Grazie dei commenti a Charlotte, Ericka Larios, Cla1969, Eydie Chong, MariaGpe22: Frank la forza di volontà l'ha persa da anni e Albert sembra davvero al centro di una tempesta di gente senza scrupoli. Lilian sembra davvero attratta da lui e non solo per l'aspetto fisico. Frank di certo è sottomesso da Margaret, ma abbiamo capito che è un debole. E mentre qualcuno si chiede se di Walker ci si possa davvero fidare, ecco che arriva il ballo in maschera: ci sarà un po' di dolcezza o solo scherzetti sinistri, visto che sono tutti mascherati? Si rivedranno Candy e Albert? Sarà un'occasione per smascherare la pignatta... ehm... la mongolfiera... ehm... volevo dire Lilian? Lo scoprirete leggendo!
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Ora devo vivere da solo, senza te
Ora devo scegliere di vivere
È passato poco tempo, ma dovunque sia tu
Ricordati che io non piango
Non piango più
E intanto il mondo sta crescendo senza me
E piano piano questo mondo mi abbandona
Ma quando tornerò a volare non ci sarai tu
Ricordati che io non piango
Non piango più
Devo nascondere tutto in me
Giro le pagine al futuro quando c'è
Non è più il momento di scappare quando verrai tu
Sparami e prendimi, ma io non piango più
Intanto esplode il mondo dentro e non ci sei
Non c'è un abbraccio che stavolta mi consola
E quando arriverà il finale non ci sarai tu
Ricordati che io non piango
Non piango più
(Non piango più - Enrico Ruggeri)
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Festa in maschera
"Ci ho ripensato", sbottò Candy davanti allo specchio dove la sua immagine avvolta in un abito nero pieno di balze e merletti, fin troppo attillato per i suoi gusti, le urlava a gran voce che aveva decisamente sbagliato.
"Ma Candy, ragiona! Non avrai altre occasioni per vederlo, non volevi accertarti che stesse bene? Perché continui a fuggire da lui?", le domandò Annie avvolta nel suo vestito vaporoso da dama francese del Settecento. Con la parrucca in testa sembrava davvero provenire dalle corte di Maria Antonietta.
"Davvero devo spiegartelo di nuovo?!", disse frustrata, togliendosi il ridicolo berretto con quelle che dovevano essere le orecchie della donna pipistrello.
"È perché ti vergogni di mostrarti con quel cappellino, vero?", rise lei.
"Annie...".
"Va bene, va bene, scusa. Ma se vuoi rimanere in America devi imparare a vederlo quando si rende necessario senza uscire fuori di testa. Lo capisci, vero?".
Candy abbassò le braccia con cui si stava togliendo le fastidiose forcine che le tenevano i capelli in una crocchia, priva di ogni energia. "Lo so, ma è troppo...".
"E smettila di dire che è troppo presto! Più rimandi, peggio sarà".
Si volse verso di lei e seppe, ancora una volta, che aveva ragione. Quando aveva ricevuto quell'invito alla festa di Halloween aveva creduto prima a uno scherzo, poi a un errore. Ora sapeva che era l'ennesima prova cui si doveva sottoporre, o tanto valeva interrompere i lavori che erano già iniziati per la costruzione della clinica e tornarsene in Francia.
Si ricordò di un bambino della Casa di Pony che aveva paura dell'acqua e che un giorno aveva lei stessa costretto quasi con la forza a immergersi nel lago, standogli vicino e aiutandolo a superare le sue paure. Nel giro di pochi mesi era diventato un nuotatore provetto. Certo, non era la stessa cosa che con Albert, ma il principio era il medesimo.
"Scordati che mi rimetta quell'affare in testa e lascia che indossi una maschera che mi copra tutto il viso. Non voglio che si notino troppo le mie espressioni".
Annie le sorrise e cominciò ad aiutarla con le forcine, mentre lei faceva smorfie infastidite ogni volta che le tirava una ciocca.
"Vorrà dire che trasformeremo la donna pipistrello in strega, forse ho anche un cappello adatto sotto al quale puoi mettere i capelli senza tirarli troppo. Il mantello però lo lascerei...".
Annie parlava, spiegandole le varie fasi della vestizione che aveva in mente per lei e Candy non poté fare a meno di pensare a quando Albert l'aveva soprannominata 'streghetta' in una delle sue lettere. Tutto tornava come in un circolo vizioso e crudele, pugnalandola senza pietà: stavolta, però, non aveva alcun incantesimo per indurlo a stare con lei quando fosse stato il suo compleanno.
