La figlia del senatore
Cap.7
"Capitano, quanto rimarrà in missione Flynn?"
"Non so tenente Provenza, aspettiamo che la situazione si evolva. Attenderemo il suo rapporto per capire come si svolgeranno gli eventi. Intanto mi aggiorni sul nostro caso di omicidio, a che punto siamo?"
"Siamo a un punto morto, purtroppo. Tutti gli indizi e le prove non portano a nulla, è una cosa strana. Sento che c'è qualcosa che non quadra, in questo omicidio, perchè la scena del crimine, sembra fatta apposta, sembra quasi una messinscena."
"Trovi tutto quello che c'è sul sig. Morrison, dobbiamo capire perché è stato ucciso."
"Julio deve sentire un dirigente dell'azienda del sig. Morrison, forse potrà illuminarci su un possibile movente."
"Bene tenente Provenza, proceda e mi tenga informata."
"Sì capitano." Provenza rimase ancora davanti alla scrivania del capitano. Dopo un momento di silenzio, il capitano alzò lo sguardo "Ha bisogno di altro, tenente?"
"Ehm capitano … Flynn sta bene?"
"Certo che sta bene."
"Bene, allora andiamo avanti con le indagini." Provenza uscì dall'ufficio.
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"Allora Andy, mi farai sapere se hai bisogno di altro, grazie." Detto questo il senatore andò via lasciandolo davanti alla porta della camera della figlia. Una volta bussato, Tilly corse subito ad aprirgli in mutandine e reggiseno.
"Finalmente non vedevo l'ora di stare con te. Ieri alla festa sei scappato via troppo presto."
"Mi sono ricordato di avere un impegno."
"Vorrà dire che ci rifaremo."
"Potresti vestirti?" Il tono era scocciato.
"Come scusa?"
"Tilly, ti ho chiesto di coprirti, per favore." Flynn cercò di mantenere la calma. Scosse la testa, sapeva che si era infilato in un guaio.
"Perché non ti piaccio? Oppure non vuoi che ci trovino in situazioni compromettenti?" Chiese Tilly sorridendo ingenuamente.
"O ti vesti o me ne vado e tanti cari saluti alla guardia del corpo." Era serio e il tono risoluto.
Tilly rimase interdetta e stupita per quella risposta, si mise addosso un kimono e continuò a parlare come se nulla fosse. Tra le tante cose, disse ad Andy che quella sera sarebbe andata alla festa della sua amica Jessy, la figlia del procuratore Clarckson.
"Direi di valutare insieme la situazione." Cercò di essere conciliante, aveva capito che aveva a che fare con una bambina viziata, anche se già maggiorenne.
"Non rinuncio alla mia vita solo per qualche invidioso, voglio divertirmi senza limitare le mie azioni."
"Ascolta, ci sarà tanta, troppo gente, non riuscirò a garantire la tua sicurezza, devi capire che dobbiamo fissare delle regole, altrimenti non sarai al sicuro."
"Cosa proponi?"
"Rimani a casa."
"Non se ne parla neanche, la mia amica Jessy ci rimarrebbe male e poi voglio andare alla sua festa, sarà piena di bella gente e forse ci sarà anche Jason."
"Chi è Jason?" Tutta la situazione stava diventando ingestibile.
"E' un ragazzo che mi piace … non sarai mica geloso Andy?" Rise maliziosamente, quasi a prenderlo in giro, ma in fondo voleva farlo ingelosire.
"Non dire stupidate Tilly. Cosa sai di questo ragazzo?"
"So solo che frequenta la stessa università di Jessy e l'ho visto ad un paio di feste. Mi piace. Voglio andare alla festa! Dai, ci sarai anche tu, mi sento già al sicuro!"
"Tutto bene dolcezza?" Il senatore entrò in camera di Tilly.
"No papà, non va bene niente! Andy dice che non posso andare alla festa di Jessy!" Adesso era la bambina che piange davanti al papà. Andy scosse il capo, doveva armarsi di tanta pazienza. Prese fiato "Senatore, non sarebbe sicuro andare ad una festa pubblica, con tanta gente, ci sarebbero troppe variabili, troppo pericoloso."
"Papà ti prego!" Tilly guardò il padre con due occhi languidi.
"Tilly, sai che sei in pericolo! Ascolta, puoi fare una festa qui, chiama le tue amiche e festeggerete qui!"
"Ma io volevo andare alla festa di Jessy!" Disse Tilly piagnucolando davanti al padre. Andy sollevò gli occhi in alto, era una scena patetica, scosse la testa e sperò nel buon senso del senatore.
"Andy ha ragione, dobbiamo essere prudenti."
"Ma io cosa faccio stasera, se sono tutti alla festa di Jessy?!" Implorò Tilly. Il senatore scosse la testa, non riusciva a dire di no alla figlia e alla fine, esasperato "Va bene. Andremo alla festa!"
"Cosa?!" Esclamò Andy, era esterrefatto per il cambiamento di opinione del senatore. Aveva ceduto dopo due secondi, non era possibile lavorare in quel modo.
"Grazie papà!" Esultò Tilly felice.
"Ma… staremo solo due ore e non ti allontanerai da Andy." Il senatore puntò un dito contro la figlia, cercando di sembrare autorevole.
"Oh, sarò più che lieta di ubbidire a questo! Starò vicino ad Andy!" Tilly si avvicinò ad Andy e l'abbracciò sorridendo soddisfatta.
"Andy, non toglierai gli occhi da mia figlia e sarai il suo custode. E' deciso! Chiedi al nostro maggiordomo, ti fornirà abiti e tutto quello che ti serve. Ci vediamo per le 19.30 e andremo a casa del procuratore Clarkson. Ci vediamo dopo cara." Disse il senatore avvicinandosi alla figlia e baciandola sulla guancia.
"Grazie papà."
Andy rimase a guardare la scena allibito, chiedendosi perché volevano proprio lui. Non c'entrava proprio niente con quel mondo fatto di lusso e sfarzo. Si sentiva fuori luogo e il suo disagio crebbe di più, quando il maggiordomo gli mostrò lo spogliatoio della servitù con dentro il completo che Tilly aveva scelto per lui per la serata.
Non sarebbe neanche riuscito ad affittare un vestito così bello e raffinato, nonostante fosse un semplice paio di jeans, stivali da motociclista, giubbotto in pelle e camicia bianca, cioè il suo look per le uscite casual con Sharon. Sharon. Quanto voleva sentire la sua voce. Ma non c'era tempo, non c'era privacy con Tilly, sempre dietro le spalle e certo non l'avrebbe chiamato dopo il suo modo maleducato con cui l'aveva trattata. Intanto 24 rose rosse erano alla Crimini Maggiori sulla scrivania del capitano Raydor.
TBC
