Grazie dei commentia Ericka Larios, Cla1969, MariaGpe22, Eydie Chong, Dany Cornwell, Charlotte: alcune di voi comprendono i sentimenti di Albert e persino quelli di Lilian, altri continuano ad avercela con Albert e le sue scelte, sostenendo che ha preso le cose alla leggera. Potrei aver fallito o non comunicato bene la caratterizzazione del personaggio? Vi assicuro che i suoi neuroni funzionano benissimo e anche se si accorge dello stato avanzato della gravidanza di Lilian, ormai non può farci nulla. Tralasciando questo, per quanto concerne Walker si trova in una situazione scomoda: sa che Ethan è l'amante di Lilian, ma deve ancora appurare che sia collegato con l'attentatore. Innanzitutto deve trovarlo, costringerlo a confessare e poi andare da Georges con prove certe: e Georges non poteva scoprirsi troppo usando tanti uomini. Intanto, anche per Ethan, pur se è riuscito a sfuggire a Walker, le cose non stanno andando bene...
Tenetevi forte, qualcosa si muoverà in questo capitolo!

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Quando scende la sera


Ore 19,30

Gli anni gli avevano tolto l'agilità nei movimenti e la velocità, anche se tentava di rimanere allenato come stava facendo in quel momento. Piantò un diretto al sacco che aveva appeso nello scantinato e ripensò a un luogo molto simile a quello, nel quale aveva chiaramente visto dirigersi Ethan. Sì, ormai era sicuro che si chiamasse così, perché se Lilian Rousseau si era fatta sfuggire quel nome durante una lite con sua madre, non poteva che essere quello reale. A meno che il ragazzo non avesse mentito anche a lei.

Il sacco dondolò e Walker lo colpì ancora. Sì, gli anni gli avevano tolto l'agilità, anche se non totalmente, ma non la capacità di ragionare e lui stava cercando di capire come affrontare quel caso che aveva implicazioni così peculiari e profonde. L'istinto, che gli aveva gridato forte e chiaro di precipitarsi dal ragazzo e farlo sbattere in galera per il resto dei suoi giorni, era stato surclassato dalla ragione: doveva prima trovare il bandolo delle varie matasse per inchiodarlo senza ombra di dubbio e non sarebbe stato spaventandolo e magari inducendolo a fuggire di nuovo che avrebbe risolto i due casi. Nel frattempo, lo avrebbe osservato da lontano per accertarsi di riacciuffarlo non appena fosse stato pronto.

Non aveva ancora trovato il collegamento tra Ethan e 'dita magiche', ma non dubitava che ci sarebbe arrivato presto. Quello che gli interessava, ora, era quello tra la ricerca di Margaret e quella del braccio destro degli Ardlay.

Rimettendosi in guardia di fronte al suo nemico di sabbia e tela, ripercorse gli eventi come se si trovasse in ufficio, ma con l'adrenalina e il sudore che sembravano dargli una marcia in più. Lo schema mentale apparve solo chiudendo le palpebre, quasi lo stesse scrivendo su un foglio bianco.

Lilian Rousseau ha un amante, ma è sposata con il patriarca degli Ardlay. Sua madre, preoccupata per uno scandalo, gli chiede di cercarlo e il sospetto è che voglia farsi giustizia da sola chissà in che modo: corrompendolo? Uccidendolo? Intanto, anche William Ardlay sta cercando lo stesso soggetto, perché sospetta che sia legato all'attentato di cui è stato vittima.

Ethan, quindi, crea e vende droghe, ha una storia con la moglie del patriarca e tenta di farlo fuori, magari anche con il benestare di Lilian. Tuttavia, Lilian è a un passo di diventare la matriarca degli Ardlay, pare che l'annuncio ufficiale avverrà quando nascerà l'erede...

"Il bambino!". Walker spalancò gli occhi e abbassò le braccia, scosso da un brivido che poteva essere per il sudore ormai freddo che gli gelava la schiena o per la rivelazione che l'aveva appena colpito come un proiettile. C'era un ultimo tassello che voleva cercare di rimettere al proprio posto per ricomporre il puzzle e d'improvviso lo vide andare nel suo spazio come se si trattasse di qualcosa di tangibile.

