di nuda pietra gelida. Nel pagliaio rialzato per terra c'erano assi di legno. No, non poteva fare neanche quello. Natasha sbuffò. Quello che desiderava veramente era una penna, un calamaio e qualche foglio. Sapeva scrivere, quindi avrebbe potuto comporre poesie, scrivere un diario, fare anche qualche disegno. Ma non aveva neppure quelli. Che cosa si poteva fare con a disposizione un mucchio di fieno e dei cavalli addormentati? Natasha salì la scaletta che conduceva alla sua "stanza", valutando attentamente ogni cosa che vedeva. Lo sguardo le cadde su un mantello nero per metà sotterrato dal giaciglio di paglia sul quale dormiva di solito. Si avvicinò e lo tirò fuori, osservandolo con meticolosità e curiosità. Era un mantello lungo e nero, da uomo, con piccoli alamari d'argento. Assomigliava molto ad una cappa da aristocratico. Natasha aveva la strana impressione di averlo già visto più di una volta addosso a qualcuno. La stoffa era liscia e fredda, leggermente rigida e cosparsa di fili di paglia. Natasha li scosse via tutti, liberando il mantello che ora appariva più che mai regale ed elegante. Tasha si chiese di chi fosse e, soprattutto, come avesse fatto a finire lì, nella stalla. In quel momento la porta della stalla si aprì e Natasha scattò in piedi, il mantello ancora in mano. -Ciao, tesoro- disse Tom, salendo con il vassoio della cena fermo in una mano -Come và?- -Bene- rispose lei. Non si era resa conto di che ora fosse. -Ho trovato questo- aggiunse, mostrandogli il mantello. Tom sorrise: -Sì, ti avevo coperto con quello un giorno, mentre dormivi... mi sembrava che avessi freddo- Natasha arrossì: -Oh... come sei stato carino- gli disse, baciandolo brevemente sulle labbra. -Puoi tenerlo, se vuoi- disse Tom -Questa stalla dev'essere molto fredda- Natasha annuì: -Lo è, ma non me la sento davvero di tenerlo. Voglio dire, questo mantello ti sarà costato una fortuna- -Oh, è un mantello come tanti altri. Ne ho già trovato un altro identico- spiegò Tom. -Oh, bè... grazie, allora- rispose Natasha imbarazzata, riponendo con cura il dono di Tom sul pagliericcio. -Allora, cosa mi racconti?- disse Tom in tono occasionale. Natasha abbassò lo sguardo: -Bè, veramente... non cose molto allegre- Tom la guardò con un'espressione che Tasha non riuscì a interpretare. Sembrava molto preoccupato, forse troppo, così Tasha riprese in fretta a parlare. -Ho... ho incontrato mia sorella- Tom la guardò spalancando gli occhi grigi, ma in un certo senso pareva estremamente sollevato. -Tua sorella?- disse sbalordito. Natasha annuì: -Già- -E di cosa avete parlato?- -Le ho chiesto di raccontarmi la sua storia e lei... e lei me l'ha raccontata- Natasha deglutì -Ha detto... ha detto che non le dispiace fare la prostituta e poi... dice di essere innamorata di Tavington- Tom alzò le sopracciglia: -Cosa?!- -Mi ha detto proprio così. Sono rimasta talmente scioccata... e non ha cambiato idea sul colonnello neanche quando gli ho raccontato la mia storia-
Tom scosse la testa lentamente: -E pazzesco, assurdo!- -Terribile- fu il commento di Tasha. Tom si avvicinò a lei e l'abbracciò. -Mi dispiace. Devi esserci rimasta malissimo- -Non importa- fece Natasha -Ormai non c'è più niente da fare. E' come se avessi perso mia sorella...- Tom annuì, un'espressione grave sul viso: -Ricordo quando Sharon è arrivata a Fort Carolina...- Natasha lo guardò: -Davvero? Come mai non me ne hai mai parlato prima?- -Io... bè per prima cosa, non volevo caricarti di apprensioni in più. In secondo luogo, non volevo immischiarmi negli affari della vostra famiglia- Natasha annuì: -Sì, credo che tu abbia fatto bene. Hai dato l'occasione a Sharon di spiegarsi da sola. E' stato meglio così. Almeno, so che ora è felice- Natasha sospirò profondamente. Tom le prese il viso tra le mani: -Tu come stai?- -Non lo so- rispose Tasha -Sono... sono così confusa. Non capisco più niente di quello che mi sta succedendo- Tom rimase in silenzio, quindi la baciò appassionatamente. Tasha accettò il bacio e chiuse gli occhi, circondando la vita di Tom con le braccia. Si separarono due ore dopo, quando Tom le disse con profondo rammarico: -Devo andare- -Non puoi restare ancora un po'?- chiese Natasha. Non voleva che lui se ne andasse. -Mi piacerebbe, tesoro, ma proprio non posso- le spiegò Tom, raccogliendo il vassoio della cena e iniziando a scendere la scaletta. Arrivato all'entrata della stalla, si voltò e le disse: -Ci vediamo domani. Ti amo- -Anch'io ti amo, Tom. Che ore sono?- -Le undici- rispose Tom -Ciao- -Ciao- gli rispose lei. Dopo che la porta della stalla si fu chiusa alle spalle di Tom, Natasha si accasciò a terra. Un'ora. Aveva un'ora di tempo per prepararsi psicologicamente al secondo appuntamento con Tavington. Iniziò a contare...
