Grazie dei commenti a MariaGpe22, Ericka Larios, Charlotte, Kecs, Cla1969, Eydie Chong: quando il bambino nascerà, molti nodi potrebbero venire al pettine e Margaret e Lilian avranno meno spazio di manovra. Che succederà a quel punto? Gli omicidi dei senzatetto possono passare in sordina visto che si tratta di persone che vivono ai margini della società e spesso muoiono di freddo e di fame. Questo ovviamente gioca a favore di Ethan, che li usa per i suoi esperimenti. Lilian, da parte sua, è destabilizzata dall'attrazione sempre maggiore che Albert esercita su di lei e non sa bene come comportarsi. Aria di piani all'orizzonte...
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Piani
Il barbone corre ad avvisare il suo amico che qualcuno lo sta cercando: magari è proprio uno di quelli che ho interrogato in questi giorni. Lui sente il fiato sul collo e viene ricattato dal poveraccio finché non decide di ucciderlo con una delle sue droghe. Strappa il telo di fortuna che aveva messo alla finestra e toglie al barbone l'impermeabile per simulare una morte per freddo, in più lascia accanto a lui una bottiglia di whisky vuota.
Walker ripercorse con la mente la sua teoria più volte, mentre faceva guizzare gli occhi dal telo verde scuro che aveva la misura della finestrella rotta al resto di quella stanzetta angusta, dove solo un materasso gettato a terra e un tavolo con una sedia tradivano la presenza di qualcuno che ci avesse vissuto per giorni.
Si chinò per raccogliere le coperte che erano appallottolate in un angolo e annuì: no, decisamente la morte per freddo non era attendibile, si vedeva che il soggetto doveva essere di fretta. Non sapeva se la polizia sarebbe stata altrettanto attenta a quei particolari o avrebbe archiviato il caso come disgrazia. Di certo, se c'era un omicida seriale di senzatetto lui ci era molto più vicino, perché sapeva che quel piano di lavoro arrangiato e quella sedia sgangherata non erano solo lo spazio dove Ethan consumava i suoi pasti.
Purtroppo, neanche nella credenza sbilenca aveva trovato tracce di droghe o altre sostanze e in quello il sospettato era stato furbo.
Chiuse gli occhi, immaginando un uomo con una sacca logora che si portava dietro la sua unica ricchezza e li riaprì quasi subito. Quello poteva essere un identikit molto più attendibile del giovane dai tratti nordici della signora Rousseau.
"Se solo i muri potessero parlare...". I muri magari no, ma i materassi sì. Se chi abitava in quello scantinato non era il barbone che era uscito coperto da un lenzuolo e lui fosse stato particolarmente fortunato...
Tirò fuori dalla tasca la lente d'ingrandimento e lo vide. Lo vide e lo prese con un paio di pinzette, per riporlo in un fazzoletto di stoffa che aveva in tasca. Lo fece mentre dall'entrata cominciava a sentirsi il rumore inequivocabile dei passi che si avvicinavano e delle voci concitate dei suoi colleghi.
"Che diavolo ci fai qui?!". Il tono del commissario era quello di un uomo pronto a ucciderlo.
"Volevo solo dare una mano", scherzò lui più per guadagnare tempo che per altro.
In due passi, l'uomo grasso e più basso di lui di almeno quattro pollici gli fu di fronte, fissandolo in cagnesco. "Se hai inquinato le prove prima che arrivino quelli della scientifica, giuro che ti faccio sbattere in galera per il resto della tua carriera di merda, sono stato chiaro?!".
"Non ho toccato nulla, volevo solo capire se il poveretto aveva una famiglia! Una signora mi ha chiesto di ritrovarle il figlio che era appena uscito dal carcere e ho pensato...".
"Non raccontarmi balle! Chi ti pagherebbe per ritrovare un barbone?!".
Walker assunse l'aria più severa che gli riuscì: "Tu non sai niente del mio lavoro, come io non so niente del tuo. Ma sarebbe bello che cominciassimo a collaborare, non credi?".
"Smettila con queste stronzate", sbottò cominciando a guardarsi attorno come per cercare segni del suo passaggio.
"Non sono stronzate", si difese cominciando a guadagnare l'uscita, quasi urtando un paio di agenti che si erano posizionati ai lati dello scantinato come sentinelle e non parevano osare un intervento. Per dare più credito alle sue parole, indicò la bottiglia vuota e poi la finestra: "Ad esempio, chiediti perché un barbone ubriaco non tenta di riparare la finestra rotta, seppure con mezzi di fortuna. Là per terra c'è un pezzo di stoffa, se non sbaglio, magari il poveraccio è caduto dalla sedia mentre cercava di farlo...".
