-Nel caso ci fosse bisogno di dirlo:"Gundam Wing non è una mia proprietà,né
lo è alcuno dei suoi personaggi, e questa storia non è scritta a fini di
lucro ma solo per il piacere mio (nello scriverla) e degli arditi che la
leggeranno.".
PROLOGO
Lacrime e funerali -seconda parte-
A.C. 195
Non c'era più nessun motivo per piangere.Nessuno avrebbe più ascoltato le sue preghiere e le sue grida. Non era rimasto niente. Era tutto finito. La guerra. Il sangue. Le sue speranze di felicità. Tutto terminato con un'esplosione che avrebbe fatto invidia al Big Bang. La bocca di Lucrezia Noin fremette e quasi s'incurvò in un sorriso;sicuramente Zechs adesso si sentiva molto soddisfatto della sua uscita di scena, aveva sempre avuto un debole per le cose spettacolari. E per i fuochi d'artificio. Ovunque la sua anima fosse. Perché ormai solo di questo si poteva parlare :di un'anima , di ricordi ,di lontane memorie. Lui non c'era più. Non ci sarebbe più stato. Mai. E l'aveva lasciata in quel mondo a raccogliere i cocci.
§Bastardo.Bastardo .Mille volte bastardo.§
" E ora cosa faccio?" si chiese. E la domanda non era solo riferita alla situazione contingente ma a tutta la sua esistenza futura.Cosa ne sarebbe stato di lei? In quel momento le venne in mente il consiglio che Zechs le dava sempre quando si trovava in una situazione senza apparenti vie d'uscita:"Restringi la prospettiva , pensa per piccole tappe." Piccole tappe. § Smetti di tremare§ §Dirigiti verso la prima nave di soccorso che trovi§ Allentare la presa sulla cloche,che aveva stretto spasmodicamente durante il momento del pianto e delle urla ,richiese un po' di tempo , così come infinitamente lento fu il check dei danni subite delle riserve di carburante del suo Taurus. Poi , lasciando che il suit galleggiasse nello spazio viaggiando al minimo della velocità,si diresse verso la nave di soccorso.
I ragazzi erano già lì da tempo.E anche Relena.Ma non aveva la forza di affrontarli, di sentire la compassione nella loro voce, la pietà nei loro sguardi. Non potevano capire; e allora che neanche ci provassero.
_
Solo Quatre tentò ad avvicinarla, una volta che fu uscita dall'hangar.Sapeva delle buone intenzioni che animavano il giovane , come anche sapeva che la sua era una preoccupazione sincera. Alzò gli occhi .Dalle labbra non le uscì neanche un suono.Fece scivolare la mano sulla spalla di Quatre e annuì, per fargli capire che poteva farcela da sola. Il ragazzo quasi sorrise in segno d'intesa.
Un'infermiera la venne incontro per verificare le sue condizioni. § Ho bisogno di un cuore nuovo. Oppure di un veleno ad azione rapida.§ Chiese all'infermiera se c'era una cabina dove riposare. E dove piangere il suo amore partito per sempre.
Si buttò a peso morto sulla branda ,rivolta verso il soffitto. Com'erano potuti arrivare a questo punto? Come aveva potuto lasciare che succedesse? Lucrezia Noin aveva sempre avuto una convinzione : che tutte i piagnistei e le autocommiserazioni del mondo non valessero quanto un'ammissione di responsabilità. E aveva condiviso quel punto di vista con il suo amico più caro. A dir la verità Zechs aveva esasperato quest'idea fino al punto di sentirsi responsabile di tutto. Il risultato era che il senso di colpa lo aveva schiacciato con tanta forza da portarlo alla morte. Ad agognare la morte come la più gradita delle soluzioni. E lei, Lucrezia Noin, lo aveva lasciato accadere. Avrebbe dovuto fermarlo. Non impedirli di fare la guerra alla terra, né di farsi saltare in aria con il suo Gundam, ma aiutarlo a provare meno disgusto per se stesso, a guardarsi con gli stessi occhi con cui lei lo vedeva. Sicuramente sarebbe stato uno spettacolo più gradevole.
§ Zechs.§
Invece lo aveva sostenuto nel suo progetto di morte, fin dall'Accademia.Non era stata al suo fianco per risollevarlo dalla depressione ma per perseguire un obiettivo di vendetta. Conosceva Zechs così bene, non avrebbe forse dovuto immaginare che la sua reazione all'eliminazione dell'assassino dei suoi genitori non sarebbe stata di compiacimento ma che avrebbe accresciuto ancora di più il suo conflitto interiore.E gli incubi notturni, l'isolamento da ogni persona cara. Avrebbero dovuto lasciare la vita militare, ecco cosa sarebbe stato azzeccato.Ricominciare da capo, imparare di nuovo a vivere come esseri umani.ma ora nulla di tutto questo era più possibile.Era arrivata tardi. Un ritardo di quasi 10 anni.
