Capitolo 7
Mrs Tavington

Natasha sobbalzò quando sentì bussare violentemente alla sua porta. Si alzò di scatto e corse alla maniglia, anche se un po' ingobbita dal dolore che ancora proveniva dal suo fianco. Come si era immaginata, trovò il Colonnello Tavington ad accoglierla con un'espressione ben poco lusinghiera. Sembrava lesto e superiore come sempre.

-Colonnello...- disse Natasha.

-Nella mia stanza. Ora- disse questi.

Natasha uscì dalla sua camera e seguì Tavington nel brevissimo percorso verso il suo alloggio.

-Entra- disse lui, tenendo la porta aperta per farla entrare. Una volta dentro, Natasha si voltò esitante: aveva paura che, appena voltata, lui le avrebbe tirato uno schiaffo. Ma il Colonnello Tavington, come al solito, agì in maniera a lei del tutto imprevista: si sedette alla scrivania sistemandosi con i piedi sul tavolo e guardandola fisso.

Natasha si chiese cosa sarebbe venuto dopo.

-Quando Bordon ci ha interrotti...- esordì Tavington dopo averla osservata minuziosamente, -stavo per parlarti di quel piccolo fatto avvenuto la notte scorsa-

Natasha sospirò e disse: -Colonnello, Tom stava partendo. Dovevo andarlo a salut...-

-Forse non hai capito bene la situazione- disse Tavington sovrastando la voce di lei -Tu stai per sposarmi. Ed io NON tollero che la mia futura moglie mi tradisca con qualcun altro-

Natasha abbassò la testa e mormorò timidamente: -Ma, colonnello, io...-

-Tu non farai mai più una cosa del genere- disse Tavington, il tono di voce minacciosamente calmo -Sono stato chiaro?-

Natasha non aveva altra scelta che annuire silenziosamente.

-Bene- disse Tavington, appoggiandosi allo schienale della sedia -Ora passiamo ad altro- i suoi occhi brillavano pericolosamente e un ghigno curvava le sue labbra, come se stesse per affrontare un discorso che sapeva l'avrebbe sconvolta -Passiamo al motivo per cui Felton se n'è andato-

Natasha lo guardò confusa. Quello che aveva detto non aveva alcun senso. Perché diavolo Tavington avrebbe dovuto provare interesse per il motivo per cui Tom se n'era andato? -Lui... è andato a cercare suo padre- disse Natasha incerta.

Tavington la guardò con un brillio di malizia negli occhi.

-Già... questo è quello che crede lui-

Un silenzio assoluto seguì questa dichiarazione. Non sapendo cosa pensare, Natasha disse lentamente: -Cosa intendete dire?-

Tavington si alzò in piedi e si avvicinò a lei, mantenendo uno stretto contatto visivo con gli occhi di lei.

-Tasha, Tasha...- sospirò con fare insieme paterno e minaccioso, circondandole la vita con le braccia -Quando imparerai a non fidarti delle apparenze?-

-Non capisco...- disse Natasha. Tavington rise: -Allora ti farò capire io, tesoro- disse, prima di baciarla sulle labbra con impeto.

Natasha si lasciò baciare quasi senza opporsi: era troppo ansiosa di sapere di cosa stesse parlando il colonnello.

Le labbra di Tavington si separarono dolcemente dalle sue. I suoi occhi di ghiaccio la guardavano fisso, facendola sentire prigioniera.

Lui le prese un ciuffo di capelli e iniziò ad attorcigliarselo sul dito, lentamente, con un movimento che provocava a Natasha lunghi, terribili brividi freddi. Chiuse gli occhi ed emise un respiro tremante, sperando che lui la lasciasse andare.

Il colonnello la strinse a sé ed abbassò la testa sulla sua spalla nuda. Natasha fu scossa dai brividi quando sentì le labbra di lui, morbide e calde, posarsi sulla sua pelle fredda. Tavington notò che il corpo della ragazza si era irrigidito e le sue labbra si piegarono in un sorriso.

-Rilassati- le sussurrò, prima di coprire il collo di lei con una serie di caldi e lentissimi baci. Natasha cercò di seguire il consiglio del colonnello, ma non le riuscì. Fece un respiro profondo, ma fu interrotta da un nuovo bacio. Non le lasciava tregua.

-Colonnello...- mormorò lei, mentre lui proseguiva a baciarle il collo.

-Mmm?- disse lui, alzando la testa.

-Cosa intendevate dire prima?-

Tavington alzò un sopracciglio mentre la sua espressione diventava lesta e maliziosa.

-Esattamente quello che ho detto-

-Spiegatevi- disse Natasha.

Tavington scoppiò a ridere freddamente: -Sei tu a darmi ordini adesso, Natasha?-

Lei lo guardò supplichevole: -Vi prego. Cosa sapete che io non so sul fatto che Tom se ne sia andato?-

Lui la guardò dritta negli occhi: -Te lo avrei detto prima o poi. Vedi, tesoro, il punto è...- sorrise, un sorriso gelido e calcolatore -Il punto è che temo non vedrai più il tuo adorato Felton per un po'-

-Cosa intendete dire?- domandò Natasha piano.

-Ieri pomeriggio Felton ha ricevuto una terribile comunicazione- disse Tavington, sciogliendo l'abbraccio e andando alla scrivania per versarsi da bere -Questa lettera diceva che suo padre è attraccato a Boston i primi di marzo, vale a dire un paio di giorni fa. Il messaggio...- Tavington si portò alle labbra il bicchiere di brandy -Era firmato Walter Lee- disse, prima di bere.

-Non lo sapevo- disse Natasha -Ma non mi sembra un fatto di particolare importanza- Tavington posò il bicchiere e sorrise, quasi con indulgenza, anche se un brillio nei suoi occhi diceva che c'era dell'altro.

-E' importante, invece- disse Tavington, avvicinandosi nuovamente a lei e prendendendole il viso con una mano -Perché Walter Lee non esiste-

-Volete dire che...- disse Natasha lentamente, presa dall'orrore.

Tavington ritirò la mano e la guardò con fredda crudeltà.

-Ho mandato io la lettera a Felton- dichiarò Tavington.

Natasha si portò una mano alla bocca, orripilata.

-Oh mio Dio- mormorò, gli occhi fissi a terra.

Lui le si avviciniò e le fece appoggiare la testa sul suo petto, guardandola con superiorità. Avvicinò le labbra al suo orecchio e le sussurrò, malevolo: -Boston è un posto pericoloso. Chissà se riuscirà a tornare mai vivo...-

-Smettetela!- pianse Natasha, la flebile voce attutita dal contatto con il petto di lui.

-Ho pensato che fosse un modo elegante per liberarmi di lui- continuò a sussurrare, mentre lacrime amare scendevano inarrestabili dagli occhi di lei -In fondo...- il suo volto affondò nei morbidi capelli di Tasha -In amore e in guerra tutto è concesso-

Natasha singhiozzò: -Siete un m-mostro- balbettò, la voce rotta dal pianto che le serrava la gola.

-Natasha- disse lui, prendendole il viso con le mani e tenendolo saldamente davanti a sé, per fare in modo che lei non vedesse altro che i suoi occhi. Natasha tremò sotto il suo sguardo duro.

-Tu stai per diventare mia moglie. Pertanto...- la presa sul suo viso si fece così stretta che le lacrime di Tasha raddoppiarono per il dolore -Non osare mai più parlare di quel figlio di puttana di Felton. Sono stato chiaro??-

Natasha singhiozzò, ma non fu capace di rispondere.