Candy pensò che non voleva essere riconosciuta, soprattutto da lui, e fece di tutto per camuffarsi: la maschera, nera come l'abito con rifiniture viola a contrasto, celava le sue lentiggini e le guance, lasciandole scoperti solo la bocca e il mento. Se Albert non l'avesse guardata direttamente negli occhi e nessun ricciolo fosse sfuggito da sotto il cappello a punta, forse se la sarebbe cavata.
Certo, Candy, credici... ti vedrà arrivare con Archie e Annie e lo capirà subito. A meno che non riconosca nemmeno loro...
La sua unica speranza era che non notasse il loro arrivo tutti insieme e non le chiedesse di ballare. Si sarebbe tenuta ben lontana dal patriarca e sua moglie, danzando con qualcuno che non la conoscesse e non le chiedesse chi fosse.
Quando Archie bussò e Annie lo fece entrare, si rilassò e quasi scoppiò a ridere.
"Cosa c'è di tanto divertente?", si accigliò lui.
"Scusa, Archie, è che non ti ci vedo proprio come un diavolo, anche se devo riconoscere che il rosso scuro ti dona".
"Io ti trovo bellissimo", sospirò Annie e il viso di lui si tinse della stessa tonalità dei pantaloni e del panciotto.
L'amico scosse la testa e si mise in faccia una maschera spaventosa, con tanto di ghigno e corna che fece indietreggiare la fidanzata con un gridolino: "Mi dispiace, ragazze, ma a quanto pare il ballo è in maschera perché il fine ultimo sarà quello di svelare gli invitati solo allo scoccare della mezzanotte. Le donazioni dovranno essere lasciate in forma anonima".
"Oh, ma è perfetto!", quasi saltò su Candy, guadagnandosi un'occhiataccia da parte di Annie.
"Candy, non vuoi che ti riconosca fino a mezzanotte?!", la rimproverò.
"Beh, se questa è la regola!". Allargò le braccia, evitando di dirle che lei si sarebbe defilata ben prima della mezzanotte. Anche se aveva organizzato il suo trasferimento da casa Brighton nel suo nuovo appartamento entro qualche giorno, poteva rifugiarsi lì già a partire da quella sera, così i suoi amici non sarebbero stati legati al suo desiderio di andarsene prima.
D'altronde, aveva già una stufa e il caminetto era pronto per essere usato, quindi non sarebbe morta di freddo: bastava lasciare loro un messaggio, cercare una carrozza e...
"Posso vedere le rotelle del tuo cervellino lavorare da qui", disse Archie con gli occhi socchiusi.
"Non dire sciocchezze, diavoletto!", lo prese in giro cercando di usare un tono neutro.
"Non pensare neanche di fuggire, perché la nostra carrozza verrà a prenderci all'una esatta del mattino!", le ricordò Annie afferrando un ventaglio con le piume.
Candy finse di ricordarsene solo in quel momento, ma dalle occhiate dei due fidanzati capì che il suo bluff non era stato efficace.
"Allora, mie belle dame, accettate le braccia di un demone per andare al ballo?", si offrì allungandole perché ne afferrassero una a testa. "I miei genitori ci stanno aspettando nell'altra carrozza e, Annie, ho visto i tuoi uscire quando sono arrivato. Siamo in ritardo".
"Ti seguirei fino all'Inferno", mormorò Annie arrossendo e provocando di nuovo la medesima reazione in lui.
Mentre sorrideva di fronte alle manifestazioni di affetto dei suoi due amici e accettava volentieri il braccio di Archie, Candy capì di essere diretta in un luogo molto simile anche lei.
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Lilian sbuffò, mentre la sua cameriera le sistemava i capelli per ricreare un'acconciatura che richiamasse al secolo precedente. L'abito stile impero e era molto bello, nella sua tonalità preferita tendente al rosa antico, ma era davvero troppo ampio e si sollevava inesorabile sulla parte anteriore dove il ventre spingeva, libero dal corsetto. Sperava solo che gli strati di tessuto camuffassero il reale tempo della gravidanza.
"Mi stai tirando i capelli!", si lamentò.
"Mi dispiace, signora, ma la treccia...".
"Potresti lasciarla ricadere dietro la schiena e basta!", propose con un gemito di disappunto. Pensava che il cuoio capelluto avrebbe sanguinato, se avesse tirato ancora un po'.