Sapeva che la sedia era troppo lontana, così come sapeva che il commissario non aveva ancora notato il rettangolo di tessuto gettato via da una mano impaziente. Ma il suo bluff bastò per andare via senza discutere oltre e perdere altro tempo.
La prova più importante ce l'aveva in tasca e smontava completamente la teoria dell'uomo biondo.
Cara signora Rousseau, a sua figlia piacciono mori, a quanto pare...
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"Le azioni sono crollate, molti investitori si stanno ritirando e tutto dipende da un esaltato che ha deciso di spararmi contro?". Albert era esterrefatto e guardava Georges che studiava i diagrammi come se avesse davvero la risposta.
L'uomo sospirò: "Purtroppo il prestigio degli Ardlay ha cominciato a incrinarsi già quando la signora ha fatto la dichiarazione della sua gravidanza ai giornali, anche se in maniera impercettibile. Successivamente, la morte di sua zia ha dato un altro duro colpo alla situazione e questo evento...".
"Questo evento potrebbe essere il gesto di un pazzo e noi ne siamo solo vittime", disse con rabbia, raggruppando i suoi documenti con gesti di stizza.
"Sono d'accordo, ma sa meglio di me come funziona nel mondo degli affari, se la sua vita è in pericolo lo sono anche gli investimenti, di conseguenza la percezione generale...".
"Lo so come funziona, Georges, non mi serve una lezione di economia!". Si rese conto di aver alzato la voce e usato un tono sgradevole quando ormai era troppo tardi e lasciò ricadere i fogli sulla scrivania. Si sparpagliarono con un fruscio e Albert non fece nulla per riordinarli. "Scusami, mi dispiace, sono solo un po' teso". Si accasciò sulla poltrona e chiuse gli occhi.
"Non si preoccupi, signor William, lo comprendo bene. Mi consente di darle un consiglio?".
Riaprì gli occhi: non avevano notizie delle indagini private che avevano avviato, Lilian era sempre più nervosa e a lui sembrava di vivere tra la banca e l'ufficio di casa sua interrompendosi solo per dormire e mangiare. Avrebbe dato un braccio per qualche giorno lontano da tutto e da tutti.
"Qualunque cosa, pur di spezzare questo vortice che ci sta risucchiando". Allargò le braccia, con un sorriso mesto.
"Organizzi un ballo di beneficenza per la festa di Halloween. Non trattandosi di un evento del tutto mondano, sarà in linea con il periodo di lutto che sta osservando e l'aiuterà a mostrare che, nonostante tutto, le cose sono ancora fiorenti".
Albert si accigliò, credendo di non aver capito bene: "Una festa con le indagini della polizia ancora in corso?".
"Purtroppo sa bene che la polizia sta brancolando nel buio e che persino il detective che ho assunto non mi ha dato alcuna nuova... siamo in un periodo di calma e possiamo aumentare la sorveglianza senza dare nell'occhio. Non può fare che bene, in questo momento".
Inarcando un sopracciglio e scuotendo la testa, Albert si alzò dalla poltrona e si passò la mano tra i capelli: "Se devo esserti sincero, Georges, preferisco indire una riunione straordinaria con i membri del clan, che mettermi in ghingheri e ciarlare tutta la sera con gente che avrò visto a malapena una volta nella vita...".
Lui fece un mezzo sorriso sotto ai baffi impeccabili: "A livello strategico è molto più d'effetto un ricevimento discreto che vuole onorare la memoria della signora Elroy e gli intenti della futura matriarca, coinvolgendo nella raccolta benefica anche gli orfanotrofi dove lei presta servizio: una sorta di simbolico passaggio del testimone. E poi non è detto che debba esserci un numero considerevole di invitati. Pensavo ai Cornwell, i Brighton...". Georges finse di cercare una penna nel cassetto del tavolino al suo fianco e Albert capì. Capì che uno dei fini secondari di quel ballo poteva essere vedere Candy.
Ammutolì, trattenendo a stento un'espressione stupita.
Sorrise, scuotendo il capo stavolta con condiscendenza: "Sai una cosa, Georges? Decisamente sei molto più lucido di me. Mi aiuteresti con l'organizzazione dell'evento?".