-SONO STATO CHIARO??- urlò Tavington, il viso contratto a pochi pollici da quello terrorizzato di lei.

Natasha annuì, tremante.

Tavington proseguì: -Non lo penserai più. La tua mente non sarà concentrata su altro che su di me- il suo tono si addolcì, ma solo leggermente. Posò la mano sulla pancia di lei, quindi proseguì: -E sul bambino-

Natasha sospirò. Tutto il suo corpo stava tremando violentemente.

-Ho appena finito di mettere a punto alcuni particolari del nostro matrimonio- proseguì Tavington -Al quale, ovviamente, Tom non è invitato-

Natasha non replicò. Era troppo presa a pensare. Tom era in pericolo. Si trovava a Boston senza alcun motivo... era in mezzo alle rivolte, era lontano da lei... la sua vita era stata messa a repentaglio dall'uomo che in questo momento la stava tenendo tra le braccia... dall'uomo che lei era in procinto di sposare. Doveva fare qualcosa. Mandargli una lettera, forse non era troppo tardi. Sì, doveva essere ancora in viaggio. Natasha doveva trovare il modo di comunicare con lui, di dirgli di tornare immediatamente, di raccontargli dell'inganno di Tavington. Ma, per prima cosa, doveva andarsene da lì. Se solo Tavington avesse lontanamente sospettato che lei aveva intenzione di salvare Tom, allora per lei sarebbe finita. Tavington avrebbe aspettato che nascesse il bambino e poi l'avrebbe uccisa. -La prossima settimana diventerai mia moglie- continuò il colonnello, guardandola.

Natasha battè le ciglia, scombussolata: -La... la prossima settimana?-

Tavington ghignò: -Devo essere sicuro che il matrimonio si svolga prima dei funerali di Felton-

Natasha chiuse gli occhi davanti alla sua espressione maligna.

-Come potete farmi questo?-

-Farti?- domandò lui -Non ho intenzione di farti proprio nulla, tesoro-

-Avete ucciso Tom- singhiozzò lei.

-Purtroppo per me, non è ancora morto, anzi è appena partito- disse Tavington sospirando con amarezza. Le sue labbra si posarono nuovamente sul collo di lei e Natasha strinse le spalle per ripararsi dal gelo che lui le trasmetteva con i suoi baci e le sue carezze -Ma dubito che riuscirà a venire fuori vivo da quella città-

Le mani di Tavington s' insinuarono sotto la leggera tunica di lei e la fecero scivolare gentilmente giù dalle sue spalle, liberando i suoi seni.

Tavington le cinse la vita con un braccio e la baciò appassionatamente, stringendola sempre più a sé.

Natasha era talmente preoccupata e sconvolta per Tom che non reagì. Continuava a riflettere su come avrebbe potuto fare per avvisarlo del pericolo che correva. Dopo aver saputo che era stato Tavington a mandare quella fatale lettera a Tom, le speranze di Natasha si erano affievolite sempre più. Non solo sapeva che Tom si trovava in pericolo inutilmente, ma era chiaro che il ragazzo, non trovando suo padre, avrebbe trascorso ancora più tempo a Boston, moltiplicando le possibilità che venisse ucciso. Sarebbe stato un miracolo se fosse riuscito a tornare a Fort Carolina vivo, su questo Tavington aveva ragione. Ma valeva la pena tentare. Mandargli una lettera e dirgli tutto, quella era la cosa più giusta da fare. Magari sarebbe davvero riuscita ad avvisarlo in tempo. Tavington le accarezzò il seno sfiorandolo lentamente con una mano e Natasha tornò alla realtà.

-Vieni sul mio letto- sussurrò lui.

Natasha lo guardò, titubante. Nonostante non fosse certo la prima volta che Tavington la vedeva seminuda, Natasha si sentiva ugualmente in imbarazzo. E poi c'era un'altra cosa, sulla quale aveva meditato molto ultimamente, che intendeva dirgli. Ed aveva paura, molta paura, della sua reazione.

-Colonnello...- cominciò esitante.

-Già, colonnello- disse Tavington -Sarebbe anche ora che cominci a chiamarmi William, Tasha-

Natasha dimenticò di cosa doveva parlargli e deglutì, sentendosi sempre più distrutta. William. Significava che ora erano molto più in confidenza, e questo non le piaceva. Cercava sempre di non pensare al suo imminente matrimonio, ma alcune cose non facevano che ricordarglielo. Il fatto di vomitare ogni mattina, il fatto che Tom fosse lontano, ed ore il fatto di chiamare Tavington William. Erano tutti particolari, piccole cose che contribuivano a rendere la sua vita un inferno. Natasha stentava a credere che, solo tre mesi prima, si ritrovava a casa sua, senza sapere che avrebbe sposato un colonnello inglese, senza sapere che nei giorni a venire la sua vita sarebbe stata distrutta, che le persone che la circondavano sarebbero morte... Natasha non avrebbe mai potuto supporre che tutta quella felicità fosse destinata a crollarle inesorabilmente sulle spalle, come quella realtà che la circondava, un tempo così sicura, calda, rassicurante e tranquilla. Tutto stava assumendo una luce diversa. Tutto era stato distorto. La sua prima esperienza l'aveva avuta con il sanguinario colonnello Tavington che l'aveva violentata, ma le cose non erano così semplici. Avrebbe potuto odiare Tavington per questo, ma invece lo odiava per aver ucciso i suoi genitori e Alan, per aver tenuto Rupert come ostaggio... non poteva odiarlo per averla violentata. Perchè il peggio di Tavington non erano le sue azioni: era quello che costringeva a fare. Non con la forza, no: la sua grande, astuta e crudele abilità era modificare la situazione in modo che le sue vittime si dovessero comportare come lui aveva previsto... era stata Natasha a mettersi in quella situazione. Tavington aveva solo avuto la fortuna di vedere Rupert e aveva agito di conseguenza. Non aveva costretto Tasha ad andare a letto con lui. Era stata lei a deciderlo. Natasha non avrebbe mai potuto dargli la colpa. Perché la colpa era sua. Questo rendeva Tavington pericoloso. In lui non esisteva nessun William. Era sempre il Colonnello Tavington. Prevedeva le mosse delle persone che gli stavano intorno ed era abbastanza astuto da contrattaccare. Per lui era tutta una guerra. Una guerra che, come aveva dimostrato troppe volte, era intenzionato a vincere.