L'amante dell'attuale signora Ardlay aveva un valido motivo per non fuggire e continuare a rifugiarsi in una città dover lui lo avrebbe sempre scovato. E aveva anche un valido motivo per assumere un cecchino che uccidesse William. Non era solo in nome di un amore da romanzo, ma perché quel figlio era il suo!

"Oh, dannazione!". Walker afferrò la giacca e salì le scale per il suo appartamento due gradini alla volta, entrando nello studio senza preoccuparsi di andare prima a farsi una doccia. Accese la lampada sulla scrivania e aprì il secondo cassetto, da dove tirò fuori i ritagli di giornale e gli appunti presi in quelle settimane.

Se la sua teoria era esatta, tutto aveva un senso più che logico e William Ardlay era più in pericolo di Ethan. O lo erano entrambi. Se fosse sopravvissuto uno, sarebbe morto l'altro.

Una donna innamorata arriva pura al matrimonio anche se è già in attesa di un bambino; l'emancipazione femminile è una realtà; l'erede degli Ardlay sarà presto tra noi; " ...già tutto è stato detto in maniera ineccepibile dalla mia ineffabile moglie".

"Ineccepibile... ineffabile... questo non è un uomo innamorato", disse piano mentre sfogliava le pagine e cercava di ordinare le idee.

Lilian Rousseau aveva fatto in modo di far passare la sua gravidanza per un atto d'amore tra lei e il suo potente fidanzato? E lui ci era cascato? Diamine, se fosse stato così si rendeva ancora più urgente avvisare Margaret di ciò di cui era venuto a conoscenza il giorno in cui aveva visto Ethan per la prima volta! Se solo non fosse scappata via così...

Prese il telefono e compose il numero di casa sua: se fosse voluta andare dal ragazzo, visto che aveva appena scoperto dove si era rifugiato, allora l'avrebbe accompagnata. D'altra parte, aveva anche la necessità di approfondire molte cose con Georges Villers e anche con William Ardlay, se voleva arrivare a una conclusione certa. Allora, tutti gli altarini sarebbero stati scoperti e quel ragazzo sarebbe andato in prigione.

Walker imprecò: il telefono squillava da quasi un minuto intero e la voce trafelata di una donna gli trapanò l'orecchio quasi all'improvviso.

"Mi spiace, ma la signora è uscita".

"Dove è andata?".

"Non so se...".

"Mi dica dove è andata! È urgente!", quasi gridò nella cornetta.

"So che andava a trovare sua figlia...".

Tanto gli bastò: Walker abbandonò lo studio senza neanche chiudere la porta e uscì di casa di corsa.

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Ore 20

Ti vedo e vorrei solo stringerti per non lasciarti più andare. Sono incatenato a questo desiderio che mi consuma, nella voglia indecente di possederti e di possedere la tua anima, che è più di quanto io possa permettermi di anelare.

E incatenerei te, se solo potessi, mia Candy, svegliandomi con te ogni mattina dopo averti amata per una notte intera. Scoprendo ogni più recondita morbidezza e profumo nella tua pelle. E poi ti sentirei mia, saresti la costante nella mia giornata, il sole che mi scalda coi suoi raggi, la luce che illumina i miei occhi, l'ossigeno che respiro.

E perdermi, oh! Perdermi in ogni ora del giorno nei tuoi occhi anche se non li ho davanti a me, sognando il giorno in cui il frutto segreto del nostro amore crescerà nel tuo ventre.

E ti carezzerei. E vi adorerei. E piangerei lacrime di gioia.

E riderei con voi, in mezzo all'erba e agli alberi, libero come il vento.

Invece sono bloccato in questa vita che non mi appartiene, al fianco di qualcuno che non riconosco, schiavo di ciò che non ha un nome e che è solo una macchia confusa nella mia memoria.

Il diario tremava nelle mani di Lilian e le lacrime di rabbia caddero sulle pagine sciogliendo l'inchiostro, quasi a cancellare quelle parole maledette che non erano altro che l'ennesima conferma di ciò che aveva sempre saputo.

In un impeto d'ira, strappò le pagine e maledisse il momento in cui aveva trovato la chiave del cassetto della scrivania di William a terra e l'aveva raccolta: forse gli era caduta da una tasca. Maledì il fatto di aver avuto l'ardire di recarsi nel suo studio a tarda serata, colta dall'impulso irrefrenabile di aprirgli il proprio cuore. Maledì se stessa per aver permesso a quel sentimento di pervaderla nonostante nel suo cuore ci fosse ancora Ethan, che prima o poi avrebbe rivisto e non sapeva più come affrontare. Maledì i suoi sogni stupidi di restare una Ardlay, a costo di supplicare suo marito, proprio come voleva sua madre.

