Squall Leonheart
Quanto può durare un sogno?
Una vita?
Qualche anno?
Qualche mese?
O forse solo qualche minuto, qualche secondo, giusto il lasso di tempo per vedere una stella che cade e muore lontano, nel cielo?
Squall Leonheart non lo sapeva.
Ma era anche molto probabile che non gli importasse saperlo.
Il suo si era realizzato quel giorno; ma a differenza di tutti gli altri sapeva vivere senza sogni. Si era accorto che gli uomini hanno la strana tendenza ad affannarsi a realizzare quello che vogliono da una vita, ma quando ci riescono, se ne dimenticano immediatamente.
Quello che importa è cercare, non trovare.
Non corrisponde mai a quello che ti aspetti, non riesci mai a provare quello che pensavi...l'ansia dell'attesa vale mille volte la soddisfazione della riuscita.
E' per questo motivo che gli uomini, appena realizzato un sogno, iniziano a scavare nel loro animo per trovarne un altro e ricominciare l'attesa straziante ma meravigliosa.
I sogni sanno essere terribili.
E Squall, aveva capito, quando era diventato l'unico esperto di gunblade del Garden di Balamb, che forse, in fondo, sognare non serviva poi a molto.
Tutto questo, comunque, non spiegava il perchè, al passaggio di quella stella, aveva cercato di salvarne lo spirito e aveva espresso il suo desiderio, ridammi un sogno...
La stella era passata, gli aveva ammiccato, forse lo spirito era salvo e cercava un sogno da regalargli. La sua umanità lo aveva ingannato...e si era trovato a desiderare un sogno. Che rimpiazzasse quello di diventare Seed, che gli permettesse di trovare un altro significato per la sua vita...vuota.
O forse era stato il vino ad annebbiargli la coscienza.
Scuotendo la testa per cacciarne i pensieri e il ricordo di quel desiderio stupido abbassò lo sguardo.
Solitamente avrebbe continuato a fissare nel vuoto come poco prima, immerso in pensieri sconosciuti alla maggior parte delle persone, ma quella figura in mezzo alla sala, che fissava la stessa stella che lui aveva salvato, lo stava incuriosendo.
Se anche lei aveva salvato lo spirito, quella stella era di entrambi, lo spirito li avrebbe protetti entrambi...ad entrambi avrebbe regalato un sogno. Era il motivo per cui le persone si ritrovavano insieme, la notte delle stelle cadenti, per legarsi attraverso una stella.
In fondo è confortante sapere che una stella proteggerà dall'alto quello a cui teniamo...significa che non dobbiamo farlo noi.
La misteriosa ragazza finalmente si voltò verso di lui e sorrise puntando in alto l'indice, verso la stella che avevano condiviso. A Squall nessuno aveva mai spiegato che fissando una persona la si attira verso di noi...e a lui non era mai interessato saperlo. Bastava a tenere lontane le persone, per lui...perchè il suo sguardo di ghiaccio sembrava intimare perennemente a chiunque di stargli alla larga.
E perchè questa volta doveva essere diverso?
Stava camminando, lei, adesso. Stava avvicinandosi a lui con un bel sorriso sul volto tra il frusciare del suo vestito corto. Era semplice. Non era truccata nè aveva un vestito vistoso o stravagante. Eppure, era bella, era elegante, era....fatta di grazia. Sapeva di femminilità.
Era davanti a lui, adesso.
Ferma, con il suo sorriso naturale, il suo viso pulito, il suo vestito corto e i suoi occhi luccicanti.
"Sai che sei il più carino?".
Aveva anche una bella voce. Risuonava come musica.
Ma lui non si sarebbe certo arreso a un bel faccino, un vestito chiaro e una voce morbida. Si voltò dall'altra parte -con gli altri non aveva forse sempre funzionato?- e continuò a fingere che non esistesse. Se ne sarebbe andata, prima o poi. Nessuno gli si avvicinava mai tanto e nessuno gli restava mai vicino per troppo tempo.
Ma lei era ancora lì, a fissarlo con il suo sorriso e con i suoi occhioni.