Tavington avvertì un lungo brivido di piacere nell'accarezzare il seno nudo della sua futura sposa. Guardandola in viso, si accorse dai suoi occhi che la mente di lei era altrove. Non ne fu contento. -Natasha, guardami negli occhi- le disse, alzandole bruscamente il viso. Gli occhi ambrati della ragazza ripresero vita e lo fissarono con uno sguardo tra il confuso e l'impaurito. -Vieni sul mio letto- le ripetè, spingendola lentamente verso il fondo della stanza. -No, colonnello...- Natasha strinse le labbra come se stesse facendo un grande sforzo -William... no- -No? Natasha, non costringermi a prenderti in braccio- -William- disse lei, in tono sempre più serio -Vi prego. Ora sono incinta... non posso più... non potrò più venire... a letto con voi... non finchè il bambino non sarà nato, almeno- Tavington la fissò, affatto convinto: -Tasha...- -Vi scongiuro! Non capite?? E' per il bambino- mormorò, mentre una lacrima le rotolava sulla guancia -Volete farmi perdere anche questo? Non vi sta bene che io abbia ancora una piccola consolazione? Volete ditruggere anche questo di me? Volete...- la voce di Natasha fu stroncata da un'amarezza che non aveva mai provato prima. Si posò una mano sugli occhi e pianse, chiusa nella disperazione più profonda. Tavington se ne stette fermo, immobile, a guardarla piangere. Effettivamente, non sapeva cosa fare, come reagire. Non era certo la prima volta che una persona piangeva in sua presenza. Quante volte avevano pianto davanti ai suoi occhi le mogli dei ribelli, prima di venire fucilate... la stessa Tasha aveva pianto diverse volte quando era con lui. In genere la reazione di Tavington era di totale impassibilità. Talvolta di sadico piacere. Ma stavolta non provava nessuna delle due cose. Non era piacevole, nè inebriante vederla singhiozzare; eppure non si sentiva indifferente, o distaccato da lei in quel momento. Allora cosa provava? Senso di colpa. No, era assurdo. Dov'era finito il William Tavington che conosceva? Dov'era la rabbia insormontabile che provava per quella ragazza ribelle? Dov'era il profondo desiderio che provava per lei, quel desiderio che più di una volta lo aveva spinto a farle del male? Il desiderio c'è... è la voglia di farle del male che non riesco a trovare... No, non stava pensando queste assurdità. Ma allora, come mai si era avvicinato a Tasha e l'aveva stretta tra le braccia, come se l'avesse voluta consolare?

Se Tavington era confuso, la sua confusione non era nulla in confronto a quella che provò Natasha quando sentì le forti braccia di lui circondarla e accarezzarle la testa. Quell'abbraccio non sembrava volerla imprigionare, piuttosto era come se lui volesse tenerla stretta. Non per minacciarla, ma per... per... rassicurarla? Natasha provò la stessa sensazione che aveva provato quella notte, più di un mese prima, nella quale lui l'aveva riparata dal freddo. Uno stranissimo senso di protezione. Ma non era possibile, no, l'ultima cosa che lui voleva farle era proteggerla. Eppure, ora Natasha non vedeva nulla di minaccioso, nè di cattivo, in quel petto forte e muscoloso sopra il quale stava piangendo. Le dita di lui che le accarezzavano dolcemente e lentamente i capelli non le provocavano più brividi freddi, ma ebbero il potere di placarla, di sciogliere quella tensione angosciante che cresceva in lei, di farla respirare, di arrestare le lacrime. -Và bene- disse Tavington con voce inespressiva. Natasha si separò da lui e si ritirò su le spallucce del vestito: -Grazie- mormorò, lo sguardo a terra. -Oh, non l'ho fatto per te- disse lui come per mettere in chiaro di essere ancora in se stesso -E' che, come è ovvio, non voglio perdere questo bambino- Il momentaneo sollievo sparì dalla mente e dal corpo di Natasha. Mosse qualche passo indietro, per allontanarsi da lui. Di una cosa era sempre più convinta: per quanto Tavington potesse parere alle volte più tranquillo o anche consolante, rimaneva sempre il Colonnello Tavington. L'uomo che l'aveva insultata, che l'aveva spogliata di ogni orgoglio e di ogni felicità, l'uomo che era la causa della rovina della sua vita...

I giorni passarono. Veloci o lenti, erano comunque una struggente tortura. Se trascorrevano veloci, Natasha vedeva il matrimonio con Tavington avvicinarsi sempre di più e farsi sempre più minaccioso. Se invece procedevano con lentezza, Natasha si ritrovava a formulare mille pensieri su Tom e le preoccupazioni l'assalivano numerose e travolgenti come una valanga che non la lasciava respirare. Ancora non era riuscita a mettere in atto il suo piano, e dal momento che ormai erano cinque giorni che Tom se n'era andato, le speranze che ancora non fosse arrivato a Boston erano molto fioche. D'altro canto però, c'era da dire che le condizioni metereologiche erano a suo favore: dopo i primi tre giorni di pallido e capriccioso sole, erano seguite due notti intere di temporale e Natasha aveva udito alcuni nobili scienziati venuti a palazzo raccontare a tutti che quella che stava arrivando si sarebbe rivelata una primavera molto piovosa e ben poco soleggiata. Quindi, con molta probabilità Tom si trovava ancora a Charlestown, o era bloccato a un quarto di strada verso Boston. Sì, per mandargli la lettera aveva ancora del tempo, anche se poco. Il problema era che i preparativi per il matrimonio la stavano letteralmente soffocando: organizzare una cerimonia del genere in una settimana non era uno scherzo neppure per Lord Cornwallis, che era talmente occupato con le ultime battaglie da aver affidato l'incarico al secondo generale O'Hara. Fu per questo che, il giorno prima delle nozze, Natasha fu chiamata da O'Hara in persona per andare a provare il vestito nuziale. -Venite, signorina Halliwell- disse questi, inchinandosi davanti a lei e accompagnandola fino all'entrata del corridoio. -Generale...- cominciò Natasha. O'Hara le rivolse un'occhiata di educata curiosità: -Ditemi, miss Halliwell-