Ma maledì anche il giorno in cui, invece di fuggire infischiandosene dei soldi e della posizione, aveva deciso di incastrare il patriarca degli Ardlay per poterlo sposare.

Pagina dopo pagina, fece brandelli del suo diario in cui rivelava a Candy un amore traboccante che lei non avrebbe mai ricevuto nemmeno in minima parte. Sarebbe dovuta rimanere con Ethan, anche se avesse significato vivere per strada e in mezzo agli stenti!

Il respiro affannoso fu presto spezzato da un dolore acuto al ventre, che l'attraversò come un fulmine e si irradiò alla schiena, facendole cedere le gambe e cadere a terra, tra i pezzi di carta. L'urlo fu viscerale e non riuscì a trattenerlo.

Tentò di riportare la respirazione a livelli normali, avvolgendosi il corpo con le braccia, ma una fitta più forte della precedente la fece gridare ancora. Mentre lottava per non perdere i sensi, Lilian fu appena cosciente di un liquido caldo e vischioso che le colava tra le gambe.

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Ore 19,50

Georges era nel suo studio con William a sistemare i contratti dell'ultimo mese. Da giorni, era più distratto del solito e sembrava assorto in pensieri profondi che gli contraevano i lineamenti in un cipiglio onnipresente.

Ormai si era quasi abituato al fatto di non vederlo più sorridere, anche se gli faceva male, tuttavia sembrava davvero preoccupato.

"Mi perdoni, William, ma non posso più tacere: è evidente che qualcosa la tormenta e la prego di parlarmene, se possibile. Se si tratta delle indagini, il detective non ha ancora...".

"Non è per quello". Si alzò dalla scrivania e rimase con il capo chino, come se stesse ancora leggendo un documento che, ne era certo, non vedeva neanche. "È... per via di Lilian".

Naturalmente...

"Mi scusi, non volevo intromettermi nelle sue questioni personali".

"Non c'è niente di personale tra noi, Georges. Da quando l'ho sposata non abbiamo mai neanche dormito assieme". Quella rivelazione lo paralizzò nell'atto di chiudere la cartellina di pelle sul suo tavolo. "A parte qualche notte fa".

Georges finì quello che stava facendo con gesti calmi e controllati, tentando così di controllare anche il tremito alle proprie mani. Il matrimonio era quindi stato consumato? Oppure...

"Non volevo...".

"Lilian ha avuto un incubo e devo essermi addormentato sul suo letto. Stavolta, però, sono sicuro che non sia accaduto nulla". Ridacchiò, di certo imbarazzato. "A parte che mi sono svegliato credendo di abbracciare Candy".

Georges si raddrizzò, un po' più calmo: "Quindi... uhm... la signora era molto spaventata?". Non sapeva bene cosa dovesse e potesse chiedere e cominciò dal principio, cercando di rimanere discreto.

"Mi ha detto una cosa che mi ha fatto gelare il sangue nelle vene e spero fosse solo parte del suo incubo". Georges non insisté e lasciò che lui finalmente si confidasse. Lo vide passarsi una mano sul viso, accarezzandosi il mento. "Ha accusato Margaret di aver ucciso suo padre soffocandolo con un cuscino".

Grazie all'autocontrollo che riusciva a esercitare su se stesso, Georges accusò il colpo solo sbattendo le palpebre, tuttavia serrò tanto la mascella che di sicuro si sarebbe scheggiato qualche dente o morso la lingua, se non avesse fatto attenzione.

"Immagino che poi abbia ritrattato", riuscì a dire con un tremito appena percettibile nella voce.

William annuì: "Sì, mi ha chiesto scusa per aver gridato in piena notte e avermi allertato. Non me la sono sentita d'infierire perché... beh, credo mi abbia udito mentre chiamavo Candy nel sonno".

Georges cercò di immaginare le implicazioni di ciò che William gli stava confessando e si rese conto che se quella storia fosse stata vera, avrebbe spiegato in parte il carattere a dir poco particolare di Lilian Rousseau. C'erano lati oscuri che avevano ignorato nel passato delle due donne? Avevano sottovalutato la storia che Margaret aveva con suo cugino? Da quanto durava veramente?