Quarantacinque minuti dopo, Natasha scese la scala a pioli e atterrò sulla fredda pietra della stalla. Diede un'ultima occhiata alle sue spalle, controllando che tutto fosse a posto. I cavalli erano tutti profondamente addormentati, e in caso che si fossero svegliati affamati, le mangiatoie e gli abbeveratoi erano pieni. Silenziosamente, Natasha uscì nella fredda temperatura di fine febbraio guardandosi intorno furtivamente. Le guardie erano esattamente nelle stesse posizioni di quel pomeriggio, senza l'ombra di cambiamenti. Tasha corse velocemente verso il palazzo, salì i gradini ed entrò nell'ampio ingresso. Velocemente e senza fermarsi, arrivò alla prima porta sulla destra e la aprì. Il corridoio era ancora una volta miracolosamente deserto e Tasha lo percorse velocemente, cercando di ignorare quella voce dentro di lei... Tasha, che stai facendo?? Smettila, non rendermi le cose più difficili... stà zitta... Tasha, non pensare. Natasha si ritrovò davanti alla porta del colonnello. Bussò lievemente. Dopo pochi secondi, si udirono dei movimenti all'interno e la porta fu aperta dal Colonnello Tavington. Sorrise. -Entra- le disse, spalancando la porta e tirandola dentro per un braccio. L' uscio si chiuse alle sue spalle. Tavington quel giorno non aveva i capelli sciolti sulle spalle: era ancora vestito esattamente come quando era in servizio. Natasha rivolse il suo sguardo alla camera intorno a lei per evitare di incontrare gli occhi di lui. -Ho avuto una giornata pesante- disse Tavington. Le si avvicinò e le disse, in poco più di un sussurro: -Ora voglio divertirmi- Natasha non aveva mai sentito parole più minacciose in vita sua. Iniziò a tremare, nonostante si stesse imponendo di controllarsi. Il Colonnello Tavington le passò lentamente una mano tra i capelli, respirando profondamente. Natasha chiuse gli occhi e tentò di immaginare che ci fosse Tom lì con lei, al posto del colonnello. Tavington si sciolse i capelli e gettò il laccio altrove; quindi prese a sbottonarsi la giacca, facendo scivolare minacciosamente i bottoni dorati fuori dalle asole. Si tolse la giacca e l'appoggiò sullo schienale della poltrona dietro la scrivania, quindi rivolse il suo sguardo paralizzante a Natasha, che lo guardava senza dire una parola. Lui si avvicinò a lei e la baciò, spingendo a forza la lingua nella sua bocca. Natasha fu presa alla sprovvista e cercò di spingerlo via per tentare di respirare. Fu tutto inutile. Ad un tratto Tasha si sentì soffocare ed emise dei versi strozzati. Tavington si staccò da lei con un ghigno sulle labbra e la lasciò respirare. Natasha ansimò premendosi la mano sul petto. Poi il bacio riprese, e Tasha si ritrovò a cercare disperatamente di pensare ad altro. Le mani del colonnello raggiunsero la parte posteriore del collo di lei e lo accarezzarono, mentre il bacio diveniva più che mai profondo e coinvolgente. Natasha cominciava ad avvertire un principio di torcicollo, dovuto al fatto di tenere la testa alzata verso quella di lui. Le narici di Tasha erano piene del profumo del colonnello, un profumo che ormai conosceva così bene... Lui staccò le labbra dalle sue e la guardò intensamente negli occhi. -Stenditi sul letto- le disse, abbassando la testa verso i suoi capelli. Natasha avrebbe preferito di gran lunga che lui l'avesse spinta sul copriletto come la volta prima: stendersi di sua spontanea volontà sarebbe stato mille volte peggio. Piantala, Tasha. E' terribile, ma cosa ci puoi fare? Fà quello che ti dice e tieni bene a mente che tutto questo serve a salvare Rupert. Natasha, il corpo scosso