§Zechs, perdonami.Volevo amarti, ma ho scelto il modo sbagliato.§
Ricominciò a piangere mentre immagini di Zechs irrompevano nella sua mente, frammenti di sorrisi, rari e preziosi, un tocco, un lieve profumo, un bacio rubato.. Qualcuno bussò alla porta. Relena. "Noin" iniziò la ragazza, il viso serio ma non triste.Lucrezia fu presa dall'improvvisa voglia di schiaffeggiarla."Miss Relena, per favore, ho solo voglia di restare sola.Non si preoccupi per me." " Dovremmo stare unite in questo momento di dolore" continuò invece l'altra"abbiamo entrambe perso qualcuno che amavamo." Qualcosa in Lucrezia scattò." Sai a malapena chi fosse, come puoi piangerlo!" Relena sgranò brevemente gli occhi.Prima di darle il tempo per ribattere Lucrezia andò avanti: " Sii sincera Relena, te la senti veramente di mettere la maschera della sorella addolorata quando tutti sappiamo che con lui non hai condiviso niente, se non il cognome? Apprezzo la tua preoccupazione, ma non ho bisogno di nulla.Ora vai.Sono sicura che ci sono cose più utili che puoi fare piuttosto che piangere un fratello che non hai mai desiderato".Disse queste ultime parole con una strana calma, come se fosse insignita di un'autorità superiore di quella data dal legame di sangue, quella di un amore coltivato nell'arco di quasi dieci anni.
Relena se ne andò.
Lucrezia si sedette nuovamente sul letto e, prima di abbandonarsi di nuovo alle lacrime, disse una breve preghiera per l'anima del principe caduto, perché ovunque fosse, potesse avere almeno un po' di pace. Lei, Lucrezia Noin avrebbe invece avuto l'Inferno in terra.
A.C. 182
Lucrezia fece nota mentale di non vestirsi più di nero con il sole alto e caldo nel cielo.Non che quel giorno avesse avuto anta scelta: ad un funerale ci si veste sempre di scuro. Ma per fortuna era quasi finita. I becchini stavano calando la bara di sua madre nella fossa, tra i singhiozzi soffocati di alcuni presenti .
Lucrezia invece non aveva alcuna intenzione di piangere.Lei e sua madre si erano già salutate ,sole ed inosservate, nella loro camera da letto, prima che il corpo venisse prelevato per allestire la camera ardente.Aveva sussurrato alla madre delle raccomandazioni per quando fosse arrivata in Paradiso, e l'aveva rassicurata dicendole che avrebbe fatto la brava e l'avrebbe pensata ogni giorno.
La bara toccò il fondo della fossa. Sicuramente mamma non era più lì dentro.Era in Cielo.Lontana e felice.Magari era con Papà.Anzi no. Sicuramente.
Lucrezia non aveva mai conosciuto suo padre.Sapeva che era morto e che lui e sua madre non erano sposati come tutti gli altri genitori.Era per questo che lei portava il cognome materno: Rossetti.Ma la mamma ,in segreto ,le aveva rivelato che suo padre si chiamava Adriano Noin.E le aveva anche raccontato la loro storia.
Lui lavorava nei cantieri navali della famiglia Rossetti.Un giorno gli era stata presentata Lucia,la figlia minore del suo principale perché la facesse visitare i cantieri. Lucia era bella ma soprattutto era dotata di un senso dell'umorismo sconosciuto agli altri membri della sua famiglia.Adriano comprò anche una barchetta dove potessero incontrarsi lontani da sguardi indiscreti.Chiamò la barchetta "Lucrezia".
§Lucia ,Lucia, luce dei miei occhi§
Poi lui morì. Lucia restò sola a sorbire il biasimo di tutta la famiglia. Ed ora anche lei era morta.
Adesso l'oggetto del disprezzo sarebbe diventata Lucrezia:la figlia del peccato.
Una lapide venne fatta scivolare a coprire la profonda cavità dove il corpo di sua madre riposava. Sarebbe stata la sorella maggiore di Lucia a prendersi cura di Lucrezia.
Una donna a cui, pensava la bambina, piacevano più gli oggetti delle persone. Si voltò verso la zia che l'aspettava austera.Scosse i lunghi capelli neri- i capelli di sua madre- sotto i raggi del sole.