"La treccia deve essere riportata in alto e lasciare sciolti solo i capelli sottostanti, era così che andava di moda", spiegò la donna con pazienza.
"Al diavolo la moda!", esplose accigliandosi.
Non aveva alcuna voglia di partecipare a quel ricevimento e non aveva voglia di vedere suo marito ballare con altre dame. Non voleva sentirsi gelosa e, diamine, doveva solo concentrarsi sulla possibilità di procedere con il suo piano proprio quella sera.
Potrei intrufolarmi in cucina e cercare un coltello abbastanza lungo e sottile da piantargli nel ventre più tardi, quando saremo soli. Mi allontanerò e chiederò aiuto, simulando l'aggressione di un uomo entrato dalla finestra...
Un bussare discreto la distolse dai suoi pensieri: "Avanti!".
Quando William entrò nella stanza, Lilian pensò che le retine si sarebbero semplicemente bruciate, ancor più di quando lo aveva visto nudo, la notte in cui era entrata nella sua camera. Allora era ancora così innamorata di Ethan che la sua attrazione era stata solo fisica, ma oggi che lo conosceva meglio sentiva che vedere il suo attuale marito stretto in quel vestito ottocentesco che metteva in risalto la figura atletica sarebbe stata la sua rovina.
Dio l'aiutasse, voleva solo abbracciarlo e sfilargli quella marsina nera su misura, la camicia frappé candida per poi passare ai pantaloni color crema che mettevano in risalto le gambe tornite da cui partivano gli stivali. Aveva persino un frustino in mano e Lilian pensò che, più che per andare a cavalcare in una giornata del 1800, sembrava pronto per essere... cavalcato. Persino il cilindro gli conferiva un'aria elegante e austera che le seccava la bocca.
Fare l'amore con lui e poi ucciderlo come una mantide religiosa...
"Sei pronta? Molti invitati sono già arrivati e si chiedono dove siamo".
Lilian si accorse di avere la bocca aperta e che la cameriera aveva smesso di acconciarle i capelli. La richiuse di scatto e fissò la donna dallo specchio: "Sono pronta", disse ricontrollandosi. "Come sto?".
"Molto bene", rispose lui con tono pratico e l'apprezzamento che voleva fargli, e che era sicura avesse subodorato dall'espressione quasi ebete di poco prima, le morì sulle labbra.
"Grazie. Scendiamo, dunque". Si agganciò al suo braccio e cominciò a scendere le scale.
Spingerlo quando a malapena riesco a scendere con l'ingombro del mio ventre e dell'abito che indosso. E rischiando di non ucciderlo ma di farlo fuggire da me.
Il ragionamento aveva senso e non aveva nulla a che vedere con ciò che, giorno dopo giorno, mese dopo mese, le stava crescendo nel cuore pur se tentava d'ignorarlo o relegarlo a capriccio.
Davvero nulla a che vedere.
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Albert aveva cercato per ore di capire chi potesse essere Candy, ma o non si era presentata affatto, o si stava nascondendo abilmente da lui. Aveva ballato un paio di volte con Lilian, lasciando quindi che sedesse, per poi passare a una donna abbigliata come un'infermiera che gli aveva fatto fermare il cuore per pochi istanti e a un'altra che sembrava provenire direttamente dai tempi di Maria Antonietta di Francia.
Ma nessuna di loro aveva tremato fra le sue braccia, nessuna gli aveva trasmesso il brivido che solo il profumo di lei poteva suscitargli.
Una dama con una lunga treccia adagiata sul lato della spalla gli passò accanto mentre attaccava l'ennesimo valzer e, d'istinto, la invitò a ballare: dovette mantenere tutto il proprio autocontrollo quando si rese conto che era vestita da Giulietta.
Questo abito... somiglia in modo sorprendente a quello che le avevo inviato il giorno della Festa di Maggio, quando eravamo a Londra!
Era rosso con merletti bianchi sull'ampia scollatura, i medesimi della gonna. Anche la maschera ne riprendeva il colore, con qualche vezzo dorato. Deglutendo a secco, Albert notò che persino l'altezza sembrava quella di Candy, visto che gli arrivava al petto, poco più su del punto in cui il cuore pulsava al ritmo di un tamburo africano.
Giulietta dovette accorgersi della sua analisi, perché arrossì in maniera vistosa e abbassò gli occhi, come fosse in imbarazzo.