da brividi che non riusciva a fermare, si stese sul letto. Voltò la testa e cercò di ignorare il Colonnello Tavington che ora montava su di lei. -Guardami negli occhi- le ordinò lui. Natasha voltò la testa e lo guardò. Inavvertitamente, gli occhi le si riempirono di lacrime. Tavington le accarezzò una guancia con la mano: -Non piangere- -N-n-non riesco- balbettò lei -Vi prego, non impeditemi anche questo- -Ti renderà solo le cose più difficili- le disse lui, scostandole alcuni ciuffi di capelli dal viso. Quella frase giunse del tutto inaspettata alle orecchie di Natasha. Renderà le cose più difficili?! Allora Tavington capiva quanto lei stesse soffrendo. Il punto era che non gliene importava nulla. No, un momento... se le aveva appena detto di non piangere per non renderle le cose più difficili significava che lui non voleva rendergliele più difficili. Ma tutto ciò non aveva senso: perché allora la ricattava? Perché aveva ucciso Alan e i suoi genitori? Natasha lo guardò confusa, ma Tavington parve non accorgersene.
William posò nuovamente le labbra su quelle di Natasha, coinvolgendola in un lungo bacio. Quindi iniziò a slacciarle il vestito, impaziente di vederla nuda ancora una volta. La sua eccitazione era al massimo. Avvertì il corpo della ragazza tendersi al suo tocco. Slacciò i bottoni velocemente, e ben presto si ritrovò ad ammirare i seni della fanciulla. Con ansia, la sua bocca si chiuse su uno dei capezzoli di lei. Natasha inarcò la schiena, ma Tavington non ci fece caso. Continuò a succhiare, a leccare e a godere del contatto delle sue mani sulla sua pelle nuda. Gli occhi di lei gli imploravano pietà, ma lui non era disposto a dargliene. Lui non aveva mai avuto pietà per nessuno. Anzi, in quel momento la rabbia gli era tornata nuovamente. Guardò il corpo della ragazza che giaceva sotto di lui. Per un attimo, una sensazione di pena lo aveva attraversato. Ma no, non sarebbe durata a lungo. Quella fanciulla era pericolosa per lui, se gli faceva venire queste strane idee in testa... non doveva prestare attenzione a queste impressioni passeggere. William, vecchio mio... fagliela vedere a questa puttana. Falle vedere cosa significa soffrire, provar dolore...
Natasha strinse gli occhi quando lui la penetrò. Doveva cercare di non urlare, ma questo non faceva che raddoppiare le lacrime che le sgorgavano dagli occhi. Dopo qualche secondo avvertì con chiarezza l'erezione di lui spingere in lei, sempre più a fondo, procurandole sempre più dolore. -Per f-f-f-favore- balbettò, allo stremo delle forze -Mi state facendo male... vi prego, fate più piano...- Tavington le rivolse un'occhiata glaciale e le tirò uno schiaffo. -Stai zitta- le impose -Non azzardarti a dire un'altra sola parola, puttana-
Natasha non avrebbe potuto dire un'altra parola neanche se avesse voluto. Le forze l'avevano abbandonata completamente, lasciando posto a un grande, profondo dolore che non accennava a spegnersi. Tavington continuò a spingere, e ad ogni violenta spinta seguiva un ansimare che si faceva sempre più serrato e affannoso. Natasha non si mosse, ma chiuse gli occhi e cercò, nella sua mente, di porre fine al dolore, o almeno di sopportarlo. Tavington uscì dal suo corpo un'infinità di tempo dopo, quando ormai Natasha stava per svenire dal male che le proveniva da in mezzo alle gambe. Il colonnello, ansimando profondamente, si stese di fianco a lei. Natasha aprì gli occhi e cercò anche lei di riprendere fiato. Non osava ancora abbassarsi la gonna del vestito, non finchè Tavington non si fosse seduto alla sua scrivania. Tasha