Non doveva farsi schiacciare.
§Vedrai,Mamma,sarò forte.§
PROLOGO
Lacrime e funerali -seconda parte-
A.C. 195
Non c'era più nessun motivo per piangere.Nessuno avrebbe più ascoltato le sue preghiere e le sue grida. Non era rimasto niente. Era tutto finito. La guerra. Il sangue. Le sue speranze di felicità. Tutto terminato con un'esplosione che avrebbe fatto invidia al Big Bang. La bocca di Lucrezia Noin fremette e quasi s'incurvò in un sorriso;sicuramente Zechs adesso si sentiva molto soddisfatto della sua uscita di scena, aveva sempre avuto un debole per le cose spettacolari. E per i fuochi d'artificio. Ovunque la sua anima fosse. Perché ormai solo di questo si poteva parlare :di un'anima , di ricordi ,di lontane memorie. Lui non c'era più. Non ci sarebbe più stato. Mai. E l'aveva lasciata in quel mondo a raccogliere i cocci.
§Bastardo.Bastardo .Mille volte bastardo.§
" E ora cosa faccio?" si chiese. E la domanda non era solo riferita alla situazione contingente ma a tutta la sua esistenza futura.Cosa ne sarebbe stato di lei? In quel momento le venne in mente il consiglio che Zechs le dava sempre quando si trovava in una situazione senza apparenti vie d'uscita:"Restringi la prospettiva , pensa per piccole tappe." Piccole tappe. § Smetti di tremare§ §Dirigiti verso la prima nave di soccorso che trovi§ Allentare la presa sulla cloche,che aveva stretto spasmodicamente durante il momento del pianto e delle urla ,richiese un po' di tempo , così come infinitamente lento fu il check dei danni subite delle riserve di carburante del suo Taurus. Poi , lasciando che il suit galleggiasse nello spazio viaggiando al minimo della velocità,si diresse verso la nave di soccorso.
I ragazzi erano già lì da tempo.E anche Relena.Ma non aveva la forza di affrontarli, di sentire la compassione nella loro voce, la pietà nei loro sguardi. Non potevano capire; e allora che neanche ci provassero.
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Solo Quatre tentò ad avvicinarla, una volta che fu uscita dall'hangar.Sapeva delle buone intenzioni che animavano il giovane , come anche sapeva che la sua era una preoccupazione sincera. Alzò gli occhi .Dalle labbra non le uscì neanche un suono.Fece scivolare la mano sulla spalla di Quatre e annuì, per fargli capire che poteva farcela da sola. Il ragazzo quasi sorrise in segno d'intesa.
Un'infermiera la venne incontro per verificare le sue condizioni. § Ho bisogno di un cuore nuovo. Oppure di un veleno ad azione rapida.§ Chiese all'infermiera se c'era una cabina dove riposare. E dove piangere il suo amore partito per sempre.
Si buttò a peso morto sulla branda ,rivolta verso il soffitto. Com'erano potuti arrivare a questo punto? Come aveva potuto lasciare che succedesse? Lucrezia Noin aveva sempre avuto una convinzione : che tutte i piagnistei e le autocommiserazioni del mondo non valessero quanto un'ammissione di responsabilità. E aveva condiviso quel punto di vista con il suo amico più caro. A dir la verità Zechs aveva esasperato quest'idea fino al punto di sentirsi responsabile di tutto. Il risultato era che il senso di colpa lo aveva schiacciato con tanta forza da portarlo alla morte. Ad agognare la morte come la più gradita delle soluzioni. E lei, Lucrezia Noin, lo aveva lasciato accadere. Avrebbe dovuto fermarlo. Non impedirli di fare la guerra alla terra, né di farsi saltare in aria con il suo Gundam, ma aiutarlo a provare meno disgusto per se stesso, a guardarsi con gli stessi occhi con cui lei lo vedeva. Sicuramente sarebbe stato uno spettacolo più gradevole.
§ Zechs.§
Invece lo aveva sostenuto nel suo progetto di morte, fin dall'Accademia.Non era stata al suo fianco per risollevarlo dalla depressione ma per perseguire un obiettivo di vendetta. Conosceva Zechs così bene, non avrebbe forse dovuto immaginare che la sua reazione all'eliminazione dell'assassino dei suoi genitori non sarebbe stata di compiacimento ma che avrebbe accresciuto ancora di più il suo conflitto interiore.E gli incubi notturni, l'isolamento da ogni persona cara. Avrebbero dovuto lasciare la vita militare, ecco cosa sarebbe stato azzeccato.Ricominciare da capo, imparare di nuovo a vivere come esseri umani.ma ora nulla di tutto questo era più possibile.Era arrivata tardi. Un ritardo di quasi 10 anni.