"Mi spiace, mi rendo conto che non sono Romeo", disse per rompere il ghiaccio. Poi si gettò: "Sa, una volta ho conosciuto una ragazza che ha indossato sia un abito da Giulietta che uno da Romeo alla stessa festa, e nessuno dei presenti è riuscito a riconoscerla dopo il cambio".
Studiò attentamente l'espressione di stupore della donna che, si rese conto solo in quel momento, aveva gli occhi castano chiaro. Scoppiò a ridacchiare e quella fu la conferma definitiva che non fosse Candy. Frustrato, approfittò del cambio di dama durante un giro e notò una strega rifiutare il cavaliere e sedersi in fondo alla sala. Ebbe appena il tempo di accorgersi del gesto stizzito dell'uomo, vestito da Napoleone, che venne letteralmente artigliato da una donna la quale, non fosse stato per l'abito completamente diverso, avrebbe giurato fosse Lilian che tentava di adescarlo.
Non capì bene a che periodo risalisse quel vestito, ma fu quasi certo del tipo di uso che ne facesse il personaggio che impersonava la rossa: il corpetto era talmente stretto che Albert si chiese come facesse a respirare e il seno era strizzato a forza in una scollatura che gli fece dubitare di averla messa tra gli invitati e che fosse, invece, una specie di infiltrata.
"Finalmente posso ballare con il famoso patriarca e deliziarmi persino del suo volto privo di maschera. Mi lasci dire che sarebbe stato un grande peccato nasconderlo". La voce, vagamente roca, gli suggeriva che fosse una di quelle donne che sperimentavano il femminismo con abitudini poco sane come il fumo. E forse anche con comportamenti che richiamavano a una libertà ben diversa da quella rappresentata da un mestiere.
Come ad esempio fare l'infermiera...
Disgustato dal suo tentativo di stringersi addosso a lui mentre ballavano, Albert si fermò: "Mi scusi, ma sto cercando una persona".
"Ma il cambio non è ancora...".
"Credo che la stiano cercando", le indicò con un gesto del mento il Napoleone che la strega aveva rifiutato e cercò di raggiungerla, perché solleticava la sua curiosità con quel comportamento sfuggente.
L'uomo sembrava così felice di ricevere una dama come lei, che gli rivolse uno sguardo pieno di gratitudine... e si beccò un altro due di picche.
"Permesso? Scusate...", tentò di farsi strada tra le coppie. La donna seduta in fondo alla sala alzò il volto, come se avesse sentito la sua voce, e si incamminò con un gesto repentino, allontanandosi verso il buffet delle bevande. Albert approfittò di un cameriere che stava passando con dei calici e ne prese un paio, senza perdere di vista la strega.
Stava quasi per raggiungerla quando la musica cessò e l'orchestra si sciolse momentaneamente per rifocillarsi. Con che scusa poteva avvicinarla? Sentendosi sciocco come un adolescente invaghito, guardò i bicchieri che aveva in mano e la accostò porgendogliene uno: niente di più facile.
Lei lo guardò appena, ringraziandolo con un cenno del capo, quasi temesse che parlando si sarebbe scoperta
Ci sei tu, lì dietro, mia piccola streghetta?
e non fece neanche in tempo a guardarla negli occhi per capire di che colore fossero. Bevve appena un sorso dal bicchiere e lo abbandonò sul tavolo, lo sguardo sempre basso, quindi si congedò con un altro piccolo cenno, allontanandosi verso le toilette delle signore.
Dove, ovviamente, non avrebbe potuto seguirla.
Frustrato, prese in mano il bicchiere che lei aveva lasciato e lo accostò alle labbra, poco al di sotto delle narici, quasi stesse cercando di cogliere l'aroma di Candy. Come si era ridotto, per l'amor del cielo?
Sono solo un folle, ecco cosa sono diventato!
"Eccellente, vero?", disse un uomo accanto a lui, facendoglielo quasi versare.
"Cosa?", chiese voltandosi per guardarlo: aveva un lungo cilindro e sembrava proprio uno dei membri anziani del clan.
"Lo champagne, è ovvio, vedo che ne ha presi ben due calici", disse indicandoli con il proprio.
"Oh, sì... è molto gradevole", tentò di sorridere e di mantenere la compostezza che lo contraddistingueva.
"Si colgono tutti i sentori fruttati di questo eccellente Dom Perignon, davvero un'ottima scelta". Bevve un sorso e fece schioccare le labbra. "Dica un po', William, non sarebbe ora di farsi sentire dagli invitati? Mi pare che questo ballo in maschera sia un po' sottotono".