-Avete... notizie di vostro nipote?- O'Hara corrugò la fronte un po' perplesso: -Mio nipote, signorina?- -Sì, bè... ho sentito da Bordon tutta la storia. Sono molto dispiaciuta... voglio dire...- era davvero difficile trovare le parole giuste in presenza di un generale -Sono piena di disappunto- buttò lì. -Disappunto?- fece O'Hara. Natasha arrossì: -Insomma, in parole povere... non sapete proprio nulla di cosa ne è di lui?- O'Hara scosse la testa con aria grave: -No, signorina, non ricevo sue notizie da quando è partito- dalla sua voce traspariva una nota di evidente preoccupazione. -Mi dispiace davvero- disse Natasha, cercando di non far capire al generale quanto quella mancanza di notizie le facesse male -Ho sentito dire che Boston è molto pericolosa- O'Hara annuì tristemente ma non rispose. Uscirono dal corridoio e s'incamminarono sull'imponente scalinata dell'ingresso. Raggiunsero il pianerottolo del primo piano, e il generale la condusse verso una porta sulla sinistra, che tenne aperta per lasciarla passare. Entrarono in una stanza di medie dimensioni, con le pareti pitturate di bianco e con il pavimento di un bel legno lucido: un gigantesco armadio a parete occupava il muro opposto alle lunghe finestre dalle quali fiotti di luce grigia entrava e batteva sul pavimento. Una donna bassa e ben piantata, con un viso tondo e grazioso, se ne stava in piedi al centro della stanza, e sorrideva nervosamente a Natasha ravviandosi i riccioli biondi dietro le piccole orecchie pallide. Il Generale O'Hara s'inchinò brevemente e disse: -Miss Halliwell, vi presento la vedova Gowan, la sarta del palazzo- La donna sorrise, un sorriso che coinvolgeva tutto il viso, dalle guance rosa shocking ai piccoli occhi scuri: -Piacere di conoscerti, cara- disse a Natasha, porgendole una mano piccola dalle dita tozze. Natasha la strinse e tentò di sorridere. -Bene, generale- fece la signora Gowan -Potete lasciare a me questa cara bambina. Notizie di vostro nipote, Charl... ehm, generale?- O'Hara arrossì: -No, purtroppo- La vedova Gowan scosse la testa con disapprovazione: -Sono davvero spiacente. E' un così bravo ragazzo- -Già- disse O'Hara vagamente. Rivolse un saluto a Natasha e alla signora Gowan, quindi uscì dalla stanza. -Allora, cara- cominciò Gowan -Prima di tutto, presentiamoci un po' meglio. Eh, Charles non è pratico di queste cose- -Charles?- domandò Natasha. Le sottili e colorate labbra della vedova Gowan si piegarono in un gran sorriso amichevole: -Il Generale O'Hara- Natasha si chiese come mai lo chiamasse per nome, ma Gowan ricominciò subito a parlare: -Dunque, carina, Charles ha detto che ti chiami Halliwell (non ti dispiace se ti do del tu, immagino) ma io alle ragazze uso chiamarle per nome- Il Generale O'Hara non è una ragazza, pensò Natasha, ma disse il suo nome educatamente alla donna. -Natasha! Che splendido nome, cara! Allora, Natasha, per prima cosa chiamami pure Rowena... lo so, è un nome terribile, ma preferisco che mi chiami così piuttosto che con appellativi tipo "Vedova Gowan" o cose del genere, come mi chiama Charles in pubblico- In pubblico?, si domandò Natasha, sempre più curiosa. -Bene, ora se vuoi tesoro cercheremo un bel vestito in questo armadio- Rowena fece un gesto ampio verso l'armadio alle sue spalle -Così sarai bella pronta il giorno delle tue nozze, a proposito... è domani, non è vero?- Natasha annuì, mentre lo stomaco le si attorcigliava. Nemmeno detto con il tono trillante e felice di Rowena suonava come una bella prospettiva. Rowena sembrò notare il suo disappunto e le disse gentilmente: -Oh, non essere preoccupata, carina, andrà tutto bene. Lo so che sarai emozionata, è il momento più importante della tua vita, ricordo quando sposai Joseph...- Rowena si lasciò andare in un sospiro sognante e fissò il soffitto, come se stesse rivedendo il suo matrimonio proprio lassù. Natasha aspettò che la donna uscisse dalla trance e si ricordasse della sua presenza, cosa che accadde solo molti minuti dopo. Il pomeriggio trascorse lento. La pioggia aveva ripreso a battere sui vetri senza sosta, tanto che ad un certo punto Rowena fu costretta ad andare a prendere delle candele, e al suo ritorno era piuttosto seccata (-Quante scale si devono scendere per prendere un dannato paio di candele??-), e il guardaroba fu praticamente svuotato alla ricerca di un abito adatto per l'occasione. Alle fine, quando ormai la notte inziava a dipingere il cielo di un blu tempesta con sfumature di grigio metallizzato, Natasha fissava la sua immagine riflessa nello specchio con indosso il vestito che l'avrebbe vista sposare il Colonnello Tavington. Era un lungo abito di velluto blu cobalto, con fini ripiegature sul breve e discreto strascico e un'allacciatura incrociata sulla schiena. Aderiva perfettamente al suo corpo sinuoso e mentre si guardava allo specchio Natasha constatò con sollievo che ancora sulla pancia non era visibile nessuna sporgenza. Per il momento. Rowena era al settimo cielo: -Cara, cara! Ti sta davvero bene, Natasha! Davvero, davvero bene... o com'è bello essere giovani come te!- Natasha sorrise forzatamente, pensando che la sua giovinezza era stata tutto fuorchè bella. Aiutò Rowena a mettere tutto in ordine, quindi fu riaccompagnata nella sua stanza da un servo. Appena tornata in camera, Natasha si buttò sul letto e abbracciò un cuscino. Aveva bisogno di Tom. Un disperato bisogno di lui. Perché, perché se n'era andato?? Perché l'aveva lasciata sola? Non ti lascerò mai sola. Nel mio cuore sarai sempre mia moglie. -Tom...- mormorò Tasha, stringendo forte il cuscino e inumidendolo con le sue lacrime -Tom, dove sei finito? Perché te ne sei andato, perché??- Natasha pianse, e pianse ancora. Ma, come quei tre mesi le avevano insegnato nella maniera più dura, versare lacrime non avrebbe cambiato nulla. Infatti la notte scese su Fort Carolina e sui suoi abitanti: passando per i corridoi, Natasha aveva visto i servi in gran fermento per preparare la cerimonia, e tutte le ricche signore, oltrepassandola nei corridoi, le rivolgevano dei gran sorrisi per poi mettersi a confabulare appena lei le sorpassava. Natasha ne aveva già abbastanza del palazzo, nonostante vi fosse arrivata da poco più di una settimana: era tutto così monotono, ogni giornata era uguale alle altre, si incontrava la stessa stupida gente, si ricevevano i soliti falsi sorrisi. Tra tutte le persone che aveva incontrato, per ora sola Rowena le stava simpatica. Ma neanche Rowena riusciva a capirla. Nessuno la capiva. Tom era l'unico, Tom solo riusciva a consolarla, era Tom l'unica persona in grado di darle sollievo, di liberarla da quell'incubo almeno per un istante, almeno per il poco tempo che poteva durare un bacio... Tasha si avvicinò alla scrivania e vi si sedette. Intinse la penna nell'inchiostro ed iniziò a scrivere quella lettera che avrebbe dovuto salvare la vita a Tom...

Caro Tom, mi manchi! Ti scrivo questa lettera per avvertirti di tornare subito a Fort Carolina. Ti prego, Tom torna immediatamente. E' stato il Colonnello Tavington a mandarti quel messaggio. Me lo ha detto una settimana fa. Tuo padre non è affatto in pericolo, era solo una bugia per mettere la tua vita a repentaglio. Non dirlo a nessuno, o Tavington capirà che io te l'ho raccontato e non so cosa potrebbe farmi... Ti prego Tom, torna da me! Il colonnello dà già per scontato che tu sia morto. Ma io so che non è così. Mi manchi, Tom, davvero. La vita senza di te è terribile. Ed ora io so che tu sei in pericolo! Tesoro, torna nonappena leggi questa lettera. Lo farai, vero? Per sempre tua, qualunque cosa succederà,
Natasha

p.s. Domani sposerò il Colonnello Tavington. Ti prego, Tom, non dimenticarti di me, perché io non ti dimenticherò mai. Sarai sempre nel mio cuore. Ti amo.

