Akira si era spesso chiesto chi fosse il suo preferito e a chi volesse più bene tra tutti i grandi da cui era circondato. Adorava Zio Shisu perché lo portava sempre a divertirsi e non gli diceva mai di no, Akira sapeva che durante le giornate trascorse in sua compagnia gli sarebbe sicuramente toccato uno di quei giganteschi gelati alla doppia panna e cioccolato, le cose che mamma e papà lo rimproveravano di magiare troppo spesso. Chissà perché poi le delizie più buone erano sempre quelle per cui doveva lottare maggiormente? Ma gli piaceva anche Zio Sas'ke; nonostante mangiasse solo schifezze insipide, gli infondeva sicurezza in sé stesso trasformando in giusti anche quei gesti e pensieri che Akira credeva titubanti o errati. Zio Sas'ke gli confermava sempre che lui non era affatto sbagliato. Stesso viso e medesima bravura nello sport, Zio Tachi era la dolcezza in persona; Akira amava da morire i baci e gli abbracci che aveva sempre in serbo per lui. I suoi venti occhi e il modo in cui riusciva a usarli stimolavano sempre un sacco l'enorme curiosità del bambino. Per non parlare di Zio Sean e della positività che emanava, Akira trovava che tutto questo si allineava perfettamente alla sua notevole mole fisica. Zio Naru, poi, avevano tutti ragione a definirlo il sole fatto a persona, gli avevano spiegato che lui era il capo dell'intera città, far felice e aiutare il prossimo erano una sua dote naturale e Akira aveva compreso al volo come le persone fatte così diventassero assolutamente indispensabili. Gli piacevano e voleva bene a tutti allo stesso modo, ognuno aveva quelle qualità uniche di cui non si può mai fare a meno. Nell'attesa di capire come sarebbe diventato da grande, Akira sperava di avere delle piccole caratteristiche di ognuno di loro.

Quella mattina era saltato dalla gioia sentendo che il papà lo avrebbe accompagnato da Zia Konan per rimanere in sua compagnia fino al pomeriggio. Adorava il calore della pelle di Zia Konan, aveva qualcosa di simile alla mamma pur essendo molto diversa.

Oltre a questo Akira gradiva anche solo accompagnare il papà al lavoro, non aveva importanza se sarebbe entrato o no in ufficio con lui, gli bastava anche solo fare una parte del tragitto. Afferrato il suo piccolo zainetto giallo all'interno del quale custodiva una scatola di pastelli colorati, dei disegni già fatti da mostrare a Konan, un album da colorare, una manciata di caramelle e qualche gettone delle giostre, Akira balzò allegro sul suo seggiolino salutando la mamma con il sorriso sdentato attraverso il finestrino. Comunque era un vero peccato che Zio Neji dovesse sempre lavorare la mattina, Akira avrebbe desiderato stare anche con lui. In effetti negli ultimi mesi lo sguardo di Zia Konan era cambiato, con lui era affettuosa e amorevole come sempre, ma spesso quegli occhi che sapevano di miele apparivano come vuoti. Due persone diverse, una aveva un poco le sembianze delle statue bianche che Akira aveva visto una volta per caso su uno di quei libroni tutti uguali che la mamma custodiva in uno scaffale. Akira, preso dalla curiosità, aveva chiesto alla mamma di fargliene vedere uno dal momento che lui non riusciva a spostarli da solo.

"È un'enciclopedia, io studiavo qui quando ero un po' più grande di te" la mamma si era seduta accanto a lui al tavolo del salotto con uno dei volumi in mano.

"A che serve?" aveva chiesto Akira vedendo tutte quelle scritte microscopiche ancora per lui incomprensibili.

"Ci sono le risposte a tutto, ogni cosa che ti viene in mente, basta cercare" la mamma lo guardò da sopra gli occhiali da lettura "Ormai per me queste scritte sono diventate decisamente troppo piccole."

"Io le vedo benissimo" protestò Akira.

"Quando avrai la mia età ne riparleremo" Rin rise accarezzando la testa del figlio e iniziando a sfogliare le pagine, l'odore che emanavano era strano, qualcosa di antico ma molto gradevole.

