Obito non riusciva a fare altro che stare seduto mezzo rannicchiato con i gomiti puntati sulle cosce e la faccia sprofondata nelle mani. Gli occhi gli bruciavano, la testa gli pulsava dolorosamente, non sopportava più né la luce e né i suoni di qualunque genere fossero. Erano solo le due del pomeriggio e già si sentiva come se non dormisse da tre giorni. Stava su una rigida sedia di plastica nel corridoio dell'ospedale. Rin era riuscita a mangiare finalmente qualcosa dopo aver parlato per più di un'ora con uno psicologo, adesso era seduta accanto a lui a sorseggiare lentamente un succo di frutta, tuttavia non riusciva a staccare i suoi grandi occhi castani da Yahiko che stava piantato davanti a quel vetro. Nessuno poteva entrare nella stanza della terapia intensiva dove si trovava Nagato, se tutti loro avessero tardato di poco ad aprire quel maledetto portone probabilmente non ci sarebbe stato più nulla da fare per lui. Si era praticato dei tagli sulle braccia utilizzando i vetri provenienti dalla finestra che aveva frantumato, non erano molto profondi ma la sua precedente debolezza causata dalla denutrizione era finita col fare il resto. Per il momento potevano vederlo soltanto da uno spesso vetro rimanendo nel corridoio, Yahiko era lì ad appannarlo col fiato da quando erano arrivati per fissare quel misero groviglio di fili e tubi da cui uscivano delle ciocche color vinaccia, non riuscendo a darsi pace; era talmente vicino che a volte i suoi piercing tintinnavano sulla superficie trasparente. Rin gli era andata accanto posandogli le mani sulle spalle per proporre anche a lui una seduta con lo psicologo dove lei stessa era stata, Obito, dalla sedia da cui non aveva più la forza di alzarsi, lo aveva visto scuotere quella testa di fiamma viva lasciando andare due lacrime dagli occhi strizzati un un'espressione disperata. Shisui a volte andava da lui per offrirgli un caffè o qualcosa da mangiare, Yahiko accettava senza tuttavia spostarsi di lì, Anche Itachi si sentiva terribilmente responsabile nei confronti di Nagato, ora era steso su una barella sul lato opposto del corridoio rispetto a Obito, fino a poco prima il suo elettrocardiogramma era stato monitorato costantemente mentre ora passava un'infermiera a controllarlo di tanto in tanto. Obito aveva lasciato a Kisame il suo spazio capendo al volo che c'era qualcosa di speciale in quello che provava nei confronti di Itachi; non faceva niente di particolare, tuttavia il modo in cui gli sfiorava di tanto in tanto una mano o i capelli, lo sguardo che aveva sul viso mentre lo faceva, e il fatto che avesse spostato una sedia appositamente per stare accanto a lui, tutto questo insieme aveva qualcosa di impareggiabile. Obito aveva saputo, tramite Kakuzu, quello che era accaduto nel privè del Susanoo circa due anni prima. Il manager gli aveva parlato di un cliente alto e molto muscoloso con dei particolati capelli blu scuro pettinati a spazzola, che aveva fatto il diavolo a quattro per stare solo con Itachi per poi parlare e basta, proprio quella sera lui e Kisame si erano rincontrarti dopo tanti anni, dal giorno in cui Madara era scomparso, Obito aveva capito immediatamente che era Kisame il cliente di cui Kakuzu gli aveva parlato. Nonostante tutto si sentiva sollevato per Itachi, se non fosse stato per la vicinanza di Kisame forse questa volta il suo cuore, provato da tutto il dolore a cui aveva dovuto far fronte sin da quando era molto giovane, avrebbe anche potuto non reggere. Se Kisame era stato inconsapevolmente la salvezza di Itachi quel dannato giorno, Rin lo era stata nei suoi confronti poco dopo la scomparsa di Madara. Ricordava perfettamente quell'occasione in cui il suo telefono aveva squillato inaspettatamente, lui era talmente divorato dalla rabbia e dal dolore da ritenersi erroneamente contento che Madara non fosse rientrato a casa e per aver preso la decisione di non vedere più Naruto, Kiba e Kisame, in particolar modo riteneva quest'ultimo responsabile di aver allontanato Madara da lui. Si sentiva vittima di profonde ingiustizie all'epoca, Rin lo aveva abbandonato subito dopo l'incidente in cui aveva perso i genitori, Madara e Kisame erano ritenuti incapaci di comprenderlo e non aveva certo voglia di uscire a divertirsi in compagnia di Kiba e Naruto. Per questo era finito con l'ignorare qualunque persona avesse fatto il tentativo di cercarlo sia tramite telefono che a casa. Non aveva nemmeno il desiderio di riprendere contatti con Itachi e Sasuke, due persone distrutte dal dolore in quel momento non erano certo la soluzione migliore, non aveva più contattato neanche Shisui avendo riversato tutta la sua vita e le sue aspettative su Madara, d'altronde era stato l'unico a rimanergli accanto durante quei difficili anni, ecco perché era finito a sentirsi così profondamente tradito da lui.
