IN FINDING LOVE
Timber II
Papà, Timber è libera.
L'ho ripetuto anche prima, mentre tutti gli altri gridavano di gioia, finalmente.
Papà, Timber è libera.
E' la prima volta che ti parlo in tutti questi anni; per una volta ho seguito il consiglio di Rinoa e sono venuto qui, a vedere le stelle, anche se non ci credo fino in fondo, e a parlare con te.
Si potrebbe pensare che io abbia un'infinità di cose da dirti, mmmh? In così tanti anni saranno successe così tante cose che tu meriti di sapere, dalla più stupida alla più importante, ma credo che stasera svaniscano tutte di fronte a questo, Timber è libera.
E io vorrei ripetertelo, urlarlo, sentire che sei finalmente orgoglioso di me perché immaginavo la tua espressione ogni volta che si metteva in mezzo il mio maledetto stomaco e io dovevo starne fuori.
Pensavano tutti che avessi paura, solo Watts e Rinoa sapevano che questi sono dolori psicosomatici che ho da quando sei...da quando te ne sei andato, e che mi prendono ogni volta che sento di essere sul punto di ottenere o di perdere qualcosa a cui tengo da morire.
Mi sembra che il mio stomaco sia stia squarciando anche adesso, papà. E non ho ben chiaro cosa sto ottenendo o perdendo, ma è tutto il giorno che il mio stomaco mi tormenta, mi altera la voce, mi impedisce quasi anche di pensare e io so solo ripetere la frase che tu stesso hai urlato quel giorno, Timber è libera.
Non so nemmeno perché sono qui a pensare di trovarti tra le stelle...o forse è solo perché me lo ha detto Rinoa e non ho mai voglia di deludere la mia sorellina.
Sorellina...
Credo che proteggere lei, per me e Watts, sia stata una sorta di compensazione per aver perso voi.
Lei era tutto quello che noi non eravamo più, lei aveva un padre e lo aveva abbandonato per salvare Timber in onore di sua madre...ricordo che all'inizio ci sembrò strano, come tutto quello che ci accomunava fosse una città da liberare in memoria dei nostri morti.
Poi abbiamo iniziato a diventare amici, anzi no, non amici: abbiamo iniziato a diventare fratelli. Quando abbiamo chiesto la cerimonia dello straniero per lei, la nostra motivazione era che lei era la nostra famiglia, e che Timber era la nostra casa.
E credo che continuerà ad esserlo sempre, la nostra famiglia, anche se adesso mi sono deciso a fidarmi e lasciarla proteggere a Squall.
Su questo aveva ragione Watts, ma non glielo dirò mai, si monterebbe la testa...
E un po' alla volta, lei è riuscita a far tornare di nuovo anche voi, anche te, parte della nostra famiglia.
E mi ha convinto a salutarti stasera, perché stasera abbiamo tutti dei conti da chiudere per ricordarvi al meglio e vivere al meglio, domani, da uomini e donne finalmente liberi.
Non ci credo molto.
Però, mi piace...
Ho voglia di parlarti, papà, perché quel giorno ci saremmo detti tante cose se tutto fosse andato per il verso giusto, e tu mi avresti guardato con il viso sorridente, mi avresti voluto bene e io non avrei potuto deluderti per tutti questi anni, quando dovevo nascondermi ed evitare la battaglia perché...perché mi mancavi.
Volevo combattere, per te, volevo vincere, per te, volevo...fare così tante cose per te, in tua memoria, e alla fine mi hanno lasciato fare il discorso.
L'ho capito solo dopo.
Tutti loro mi sono sempre stati così vicini, la donna che mi allevò quando rimasi solo, e cercò di crescermi come avreste fatto voi, addestrandomi alla ribellione...Watts, il mio amichetto fin da allora, il bambino con cui stavo nascosto in quella casa quando i soldati vennero a prendermi, e poi Rinoa, che arrivò a quindici anni a Timber dopo essere fuggita dal padre e chiese di poter lottare con noi.
Arrivò e disse solo, "voglio liberare Timber."
Noi oramai avevamo quasi perso le speranze. Erano già passati sedici anni e noi eravamo poco più che ventenni, senza idee chiare e con qualche trauma da smaltire. Io avevo una stomaco tormentatore e Watts, bè...Watts, da quel giorno, non riesce più a comunicare.
E poi arrivò questa ragazzina ribelle che in memoria di sua madre voleva liberare Timber.