voleva andarsene. Tornare alla stalla e farsi una bella dormita; era stanchissima, ed era sicura che una notte di sonno avrebbe anche liberato parzialmente il suo corpo dal dolore provocatele dalla crudeltà del colonnello. Ma Tavington non sembrava aver fretta di congedarla: al contrario, quando ebbe ripreso fiato, si tolse la camicia, la gettò a terra e disse: -Passerai la notte qui- Natasha lo guardò con aria interrogativa. Aveva troppa paura di contraddirlo, ma era comunque assurdo il fatto che lei dovesse passare la notte lì con lui. Timidamente, e con voce fioca, Natasha mormorò: -Colonnello... io... io dovrei essere nella stalla per l'alba- Lo guardò impaurita, sperando che il colonnello non si fosse arrabbiato per quella piccola protesta. Tavington le rivolse uno sguardo un po' meno freddo del solito e le disse: -Tornerai alla stalla per l'alba, ma la notte la passerai qui- A questo Tasha non poteva rispondere, così se ne rimase zitta. Tavington fece il giro della stanza e spense tutte le candele, quindi si infilò a letto, tirandosi il lenzuolo sul torace scoperto. Alla debole luce lunare che entrava dalle finestre, Tasha vide il colonnello voltarsi verso di lei ed aggrottare la fronte: -Mettiti sotto le coperte- Natasha ubbidì e per la prima volta dopo tanto tempo di ritrovò ad assaporare la comodità di un letto vero e proprio. Le lenzuola erano fresche e leggere (a quanto pareva il Colonnello Tavington non era molto sensibile al freddo), il cuscino morbido e candido. Tavington le circondò la vita con un braccio. Nessuno dei due parlò per alcuni minuti. Dopo la prima impressione di rilassatezza, Tasha iniziò a sentirsi inquieta. Doveva passare la notte con lui. Cosa le avrebbe potuto fare, mentre lei era addormentata? Niente peggiore di ciò che mi ha già fatto, riflettè Tasha. Così, cercò di mettersi l'anima in pace e di dormire. Ma a poco a poco iniziò a sentire freddo, un terribile freddo. Quelle lenzuola erano troppo leggere, non riuscivano a riscaldarla, nè a ripararla dal gelo dell'inverno. Natasha, a disagio, si rannicchiò su un lato e cercò di addormentarsi senza badare ai brividi convulsi che ora le scuotevano il corpo le facevano battere i denti. -Stai tremando- osservò Tavington -Hai freddo?- Natasha annuì istintivamente e Tavington le disse: -Vieni qui. Avvicinati a me- Tasha avrebbe preferito fare qualsiasi cosa all'infuori di quella, ma non osò opporre resistenza. Si avvicinò a lui e Tavington la circondò con le braccia, tenendo il viso di lei a contatto con il suo petto. Inizialmente Tasha non si sentì affatto meglio, ma dopo una manciata di minuti cominciò a rilassarsi e ad avvertire una maggiore sensazione di calore. Era una situazione strana, Tasha non avrebbe saputo se collocarla nei momenti belli o nei momenti brutti: non era bello come stare con Tom, ma neanche tremendo come quello che era successo poco prima su quello stesso letto. Era solo strano. Buffo, per un attimo ho avuto l'impressione che lui non volesse farmi del male... Ed è così... così... bè in qualche modo, è rassicurante stare qui... Natasha non riusciva a spiegarsi a se stessa. Era divisa tra un sentimento di angoscia e panico per il fatto di trovarsi tra le braccia di un assassino, e da una sensazione strana di pace, quasi di sicurezza... solo che al momento quest'ultima parte di lei aveva il sopravvento sulla prima. Che i discorsi di Sharon l'avessero influenzata negativamente? Non lo sapeva. Ma l'importante non era capire, l'importante era rimandare il dolore fino al prossimo appuntamento con il colonnello.