Madara, stavi solo cercando di essere felice, la mia vicinanza non era facile, ora l'ho capito, anche tu sentivi il bisogno di farti una vita e questo non avrebbe significato abbandonare me, spero che un giorno riuscirai a perdonarmi.
Tuttavia all'epoca non la pensava così, il giorno in cui ricevette la chiamata inaspettata di Rin era ancora in preda al rancore. Si era attaccato alla sua voce come una calamita, come mastice: era una persona che aveva considerazione di lui dopo che per tutti era come se fosse trasparente e questo ebbe per lui i contorni di un autentico miracolo. La sua voce squillante gli era sembrata come musica suonata dagli angeli attraverso quella cornetta, non aveva nient'altro che lei, ora. Gli aveva proposto un semplice caffè insieme, poteva significare tutto o niente, tuttavia lui si era accorto di riversare, come aveva fatto con Madara, la totalità delle sue aspettative su quell'appuntamento. Dentro di se sapeva che non era giusto affidare tutta la propria esistenza esclusivamente nelle mani di una sola persona, tuttavia ammettere questo in quel momento avrebbe significato rimanere totalmente solo. Quando la vide, si accorse che Rin non era cambiata per niente, il suo buon umore trascinate, il trillo della sua risata, si era solo accorciata un po' i capelli castani che prima le arrivavano alle spalle, tuttavia questo le donava un aspetto ancora più giovanile e genuino, da quando l'aveva conosciuta aveva sempre trovato il modo di dimostrare molto meno della sua reale età. In quel bar non c'era stato il tempo di parlare, quel primo appuntamento era servito soltanto per grattare via la ruggine che si era accumulata durante gli anni in cui non si erano visti. Si erano continuati a sentire nei due giorni successivi quando Rin lo spiazzò letteralmente invitandolo a fare una passeggiata al luna park. Obito si sentiva un pesce fuor d'acqua in quell'immensa piazza gremita di famiglie con bambini e ragazzini, tuttavia si faceva trascinare da quella piccola mano. Rin rideva, era freddo quella sera, nuvolette di condensa si gonfiavano intorno alla sua piccola bocca, resa scintillante da un lucidalabbra trasparente forse con qualche piccolo brillantino, ad ogni parola. Obito all'inizio ritirava un po' il collo nella sua sciarpa blu scuro infilando le mani nelle tasche del suo elegantissimo cappotto grigio, ma dopo pochi munti quella donna dal fisico smilzo e sottile, gli aveva fatto dimenticare, dopo tanti anni, che il suo occhio sinistro se ne era andato insieme ai suoi genitori nel giro di un attimo in mezzo a una strada, afferrava le sue mani senza fare caso se una di essere era straziata dalle cicatrici. Rin gli aveva fatto dimenticare il suo sopracciglio e la sua fronte martoriati che lui nascondeva ad arte sotto la frangia di capelli neri leggermente scomposta. Non esisteva più Madara mentre lei lo guidava in direzione del tiro a segno; non avevano più importanza le serate piene di allegria di Naruto e Kiba imbracciando lui un fucile e lei una pistola che sparavano piccoli pallini di gomma. Obito rideva ora per la prima volta dopo tanto tempo buttando giù lattine vuote di bibite.
Non ridevo in modo sincero da quando tu mi avevi lasciato, Rin.
Ora era tornata la sua vita, la vedeva in quelle luci colorate che lo circondavano rallegrando quella bella serata, la ritrovava nelle nuvolette di vapore che salivano dal macchinario dello zucchero filato e nella fragranza delle caldarroste, era fusa con il vociare dei bambini e la musica che si faceva fatica a seguire dal momento che, nella piazza, venivano trasmessi più brani contemporaneamente. Si era illuso di ritrovarla in Madara, la sua vita, ma ora si accorgeva che era stata sempre tutta lì, quel corpo minuto riusciva ad accoglierla tutta.
Il cervello può concentrarsi massimo su una canzone per volta se non si vuole finire a sentire solo una grande confusione, ma stasera non esiste niente se non te, Rin, tu e la mia vita siete la stessa cosa. Io e te siamo la stessa cosa.
Non gli importò niente di quando errato fosse questo modo di pensare mentre vinceva per lei una soffice tigre bianca di peluche dagli occhioni azzurri. Non gli importava di annullare se stesso dentro gli occhi di lei mentre la baciava all'improvviso senza dire niente. Aveva unito le loro labbra così, come se tutti quegli anni trascorsi lontano l'uno dall'altra senza che lui avesse mai ricevuto una spiegazione, avessero avuto il valore di meno di un giorno; ne suggeva avidamente l'aroma di ciliegia di quel lucidalabbra semplice ma parte integrante del suo stile e della sua persona. Non aveva più la minima importanza la preoccupazione di Kisame che era venuto a cercare lui e Madara a casa due giorni prima di Natale mentre lui si nascondeva vigliaccamente dietro alla tenda, non considerava per niente il fatto che avrebbe finito per struggersi in eterno chiedendosi che fine avessero fatto entrambi mentre spingeva Rin contro la sua macchina infilandole le mani sotto la gonna di liscio velluto rosso scuro. Non voleva spiegazioni sul perché lei lo avesse lasciato solo in una circostanza così difficile della sua vita, tutte queste domande, che avevano affollato la sua mente negli anni e da cui nessuno era riuscito a distrarlo, erano state cancellate in un secondo.