Akira guardò la mamma stupito per qualche secondo, strano che avesse fatto questo discorso sull'età, eppure sembrava così giovane.

"Chi è quella signora?" Akira aveva allungato il ditino in direzione della figura bianca che era apparsa sotto i suoi occhi.

"È la Venere di Milo, per gli uomini antichi rappresentava il simbolo della bellezza."

"Perché è senza braccia?"

"Tesoro, sono passati tanti secoli, ha trascorso un'eternità sepolta nella terra prima che qualcuno la trovasse."

"È tanto un secolo?"

"Sono cento anni" Rin rise ancora "E tu ne hai quasi tre."

Anche Akira rise poi si fece serio : "Assomiglia a Zia Konan."

La Venere di Milo non assomigliava a Zia Konan solo perché bella, era simile anche in quella caratteristica degli occhi senza luce. Akira si sentiva andare in crisi davanti a quelle due persone che coesistevano dentro di lei, non sapeva spiegarsi come fosse possibile una cosa del genere e non sapeva cosa poteva fare per dare sollievo a Zia Konan,

Giunti sotto casa di Konan, Akira notò che la macchina di Neji non era lì per l'ennesima volta. Arricciò il nasino nel disappunto sperando che il papà lo cogliesse ugualmente senza il bisogno di usare parole. In realtà Akira non avrebbe nemmeno saputo cosa dire, questa era una di quelle cose classificate come non mi piace, la peggiore di tutte, però. Se aveva ben chiari tutti gli altri non mi piace come il chiasso che producevano i pattini di Zia Saku sulla pista di legno, le verdure insapori che mangiava Zio Sas'ke, o le slinguazzate che gli rifilava Akamaru nonostante Kiba gli avesse spiegato che quello era il suo modo di baciare, questa era una cosa indefinita che Akira non avrebbe saputo come descrivere nemmeno alla mamma e al papà. Anche quel Danzo incontrato per caso alle giostre gli aveva trasmesso un effetto simile nonostante avesse indovinato il suo nome e fosse stato capace di vincergli la sua gomma preferita, forse era per questo che non lo aveva nominato con nessuno, semplicemente non avrebbe saputo da che parte cominciare.

Come sempre, Konan fu felicissima di vederlo, la prima cosa che fece fu stringerselo al petto. La sua pelle era calda e odorava di mamma, gli occhi di miele si assottigliarono nel bellissimo sorriso senza dissipare completamente le ombre che li attraversavano. Akira vide il riflesso di quelle nuvole nello sguardo del papà mentre salutava Konan con un abbraccio, avrebbe desiderato che qualcuno gli spiegasse il perché di tutto questo ma nessuno lo faceva mai.

"Obito, posso offrirti qualcosa, un caffè?" Konan sempre molto gentile, aveva l'aria di chi sta ringraziando di tutto cuore qualcuno.

"Ti ringrazio ma devo scappare in ufficio, questo mascalzone mi fa fare sempre tardi in un modo o nell'altro" Ora il viso di Obito si era completamente rasserenato.

"Allora vorrà dire che assaggerai i biscotti che io e Akira faremo insieme al tuo ritorno" Di fronte alla consapevolezza di come avrebbe trascorso una parte di quella giornata, la consueta luce di Konan era tornata a brillare.

"Sì, papà, poi mi dirai se sono stato bravo."

Akira voleva fare felici sia il papà che Zia Konan, gli piaceva vederli sorridere e questo era il desiderio che aveva sempre per tutte le persone. Non gli dispiacque vedere il papà salutarlo per andare al lavoro, era consapevole già da tempo che questo non rappresentava un abbandono e che tutti erano sempre lì per lui anche se al momento non poteva vederli.