Si accorse che William lo stava osservando incuriosito e scosse la testa: "Mi perdoni, ma mi stanno venendo in mente tutta una serie di domande che...".

"Sì, sono venute in mente anche a me, sul momento", ribatté lui andando a versarsi del whisky e facendogli un cenno. Mentre si avvicinava per farsi riempire a sua volta un bicchiere, Georges lo guardò: era pallido e aveva le occhiaie come se non si riposasse da anni. "Ma poi ho smesso di farmele perché... beh, perché qualunque cosa esca fuori ho deciso che rimarrò con Lilian".

E svanì anche quel poco di autocontrollo che Georges pensava di aver mantenuto. Il bicchiere quasi gli cadde dalle mani mentre, alzando persino il tono della voce, esclamava: "Ma... ma signor William!".

Quando volse su di lui gli occhi stanchi, in quell'azzurro limpido vide l'ombra di un sorriso e qualcosa che non avrebbe mai creduto di scorgere: la pace. William aveva preso una decisione definitiva. "Anche se il bambino non fosse mio, non avrebbe certo un padre che se ne potrebbe prendere cura allo stesso modo. Se davvero il ragazzo che ama LIlian al punto da pensare di potermi uccidere è là fuori ad armeggiare con le droghe, significa che non può dargli un futuro. Lilian è venuta da me per prendersi i miei soldi e avere una posizione con l'inganno. Ebbene... io glieli darò. D'altronde, garantire stabilità a questa creatura era la mia priorità sin dall'inizio".

"Ma non può farlo a scapito della sua onorabilità e della sua stessa felicità! Una donna che ha fatto una cosa simile non merita...". Georges strinse le labbra, cercando di non far uscire parole che gli avrebbero fatto superare il limite.

William gli pose una mano sulla spalla: "In passato ho sempre cercato di assicurarmi che Candy fosse felice. Ora cercherò di farlo per... mio figlio. Non dico che sarà facile restare con Lilian, ma potrebbe diventarlo col tempo".

Georges bevve un sorso di whisky e fu quasi certo che la donna lo avesse drogato di nuovo. "Non sono sicuro di capire", gli disse cercando di mantenere un tono pacato.

"Credo che si stia innamorando di me. Sul serio. Vedo spesso la sofferenza nei suoi occhi e penso anche che abbia bisogno di qualcuno che la riporti sulla retta via, perché racchiude dentro di sé un dolore così grande che è di certo la causa del suo comportamento sconsiderato. Forse se io mi mostrassi più accomodante e lei smussasse dei lati del suo carattere, potremmo...".

Un grido acuto congelò le successive parole sulle labbra di William e i suoi stessi pensieri confusi, che si rincorrevano alla strenua ricerca di una spiegazione per quel cambiamento tanto drastico.

Mentre correvano nello studio attiguo e trovavano Lilian Rousseau Ardlay a terra, evidentemente in preda a fitte lancinanti, Georges si rese conto che, qualunque fosse stato il destino di William, il fato lo aveva già deciso da tempo.

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Ore 20,10

Margaret era decisa a parlare con sua figlia: ci aveva provato, nei giorni precedenti, ma era stata fermata più volte dai servitori e persino da una delle guardie davanti alla villa. Tuttavia, non poteva più aspettare e sperava che a quell'ora di sera ci fossero meno problemi. Non mancava molto al parto e doveva avvisare Lilian che stava rischiando più grosso di quanto avesse preventivato. Ormai aveva la certezza che uccidere William fosse il suo piano e sperava solo che il detective le avrebbe rivelato presto il nuovo nascondiglio di Ethan, perché dovevano parlare a lungo, loro tre...

Quando arrivò al vialetto d'entrata e la vide trattenuta quasi a forza di braccia da suo marito, mentre Villers chiamava a gran voce l'autista, comprese che era giunta troppo tardi. Chiese al proprio di fermarsi e corse fuori chiamando il nome della figlia.

William si fermò, un braccio stretto sulla vita di lei per sostenerla e, quando Lilian alzò il viso pieno di lacrime per guardarla, rivide in lei la bambina che credeva di aver perduto: "Mamma!".

Margaret le sorrise, piangendo a sua volta: le era mancato così tanto sentirsi chiamare così da lei! "Sono qui, tesoro, vado subito a chiamare Frank, va bene?".