Natasha aveva appena appoggiato la penna nel calamaio che qualcuno bussò alla porta. Veloce, attenta che l'inchiostro non sbafasse, ripose la lettera nel primo cassetto dello scrittoio e andò ad aprire la porta. -Buonasera, Natasha- disse Tavington con il suo tono mellifluo. -Buonasera, Colon... William- disse Natasha arrossendo. Tavington entrò senza tanti preamboli e le ordinò di chiudere la porta. Natasha obbedì e rimase in piedi, a debita distanza da lui. Tavington si sedette sulla poltroncina dello scrittoio ed appoggiò gli stivali sui fogli bianchi che stavano sopra la scrivania. Natasha iniziò ad essere presa da un certo nervosismo, come sempre quando era con lui. -Vieni qui- le disse il colonnello, guardandola con gli occhi che brillavano. Natasha mosse qualche passo incerto verso di lui e Tavington scoppiò a ridere: -Non ho intenzione di sbranarti, Natasha...- disse, tirandola per un braccio in modo avvicinarla sempre di più a lui -Almeno non adesso- Natasha rimase immobile anche quando lui si alzò in piedi accanto a lei e le prese il viso tra le mani. Sotto il suo sguardo scrutatore, Natasha si sentì arrossire. Tavington fissò il viso di lei in ogni particolare, mentre i suoi occhi azzurro ghiaccio si muovevano lentamente su ogni tratto del suo volto. Natasha ruppe il silenzio e disse, nella speranza di togliere l'attenzione di lui dal suo corpo: -Credevo...- -Mmm?- disse lui, fissandola. Natasha non lo aveva mai guardato da così vicino... com'era possibile che quegli occhi fossero così azzurri? Era impossibile cercare di ragionare, di pensare a cosa doveva dire. Semplicemente, sotto uno sguardo così intenso, la mente di Natasha non era concentrata su altro. I suoi pensieri erano come ghiacciati. Tavington sorrise quando vide che lei non reagiva: -Credevi?- Natasha rimase con lo sguardo fisso in quei due iridi gelati che erano gli occhi di lui. Cosa stava dicendo? Natasha non si ricordava. Non si ricordava cosa voleva dire prima che lui le facesse quella domanda. Non si ricordava più niente. Tavington sospirò: -Bè, mentre tu ci pensi, tesoro- disse sfiorandole il collo con uno sguardo -Ho intenzione di darti questo- Natasha battè le palpebre confusa, come tornando in sé. Tavington tirò fuori una scatolina da una tasca interna della sua giubba e le prese la mano. Natasha sobbalzò quando sentì qualcosa di freddo salirle sull'anulare sinistro. Abbassò lo sguardo e vide la sua mano, piccola e fragile tra le dita di Tavington, con indosso un anello. Era un nastro dorato con un piccolo diamante centrato coronato da lapislazzuli azzurri e rosa. Natasha lo fissò per qualche istante, confusa. Quindi alzò gli occhi verso Tavington e mormorò: -Oh... bè, voi... voi non dovevate... vi sarà costato una fortuna, io... bè, grazie. Grazie è... è magnifico- Tavington sorrise, sommerso da quel torrente di parole confuse: -Un regalo per mia moglie, no?- Natasha abbassò lo sguardo sul gioiello. Lo sfiorò con un dito tremante e dovette fare uno sforzo per trattenere le lacrime. -Grazie- ripetè. -Sai benissimo come vorrei essere ringraziato- disse Tavington, un brillio malizioso negli occhi. Natasha esitò. Quindi abbassò la testa. -Oh, non preoccuparti, Tasha- disse lui, vedendo il suo disappunto -Ne avremo di tempo per questo ed altro- Detto questo si voltò, aprì la porta e se ne andò chiudendola alle sue spalle. Natasha rimase sola a contemplare l'anello che portava al dito, chiedendosi se davvero il giorno del suo matrimonio fosse così vicino.

Natasha si svegliò di colpo nel cuore della notte. La sua stanza era immersa nell'oscurità più profonda. Un potente tuono scosse le finestre. Natasha sobbalzò. Ci mancava solo il temporale. Doveva dormire, aveva bisogno di dormire... dove avrebbe trovato le energie per affrontare il giorno dopo? Natasha si girò sull'altro fianco. Un altro tuono, più vicino questa volta, le fece riaprire gli occhi. Non sarebbe mai riuscita a prendere sonno con tutti quei rumori. Con uno sbuffo, si alzò dal letto ed accese una candela, quindi si avviò verso la porta. Non sapeva esattamente cosa avesse intenzione di fare, ma doveva pure passare il tempo in qualche modo. Aprì la porta silenziosamente e diede un'occhiata nel corridoio, a destra e sinistra. Dalla stanza di fianco alla sua, quella di Tavington, provenivano delle voci. Per un attimo Tasha prese in considerazione l'idea di andare ad origliare, poi decise che non le interessava nulla di quello che stava succedendo nella camera di Tavington. Il suo sguardo si spostò a sinistra, verso la porta che conduceva all'atrio. Era chiusa, e le torce ai lati del corridoio vi gettavano ombre inquietanti. Se solo avesse potuto uscire di lì, percorrere il cortile tutto d'un fiato e correre via, in cerca di Tom... La tentazione si fece talmente intensa che Natasha, senza accorgersene, iniziò a camminare verso quella porta... Fu solo quando vi fu davanti che Tasha si rese conto veramente di cosa aveva fatto. Era sul punto di tornare indietro, quando si fermò e rivolse un'altra occhiata esitante alla soglia dell'ingresso. E se ci fosse riuscita davvero? Se davvero fosse riuscita a scappare? Era una notte di tempesta, e le sentinelle nel cortile, per quanto mantenessero l'ordine, avrebbero impiegato qualche secondo a capire cosa stava succedendo, se lei fosse corsa di fuori. E il cancello? Già, chi avrebbe aperto il cancello? No, non c'era speranza di andarsene di lì. Avrebbe avuto una minima possibilità se fosse arrivata la famosa carovana da Charlestown, ma essendo già passata poco più di una settimana prima, non era probabile che tornasse così presto. Non c'era niente da fare, proprio niente. Abbattuta, Natasha se ne tornò in camera. Appoggiò la candela sul comodino e rimase ad osservare i riflessi dorati e aranciati che danzavano sul soffitto bianco e uniforme. Tese pigramente l'orecchio per cogliere voci o suoni provenienti dalla stanza attigua, ma il temporale era troppo impetuoso e i muri troppo spessi per permetterle di sentire qualcosa. Sbadigliò, e nel giro di pochi minuti il sonno la travolse.

-Sharon, mi dispiace- disse William stringendola a sé. Sharon singhiozzò sul suo petto: -E' stato... è stato terribile quando l'ho saputo. Sarebbe stato diverso se me l'avessi detto tu!- -Lo so, e hai ragione- le disse William, accarezzandole i corti e crespi capelli biondi -Sono stato occupato, troppo occupato, ultimamente. Mi dispiace che tu sia venuta a saperlo così- Sharon si asciugò le lacrime e mormorò: -Chi è lei?- William la guardò inclinando la testa: -Lascia perdere, Sharon. Ascoltami- le disse, prendendole il viso tra le mani e guardandola intensamente -Non è finita... ci vedremo ancora- -No, non è vero!- singhiozzò lei -Se tu sarai sposato, non potrai più...- -Se lo voglio, posso farlo- ribattè William -Nessuno mi impedirà di sceglierti ancora, così come nessuno ti impedirà di venire da me- Sharon battè le palpebre ripetutamente: -Dici...- deglutì -... dici davvero?- William annuì e un sorriso si posò sulle sue labbra. La strinse più forte e la baciò sulla fronte. -Te lo prometto. Credi davvero che abbia intenzione di passare tutte le future notti della mia vita con mia moglie?- Sharon rise: -Chissà che noia...- -Già...- disse William. Sharon constatò allarmata che il "già" di William non era stato molto convincente. Ma ogni sua preoccupazione svanì quando le labbra del colonnello si posarono sulle sue e la coinvolsero in un lungo bacio appassionato. In cuor suo però, si domandava chi fosse la fortunata sposa.