Akira aveva già aiutato la mamma a cucinare molte volte, avevano fatto di tutto, biscotti compresi, tuttavia nessuno aveva i bellissimi stampi che possedeva Zia Konan. Erano di plastica e ognuno di un colore e di una forma diversa, un cuore, una stella, un cavallo a dondolo, un omino e una mezza luna, poi Konan aggiungeva sempre una tazzina da caffè per fare il semplice cerchio. Akira non sapeva se Konan li avesse comprati appositamente per lui ma in un certo senso era convinto di sì. Non vedeva l'ora di usarli e l'attesa iniziava da subito già da quando Konan gli faceva sgusciare le uova chiedendogli di fare attenzione che dei pezzettini di buccia non finissero dentro l'impasto. Non riusciva a smettere di osservarla con interesse mentre mescolava gli ingredienti con il mixer indossando il grembiule sporco di farina. Poi arrivava il momento di stendere la deliziosa pasta profumata di burro, il movimento che Konan riusciva a fare con le mani sul legno del mattarello la faceva assomigliare a una fata, rideva mentre Akira non resisteva alla tentazione di staccare qualche pezzetto di pasta per infilarselo in bocca. La parte degli stampi Konan la lasciava fare interamente a lui, spesso si divertiva a dare dei nomi alle formine dell'omino e del cavallo, a uno di loro Konan aveva disegnato la faccia usando uno stuzzicadenti.

"Quello sono io!" Akira era balzato in piedi ridendo "Lo regalerò al papà quando torna."

Il forno di Konan non era dotato della lampadina interna e non faceva uscire bene il profumo come quello di Shisui, per quello Akira correva davanti al vetro ogni due minuti con una piccola torcia in mano per controllare la cottura. Non c'era bisogno di ripetergli continuamente di stare attento a non scottarsi, ormai lo sapeva e tutti avevano notato come fosse molto più sveglio della media della sua età.

"Beh, d'altronde è un Uchiha" aveva sentenziato Sasuke un giorno davanti a tutti e sprizzante orgoglio da ogni poro.

Un'altra cosa che Akira adorava della casa di Konan erano i portatovaglioli circolari anche loro di plastica colorata e tutti diversi. Uno bianco con delle farfalle blu, uno rosso con ciliegie bianche, uno giallo con le mele verdi e un quarto verde con il fiori bianchi. Il preferito di Akira era quello giallo perché adorava la combinazione di colori. Ormai sapeva apparecchiare la tavola alla perfezione, si accaparrava quello giallo per sé stesso donando a Konan quello con le farfalle.

"Sono belle come te" le aveva detto.

Gli occhi di miele brillarono mentre lo ringraziava baciandolo.

"Perché Zio Neji non c'è mai?" chiese Akira sgranocchiando le patatine fritte, anche queste preparate con Konan, con il ketchup che gli colava sul mento.

Alcune nuvole abbuiarono lievemente lo sguardo di Konan mentre il sorriso si faceva un poco tirato: "È molto impegnato con il lavoro."

Giusto, lui e Zio Sas'ke erano colleghi, decise però di lasciar perdere l'argomento visto che così aveva smesso di fare felice Konan.

Finalmente dopo pranzo era giunto il momento di assaggiare i deliziosi biscotti a cui si erano dedicati tutta la mattina seduti sul tappeto del divano, Akira aveva apparecchiato davanti a sé i disegni che voleva mostrare a Konan tra cui un suo ritratto.

"Ma sei stato bravissimo, tesoro!" gli occhi di Konan erano di nuovo luminosi come due pezzi di ambra attraversati dal sole.

"Sono stato bravo anche a fare i biscotti" Akira ne sollevò uno mezzo mangiucchiato.

"È vero, ora ti faccio vedere qualcosa io."

Il bambino non finiva più di ridere vedendo le foto di come era vestita Konan alla festa organizzata da Deidara, ormai più di un mese prima.

Almeno quella terribile serata è servita a qualcosa. Akira, se non ci fossi tu per me sarebbe finita.

C'erano due motivi più che validi perché Neji era raramente in compagnia di Konan quando Akira l'andava a trovare. Il primo era che lui voleva lasciare alla moglie tutto il tempo e lo spazio di cui aveva bisogno per godersi la compagnia del bambino. Neji non aveva potuto fare a meno di notare come questa ormai fosse una delle poche cose che riuscisse ancora a renderla felice, anche se solo momentaneamente. Konan era sempre più distrutta dal desiderio di maternità che continuava a sfumarle davanti un mese dopo l'altro, Neji temeva anche che potesse cadere nel vicolo cieco del sentirsi inferiore a causa dell'età che avanzava.