§Zechs, perdonami.Volevo amarti, ma ho scelto il modo sbagliato.§
Ricominciò a piangere mentre immagini di Zechs irrompevano nella sua mente, frammenti di sorrisi, rari e preziosi, un tocco, un lieve profumo, un bacio rubato.. Qualcuno bussò alla porta. Relena. "Noin" iniziò la ragazza, il viso serio ma non triste.Lucrezia fu presa dall'improvvisa voglia di schiaffeggiarla."Miss Relena, per favore, ho solo voglia di restare sola.Non si preoccupi per me." " Dovremmo stare unite in questo momento di dolore" continuò invece l'altra"abbiamo entrambe perso qualcuno che amavamo." Qualcosa in Lucrezia scattò." Sai a malapena chi fosse, come puoi piangerlo!" Relena sgranò brevemente gli occhi.Prima di darle il tempo per ribattere Lucrezia andò avanti: " Sii sincera Relena, te la senti veramente di mettere la maschera della sorella addolorata quando tutti sappiamo che con lui non hai condiviso niente, se non il cognome? Apprezzo la tua preoccupazione, ma non ho bisogno di nulla.Ora vai.Sono sicura che ci sono cose più utili che puoi fare piuttosto che piangere un fratello che non hai mai desiderato".Disse queste ultime parole con una strana calma, come se fosse insignita di un'autorità superiore di quella data dal legame di sangue, quella di un amore coltivato nell'arco di quasi dieci anni.
Relena se ne andò.
Lucrezia si sedette nuovamente sul letto e, prima di abbandonarsi di nuovo alle lacrime, disse una breve preghiera per l'anima del principe caduto, perché ovunque fosse, potesse avere almeno un po' di pace. Lei, Lucrezia Noin avrebbe invece avuto l'Inferno in terra.
A.C. 182
Lucrezia fece nota mentale di non vestirsi più di nero con il sole alto e caldo nel cielo.Non che quel giorno avesse avuto anta scelta: ad un funerale ci si veste sempre di scuro. Ma per fortuna era quasi finita. I becchini stavano calando la bara di sua madre nella fossa, tra i singhiozzi soffocati di alcuni presenti .
Lucrezia invece non aveva alcuna intenzione di piangere.Lei e sua madre si erano già salutate ,sole ed inosservate, nella loro camera da letto, prima che il corpo venisse prelevato per allestire la camera ardente.Aveva sussurrato alla madre delle raccomandazioni per quando fosse arrivata in Paradiso, e l'aveva rassicurata dicendole che avrebbe fatto la brava e l'avrebbe pensata ogni giorno.
La bara toccò il fondo della fossa. Sicuramente mamma non era più lì dentro.Era in Cielo.Lontana e felice.Magari era con Papà.Anzi no. Sicuramente.
Lucrezia non aveva mai conosciuto suo padre.Sapeva che era morto e che lui e sua madre non erano sposati come tutti gli altri genitori.Era per questo che lei portava il cognome materno: Rossetti.Ma la mamma ,in segreto ,le aveva rivelato che suo padre si chiamava Adriano Noin.E le aveva anche raccontato la loro storia.
Lui lavorava nei cantieri navali della famiglia Rossetti.Un giorno gli era stata presentata Lucia,la figlia minore del suo principale perché la facesse visitare i cantieri. Lucia era bella ma soprattutto era dotata di un senso dell'umorismo sconosciuto agli altri membri della sua famiglia.Adriano comprò anche una barchetta dove potessero incontrarsi lontani da sguardi indiscreti.Chiamò la barchetta "Lucrezia".
§Lucia ,Lucia, luce dei miei occhi§
Poi lui morì. Lucia restò sola a sorbire il biasimo di tutta la famiglia. Ed ora anche lei era morta.
Adesso l'oggetto del disprezzo sarebbe diventata Lucrezia:la figlia del peccato.
Una lapide venne fatta scivolare a coprire la profonda cavità dove il corpo di sua madre riposava. Sarebbe stata la sorella maggiore di Lucia a prendersi cura di Lucrezia.
Una donna a cui, pensava la bambina, piacevano più gli oggetti delle persone. Si voltò verso la zia che l'aspettava austera.Scosse i lunghi capelli neri- i capelli di sua madre- sotto i raggi del sole.
Non doveva farsi schiacciare.
§Vedrai,Mamma,sarò forte.§