Tom strinse la mano di Natasha e le baciò la punta di ogni dito. Natasha rise, continuando a correre in quel prato così verde e soleggiato. -Inizia a piovere- disse Tom, indicando il cielo. -Sarà meglio che ci troviamo un riparo- disse Natasha, preoccupata. Si ripararono in una grotta e rimasero ad osservare la tempesta infuriare su tutto ciò che avevano intorno. -Ti amo, Tom- disse Natasha, voltandosi verso di lui. Ma Tom si era alzato in piedi e non la guardava. Fissava un punto davanti a sé e sembrava serio. Stringendo gli occhi nella pioggia, Natasha individuò il generale O'Hara in piedi nella bufera che guardava nella loro direzione. Di fianco a lui stava Rowena, sorridente come sempre. Tom mosse qualche passo verso di loro. -Tom, cosa fai? Dove stai andando? Non vedi che piove?- esclamò Natasha, aggrappandosi al suo braccio e alzandosi in piedi. Tom la guardò e si liberò dalla sua presa: -Devo andare- -Ma cosa dici?- disse Natasha confusa. -Sei la moglie di Tavington... non conti più nulla per me. Io me ne vado- Natasha iniziò a piangere: -Non andare! Avevi detto che sarei rimasta sempre tua moglie! Non andare, ti prego!- -Devo andare- ripetè Tom -Mio padre mi sta aspettando- -Tom, quello è il Generale O'Hara! Non andare, ti prego! E' stato Tavington! E' stato lui a mandarti la lettera! Non andare, Tom! Tom, ti prego rimani qui con me! Tu devi proteggermi!- -Ti proteggerà Tavington. Io devo andare da mio padre- con queste parole Tom spiccò una corsa e svanì nella pioggia. Anche O'Hara e Rowena erano spariti. Natasha iniziò a correre disperatamente nella direzione in cui era andato Tom. -Tom!!! Tom, torna qui! Non lasciarmi sola! Non lasciarmi!!- -Miss Halliwell, svegliatevi!- -No, Tom, ti prego, rimani qui!- -Miss Halliwell!- Qualcuno la stava scuotendo. Natasha aprì gli occhi di scatto e si ritrovò a fissare Sally, una delle schiave del palazzo. -Miss Halliwell!- ripetè Sally, stavolta con sollievo -Credevo di non riuscire più a svegliarvi! Dovete alzarvi, signorina! Mancano poche ore al vostro matrimonio! Tutto il palazzo non vede l'ora di vedervi sposare il colonnello! Dovete muovervi!- Sally andò alle tende delle finestre e le spalancò, rivelando un cielo grigio ed un cortile umido. Aveva smesso di piovere, ma era evidente che durante la notte c'era stato un brutto temporale. Natasha si parò con una mano dalla luce grigiastra delle finestre, sentendo a malapena ciò che stava dicendo Sally. -Miss Halliwell, dovete presentarvi dalla vedova Gowan- disse questa schiarendosi la voce. -Cosa?- chiese Natasha, ancora scombussolata per lo strano sogno che aveva appena avuto. -La vedova Gowan vi deve vestire e pettinare! E' molto importante che appariate al meglio per le nozze!- Natasha si stropicciò gli occhi e sbadigliò, mentre lo stomaco le si attorcigliava. -Si, dammi un attimo per... rendermi presentabile- disse Natasha alla serva, che annuì ed uscì lasciandola sola. Natasha andò all'armadio (che era stato riempito di vestiti) e prese il primo abito che le capitò. Il suo sguardo cadde sulla tunica che, fino a pochi giorni prima, era stata costretta ad indossare ogni santo giorno. Era lacerata e sporca. Un ricordo del periodo in cui aveva fatto da stalliera a Fort Carolina. Natasha sospirò profondamente, pensando a quello che stava per succedere. Moglie del Colonnello Tavington. Signora Tavington. Lei. Dacci un taglio a queste stupidaggini, si disse, Cerca di pensare in positivo. Positivo... una parola da tempo dimenticata. Cosa c'era di positivo in tutto ciò? Il Colonnello Tavington è davvero un bell'uomo, si disse. Il che andava bene. Sì, era senz'altro una cosa positiva. Il problema era che non la trattava affatto bene. Era crudele, senza scrupoli, non avrebbe esitato un attimo a farle del male. Anzi, non aveva esitato un attimo a farle del male. Non si poteva certo dire che non le avesse mai fatto del male. Le volte che l'aveva malmenata fino a formarle dei lividi, quando l'aveva stuprata così violentemente, quando aveva ucciso la sua famiglia... Ho detto di pensare in positivo. Ecco, adesso aveva anche incominciato a pensare come lui. Ho detto questo, ho detto quell'altro... Natasha non riusciva a credere che il colonnello fosse riuscito ad entrarle nella mente fino a quel punto. Si sfilò la camicia da notte e indossò il comodo vestitino bianco che aveva recuperato dall'armadio. Era arrabbiata con se stessa. Sì, il Colonnello Tavington è un bell'uomo e sarò felice con lui, si disse, E poi nascerà il bambino e io sarò un'ottima madre... Tom tornerà e mi aiuterà a crescere il piccolo... passeremo tanti altri bei momenti insieme. Riuscirò ad essere felice. Natasha fece per appoggiare la mano sulla maniglia, quando la nausea l'investì. Come ho potuto dimenticarmene... Corse alla finestra, la spalancò e vomitò nel cortile più violentemente di quanto non avesse mai fatto prima. E' la tensione... Certo, era la tensione. Si era mai sentita più tesa in vita sua? Premendosi una mano sul petto, Natasha riprese fiato. -Signorina!- era Sally che bussava nervosamente alla porta -Signorina, si sta facendo tardi!- -Arrivo!- rispose Tasha con voce roca, avviandosi alla porta e aprendola. Sally la guardava sorridente: -Avanti, signorina, andiamo dalla vedova Gowan- Insieme percorsero la strada che avevano fatto il giorno prima Tasha e O'Hara e giunsero nella stanza di Rowena. La donna era vestita elegantemente, con un lungo abito verde smeraldo e diversi anelli luccicanti alle dita tozze. Le accolse con un gran sorriso: -Eccoti! Cominciavo a preoccuparmi! Tu puoi andare, Sally tesoro- Sally fece un inchino ed uscì dalla stanza chiudendo la porta. -Allora, cara- disse Rowena battendo le mani -Avanti, non abbiamo molto tempo! Manca poco più di un'ora alla cerimonia!- -Poco più di un'ora??- esclamò Natasha, mentre si avviava dietro un separè con il vestito. Il suo cuore iniziò a battere sempre più forte contro le costole. Mentre indossava il suo sontuoso abito da sposa, Natasha udì a malapena quello che Rowena stava trillando. Finalmente uscì dal separè e si fece aiutare dalla vedova ad annodare i lacci dietro la schiena. -Chissà quanto sarai emozionata!- disse eccitatamente, spazzolando convulsamente i capelli di Tasha quasi fino a farle male. Natasha si chiese per la prima volta che acconciatura Rowena aveva intenzione di farle. Ma la donna sembrava sapere cosa stava facendo, perché non disse nulla, a proposito della capigliatura. A parte quello parlava a raffica, e Tasha si faceva scorrere addosso quel torrente di parole senza valutarle, senza prestargli attenzione, troppo presa dalle sue angosce.