Sì, era proprio uno degli anziani e se la voce e l'atteggiamento non lo ingannavano, dietro la maschera rigorosamente nera si celava Mc Allen.
Con un sospiro frustrato, Albert tornò dove era seduta Lilian, alzò il calice, sbatté contro il bordo una posata per attirare l'attenzione e si dispose a fare il discorso di metà serata.
"Un attimo di attenzione, gentili ospiti! Vi ricordo che il ballo che ho organizzato stasera si svolge in memoria di mia zia Elroy Ardlay, nonché in onore di mia moglie, che a breve sarà presentata come nuova matriarca". Le porse un braccio per alzarsi e lei fece un elegante inchino. "Vi ricordo inoltre che nello studio alle mie spalle i miei collaboratori raccoglieranno le vostre promesse di donazione ad alcuni orfanotrofi di Chicago e che potrete farlo fino a poco prima della mezzanotte, quando abbasserete le maschere per rivelare le vostre identità. Fino ad allora, vi prego di godervi la serata e il buffet, evitando di cercare pretesti per scoprirle in anticipo".
Escludendo me...
Qualcuno rise, altri alzarono a loro volta i calici. Un uomo vestito da Pierrot senza maschera, ma con tanto cerone da fare invidia a un'intera compagnia teatrale e con le lacrime nere dipinte, si recò nella stanza che aveva indicato, seguito poco dopo dalla dama abbigliata da strega.
Pensa dunque di nascondersi lì a lungo?
Con passi lenti, tornò al suo posto accanto a Lilian, continuando a osservare con attenzione la porta dello studio, in attesa che la donna ne uscisse.
"Lei non c'è?". La voce di sua moglie lo fece sentire scoperto e persino colpevole, quindi si costrinse a fingere indifferenza.
Abbassò lo sguardo su Lilian, il cui viso assieme al proprio era l'unico a non avere maschere quella sera, e rispose: "Non lo so". Tutto sommato, era la verità.
"L'ami ancora, vero?". Lilian si alzò lentamente in piedi per non farsi udire dagli altri.
"Non è il momento, né il luogo per parlarne. E comunque non ha importanza".
Quella risposta non parve piacere a sua moglie, che strinse tanto forte la mascella da mostrargli i tendini del collo. Possibile che dietro a quei momenti di debolezza, dietro a quella richiesta di abbracciarla e al suo più recente bacio ci fosse davvero una sorta di amore? Non che quel particolare cambiasse le cose, ma almeno gli avrebbe chiarito dei lati oscuri del suo carattere che faticava ad afferrare.
Questa donna ama solo i tuoi soldi e forse sta tentando di tenerti al suo fianco per evitare che tu la ripudi quando scoprirai la verità.
Quell'auto ammonimento non gli impedì di continuare a prestare attenzione a ciò che gli accadeva intorno: la donna vestita da strega era appena uscita dalla stanza e lui si trattenne a stento dal precipitarsi dentro per chiedere a nome di chi avesse fatto la donazione.
Lo avrebbe scoperto da solo e lo avrebbe scoperto in quel momento.
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Candy sentì gli occhi su di sé come se la stesse toccando e cercò di allontanarsi a passo svelto: aveva chiesto agli uomini di fiducia di Albert se ci fosse un'uscita secondaria e loro avevano fatto una faccia così stupita, mentre scuotevano la testa, che si era morsa la lingua. Aveva persino adocchiato una finestra, ma naturalmente sarebbe stato impossibile scavalcarla davanti ad altri senza una spiegazione plausibile.
Sono una strega e sto per volare via sulla mia scopa!
Quasi rise di se stessa di quei pensieri assurdi: non le era mai capitato di desiderare così tanto allontanarsi da Albert.
Non era stato facile stargli così vicina senza poter fare nulla, tentando di non mostrargli reazioni sospette, fingendo persino indifferenza. Quando l'aveva seguita porgendogli il bicchiere, l'istinto di saltargli al collo come aveva sempre fatto era stato quasi insopprimibile e aveva dovuto tendere tutti i muscoli per prendere solo il bicchiere che gli porgeva impedendo al corpo di fare ciò che il cuore anelava.
L'orchestra aveva ricominciato a suonare proprio poco dopo che era uscita dalla stanza dove aveva lasciato la propria promessa di donazione, quindi non riuscì a raggiungere la parte più remota della sala in tempo.