"Balliamo?"
Nemmeno lei, però, sembrava arrendersi ad un volto di ghiaccio e a uno sguardo spento. Rimaneva lì a metterlo di fronte alla sua solitudine. Lui amava la solitudine, altrimenti non se ne sarebbe circondato, giusto? Alla fine, anche lei se ne sarebbe andata. Perchè mai lasciarsi andare un'altra volta? Una bastava ed avanzava. Non aveva bisogno di conferme. Lui stava bene solo.
Aveva solo bisogno di un altro sogno, la stella non lo avrebbe certo tradito, e poi sarebbe tornato tutto come prima -missioni, un sogno nuovo, missioni, un sogno nuovo...chi aveva bisogno di questa ragazza?
"O balli solo con le ragazze che ti piacciono?"
Ma era affascinante.
Non desisteva.
Era una battaglia che non sapeva combattere. Non ne conosceva le regole e non aveva le armi adatte. Il silenzio non la atterriva; l'indifferenza non la toccava; che cosa poteva usare, lui, per tenerla a distanza? Silenzio e indifferenza erano le uniche armi con cui si era addestrato nel campo di battaglia delle relazioni. Era come combattere con una spada; se taci, il nemico ti crede fragile e attacca al momento sbagliato; allora puoi facilmente respingere il colpo. Se fingi che nulla stia accadendo, allora il nemico crede di doverti smuovere. Allora, puoi lanciare il tuo attacco, affondare, e lasciare a terra la tua vittima sanguinante.
Cosa c'era di diverso in lei?
Lui era armato di spada; ma lei avanzava a braccia alzate e non sembrava volersi difendere.
Nè tantomeno voler attaccare.
"Guardami negli occhi...ti piaccio...ti piaccio...ti piaccio"
Non mi piaci. Però, sei diversa.
Si poteva abbassare la spada? Si poteva abbassare la guardia?
Un nemico a cui parlare diventa più pericoloso....quando è nelle tue mani e sei tu a decidere quanto stringerlo tra le dita per vedere fino a quando sopporterà di essere stritolato, allora puoi stabilire le regole del gioco. E la maggior parte delle volte a tuo favore.
Bisogna trovare un'arma trova, quando il nemico ti vuole parlare -e lui non era sicuro si saperla usare.
"Non funziona?"
Proviamo con la verit. Quando silenzio o indifferenza non funzionano, la verità spesso tiene lontane le persone. Come se fosse meglio una bella bugia di una verità un po' pungente.
"Non so ballare." disse, stringendosi nelle spalle. Adesso, anche se sei diversa, ti mostrerai uguale a tutti gli altri. Te ne andrai. Quando il silenzio o l'indifferenza non funzionano, la verità fa il lavoro sporco.
Ma lei era davvero diversa. Si mise semplicemente a ridere.
"E' facile. Sto cercando una persona. E ho bisogno di qualcuno per il ballo. Non posso mica ballare sola!"
E con questo gli afferrò la mano e lo trascinò nel mezzo della sala.
Non dovevi rimanere. Dovevi andartene, come fanno sempre tutti gli altri...perchè tu non puoi essere così diversa....no?
La ragazza gli sistemò le mani e cominciò i passi di base. E lui si trovava in un posto che non gli apparteneva, dove le persone ballavano, si parlavano, non si allontanavano solo per uno sguardo di vetro o una risposta scortese.
Lui non apparteneva a quel posto; lui non poteva rimanerci senza boccheggiare come un pesce fuori dall'acqua, che si muove malamente per rientrare nel mare e ritrovare la sua vita, quella che gli è familiare....l'unica vita che può vivere.
"Mi dispiace" mormorò lui, dopo essersi scontrato con lei quasi da farla cadere. Non era fatto per i balli e le parole; lasciò andare la sua mano per allontanarsi, maledicendosi tra sé per quell'attimo di debolezza. Come poteva una ragazza smuoverlo da dove lui aveva deciso di stare? Non aveva opposto troppo resistenza quando lei lo aveva trascinato; la sua diversità era affascinante, ma non avrebbe potuto fare niente contro la sua volontà di ferro.