Fu svegliata dal torpore solo quando Rowena esclamò: -Natasha! Natasha, tesoro! Ma mi stai ascoltando?- -Eh?- disse Natasha -Scusatemi, Rowena, cosa stavate dicendo?- Rowena sospirò spazientita quindi disse, gli occhi che brillavano d'emozione: -Stavo dicendo... è davvero strano vedere una ragazza così giovane come te sposare un uomo tale il Colonnello Tavington... cosa ti ha spinto a fare questa scelta?- -Oh...- disse Natasha incerta. Cosa diavolo doveva dire? -Io... me l'ha chiesto lui- buttò lì. -Già, anche questo è strano... non che tu sia una cattiva ragazza, Natasha, no di certo, ma... non so. E' che non mi sembri proprio il tipo di cui il Colonnello Tavington si innamorerebbe, ecco- -Cosa intendete dire?- disse Natasha, quasi aspramente. Non sapeva spiegarsi il perché, ma la infastidiva il fatto che qualcuno potesse pensare che lei non fosse il tipo di ragazza di cui si poteva innamorare il colonnello. La vedova Gowan sembrò notare il suo brusco cambiamento d'umore e si affrettò a dire: -Oh, no cara, ho detto una cattiveria che non pensavo veramente. E' ovvio che il Colonnello Tavington sia pazzo di te, è una cosa che si capisce guardandolo negli occhi- Natasha fu presa alla sprovvista. -Dite?- La vedova battè le ciglia sbalordita: -Certo! E' una cosa che certamente un uomo non potrà mai notare neanche se ci si mettesse d'impegno, ma noi donne siamo portate per accorgerci di questo genere di cose, non credi?- Natasha non rispose. Si sentiva strana. Dovette ammettere che non aveva mai neanche lontanamente preso in considerazione l'idea che Tavington potesse effettivamente provare qualcosa per lei. Era un pensiero che veniva escluso dal fatto che Tavington l'avesse ferita parecchie volte, fisicamente e psicologicamente, però in fondo era un concetto che non andava accantonato.

Per me prova solo del desiderio, non c'è altro, si disse Tasha convinta. Allora perché la voleva sposare? Già, perché? E perché aveva mandato quel falso messaggio a Tom per metterlo fuori gioco? Che vero motivo aveva per farlo? Natasha continuò a riflettere mentre Rowena pettinava i suoi capelli in un'elaborata acconciatura. Quando ebbe finito, erano talmente in ritardo che Natasha ebbe solo qualche secondo per darsi un' occhiata nello specchio. Stentò a riconoscersi. I suoi capelli, in genere sciolti, ora erano raccolti in alto; alcuni ciuffi ramati le ricadevano ai lati del viso, dandole un'aria quasi regale. Insieme al vestito, era elegante come non lo era mai stata in vita sua.

William Tavington si guardò allo specchio, valutando che tutto fosse in ordine. I suoi lunghi capelli marrone scuro erano legati dietro il collo: non c'era neppure un capello fuori posto e i suoi occhi azzurri gli brillarono di rimando, scangianti come non mai. La pelle del viso era florida e liscia; il vestito che indossava era molto simile alla divisa: i Dragoni non potevano vestirsi diversamente, e la divisa comprendeva un'uniforme per le occasioni speciali. Bè, quella era un'occasione speciale. Il vestito era stato stirato e lavato e non presentava neppure la più piccola imperfezione. Colto dall'abitudine, allungò la mano verso il comodino sul quale giacevano la sua pistola e la sua spada, come faceva sempre quando aveva appena finito di vestirsi. Sorrise quando si accorse cosa stava per fare e, ritirata la mano, si sistemò meglio il fazzoletto bianco che teneva legato al collo. Quindi, lanciatosi un'altra appassionata occhiata allo specchio, uscì nel corridoio dove un servo lo stava aspettando, e si fece condurre nel luogo dove avrebbe preso in sposa Natasha Halliwell.

Natasha percorse il corridoio insieme a Rowena, che l'avrebbe accompagnata fino all'entrata della cappella del palazzo, dove si sarebbe svolta la cerimonia. -Avanti, ragazza, avanti!- gridò la donna, camminando velocemente con un'ansimante Natasha al seguito. -Un attimo, Rowena! Aspettate... non... non ce la faccio più- -Ma cara, sono già entrati tutti! Ti staranno aspettando! Non possiamo arrivare in ritardo!- Natasha si fece trascinare da Rowena fino all'entrata della cappella. -Oh mio Dio, Rowena- mormorò una volta sulla soglia, premendosi una mano sul petto -Io... io non credo di riuscirci- -Oh andiamo, cara! E' stata solo una corsetta! Tu che sei giovane...- -No...- disse Natasha, respirando affannosamente -Dico... il matrimonio- Rowena la guardò con comprensione e sorrise: -Oh, cara... certo che ci riuscirai. Sarà meraviglioso, senza dubbio. Ci vediamo dopo la cerimonia! In bocca al lupo!- Detto questo superò le tende che separavano la chiesa dal resto del palazzo lasciando Natasha con un palmo di naso. La ragazza si guardò alle spalle. Il corridoio era deserto. Dovevano già essere tutti dentro. Tasha poteva sentire un vivo chiacchiericcio proveniente da dietro le tendine. E lei lì, come una stupida, fuori dalla cappella. L'unica persona fuori dalla cappella. Un momento... L'unica persona fuori dalla cappella? Natasha lanciò un'altra occhiata su per il corridoio. Quindi, furtivamente, si avvicinò alla finestra più vicina e sbirciò fuori. La delusione la invase. Per un attimo, uno stupido attimo aveva pensato che forse tutti i soldati fossero al matrimonio. Il che era una follia. Il solito gruppo di giubbe rosse in ordinata fila indiana se ne stava rispettosamente in mezzo al cortile. Per la fuga, niente da fare, nemmeno stavolta. Natasha sospirò e ad un tratto un servo dalla pelle color dell'ebano le venne incontro. -Signorina!- disse, -Venite con me, signorina, dovete venire nella cappella-