"Mi permette questo ballo?". La voce dell'uomo che amava, avvolto in quel costume di un secolo prima, la paralizzò sul posto. Se avesse rifiutato, si sarebbe scoperta. Se avesse parlato, sarebbe stato lo stesso. Annuì quindi lentamente con un lieve sorriso, sperando che la maschera fosse sufficiente a ingannarlo. D'altronde, il bisogno di lui le stava ottenebrando i sensi e semplicemente si arrese.
Albert... oh, Albert, quanto mi mancava sentirti vicino!
"Non si preoccupi, non deve parlare se non vuole scoprirsi. Mi lasci però dire che quest'abito le dona molto". Le stava avvolgendo un braccio sul fianco per iniziare il valzer e lei sentì una scossa elettrica, che s'irradiò fin sul palmo dell'altra mano quando la intrecciò con la propria. Fece un altro sforzo immane per non lasciar uscire le lacrime che già le bruciavano dietro le palpebre, pregne di una nostalgia che era un coltello affilato nel cuore.
Sì... sono la tua streghetta Candy e vorrei solo lanciare un incantesimo e liberarti... liberarci, amore mio... ma è così egoista questo pensiero! C'è un bambino nel grembo di tua moglie...
"Sa, di solito gli eventi mondani non mi piacciono. Però devo dire che se si tratta di fare beneficenza li sopporto meglio". La sua voce era una carezza che accettò avidamente e il suo corpo così vicino al proprio era come il fuoco del caminetto dopo una giornata di lavoro. Il profumo, tanto familiare da stringerle un nodo in gola, le evocò le serate alla Casa Magnolia, quando rientrava e lo trovava di fronte alla tavola già apparecchiata in attesa del suo ritorno.
Sei il profumo dell'estate, il soffio gentile del vento che porta il suono lontano della tua cornamusa... oh, Albert, quanto mi sei mancato!
La stoffa del suo vestito era un sussurro appena accennato contro quella dell'abito di Albert e la musica copriva misericordiosamente il proprio respiro agitato. Tuttavia, copriva anche quello di lui e Candy desiderò poterlo udirle, così come il battito del suo cuore e il sussurro della sua voce. Voleva tutto di lui, pensò arrossendo. Ma, soprattutto, voleva che quell'istante non finisse mai.
Ballavano e Candy poté giurare che fossero soli in quella stanza, proprio come quando si erano rivisti alla lettura del testamento. Anche se ora lui taceva, il silenzio era complice e la riempiva di ricordi. L'amico, il compagno di una vita, colui che l'aveva salvata innumerevoli volte e che le aveva rubato il cuore per il resto dei suoi giorni volteggiava con lei in quel valzer che forse sarebbe stato l'ultimo per molto tempo.
Chissà se potrò mai stare di nuovo così fra le tue braccia...
Non poteva rimanere, anche se allontanarsi significava strapparsi un pezzo di cuore a mani nude. Se fosse rimasta, Albert si sarebbe accorto di tutto. Candy se ne rese conto poco prima che lui mormorasse: "Stai tremando".
S'irrigidì, interrompendo il ballo, e commise il grosso errore di alzare il viso quando lui tentò di sollevarlo, ponendole due dita gentili sotto al mento. Nei suoi occhi azzurri lesse la comprensione e Candy si tese, pronta a fuggire.
"Candy... sei tu?".
Sì, sono io e ti appartengo. Ti apparterrò per l'eternità.
Allungò le mani per spingerlo via ma lui, complice la musica che avrebbe coperto le sue parole alle orecchie altrui, la tenne più stretta, cercando di impedirle di fuggire con le mani sulle spalle. Le sue grandi, calde mani.
Perdonami, Albert. Ti amo.
"Ti prego, resta ancora un po' con me, lascia che ti tenga ancora tra le mie braccia... solo per un poco...". L'urgenza febbrile nelle sue parole contrastava con l'espressione che tentava di mantenere neutra, senza molto successo. E le ricordò il loro addio di alcuni mesi prima.
Non sarei dovuta venire qui stasera, fa ancora... così male...!
Le lacrime le salirono agli occhi e Albert spalancò i suoi, cominciando ad alzare una mano come per toccarla. La abbassò, sussultando come se si rendesse conto del proprio gesto e rimase a fissarla per lunghi istanti, nei quali tentò di sorridergli e di ricacciare indietro il pianto.