"Non voglio andare in ospedale, voglio partorire in casa!".

"Non puoi farlo se si tratta di un parto prematuro!", le rispose il marito guardandola per un attimo. "Lo avvisi che stiamo arrivando in ospedale, per favore", le disse l'uomo aiutandola a entrare in auto. L'autista aveva aperto la portiera e sembrava più agitato di loro. Lei si trovò per un attimo divisa tra il bisogno di seguirla e starle vicino in un momento tanto importante e quello di chiamare subito Frank. Fu sempre il patriarca a trarla d'impaccio, alzando la voce: "Coraggio, si muova!", intimò chiudendo la portiera un attimo prima che la vettura se ne andasse a tutta velocità.

Si riscosse e chiese al maggiordomo che era sulla porta di indicarle dove potesse trovare un telefono. Lasciò che l'accompagnasse nello studio e fece il numero di Frank con le dita che le tremavano tanto che sbagliò un paio di volte.

"Sono io", disse con urgenza quando udì la sua voce dall'altro capo del filo.

"Ora non ho tempo, sono in partenza".

"Cosa?!". Margaret era certa di non aver capito bene. Da quel giorno in cui lui l'aveva quasi costretta a passare la notte con lui, si erano visti solo un altro paio di volte e le era sembrato sempre più distante e pensieroso.

"Mi hai sentito bene, ho un biglietto per il treno che parte stanotte e se stai cercando di fermarmi, sappi che ho aspettato fin troppo...".

"Non te ne puoi andare! Lilian sta per partorire!", quasi gridò stringendo la cornetta.

"Lo so, per questo mi trasferisco dove non avrò problemi e la mia carriera potrà continuare senza intoppi".

"Intendo che sta per partorire adesso! Devi correre in ospedale!".

Il silenzio dall'altro lato era spezzato solo da un respiro che diventava sempre più pesante. Margaret sperò di non dover ricorrere a tutti i suoi mezzi per convincerlo, perché non era sicura che fosse il momento adatto per le confessioni importanti.

"Mi dispiace, Margaret, ma non verrò. Sai benissimo che non posso fare nulla di più di ciò che un altro bravo medico farà al posto mio. Ma non mi esporrò mettendo fra le braccia di William Ardlay un bambino perfettamente a termine che magari nemmeno gli somiglia". Il tono non ammetteva repliche e Margaret tentò il tutto per tutto.

"Ti prego, Frank! Ti giuro che non ti succederà nulla! Io e Lilian abbiamo un piano per risolvere le cose con suo marito, ti assicuro che tu sarai l'ultimo dei suoi problemi".

Forse, a breve, Lilian potrebbe rimanere vedova. Basterà prestare molta attenzione: d'altro canto, lo abbiamo già fatto una volta...

"Non voglio neanche sapere quali torbidi piani avete in mente tu e tua figlia, Margaret! Io me ne tiro fuori in questo preciso istante!".

"Non sarai coinvolto e la tua carriera sarà salva!". Ormai il suo tono era disperato, l'altra mano stringeva un lembo della gonna. Non si era nemmeno seduta, era piegata sulla scrivania con ogni muscolo del corpo teso nell'intento di trattenere accanto a sé l'uomo che amava.

Poteva vederlo, il loro futuro: Lilian quale ereditiera degli Ardlay con un bambino appena nato, che magari poteva incontrare clandestinamente l'uomo che voleva davvero, visto che a quel punto non aveva più impedimenti. E lei, che avrebbe potuto persino costruire un intero ospedale per Frank e chiedere il suo cuore in cambio. Certo, occorreva accettare dei compromessi, ma chi non doveva affrontarne, nella vita? La sua ragazza, dopotutto, aveva ragione se la sua intenzione era quella fin dall'inizio: avrebbe dovuto ascoltarla mesi prima!

"Addio, Maragaret". Bastò quella frase a farle comprendere che la decisione di Frank era irrevocabile.

E, sedendo sulla poltrona dietro di sé, svuotata di ogni energia, alla fine Margaret capitolò: "Lilian è tua figlia".

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Ore 20,20

Walker fermò la macchina fuori dal cancello principale, guardando l'imponente villa che si stagliava al di là del vialetto: non era grande come quella del centro, ma era comunque enorme.