"Non ne dubiti, signor William", rispose pronto. "Trattandosi di Halloween suggerisco una festa in maschera, tanto per cominciare".
Albert cominciò a immaginare gli invitati nascosti dietro a dei travestimenti che li avrebbero celati fino a far dubitare della loro identità. E, di nuovo, pensò a Candy. Poteva persino ballare con lei senza che nessuno insinuasse alcunché e senza che Lilian facesse altre scenate di pseudo gelosia.
"L'idea mi piace molto. Continua...", disse sedendosi con le dita intrecciate sotto al mento, i gomiti sulla scrivania e predisponendosi ad ascoltare i suggerimenti del suo amico e confidente.
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Margaret guardava il viso addormentato di Frank e si puntellò su un gomito per osservarlo meglio: non credeva che un giorno i loro ruoli si sarebbero ribaltati e che lui avrebbe preso l'iniziativa con tanta passione e audacia.
Si trattenne a stento dal delineare con un dito i lineamenti ancora giovanili del suo viso, nonostante i capelli corti brizzolati, perché non voleva svegliarlo.
Lo capiva, lo capiva molto bene: lei stessa si stava rendendo conto che nel loro piano c'erano delle falle che non erano state considerate. Forse Lilian pensava di sposarsi, impadronirsi dei soldi di William e scappare con il bambino e il suo amante. Margaret aveva creduto invece che volesse solo fargli credere che il figlio fosse suo. Con l'aiuto di Frank, con qualsiasi sotterfugio, magari approfittando di un lungo viaggio di lavoro del marito per rendere tutto più realistico.
Margaret sapeva che William Ardlay viaggiava spesso e aveva dato quasi per scontato che sarebbe potuto accadere persino a ridosso della nascita o subito dopo: ingannarlo non sarebbe stato complicato, dopotutto. Invece, William non si era rivelato come Alain, aveva preferito rimanere accanto a sua moglie per controllarla, per accertarsi che il bambino stesse bene, non sapeva quale delle due motivazioni fosse più forte.
Ma era praticamente relegato in casa con lei.
Frank si accigliò e borbottò qualcosa nel sonno, voltandosi su un fianco. Non sarebbe rimasto lì a vedere la sua carriera sbriciolarsi tra le dita, non lo avrebbe fatto nemmeno se lo avesse accolto nel suo letto ogni notte. Il suo lavoro era qualcosa cui forse teneva più di lei. Cosa poteva fare per trattenerlo e al contempo proteggerlo? E come avrebbe protetto anche Lilian?
Margaret sospirò, infilando le dita tra i lunghi capelli spettinati e sedendo sul letto, cercando la sottoveste tra le lenzuola di cotone. Tentare di salvare tutto rischiava di farle perdere il controllo di ognuna delle fila che cercava di tenere al loro posto, doveva procedere per gradi.
Consegnare Ethan alla polizia? Avrebbe significato far soffrire Lilian, ma impedirle di commettere un omicidio.
Un omicidio che, se avvenisse prima della nascita, sarebbe...
Per la prima volta da quando tutta quella storia era iniziata, Margaret comprese ancora meglio i pensieri di sua figlia: una matriarca vedova non deve dare spiegazioni, né sperare in un viaggio di lavoro del marito per far passare il figlio come suo.
Le mani le andarono alla bocca, mentre rifletteva su quella possibilità con il cuore che accelerava nel petto.
Trovare Ethan e mandarlo in galera, oppure...?
"Margaret...". La voce roca di Frank la fece sobbalzare come se avesse udito i suoi pensieri.
Il suo braccio la intrappolò contro di sé e cominciò a muoversi sul suo corpo facendole perdere del tutto il filo del proprio ragionamento. Per il momento, voleva solo concentrarsi sull'unico uomo che avesse mai amato in vita sua e che ora la stava reclamando con un ardore che mai aveva sognato.
Se fosse stato necessario, lo avrebbe trattenuto accanto a sé con ogni mezzo. Anche a costo di rivelare segreti che aveva seppellito nel cuore da tanto tempo.
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Farlo cadere dalle scale. Piantargli nel ventre un coltello da cucina. Usare quello che avevano in casa per avvelenarlo lei stessa. Lilian stava ripassando con frenesia tutte le possibilità, camminando da un lato all'altro della stanza, avvertendo a ogni ipotesi una fitta allo stomaco.