All'inizio ci stupì la sua ingenuità, poi piano iniziammo ad abituarci al suo modo di fare, iniziammo a credere che potevamo farcela...ed eccoci qui oggi, Timber è libera, tutti sono a dormire esausti e felici, e la ragazzina quindicenne s'è fatta donna e non ha più bisogno che la protegga, e Watts forse tra qualche giorno tornerà a rivolgersi a tutti noi come amici e non come 'signore', e io sono qui a parlare con te e, Hyne, non riesco a dire altro che stupidaggini.
Ci sono così tante cose che vorrei dirti, che mi sono innamorato, che anche dopo quel giorno quando mi svegliavo per gli incubi aspettavo che tu venissi a tranquillizzarmi, che poi hai iniziato a fare parte dei miei incubi e ancora oggi non riesco a sognarti sorridente e tranquillo come ti ricordo vagamente, e anche che sì, ti ricordo vagamente, quando insegnavi a noi a giocare a pallone, ma ricordo chiaramente il tuo corpo straziato, e vorrei dirti che mi sei mancato quando ho scritto i primi articoli per il giornale dei ribelli, e che mi sei mancato in tutti i giorni del tuo anniversario, così tanto da non farmi nemmeno gemere per il dolore del mio stomaco accartocciato, e che mi sei mancato oggi, quando ho ripetuto solo quello che tu avevi detto perché anche se oramai ho quasi trent'anni, papà, ho bisogno della tua guida e mi sento un bambino traumatizzato e incapace che non sa che fare della sua vita.
Eppure mi sembra di non riuscire a dirti nulla se non quello che vorresti sentire, credo.
Non lo so, forse è una scusa per giustificarmi e non dirmi chiaramente che ho difficoltà a parlarti, e che stare qui adesso mi fa sentire sotto giudizio, un pochino, perché so di averti deluso per così tanto tempo, quando invece di stare a combattere dovevo chiudermi nel bagno e vomitare l'anima.
O forse non è nemmeno una scusa, è solo che questa è stata l'unica cosa che ci ha unito, dopo che tu te ne sei andato.
Ci pensi?
Sono state le tue ultime parole, me le sono ripetute in testa così tanto tempo, ogni notte, con gli occhi sbarrati nel buio, fino a quando mi son sembrate vuote e senza significato.
E oggi finalmente sono riuscite a ripeterle. Non credo di essere riuscite a riempirle abbastanza, questo maledetto stomaco si è messo in mezzo...ma hanno avuto l'effetto che volevo e alla fine, è solo questo che conta, no?
Lo sai, non capisco.
Non credo tu sia tra le stelle, come dice Rinoa, non credo nemmeno molto tu mi possa sentire, come dice Rinoa...ma un pochino mi fa già stare meglio, essere qui, sotto alle stelle, a parlarti...è un po' come averti vicino da papà, finalmente, non l'uomo dei miei incubi.
Verrai a trovarmi in sogno, stanotte?
Mi piacerebbe che tu potessi rispondermi...
Sentire quello che hai da dirmi, quello che pensi...essere sgridato, anche.
Averti accanto ancora un po', ecco. Mi piacerebbe questo, tornare bambino ed essere ancora un po' con te, per un'altra partita al pallone, per farmi portare in groppa, per addormentarmi addosso a te...per un altro sorriso, un'altra parola, una pacca sulla spalla il giorno del diploma, uno sguardo rassicurante prima del discorso, una stretta di mano alla fine del discorso.
Mi sarebbe bastato questo alla fine, non tanto l'eroe, il mio papà.
Ma non si può, mmmmh? E' meglio anche che la smetta di pensarci...
Però...però mi piace, tutto questo. Magari tornerò più spesso a parlare alle stelle, se piace anche a te?
Non lo so, non vorrei disturbarti con tutte le mie stupidaggini, e non vorrei...perdere anche questo.
Forse è il motivo per cui il mio stomaco non mi lascia in pace, ho paura di perderti di nuovo, come ho fatto in tutti questi anni.
Puoi darmi un segno, papà?
Una stella cadente.
Mi fai quasi venire voglia di sorridere...
...e mi sembra davvero di essere tornato bambino, quando bastava una tua carezza per farmi passare il mal di pancia.
Mi piacerebbe trovare delle parole carine per darti la buonanotte, ma...
Papà, Timber è libera.