"Abbi cura di te, Albert. Devo andare!".Si era scoperta del tutto e lui aprì la bocca per dire qualcosa ma Candy, con uno strattone più deciso, si liberò dalla sua presa e, come Cenerentola, scappò via ben prima di mezzanotte.
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Oliver bagnò la pezza nella bacinella e la strizzò, stringendosi nel suo cappotto logoro prima di porla sulla fronte dell'amico incosciente. Guardò fuori dalla finestra e si disse, con una punta d'ironia, che per abbassargli la temperatura tanto sarebbe valso aprire le ante.
Avevano messo i vetri con il denaro guadagnato dall'ultima missione e si erano persino potuti permettere la famosa stufa nuova. Però Ethan si era beccato la polmonite lo stesso e fra poco sarebbe certo toccato a lui. D'altronde, non poteva abbandonarlo col rischio che morisse o era fregato anche lui.
"Lilian... Li...lian...". Il poveraccio chiamava la sua fidanzata come se potesse udirlo e poté capire come si sentisse: aveva pianificato di andarla a incontrare a una festa di beneficenza che doveva tenersi proprio quella notte a villa Ardlay, invece era bloccato lì con un febbrone da cavallo e la prospettiva di una lunga convalescenza.
Oliver si morse il labbro inferiore, guardando l'incarto con i medicinali che aveva comprato quel pomeriggio: se non avessero funzionato, non avrebbe potuto fare a meno di interpellare un medico e quello poteva rappresentare un grosso problema.
Mentre fissava fuori della finestra il cielo punteggiato di stelle, lo udì tossire e cercò di capire se si sarebbe svegliato del tutto per cercare di fargli mangiare un po' di zuppa ancora calda. Con suo grande sconcerto, lo vide tentare di alzarsi gettando via le coperte da un lato.
"Dove credi di andare?", chiese quasi divertito.
"Devo... andare da lei...", proruppe prima di avere un nuovo accesso di tosse.
Tentò di trattenerlo con le braccia e si rese conto che, nonostante la debolezza, opponeva una certa resistenza. "Ti ricordo che è il tuo rivale che devi fare fuori, non te stesso!".
"Non c'è... più tempo...". La voce era un sibilo stentato e Oliver scosse la testa.
"Ci vado io, se vuoi. Ma non ti assicuro nulla... avranno uomini della sicurezza ovunque e non ho idea di come avvicinarmi a Lilian".
Ethan lo guardò con la bocca semi aperta in cerca di aria e ricadde sul letto che gli aveva lasciato: sperava che sarebbe sopravvissuto abbastanza da guadagnare altro denaro per comprarne un altro o trasferirsi altrove.
"Tasca... impermeabile...".
Oliver annuì e si avvicinò al cappotto, che Ethan aveva lasciato appeso sulla spalliera della sedia il giorno in cui era rientrato sfinito e febbricitante. Infilò la mano nella tasca destra e trovò la boccetta. L'amico annuì quando gliela mostrò con il sopracciglio alzato.
"Bene, farò questo tentativo. Tu cerca di non morire mentre sono fuori o ti resusciterò io stesso per ucciderti di nuovo con le mie mani. Intesi?". Gli scoccò un'occhiata in tralice mentre infilava il proprio cappotto e lo vide alzare un pollice, segno che aveva compreso.
Mentre si dirigeva a villa Ardlay, Oliver sperò ardentemente di non farsi uccidere lui.
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Lilian non aveva voglia di discutere o litigare con William, anche perché non aveva fatto altro che ballare con alcune dame come si conveniva all'etichetta. Lei era incinta e a disagio, quindi era corretto che il patriarca alternasse la sua presenza con altre.
Lasciando ricadere la camicia da notte di flanella sui fianchi e tirando i lunghi capelli fuori dal colletto, Lilian stirò per un attimo le membra, grata che la sua cameriera personale l'avesse almeno aiutata a sbottonare l'abito e togliere le scarpe prima di andarsene.
Quella donna vestita da strega...
Sedette sul letto, ricordando il comportamento di suo marito quando aveva ballato con lei. Alla fine, dopo aver scambiato alcune parole che non aveva potuto udire, lui l'aveva stretta per le spalle e si era quasi precipitata da loro per capire cosa stesse accadendo. Ma poi la donna era scappata via e a mezzanotte non era presente quando le maschere erano state abbassate.