Tesoro, non devi. Sei una moglie perfetta e lo saresti anche come mamma.

Purtroppo, però, Konan sembrava essere diventata impermeabile a qualunque attività piacevole a cui partecipasse. Era accaduto al compleanno di Sasuke, alla serata organizzata da Deidara e persino assistendo alla splendida festa di addio di Naruto. A parte questo non brillava più come un tempo nemmeno quando uscivano a cena o facevano l'amore, Konan si stava spegnendo e Neji non riusciva a trovare qualcosa che la facesse rinascere. Le uniche occasioni in cui sembrava stare un po' meglio erano le giornate trascorse con Akira, per quello lui sceglieva di mettersi da parte per fargliele vivere senza ricordarle continuamente, con la sua sola presenza, che loro erano una coppia senza figli.

Ecco perché quel giorno aveva scelto di pranzare da solo in un ristorante del centro, se avesse chiesto compagnia certamente Hinata, Sasuke e Izuna non gliel'avrebbero negata, ma a Neji non andava di rattristarli con il secondo motivo del suo lasciare Konan da sola con Akira, non era certo di riuscire a nasconderlo totalmente se fosse rimasto insieme a loro. La seconda ragione era che anche lui aveva iniziato sentire un terribile senso di vuoto ogni volta che incontrava casualmente una famiglia, più i bambini erano allegri maggiore era il dolore che Neji doveva celare dietro il suo viso perfetto. Se fossero capitati dei bambini lì mentre lui era in compagnia degli amici e della cugina, non era certo che sarebbe riuscito a trattenere le lacrime. Lo stesso sarebbe accaduto davanti a una Konan che si prendeva amorevolmente cura di Akira.

Sarebbe perfetto se quella fosse la nostra vita, ma non lo è.

Se Konan non fosse riuscita a diventare mamma… lui avrebbe fatto in modo che questo traguardo lo potesse raggiungere ugualmente. Una soluzione andava trovata assolutamente, Konan meritava di essere felice dopo la vita complicata che aveva avuto.

Rin salutò i colleghi di Obito mentre camminava svelta e sorridente lungo il corridoio che portava all'ufficio del marito. Dal momento che Akira era da Konan e lei aveva la mattinata libera, aveva deciso di fargli una sorpresa portandogli un bel vassoio di dolcetti direttamente lì. In quel momento da Obito non c'erano clienti per cui Rin aprì la porta senza bussare e sorridente come un raggio di sole. La stessa luce si riflesse sul viso di Obito mentre sollevava lo sguardo dal monitor del computer.

"Amore, ma che sorpresa!" si alzò immediatamente dalla scrivania per baciarla, sopraffatto dalla felicità non fece caso a quando la moglie aveva in mano.

"Ti ho portato qualcosa di cui vai matto" Rin posò il vassoio sulla scrivania tirando via l'incarto.

Obito si illuminò vedendo grossi mochi di vari gusti e spiedini di dango apparirgli davanti agli occhi, non aveva mai potuto negarlo, anche lui era sempre stato un inguaribile goloso.

"Mi sento un po' in colpa" disse sedendosi sulla scrivania per iniziare a gustarsi un mochi al tè verde "Rimprovero Akira perché vivrebbe a dolciumi e poi io non sono da meno. Sei stata fantastica, amore."

"Direi che questa è un'occasione speciale per cui puoi godertela fino in fondo" Rin si passò maliziosamente le mani sulla gonna corta di velluto rosso.

"Cosa si festeggia?" lo sguardo di Obito si fece scaltro mentre continuava a masticare con la bocca irresistibilmente sporca di farina.

"Io e te."