Natasha si fece ricondurre all'entrata della chiesa con l'umore sottoterra. Di nuovo, si ritrovò a fissare le tendine di velluto rosso che avrebbe dovuto oltrepassare per entrare nella chiesa dove tutti la stavano aspettando. Solo che adesso da dietro le tende non proveniva alcun rumore. C'era un silenzio di tomba. Col cuore in gola, Natasha scostò le tende... Al suo ingresso nella cappella, centinaia di teste si voltarono verso di lei. Natasha ebbe il tempo di notare solo di sfuggita alcuni bagliori di orecchini e collane di diamanti, bottoni dorati e spille di quarzo, che da qualche parte incominciò a suonare una musica, un suono d'organo, e tutte quelle teste iniziarono a bisbigliare tra loro. Natasha allora avanzò, quasi automaticamente, e quasi automaticamente il suo sguardo vagò su ciò che stava alla fine di quel lungo tappeto viola, verso quell'altare così vicino eppure così lontano davanti al quale se ne stava Tavington, dritto nel suo abito elegante, rosso e oro, ed il prete alle sue spalle, nell'ombra. L'attenzione di Tasha si concentrò sul colonnello. Natasha non sapeva dire se la sua presenza la tranquillizzasse o no. In effetti, era come il colpo di grazia in un ambiente che giudicava estremamente ostile, d'altra parte però era rassicurante vedere un volto noto tra tanti sconosciuti. Natasha cercò di appigliarsi a questo, mentre avanzava titubante verso l'altare. Arrivò e si fermò alla sinistra di Tavington, mentre l'organo continuava a suonare e la gente sulle panche continuava a bisbigliare. Il prete le sorrise ed iniziò a parlare, ma la sua voce non era che un lontano e stanco ronzio nella mente di Natasha. Una mente così piena di dolore da non poterne accettare più. Sì, il dolore stava traboccando. E dopo cosa c'era? La follia. La trance. Natasha era in trance. Sposare il Colonnello Tavington era davvero troppo. Ma non esisteva un limite? Quando sarebbe finito tutto quanto? Possibile che sarebbe dovuta morire per mettere fine alle sue sofferenze? Ad un tratto arrivò una frase che si fece strada nella testa di Natasha, sfondando la trance. Perché era la frase che tanto temeva. -Vuoi tu, William Alexander Tavington, prendere in sposa Natasha Halliwell e amarla e onorarla finchè morte non vi separi?- Vuoi tu, William Alexander Tavington, uccidere Natasha Halliwell? Natasha battè le palpebre confusa. Erano già arrivati a quel punto? Dov'era finita la predica e tutto il resto? Mio Dio ho perso la cognizione del tempo... sto impazzendo... L'attenzione della cappella si concentrò su Tavington. Anche Natasha spostò lo sguardo su di lui e l'osservò. I suoi occhi di ghiaccio la guardarono e sembrarono sfidarla. E Natasha fissò quelle labbra pronunciare quella frase, così corta, così piccola, che le avrebbe cambiato la vita... -Sì, lo voglio- Il prete si rivolse a Natasha. -Vuoi tu, Natasha Kathleen Halliwell, prendere come marito William Tavington e amarlo e onorarlo finchè morte non vi separi?- Vuoi tu, Natasha Kathleen Halliwell, essere decapitata da William Tavington? Natasha tentò di respirare. Non poteva dirlo. Non poteva dirlo perché non poteva rifare lo stesso errore due volte. E invece lo stava rifacendo. Non era forse la stessa cosa che era successa tre mesi prima? Non era lei, Natasha Kathleen Halliwell, ad essere stata messa di fronte ad una scelta del genere quel fatidico giorno in cui formulò il suo patto? Non era in questo momento, come allora, la vita di Rupert nelle sue mani? E lei non si era pentita in passato per quella scelta che aveva fatto? Non si era pentita di essersi concessa a Tavington per salvare la vita a Rupert? No. Ecco. Era quello il punto. Lei non si era pentita. Perché la vita di Rupert valeva più della sua purezza. Valeva più del suo onore. Valeva più del suo orgoglio, del suo benessere. E valeva di più anche adesso. Natasha respirò profondamente. Socchiuse gli occhi per non vedere la soddisfazione nello sguardo di Tavington per l'ennesima volta, e aprì la bocca. Prese dai polmoni l'aria necessaria per parlare e disse, forte e chiara: -Sì, lo voglio- -E allora vi dichiaro marito e moglie- disse il prete sorridente, mentre la folla sulle panche si preparava ad applaudire. E allora ti condanno a morte... -Potete baciare la sposa- Potete tagliarle la testa... Tavington le si avvicinò e Natasha sentì ancora una volta quel profumo maschile che emanava. Ne fu sommersa. E ad un tratto sentì le sue forti braccia stringerla, le sue labbra baciarla sulla bocca, come assaporando la vittoria. La sua vittoria. Un applauso partì dalle panche e a Natasha parve più assordante che mai, dopo il profondo ed irreparabile silenzio della sua anima. Tavington si separò da lei, ma non staccò mai gli occhi dai suoi. Natasha avvertì un lungo brivido salirle sulla schiena, segno che era ancora viva.

La folla si riversò in corridoio, dove la nuova coppia era attesa per ricevere complimenti e congratulazioni, per sentire il racconto di come si fossero incontrati, ecc. Tavington non aveva esattamente voglia di rispondere a tutte quelle stupide domande di consuetudine, tuttavia decise che sarebbe stato un buon modo per festeggiare il suo matrimonio e per presentare la sua nuova moglie a tutta l'alta società inglese. Così Tavington prese Natasha sottobraccio e la condusse nel corridoio, dove la maggior parte della gente li raggiunse immediatamente. -Complimenti, colonnello- disse un uomo baffuto giunto per primo insieme alla moglie. Tavington sorrise: -Mr Trevors, è un grande piacere avervi qui. Ho l'onore di presentarvi mia moglie- Il signor Trevors baciò la mano che Natasha gli porgeva: -Incantevole- -Grazie, Mr Trevors- rispose Tasha con una voce che non assomigliava affatto alla sua. Dopo il signore e la signora Trevors arrivarono tanti di quegli ospiti che Natasha nel giro di pochi minuti dimenticò ogni nome. Ad un tratto giunse una ragazza giovane e alta, con capelli rossi e ondulati e occhi castano scuro. Porse la mano guantata a Tavington, che la baciò. -Colonnello...- sospirò -E' sempre un tale piacere vedervi- Tavington sorrise e per qualche secondo i due si fissarono. Quindi Tavington sembrò tornare in sé e disse: -Milady, posso presentarvi mia moglie Natasha?- Natasha strinse la mano alla ragazza, che ad un tratto aveva assunto un cipiglio ostile, quasi disgustato. -Questa sarebbe quella che voi avete salvato dal patibolo?- disse la ragazza con tono altezzoso. -Dal patibolo?- disse Natasha, con crescente antipatia. Tavington rise: -No, Natasha, a Sarah piace scherzare- -Sarah?- ripetè Natasha, aggrottando la fronte. Gli occhi di Tavington brillarono di una strana luce mentre guardava Natasha, come se avesse appena scoperto qualcosa che gli piacesse molto. -Sì, Sarah, Natasha. O Lady Slaves- -O perdonatemi, milady- disse Natasha con tono strascicato -Non sapevo che tra voi e mio marito ci fosse così tanta confidenza da chiamarvi per nome, soprattutto quando voi, milady, ostentate a chiamarlo colonnello- Tavington sembrava sempre più divertito e Sarah sempre più seccata. -A volte- disse questa in tono vago -Si fanno delle decisioni affrettate, William, non trovi? Anche decisioni importanti, come matrimoni... si sente così tanto spesso di ragazzine, quasi bambine...- gettò uno sguardo di superiorità a Natasha -... che sposano uomini ricchi solo perché essi rappresentano un buon partito e del denaro- Tavington rise: -Buon partito? Se alludi a me, Sarah- disse, gli occhi sempre più brillanti -Allora temo che ti sbagli. Come partito direi che non valgo granchè, non pensi?- -Stai parlando della tua reputazione?- Sarah fece un gesto come a dire che erano sciocchezze -Oh, andiamo. Non è poi così malvagia. E poi si sa...- si avvicinò a lui tanto da guardarlo fisso negli occhi -Cattivo è sexy- -SCUSATEMI milady!- sbottò Natasha, separando Sarah da Tavington, che la guardò divertito e soddisfatto. -Sai, William, ora che ti sei sposato con questa mocciosa sarebbe proprio il caso che le insegni qualche nozione di buon educazione... non credo che nella sua stupida famiglia di contadini abbia imparato molto in proposito!- Detto questo Sarah fece per andarsene di corsa dal corridoio, quando Natasha le afferrò il braccio. -Cosa credi di farmi, stupidella?- Natasha non rispose, ma le tirò uno schiaffo con tutta la forza che aveva in corpo. Sarah Slaves barcollò e la guardò con espressione ferita. -Come... osi?- -Natasha...- disse Tavington, camminando verso di lei. -Non osare avvicinarti a me, William! E tu, figlia di puttana, non osare mai più in... sul... tare la mia... fami...g...- Natasha tentò di continuare, ma non ci riuscì. Le si annebbiò la vista e la testa le divenne pesante. Vide il corridoio girare intorno a lei, sentiva l'anello che portava al dito diventare sempre più pesante... così pesante da trascinarla a terra, dove giacque, inerte, fino a perdere i sensi e cadere nell'oblio.