Timber è libera.
Papà...Timber è libera.
E' da tanti anni che non riesco a rivolgermi a qualcuno senza chiamarlo 'signore'. Può suonare fastidioso, per tanti, può sembrare ridicolo e stupido...ma io ricordo che 'signore' fu l'ultima parola che sentii prima degli spari.
Prima che tu te ne andassi.
Sono contento, papà.
Sono contento che tu sia il primo a cui riesco a restituire una parola che non sia...quella parola.
Sembra quasi che abbia aspettato tutto questo tempo per poterti chiamare ancora papà. E invece non è così, davvero...ti parlo perché so che farà piacere a Rinoa, ma non credo tu possa sentirmi, non credo tu possa vedermi, non credo tu sia tra le stelle perché, insomma...ogni volta che dico 'papà' vedo te sul palco, sento gli spari, vedo i soldati con un ghigno sul volto che ti straziano.
Mi son sentito così...vile e inutile in questi anni, papà, solo perché non sono riuscito a salvarti quel giorno. Eppure lo so, avevo solo quattro anni, cosa potevo mai fare?
Ma non diminuisce il senso di colpa.
Stupido, mmmh?
Non so davvero perché ti dico queste cose, non so nemmeno perché ti parlo, se sono convinto che tu non ci sia là sopra ad ascoltarmi e rispondermi...non so, però sento di doverlo fare perché altrimenti continuerò per tutta la vita a chiamare tutti 'signore', anche Zone...e non voglio, sa di distante; non voglio perché oramai Timber è libera e non ci saranno più soldati galbadiani col ghigno in faccia che uccideranno qualcuno a cui sono legato e poi lo massacreranno, anche da morto.
Non c'è bisogno di distanza adesso, siamo liberi.
Come avrei voluto che tu fossi qui, che tu vedessi quello che avevo fatto, che tu capissi che la mia paura, al momento cruciale dell'azione, era solo paura di veder morire sotto i miei occhi qualcuno a cui mi ero man mano affezionato.
Forse è questo che quando Rinoa andò a nascondersi insieme ai Seed e lasciò Timber, io fui felice.
Loro avevano i mezzi per proteggerla, loro non avevano paure stupide come le mie o stomaci sottosopra come quello di Zone, loro avrebbero saputo cosa fare. "Sono contento signore", ricordo che dissi esattamente così.
Adoravo Rinoa. Anzi, adoro Rinoa.
Era la nostra sorellina, fin da quando arrivò a Timber bagnata fradicia di pioggia, con i pochi vestiti che era riuscita a infilare nel suo zaino e con gli occhi gonfi e rossi. Lei voleva che Timber fosse libera in memoria di sua madre.
Madre. Padre. Tante cose delle libertà di Timber si sono legate a voi che non ci siete più, io...non so, io non so perché volevo che Timber fosse libera, da quando Rinoa arrivò con queste parole, da quando la vidi così convinta da stare fisicamente male, da quando mi accorsi che sfuggivo al momento in cui potevo davvero fare qualcosa per liberare Timber, mi chiedo il perché.
Ma non lo trovo.
Papà, tu perché volevi che Timber fosse libera?
Forse la risposta l'ho avuta stasera, nella nostra prima festa da persone libere. Era strano come il non avere l'indipendenza implicasse quasi un limite della nostra libertà -il modo, ad esempio, in cui dovevamo festeggiare le nostre tradizioni di nascosto, e nemmeno tutti insieme perché qualcuno doveva stare fuori di guardia.
Stasera, è stato come tornare a casa dopo tanto tempo.
E' stato come avere di nuovo una famiglia vera...
Era per questo che volevi liberare Timber, papà? Forse è per questo che noi volevamo liberarla...
Ridarle un po' della sua vecchia patina, rivederla come la vedevamo da bambini, guardare i bambini che si rincorrevano e pensare a quando ci rincorrevamo noi.
E oggi guardarla era commovente, sai?
Il suo spirito s'è mantenuto intatto per tutti questi anni, soltanto zittito, ma mai domato...oggi è stato commovente perché Timber era esattamente come sarebbe stata se voi l'aveste liberata, ventidue anni fa.
Vorrei che fosse un regalo.
Vorrei che tu lo pensassi come un regalo, dopo tutti questi anni in cui mi sono occupato della 'parte logistica' e invece mi rannicchiavo in una stanza e aspettavo che tutti loro tornassero sani e salvi.