Ucciderlo a sangue freddo non era affatto nei suoi piani e a dirla tutta era qualcosa di ripugnante in ogni caso,
ti dispiace, ne soffriresti
ma non aveva alternative. Ethan aveva ragione: sperare che William si bevesse la storia del bambino prematuro, specie ora che stava a contatto con lei ventiquattrore su ventiquattro, era impensabile.
Doveva studiare bene il metodo più pulito che non destasse sospetti: forse quello di farlo inciampare su una scala non era male, ma se fosse sopravvissuto sarebbe stato un grosso problema. Costringerlo ad arrampicarsi su un albero del giardino con una scusa, magari prendendolo in giro per quell'abitudine così poco ortodossa? Farlo prima ubriacare parlandogli di Candy sperando che lui perdesse il controllo? Oppure...
"Lilian, dobbiamo parlare". La sua voce dietro alla porta, accompagnata da un bussare impaziente, la spaventarono a morte.
"Sì... entra pure!", disse passandosi una mano sul viso: stava sudando e aveva il respiro affannato. Inoltre, le parve di sentire l'eco di una contrazione in arrivo e si costrinse a sedersi e a rilassarsi.
"Che hai, non ti senti bene?", le domandò subito lui quando fu entrato, richiudendosi la porta alle spalle.
"Ho solo... le caviglie un po' gonfie", mentì allungando le gambe sul letto e drappeggiandosi addosso le coperte anche se aveva caldo. Il fatto che dormissero in stanze separate si stava rivelando un vantaggio enorme: William non poteva notare il suo ventre che a breve sarebbe entrato nel nono mese.
"Se vuoi chiamo la cameriera e ti faccio fare un massaggio o preparare un bagno caldo", propose prendendo una sedia e sedendovi al contrario come un ragazzino, le braccia piegate sulla spalliera e il mento poggiato sopra.
Accoltellarlo... farlo precipitare da una scalinata... avvelenarlo...
Lilian rimase a fissare il viso quasi perfetto, i lineamenti cesellati sulle guance un poco scavate, i profondi occhi azzurri che avrebbero mozzato il fiato persino a una donna di mezza età e si sentì persa. No, non avrebbe mai avuto tanto coraggio. Non se l'avesse guardato ancora.
Distolse i propri occhi, odiandosi: "No, non ce n'è bisogno, mi basta stare un po' a riposo e mi passa".
"In realtà dovresti fare movimento per favorire la circolazione sanguigna. In Africa...".
"Non dovevi dirmi qualcosa d'importante?", lo interruppe. Non avrebbe sopportato una lezione di medicina da William, soprattutto se mirava al suo benessere. Preferiva essere arrabbiata con lui e qualcosa le diceva che stava per darle un motivo più che valido.
"Come vuoi... sono venuto a dirti che a fine mese organizzerò un ballo in maschera nella villa principale per beneficenza e i proventi andranno agli orfanotrofi dove abbiamo prestato aiuto in questi mesi. Sarà un ricevimento molto discreto, visto il lutto, e...".
"Vuoi scherzare?!", si volse a guardarlo di nuovo e, per fortuna, era abbastanza arrabbiata da smettere di soffermarsi su particolari sui quali non avrebbe dovuto.
"Non sto affatto scherzando". Raddrizzò la schiena e l'espressione s'indurì.
Questo è molto meno pericoloso di quando sceglie nei negozi i vestiti per il bambino o si preoccupa per il mio benessere.
"Se non lo avessi notato, caro, sono visibilmente incinta e un ballo non è la cosa più comoda, per me...".
"Non dovresti certo ballare tutta la sera! Gli invitati capiranno...".
"...e poi da che dovrei vestirmi, io?! Da mappamondo o da pallone aerostatico?", sbottò.
Non era affatto preparata alla reazione di lui e, se avesse potuto, si sarebbe rimangiata quelle battute: William si portò una mano alla fronte e cominciò a ridacchiare. Poi a ridere davvero e persino di cuore. E meno male che preferiva litigare.
Quando ride, sembra che l'intera stanza si illumini...
Lilian sentì, peggio che mai, che la visione di lui in preda all'ilarità la stava facendo arrossire e voltò ancora il capo.
"Santo Cielo, Lilian, non credevo che un giorno mi avresti fatto ridere, lo sai?".
Inaspettatamente, in gola le si strinse un nodo così forte che gli occhi si inumidirono quasi subito. Perché aveva voglia di piangere? Perché era felice che William la trattasse come un essere umano e non come il semplice involucro del bambino? Perché si stava illudendo che un giorno lontano, forse, avrebbe potuto amarla?
