Sebbene avesse iniziato a rimettersi la divisa con gesti esageratamente lenti e sfibranti, non era per niente rassegnato.

Nonostante fosse consapevole che quello era stato il nostro primo e ultimo incontro e mi avesse donato tutto l'amore di cui avevo sempre saputo fosse capace, ebbi l'impressione che si sentisse soddisfatto di procedere veloce incontro al suo destino.

Malgrado avesse sempre compreso la mia volontà di salvarlo e il mio desiderare che fosse felice, era realizzato nella sorte che si era forgiato con le sue stesse mani. Non è certo da tutti essere sicuri di ciò che si vuole raggiungere nella vita, nemmeno io ci ero ancora riuscito e forse non avrei mai tagliato questo traguardo.

Mi amava almeno quanto lo amavo io. Anche se non era riuscito a pronunciare quelle fatidiche due parole che non erano riuscite a superare la barriera delle sue splendide labbra in un paio di occasioni, aveva trasmesso alla mia anima tutti i sentimenti che erano cresciuti con lui dal giorno in cui ci trovammo il corpo straziato di Tenma davanti ai piedi. Era stato addirittura lui, tre anni prima, a cercare di salvare me tentando di indurmi a smettere di amarlo, non voleva che io mi struggessi vedendo la sua vita finire così presto.

Oh, amore mio!

Anche se io avevo sempre avuto un posto improntante nel suo cuore, forse il suo vero amore era qualcun altro. Lo realizzai così, all'improvviso, confrontando i suoi bellissimi occhi saldi e sicuri di sé con i miei che adesso erano distrutti e disperati. Mentre mi rimettevo il gilet tattico verde, dovetti voltare la faccia per qualche istante, almeno finché la lacrima che mi era sfuggita a tradimento non scomparve assorbita dal bavaglio.

Lo riporterò a casa, fidati di me.

"Kakashi."

"Sì?"

"Lo devi accettare."

Rimasi a guardarlo con il respiro fermo e il cuore in gola, bellissimo come sempre anche se di nuovo infagottato in quell'orrendo mantello. Questa volta lo aveva lasciato sbottonato in modo che il collo elegante e la scollatura di rete fossero visibili, il vento gli mosse le ciocche corvine in quella maniera che, in un modo o nell'altro, risultava sempre irresistibile. Io mi sentivo morire, il suo viso tranquillo e così angelico che pareva quasi brillare. Mi resi conto, tuttavia, che la sua espressione era attraversata, di tanto in tanto, da lievi contorsioni di sofferenza che lui si sforzava di trattenere.

Come stai?

In tutti questi anni di solitudine certamente aveva trascurato la salute e la vista gli si era molto abbassata a causa dell'uso dello Sharingan. Pensando solo a comunicarmi il suo amore, non mi aveva detto niente di tutto questo. Mi riabbassai il coprifronte sull'occhio sinistro, almeno da quel lato adesso potevo permettermi di piangere.

Sarai sempre con me.

Un impercettibile sorriso gli incurvò le labbra, sapevo che era arrivato il momento di riaprire tutte le porte di cui solo lui aveva le chiavi.

Rasengan Superiore!

Due cloni di Naruto sembrarono sbucare fuori dal nulla deformando lo sfondo come se avessero trapassato un'interfaccia digitale, era riuscito ad abbattere i muri del palazzo illusorio per arrivare fino a noi. Sobbalzai davanti alla potenza di quella tecnica che vedevo per la prima volta e che era la sua, unica e personale. La gigantesca e lucente sfera azzurra mi spazzò via il corpo di Itachi da davanti agli occhi come se fosse una bambola di pezza. Vidi il suo sorriso accentuarsi ulteriormente come se si crogiolasse nella soddisfazione di avere raggiunto un risultato per cui aveva tanto lottato, giusto un attimo prima che finisse disintegrato sul terreno. Pur non ammettendolo mai, fui sollevato di apprendere che si trattava solo di una copia e che lui era sano e salvo da un'altra parte. Almeno per il momento, il suo cuore batteva ancora.

Lo riporterò a casa. Lotterò al tuo fianco affinché i tuoi sogni si realizzino.