Natasha aprì gli occhi lentamente. Inizialmente si domandò cosa ci facesse in un letto matrimoniale. Che fosse stato tutto un sogno? Che ora fosse a casa, nella sua camera? Un ruggito alla sua destra le rispose. Voltando la testa, Natasha vide il Colonnello Tavington addormentato di fianco a lei. Ah, ecco dov'era. Non era tornata a casa. Era nel letto di Tavington. Sentendo la malinconia invaderle il corpo, Natasha riappoggiò la testa sul cuscino e si mise ad osservare il colonnello addormentato. Sembrava totalmente un'altra persona. Il volto era rilassato e inespressivo; stralci di capelli marrone scuro gli ricadevano sul viso. Il suo petto si alzava e si abbassava regolarmente. Sembrava tranquillo, addirittura angelico. Questo perché ha gli occhi chiusi, si disse Natasha, continuando ad osservarlo. Ad un tratto le labbra di Tavington si piegarono in un leggere ghigno. Tasha preferì non sapere cosa stesse sognando. Così, cominciò a domandarsi se era il caso di lasciarlo solo e andarsene. Provò ad immaginare cosa avrebbe detto il colonnello se, al suo risveglio, avesse trovato il letto vuoto. Sicuramente si sarebbe arrabbiato e poi sarebbero stati guai, per lei. Allora era il caso di svegliarlo? Lentamente, timidamente, Tasha si avvicinò a lui e bisbigliò: -Colonnello!- Gli posò una mano sulla spalla e lo scosse leggermente. -Colonnello! Posso andare?- Tavington si mosse ed aprì gli occhi, sbattendo le palpebre alla luce dell'alba. -Colonnello! Posso andare?- ripetè Tasha pazientemente. Tavington si alzò a sedere e la guardò. -Che ore sono?- le chiese. Natasha alzò le spalle: -Io... non lo so- Tavington si legò un lenzuolo in vita e scese dal letto, stirandosi. Quindi si voltò e disse: -Sì, vai- Era proprio quello che Natasha voleva sentirsi dire. Si diresse alla porta, e stava per aprirla quando un dubbio si fece strada nella sua mente. -Colonnello...- -Mmm?- disse lui, chinandosi per raccogliere la sua camicia. -Se qualcuno mi vedesse uscire dalla vostra stanza? Voglio dire... se incontrassi qualcuno in corridoio?- Tavington la guardò negli occhi per qualche secondo, riflettendo. Quindi le sue labbra si incresparono in un ghigno. Ridacchiando, disse: -Immagino che quel "qualcuno" stia per Felton, ho ragione?- Natasha lo guardò stupita, presa in contropiede. Cosa diavolo ne sapeva, lui? -Bè...- disse, cercando di prendere tempo. Tavington si infilò la camicia e si avvicinò a lei. -Non credere che non lo sappia- le disse, guardandola dall'alto della sua statura. Natasha abbassò lo sguardo. Sì, in realtà credeva che non lo sapesse. -Il solo fatto che io sia stata costretta a partecipare al vostro ricatto...- -Partecipare al mio ricatto?- rise Tavington -Io non ti ho fatto nessun ricatto. L'idea è stata tua, tesoro- Tesoro. -Io...- Natasha non sapeva cosa dire -Voi volevate che io reagissi così, quel giorno, quando mi avete detto di mio fratello. Era ciò che avevate in mente dall'inizio, non è così?- Tavington le alzò il viso con una mano: -Questo non c'entra. Il fatto che io avessi previsto che sarebbe finita così non vuol dire che ti abbia costretto- -Le circostanze mi hanno costretta!- replicò Natasha, fissandolo con furia. Tavington diede in un piccolo sbuffo divertito: -Non ti conviene arrabbiarti con me, Natasha. Non scherzare con il fuoco- Natasha sospirò: -Lo so... me lo avete insegnato fin troppo bene- Tavington ridacchiò e si abbottonò la giacca, prima di infilarsi gli stivali. -Puoi passare per la finestra- disse, prendendo un pettine e iniziando a sistemarsi i capelli. Natasha, la cui attenzione era concentrata sulla breve discussione appena avuta, lo guardò con aria interrogativa. -Come?- -Ho detto- disse Tavington con una vaga nota minacciosa, come se la stesse rimproverando per non essere stata ad ascoltarlo -Che puoi passare per la finestra- -Oh- disse Natasha, che non ci aveva pensato. Guardò la finestra, dalla quale iniziavano ad entrare fiotti di luce. Tasha la aprì e si issò a sedere sul davanzale, guardando fuori. -A stasera- disse Tavington distrattamente, raccogliendosi i capelli in una lunga coda. -Come??- disse Natasha sconvolta. Tavington si voltò e la guardò con freddezza: -Devo ripetertelo?