Sani e salvi, non so davvero come siamo riusciti a uscire da tutto sempre sani e salvi. Eravamo bravi a scappare, questo è vero, a volte nei momenti più amari ho pensato che eravamo molto più bravi a fuggire che a lottare. Tu cosa pensavi da lassù, quando ci vedevi?
Credevi che fossimo vigliacchi?
Credevi che fossimo incapaci?
Eravamo solo ragazzi poco più che ventenni, che avevano deciso di riprovarci in memoria vostra e con la spinta di un'ingenua e idealista ragazzina quindicenne.
Eravamo spaventati perché tutti noi avevamo ancora negli occhi quello che fecero a voi, ma eravamo seri, papà, ti prego non pensare che fossimo vigliacchi o incapaci, eravamo seri, così tanto da stare male, così tanto che Zone si sentiva spaccare in due dal mal di stomaco e Rinoa piangeva per ore, quando fallivamo.
E fallivamo così tante volte...
Ma alla fine ce l'abbiamo fatta.
Non so bene per quale motivo, non so davvero spiegare dove abbiamo trovato la forza, ma l'abbiamo fatto, abbiamo lottato con le unghie e con i denti, tutti in strada, abbiamo scacciato i galbadiani da Timber, abbiamo costretto il nuovo presidente ad ammettere che siamo liberi, papà, siamo liberi, papà Timber è libera.
Forse è stato perché i Seed erano con noi, o forse è stato perché eravamo stanchi, o forse è stato perché...ah, non lo so, non mi interessa.
L'importante è che ora tu possa vedere che la tua città è libera.
Vorrei dirti che non te ne sei andato invano, ma non ce la faccio, papà...Hyne, mi manchi, vorrei dirti tante cose, ti vorrei vicino in ogni momento della mia vita e invece mi sei stato strappato quando ero un bambinetto...come posso dire che tutto questo ha avuto un senso, se in ventidue anni non ho fato che ripetere 'signore' a tutti, solo perché aspettavo te?
Papà, mi manchi...
Sei davvero lassù?
Tra le stelle, come dice Rinoa?
Mi riesce difficile crederlo, sai, non riesco davvero a pensare che tu abbia potuto essere così...vicino, per tutto questo tempo in cui ti ho sentito lontano, solo lontano e sempre lontano, eppure forse ha ragione lei.
Anche Zone è venuto qui a parlare con suo padre.
Forse anche a Rinoa piace credere che sia così, che possiamo parlarvi e che voi ci sentite, ma forse nemmeno lei ne è convinta.
Forse vogliamo solo un modo per non ammettere che non ci siete più e che per quanto noi vi amiamo e vi rimpiangiamo, non c'è modo che voi ci sentiate.
Però, alla fine, mi piace pensare davvero che sia così.
Che tu mi abbia visto.
Che tu mi abbia sorriso.
Che tu, magari, abbia cercato di mandarmi dei segni perché io capissi che mi eri vicino.
E che io ero troppo preso dai miei traumi per accorgermi che tu là c'eri davvero.
A volte sia io che Zone invidiamo Rinoa, per il modo in cui riesce a piangere sua madre serenamente, nonostante fosse con lei la sera dell'incidente e l'abbia vista anche lei straziata dalle lamiere.
Non so come faccia...credo abbia una forza interiore che a noi manca.
E che sta cercando di darci, un po' alla volta, costringendoci a venire qui stasera, ad esempio, a chiudere i conti con i nostri fantasmi.
Papà, io non voglio più che tu sia un fantasma...
Io non voglio più ricordarti mentre vieni straziato, non voglio più vederti solo nei miei incubi, non voglio più avere paura di chiudere gli occhi.
Voglio che tu possa venire nei miei sogni per parlarmi.
Voglio che tu torni mio padre.
Ti andrebbe, di tornare mio padre?
Potresti venire a trovarmi mentre dormo e potremmo parlare e ricordare, potresti sorridermi, potresti dirmi cosa pensi di me...potremmo fare tutto quello che non abbiamo potuto avere.
Oppure potrei tornare qui, ogni tanto, e parlarti tra le stelle...
Ma dammi un segno che sei lì, per favore...
Una stella cadente.
Allora Rinoa ha ragione...
Ho tante cose da dirti, ma credo che la più importante sia questa...
...papà, Timber è libera.