Non poteva smettere di pensare al modo in cui la guardava. Era come se volesse calamitare quella donna con gli occhi, trarla a sé, spogliarla e amarla fino allo sfinimento. Quasi gli appartenesse. Lei non aveva mai ricevuto uno sguardo simile da lui, ma da Ethan sì. Tuttavia, si ritrovò a desiderare con un ardore quasi immorale che William la guardasse alla stessa maniera, facendo l'amore con lei anche solo con gli occhi.
Dopo la mezzanotte, Lilian aveva riconosciuto Archibald Cornwell e la fidanzata e si era resa conto che William aveva chiesto loro qualcosa a bassa voce.
Ne sono convinta... quella era Candy!
All'inizio di tutta quella storia, Lilian era stata preoccupata che lei potesse essere un ostacolo: dopo essersi resa conto che non era affatto come una figlioccia o una sorella per William, aveva alzato la guardia, salvo poi rilassarsi nel momento in cui lei era partita.
Ma ora, a causa di quel testamento, Candice White era tornata e chissà che in una delle sue rare uscite per andare in banca o nella villa principale dove sarebbero rimasti quella notte, William non la incontrasse segretamente. Lasciando lei da sola in quella casa lontana da Ethan. Ignorando i suoi doveri coniugali e abbandonando una moglie incinta.
Scoccò un'occhiata alla porta che la collegava con la stanza del marito, proprio come nella loro casa di periferia, e girò piano la maniglia comprendendo subito che era chiusa a chiave.
Ormai dev'essere l'abitudine...
Accostò l'orecchio alla porta, cercando di cogliere dei suoni: il suo respiro o la sua voce che pronunciava il nome della donna amata, ma le rispose il silenzio. Forse è sceso al piano di sotto, magari nel suo studio a bere e a struggersi per lei.
Perché gli uomini dovevano avere vita facile e comandare sulle donne? Perché William poteva uscire quando voleva e magari avere un'amante, mentre lei era diventata una sorta d'incubatrice dell'erede indesiderato?
Si allontanò con un gesto di stizza e fu allora che lo sentì: un rumore secco contro il vetro della propria finestra. Sbatté le palpebre, credendo che le ante esterne che non aveva ancora chiuso avessero sbattuto, ma da dietro i vetri poteva vedere le fronde dell'albero e il cielo limpido dell'autunno.
Mentre stava per distogliere gli occhi, lo vide distintamente. Un sassolino colpì di nuovo il vetro con un rumore ancora più forte del precedente, attirando tutta la sua attenzione.
Ethan!
Il pensiero di lui le fece salire nel petto un'ondata di nostalgia e Lilian afferrò il lungo scialle poggiato sulla sedia, drappeggiandoselo intorno, prima di aprire i vetri. Guardò di sotto e sul prato ben curato vide un uomo che fissava in alto.
Nonostante i mesi passati e la luce fioca dei lampioni nel cortile, capì subito che non si trattava di lui. Spaventata, fece per ritrarsi, ma poi l'uomo parlò: "No...! ...Lilian, vero?". Il mormorio era incomprensibile e qualche parola le sfuggì, perché doveva essere diviso tra la necessità di farsi udire da lei e quella di non farsi sentire da altri.
Lei si sporse un poco, per quanto glielo consentisse il ventre prominente, ma non appena aprì bocca udì una seconda voce provenire alla sua sinistra e un fascio di luce venne puntato contro lo sconosciuto: "Chi è là?!".
"Dannazione!", fece quello cominciando a correre, inseguito da una delle guardie della villa.
Lilian si portò una mano alla bocca, confusa, rendendosi conto che al piano inferiore anche William aveva spalancato la finestra e stava chiedendo cosa accadesse. Prima di essere scoperta, si affrettò a chiudere le ante, respirando pesantemente, riflettendo su chi potesse essere quell'uomo e come faceva a conoscerla.
L'ha mandato Ethan, ne sono certa! Sapeva della festa... ma perché non è venuto lui?
Non voleva scoprirsi? Stava male? O l'intruso in giardino, da dove ora provenivano le voci concitate di guardie e servitori, non aveva nulla a che fare con lui? Aveva forse perso la sua unica occasione di ricevere quanto le serviva per fuggire dalla sua gabbia dorata?
Oppressa dai dubbi e dalla stanchezza, Lilian crollò sul letto, singhiozzando e nascondendosi il volto fra le mani. Per la prima volta in vita sua, si sentì davvero sola al mondo e priva di speranze.