Per fortuna, la vegetazione era fitta anche da quel lato della strada e lui si appoggiò al tronco di un albero accendendosi la pipa, in paziente attesa. Non poteva rischiare che gli Ardlay lo vedessero lì, non era ancora pronto a confrontarsi con loro. Doveva prima farsi dire da Margaret Moore tutto ciò che gli aveva nascosto, quindi avrebbe deciso come comportarsi con gli altri clienti.

Diamine, non si era mai trovato in una posizione così scomoda e assurda!

Aspirò l'aroma del tabacco stringendosi addosso l'impermeabile ed ebbe appena il tempo di fissare il cielo che sembrava velato da nubi sottili come sudari. Il cancello si aprì e una vettura ne uscì correndo: era quella della signora, ne era certo!

Senza perdere tempo, si precipitò al volante della propria e la seguì. Non sapeva dove stesse correndo, ma sembrava davvero avere fretta.

Walker, però, ne aveva molta più di lei.

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Ore 24,00

Ethan riempì con attenzione la siringa per essere certo che la quantità di liquido fosse corretta, quindi la riversò nella provetta, chiudendola con attenzione. Il carico di quella sera, probabilmente, sarebbe stato l'ultimo per molto tempo, perché i suoi contatti si erano resi conto che avere a che fare con lui stava diventando pericoloso.

Si prese la testa fra le mani, poggiando i gomiti sulla tavola di legno traballante messa alla bell'e meglio su due supporti: come fosse riuscito a creare la droga richiesta in quelle condizioni era un mistero, ma il nascondiglio attuale era l'ultimo dei suoi problemi.

Sapeva che Walker lo avrebbe trovato da un momento all'altro, se già non l'aveva fatto, tuttavia non poteva andarsene da Chicago proprio ora che Lilian stava per partorire. Non credeva che un giorno sarebbe stato così legato a una donna da mettere persino a rischio la propria incolumità, ma stava accadendo.

Però non voleva neanche restare lì con le mani in mano aspettando che lo catturassero: stava studiando una formulazione che sarebbe stata letale nel giro di pochissimi secondi e quasi sicuramente l'avrebbe usata appena fosse stata pronta.

Posando l'ultima provetta e alzandosi per scrutare nella notte dall'ennesima finestrella rotta, Ethan ripassò mentalmente il suo piano che non era un piano, ma una sorta di missione che poteva rivelarsi suicida. Si sarebbe avvicinato di soppiatto alla villa, cercando di cogliere di sorpresa le eventuali guardie, e avrebbe iniettato loro il veleno prima ancora che potessero lanciare l'allarme: quella sarebbe stata la parte più difficile, perché se era vero che nell'oscurità poteva mimetizzarsi sperando che avessero meno possibilità di fare fuoco, era anche vero che non sapeva quanti uomini ci sarebbero stati e sarebbe bastato un grido di allarme per far accorrere gli altri.

Passandosi una mano tra i capelli, decise che doveva procurarsi un'arma entro la mattina seguente e attuare il suo intento la notte successiva: aveva preferito sbarazzarsi della rivoltella di Walker, perché sarebbe stato troppo facile a quel punto risalire a lui. Uccidere con le proprie mani quel William, che aveva osato sposare e toccare la sua Lilian, era qualcosa che aveva programmato da subito.

Poi sarebbe fuggito con lei, portandola a partorire in un luogo sicuro dove avrebbero lasciato il bambino in attesa che la situazione si stabilizzasse.

Ethan si voltò lentamente verso il tavolo, intenzionato a preparare subito il veleno ed ebbe appena il tempo di allungare un braccio sul piano di lavoro che udì un rumore sulla rampa di scale. Si bloccò, rendendosi conto che stavolta non avrebbe fatto in tempo a raccogliere né le siringhe ancora piene, né le provette, né tantomeno le boccette con gli ingredienti. Ne afferrò una sola, mettendola in tasca quale unica arma a sua disposizione: se fosse riuscito ad avvicinarsi abbastanza avrebbe potuto annientare il malintenzionato.

Restò con i muscoli tesi e gli occhi spalancati, aspettando l'inevitabile: avrebbe venduto comunque cara la pelle.

Quando il visitatore esplose un colpo di pistola per aprire la serratura, Ethan capì che era qualcuno affatto avvezzo all'uso delle armi dal grido che ne seguì. Perché il visitatore non era Walker, ma l'ultima persona che avrebbe immaginato di vedere.