Dita fredde si avvolsero intorno al suo polso; lei era ancora lì. Non rinunciava neanche di fronte alle sue incapacità e debolezze; rimaneva lì in piedi come se nulla fosse stato, mormorando, "Non preoccuparti. E' stato un mio errore, dovevo aspettare. Balla ancora con me; insieme ce la faremo. Fidati."
Fidati.
Che parola fuori posto in tutto quello; fidarsi? Non c'era bisogno di fidarsi di qualcuno per ballare. Bastava esserne capaci, sentire il ritmo della musica e seguirlo. Che cosa centrava la fiducia con tutto questo?
Intanto lei aveva cominciato di nuovo. Uno, due, tre; sembrava quasi facile, sembrava quasi che potesse riuscirci.
Ma andarono a finire dritto contro un'altra coppia.
Stavano per dire qualcosa quando la ragazza mostrò la lingua e si dimenticò di loro, tornando a guardare lui.
Si aspettava di essere lasciato in mezzo alla sala; si aspettava che gli dicesse qualcosa di poco carino sottovoce; si aspettava tutto tranne quello che lei stava facendo.
Lei sorrideva.
Come poteva sorridere ancora?
Eppure era lì, non se ne andava, non rinunciava a lui...rimaneva e aspettava che lui decidesse di fidarsi di lei.
Forse bastava semplicemente fidarsi. Forse bastava fidarsi per sentire la musica e riuscire a ballare disinvoltamente come gli altri.
E con un po' di fiducia, i passi di danza gli vennero naturali e riuscì a stare a tempo, a non andare a sbattere contro nessuno, e a seguirla perfettamente. Lei gli ritornò vicino; "pronta?" le chiese, posandole una mano sulla schiena per passare alla giravolta successiva.
"Pronta" sorrise lei, capendo che ormai era lui a guidare la danza. Era bastata, in fin dei conti, un po' di fiducia.
E poi le luci basse, loro fermi in mezzo alla sala mentre tutti gli altri ballavano ancora; e lei che rimaneva lì ferma, che aspettava che lui si fidasse di nuovo di lei. I fuochi d'artificio che in alto esplodevano, e lui che si voltava a guardarli assorbire la luce delle stelle; non sentiva lo sguardo di lei addosso, distratto semplicemente da tutto quello che stava succedendo intorno e quello che succedeva dentro di lui. Fiducia, che parola sconosciuta, che sensazione sconosciuta.
Lei era ancora lì, vicino a lui, stretta a lui.
Abbassò gli occhi cercando di incrociare quelli di lei, ma lei stava guardando sopra la sua spalla; aveva visto qualcuno, nella sala, forse la persona che aveva detto di star cercando? Sorrideva leggermente, e sentendosi osservata si voltò verso di lui. "Scusa, devo andare, grazie per il ballo". E con un ultimo gesto, come per dirgli di aspettarla, che sarebbe tornata, si sciolse gentilmente dal suo abbraccio, lasciandolo lì, a guardarla allontanarsi, a chiedersi chi era.
A chiedersi perché si era fidato.
Forse, ci si può fidare solo per il breve lasso di tempo di un ballo, di una stella che cade con la sua scia di fuoco.
Forse, ci si può fidare solo per il breve lasso di tempo di un sogno.
Però...
...in fin dei conti non fa male fidarsi ogni tanto.
Si avviò verso il balcone, lontano dalla folla che lo infastidiva, pensando, fiducia, mmmmh?
Nota dell'autrice: forse qualcuno di voi ricorda un mio vecchio racconto dallo stesso argomento. Ebbene, ecco qui la nuova versione. Confesso di provare vergogna a pensare di aver scritto quel racconto .. Era obiettivamente brutto. Ho provato a dirmi che ero giovane, ingenua ed era il primo racconto; non cambia nulla, era brutto. E quindi eccolo sistemato a festa, in attesa di sapere come sta con il vestito nuovo...volete dirlo voi?