Rin addentò l'altra estremità del mochi soffice e gommoso mentre iniziava a infilare le piccole mani sotto la camicia del marito dopo averla sfilata dai pantaloni. Prima che le loro bocche entrassero in contatto aveva già sdraiato Obito di schiena sulla scrivania mentre la camicia finiva sul pavimento insieme al leggero golfino di lei. La tastiera del computer fece la stessa fine mente le dita di Rin si facevano prepotenti tra i capelli del marito, i tasti saltarono via tintinnando in ogni direzione. Una piccola esplosione.

Pazienza, vorrà dire che me ne farò una di quelle di gomma flessibile, inizio ad essere troppo vecchio per sopportare tutto il giorno il crepitio dei tasti.

L'irruenza delle dita di Rin adesso Obito la avvertiva sui fianchi, le labbra della moglie, invece, erano dolci sulle sue e ancora profumate di tè verde. Quella gonna era bellissima e su un fisico minuto come quello di Rin ci stava a pennello, ma adesso il suo lavoro lo aveva già svolto per cui volò via attraverso la stanza finendo sullo scaffale dei faldoni incastrandosi sullo spigolo di uno di essi. A quella scena la caratteristica risata di Rin sembrò un concerto di campanelli. Slacciò i pantaloni di Obito mordendosi il labbro inferiore mentre ciuffi di capelli le ricadevano sul viso senza più controllo. Le piaceva stuzzicarlo un po' prima di sfilargli i boxer, per questo si sedette sulla sua erezione ancora imprigionata mentre con le piccole dita gli stuzzicava i capezzoli. Obito perse il controllo di sé per qualche istante mugolando con gli occhi chiusi e la testa all'indietro, la porta non era stata chiusa a chiave e ormai era troppo tardi per pensarci e rimediare.

Obito riuscì a riprendersi quel tanto che gli consentì afferrare le natiche della moglie sfilandole i collanti neri con una veemenza tale da smagliarli, gli piaceva ghermirla per attirarla verso il suo corpo fino a ricreare l'incastro perfetto che lui aveva sempre amato tanto; iniziò a succhiarle i piccoli seni perfetti e proporzionati nelle loro ridotte dimensioni. Lei non si preoccupò delle calze rotte che tutti i colleghi del marito avrebbero notato vedendola andare via, le loro risposte le avrebbero trovare direttamente sul viso soddisfatto di lui.

Fu Rin a prendere l'iniziativa di formare la fusione perfetta facendo finalmente sparire la barriera dell'intimo per fare entrare il marito dentro la sua carne bollente, Obito si sarebbe stupito per tutta la vita di quanta energia era capace di nascondersi in quel piccolo corpo. Continuava a stringere le natiche della moglie allargandole con forza, il dolore che Rin avvertiva non faceva altro che accentuare il suo piacere. Obito la lasciava condurre facendo decidere il ritmo interamente a lei, era dolce e caldo come le placide onde del mare in estate.

Liscio. Morbido.

L'orgasmo fu silenzioso, solo impercettibili sospiri. Obito aveva sempre pensato che le cose perfette non hanno bisogno di chiasso per farsi notare. Per loro era così da sempre, non era mai stato necessario compiere degli sforzi per sincronizzarsi o per mettersi d'accordo su cosa dire e cosa no. Obito era convinto che probabilmente si erano già incontrati in infinite vite prima di quella e così sarebbe stato per sempre, erano destinati uno all'altra sin dall'inizio del mondo.

Fu dolcissimo accasciarsi insieme sulla scrivania, Rin rotolò lateralmente afferrando uno spiedino di dango, dopo aver mangiato la prima pallina lo offrì al marito.

"Come sta Konan?" chiese Rin dopo che il calore della recente passione fu completamente rientrato.

"Sono preoccupato per lei. Stare in compagnia di Akira le rende felice ma purtroppo è rimasta l'unica occasione in cui lo è."

Rin sospirò mettendosi seduta: "All'inizio dell'estate le promisi che il suo amore non sarebbe caduto nel vuoto. Dobbiamo fare qualcosa per aiutarla, il più presto possibile."

"Hai ragione, domani chiamerò Neji." disse Obito rimettendosi la camicia.

Baciò la moglie orgoglioso della sua bontà, non si sarebbe fermata davanti a niente per aiutare l'amica e lui avrebbe fatto altrettanto.