Pensa a Ethan! Lui è quello che ti ama e tu ami lui! Non distrarti!
"Ero seria", disse con la voce più ferma che le uscì. "Sarò ridicola".
Lo udì alzarsi e spostare la sedia: "No, che non lo sarai. Sei una donna incinta e puoi semplicemente indossare un vestito che si adatti alla tua condizione, magari del secolo scorso. Dovresti tenere di più alla tua gravidanza e... a tuo figlio".
Lilian spalancò gli occhi e si girò per fronteggiarlo, guardandolo dal basso verso l'alto: "Credi che non lo faccia?".
Lui fece un'espressione stranita: "A volte mi sembra che tu non stia per diventare madre e che mal sopporti il tuo stato".
Rimase basita, riflettendo per la prima volta su quelle parole: il bambino era sempre stato un mezzo per avere William al suo fianco, con tutti i vantaggi che questo avrebbe portato, e rappresentava il legame indissolubile tra lei e Ethan.
Ma lei era innanzitutto sua madre.
"Non è vero", buttò lì come uno scudo. Era più confusa di prima. Il termine che si avvicinava. Ethan. William. Il suo bambino.
Il mio... bambino...
La fitta che arrivò al ventre fu quasi il segnale di quella creatura che volesse sottolineare le parole appena dette da suo marito. Chiuse gli occhi, soffocando un gemito di dolore e il letto si abbassò dal suo lato.
"Va bene, scusa, respira e calmati ora". La voce carezzevole, il suo alito caldo che le arrivava sul collo. Lilian smise di pensare e seguì l'istinto, voltandosi per incontrare il suo viso.
Così diverso... oh, così diverso da quello di Ethan! Eppure...
Alzò una mano sulla sua guancia e pose le labbra sulle sue. Non fu il bacio arrogante che gli aveva rubato durante la festa di fidanzamento, ma una carezza leggera pregna di quei sentimenti che stava cercando di scacciare a forza dal proprio cuore.
Il fatto che William rimanesse pietrificato non la stupì, lei stessa si ritrasse dopo pochi istanti come se si fosse scottata, abbassando il capo con aria colpevole.
"Io...".
"Chiamo la tua cameriera. Fai un bagno caldo prima di cena", disse in tono più freddo. Il letto si mosse, il peso di William scomparve e la porta si richiuse con un rumore discreto.
Lilian si portò le mani al viso, maledicendosi per la propria debolezza. Davvero c'entravano suo padre e la sua sofferenza di bambina in quel sentimento che la sconvolgeva tanto?
Non ne era più tanto sicura. Non lo era affatto.
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"Qual è la prossima mossa?", chiese Ethan al suo compagno di stanza, strofinando le mani gelide davanti alla stufa, senza riuscire a scaldarle.
"Uno dei trafficanti di droga più attivi dello Stato ha bisogno di cambiare aria e vuole arrivare in Sudamerica. Serve un po' della tua pozione magica speciale".
"Quanto?".
"Cento bigliettoni se gli procuriamo anche un medico che lo riporti in vita".
Ethan emise un fischio, sporgendosi tanto dalla sedia che pensò si sarebbe ustionato prima ancora di riuscire a scaldarsi. "Se gliene scuci almeno centocinquanta ti compro una stufa nuova. Questa fa schifo".
"Non credo che dipenda dalla stufa", ribatté Oliver accennando con il mento alla finestra rotta sul tetto.
Voleva una soffitta e l'aveva avuta, grazie al suo amico, ma le finestre rotte a quanto pareva erano una costante di cui non si sarebbe liberato. Il vento aveva strappato il pezzo di stoffa che avevano arrangiato insieme sull'apertura e il risultato era un freddo gelido.
"Sai che a quel poveraccio ho raccontato che mi chiamavo come te?", disse ridendo, cominciando a soffiare l'alito sulle mani per scaldarle.
"Beh, grazie tante!", grugnì in risposta. "Spero solo che tu non voglia far fuori anche me!".
"Certo che no, tu sei il prezioso collegamento con i miei clienti, andrebbe contro i miei stessi interessi! Senza contare che non ti conviene tradirmi o ricattarmi, perché la tua percentuale sarebbe la prima a morire".
Lui si alzò facendo un rumore forte con la sedia: "Grazie per tanta dimostrazione di umanità, amico. Ma se non compriamo qualcosa da mangiare, a ucciderci sarà l'inedia. Hai un po' di soldi?".