- -Colonnello, io... io non credo di farcela. Due notti di fila, io non...- -Primo: quando ti dò un ordine, niente obiezioni. Secondo: non è una questione da discutere con la finestra aperta- -Colonnello... io davvero non ce la faccio- disse Natasha, sull'orlo delle lacrime. -A stasera- disse Tavington in un tono che non ammetteva repliche. Natasha scese dal davanzale ed atterrò in una delle ali laterali del cortile. Individuò la stalla dalla parte opposta e si avviò, pensando infuriata a quello che Tavington le aveva ordinato. Un'altra sera così. C'era limite alla crudeltà? Oltrepassò un Dragone che veniva dalla direzione opposta alla sua. -Signorina, cosa ci fate qui?- le disse questo, con un'occhiata inquisitoria. Natasha non sapeva cosa rispondere. -Ehm... bè, vedete, ecco io...- rivolse un cenno del capo alla finestra dalla quale era appena scesa. Proprio in quel momento si vide il Colonnello passare e legarsi la spada alla cintura. Il Dragone parve capire: -Oh... certo, miss, passate pure- -Grazie- disse Tasha, non sapendo cosa dire. Raggiunse la stalla e vi s'infilò. Appena si voltò per proseguire verso i vari cubicoli, vide che dentro c'era già qualcuno. James Wilkins se ne stava lì, in piedi vicino a un cubicolo, e la stava guardando entrare. -Cosa ci fate voi qui?- domandò Natasha d'impulso. Poi, schiarendosi la gola, disse: -Scusatemi, signore. Qual è il vostro cavallo?- Wilkins si tolse il caschetto da cavalcata e la guardò intensamente. -Miss Halliwell, credo che noi due dovremmo parlare- Natasha lo squadrò stringendo gli occhi in un'espressione ostile: -Non credo che abbiamo nulla da dirci, signore- Wilkins abbassò la testa. -So che siete arrabbiata con me per...- -Per aver causato la morte dei miei genitori e di mio fratello? Sì, Wilkins, sono infuriata con voi per tutto questo!- sbottò Natasha, senza riuscire a controllarsi. Wilkins non rispose. Regnò qualche secondo di silenzio. Tasha sospirò cercando di calmarsi e disse, passandosi una mano sulla fronte in un gesto stanco: -Cosa vi è successo? Cosa... cosa vi ha spinto a diventare quello che siete?- Natasha gettò uno sguardo disgustato alla divisa che Wilkins indossava. Wilkins sospirò, con l'aria di uno che si attinge a raccontare una lunga storia: -Conoscevate mia moglie Lillian e il mio piccolo figlio Edward. Non era che un neonato- gli occhi di Wilkins diventarono lucidi -E noi conoscevamo bene la vostra famiglia. Gli Halliwell ci erano sempre stati molto cari. E' molto tempo che voi e i vostri genitori non mi vedevate, perché... perché è successa una... una cosa. Un giorno- Wilkins sospirò -I Dragoni vennero a casa nostra. Loro... uccisero mia moglie e mio figlio- la voce di Wilkins si spezzò. Natasha abbassò lo sguardo, ma dentro di sé si chiedeva cosa fosse successo dopo. -Io non sapevo cosa fare. Loro mi dissero che se mi fossi unito a loro mi avrebbero risparmiato. Io... io non so perché accettai. Dopotutto, ora che la mia vita era distrutta... che importanza aveva se mi avessero ucciso? Ma, d'altro canto, avevo capito una cosa: uccidendomi, loro avrebbero vinto. Avevo capito che avrei potuto avere la mia parte di vincita solo arruolandomi con loro. Non solo, avrei anche potuto vendicarmi- -Ma vendicarvi su chi??- gridò Natasha -Vendicarvi su persone innocenti!- Wilkins scosse la testa: -Sono loro i più forti, Miss Halliwell. Sono loro quelli che vincono. Io sono un uomo distrutto. L'unico modo in cui posso rendermi utile a qualcuno è dare informazioni al nemico. Ed è quello che sto facendo- Natasha scosse la testa: -Potrei anche acconsentire con il vostro modo di pensare, per quanto insensato sia, ma il punto è che la vostra decisione ha implicato la distruzione di vite innocenti, al di fuori della vostra! Quella di mio padre, mia madre, Alan, Rupert... la mia... mi avete rovinato, Wilkins. Avete rovinato la mia esistenza e quindi se cercate la mia approvazione, o il mio perdono, non l'otterrete. L'unica cosa che potete ottenere da me sarà il vostro cavallo. Ne avete bisogno?- Wilkins parve abbattuto dalle sue ultime parole. Le fece un cenno con la testa ed uscì a passi veloci dalla stalla, mentre Natasha lo guardava allontanarsi.