Ethan si frugò nelle tasche della giacca logora, traendone alcuni penny e porgendoli all'amico: "Fatteli bastare, il resto mi serve per gli ingredienti della... pozione", concluse in tono suggestivo.
"Agli ordini, mio stregone!", ridacchiò Oliver portandosi due dita alla fronte e uscendo.
Ethan lanciò di nuovo uno sguardo al giornale che giaceva sul letto sotto la finestra, nel quale nessuno dei due riusciva a dormire senza congelare, preferendo il pavimento a ridosso della vecchia stufa. Nella sua mente stava cominciando a prendere forma il piano perfetto per intrufolarsi a villa Ardlay durante la festa in maschera annunciata per fine mese e incontrare Lilian per darle il veleno. L'unico scoglio da superare sarebbe stata la sicurezza, di certo massima in quel frangente. Nonostante i travestimenti, gli invitati avrebbero di certo dovuto presentarsi e lui doveva trovare un'identità valida. Oppure eludere la sorveglianza.
Quel dilemma gli stava togliendo il sonno.
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L'uomo tremava tanto che Walker pensò stesse per morire d'ipotermia. La prima neve leggera aveva fatto la sua comparsa a Chicago e neanche il locale riscaldato sembrava farlo sentire meglio. Sperava solo che nessun poliziotto zelante avesse intenzione di fare irruzione in quella bettola dimenticata da Dio proprio quel giorno, o ci sarebbe stato da ridere.
Poteva vederlo, il commissario che aveva incontrato nello scantinato, che cercava di piantargli gli occhi nei propri protendendosi dalla sua bassa statura: "Ti farò sputare la parola d'ordine per ordinare alcoolici a suon di pedate nel sedere, Walker!".
Tentò di scacciare quell'immagine fin troppo vivida dalla mente e si rivolse al poveraccio davanti a sé: "Un sorso di whisky potrebbe aiutarti", suggerì accennando al suo bicchiere ancora pieno. La taverna era una delle poche che ancora serviva liquori che non facessero marcire le budella all'istante. Almeno fino all'ultima volta che c'era stato.
Un bel giorno, anche io dovrò occuparmi di mettermi dal lato giusto della legge...
Il barbone alzò su di lui un viso magro e spaurito, segnato dalla barba e dalla malattia, e lui capì che non era il freddo a farlo tremare, ma il terrore.
"Il mio amico non mi ha raccontato niente!", ripeté facendogli salire la bile fino in gola. Era riuscito a strappargli a fatica dalla bocca sdentata che conosceva la vittima dello scantinato, ma si ostinava a negare un suo coinvolgimento in vicende poco pulite.
Walker prese un lungo tiro dalla sua pipa, traendone calore e conforto al contempo: "Sai, tutti abbiamo avuto un amico a cui eravamo legati e che non volevamo mettere nei guai. Quando andavo a scuola avevo un compagno di classe che era innamorato di una ragazza già fidanzata e io non l'ho mai tradito, perché si vergognava come un matto. Ma quando lei ha lasciato l'altro ho cercato di fare da Cupido. Dopo mi ha ringraziato", disse terminando con una risata gutturale.
Il barbone lo guardò come se gli avesse parlato in una lingua a lui sconosciuta. "Ho fame".
Con un sospiro frustrato, Walker alzò un braccio per chiamare il cameriere: gli chiese di portare dei sandwich e una fetta di torta e attese che il poveraccio si sfamasse come se non vedesse tanto cibo tutto insieme da quando era nato. Cosa che forse era vera. Più che masticare, visti i pochi denti rimasti, gli parve che fagocitasse quello che aveva davanti come facevano gli struzzi che aveva visto una volta allo zoo e ne fu disgustato.
La sua pazienza fu premiata quando, infine, scolò il whisky emettendo un rutto sonoro: "John era uno dei suoi informatori".
"Di chi?!", sbottò protendendosi verso di lui senza più traccia di autocontrollo.
Forse perché era ubriaco, o forse perché era sazio, l'uomo emaciato finalmente parlò: "Di Oliver, quello che maneggia le droghe. È uno dei fornitori più prolifici della città, sa? Sono sicuro che l'ha ucciso lui".
A Walker non interessava che ci fosse un probabile omicida seriale di barboni di cui avrebbe dovuto informare la polizia di Stato, né che il nome fosse diverso da quello indicato da Margaret Rousseau.
Aveva trovato il suo uomo.