L'aveva stesa completamente nuda su quello stesso divano in cui aveva sorpreso Kisame e Madara soltanto qualche giorno prima; adesso disseminati sul parquet del suo salotto non c'erano le buste dei regali sfuggite dalle mani del cugino bensì il loro vestiti gettati in terra da subito dopo il portone, i primi capi subito dopo la soglia erano il cappotto rosso vermiglio e il basco di pelliccia dello tesso colore di Rin. Obito era rotolato sulla schiena portandosi sopra Rin, stava esponendo il suo petto pieno di cicatrici adesso ma non gli era mai importato niente se a vederle era lei. Poteva godere in pieno solo se quella pelle ruvida era sfiorata da quelle piccole mani, soltanto adesso i suoi sospiri erano liberi di uscire senza timore. Il fisico della donna era piuttosto androgino, i seni piccoli con i capezzoli rosa chiaro, a Obito piaceva sfiorarli con il palmo delle mani sentendo quella sensazione di pura seta che non aveva avvertito mai da nessun'altra parte. Nonostante fosse magra Rin era comunque ben proporzionata, la vita sottile, le natiche rotonde anche se piccole le conferivano una perfetta forma a clessidra in cui Obito lasciava sciogliere la sua mente eccitata. Rin gli si era seduta sul bassoventre e lui aveva sussultato soltanto sentendo il bagnato della sua eccitazione che andava aumentando, avvertì come un incendio implacabile divampargli intorno mentre si alzava per baciare e succhiare il piccolo ombelico della donna, il gemito che mandò lei ebbe il potere di fargli perdere completamente la ragione. Sprofondò dentro la sua carne bollente senza porsi tanti scrupoli scivolando come se fosse burro fuso. Gli era mancata così tanto che era impossibile descrivere la sensazione usando solo le parola inventate fino a quel momento. Obito inarcò all'indietro la testa sentendo la lingua di Rin seguire le vene che sicuramente ora si erano gonfiate allo spasimo sul suo collo. La sollevava ad ogni profonda spinta del suo bacino godendo del contatto della pelle vellutata dei suoi glutei. Fece scivolare le sue mani frementi seguendo la curva della sua vita che andava allargandosi sui fianchi mentre lei gli circondava il busto con le braccia stendendosi su lui. I piccoli seni ora erano appoggiati alla base del suo collo mentre lei lo imprigionava in un bacio senza fine assecondando i suoi movimenti cadenzati e flessuosi. A Obito sembrava di vedere l'aria tremare tanto era intenso il calore sviluppato dalla loro pelle, saliva in volute fondendosi insieme.
Sì, Rin, io e te siamo sempre stati una cosa sola, io non sono nessuno senza di te e non mi interessa sapere se anche per te è lo stesso.
Il momento in cui furono pienamente insieme Obito si sentì completo come se l'incidente non gli avesse strappato mai niente, Rin da sola sola riusciva a colmare la mancanza dei genitori e dell'occhio, la perdita della bellezza che aveva caratterizzato il suo giovane viso. I complessi di inferiorità nei confronti dell'aspetto di Madara si annullavano in quell'orgasmo raggiunto all'unisono senza bisogno di attesa da parte di uno dei due. I visi di Kisame, Naruto e Kiba sparivano in quella luce che Rin sembrava emanare mentre mugolava e sospirava sopra di lui con i grandi occhi chiusi, il passato sembrava essere stato rimosso con un semplice colpo di spugna. Mentre erano rimasti abbracciati a coccolarsi su quel divano che ne aveva viste così tante in pochi giorni e coprendo i loro corpi nudi rimasti avvinghiati con un soffice plaid, Obito non si poneva minimamente il problema che delle persone soffrissero per causa sua, si preoccupava solo di lei e del tempo in cui erano stati distanti.
"Mi dispiace, Rin, perdonami se ti ho fatta allontanare da me" aveva mormorato baciandola sulla fronte.
Lei aveva sollevato quel dolce sguardo puntandolo nei suoi occhi neri mentre gli accarezzava la corta frangia tirandola indietro per dimostrargli che non temeva né le cicatrici e né la protesi oculare: "Obito, qui se esiste qualcuno che deve chiedere perdono quella sono io, non sono stata capace di starti accanto in un momento devastante come quello fuggendo via come una vigliacca. È accaduto tutto così improvvisamente che avevo bisogno di tempo per capire dove mettere le mani. Dentro di me la volontà di aiutarti era presente dall'inizio solo che era stata momentaneamente offuscata dal dolore. Non sai quanto ho pianto per te, Obito, tuttavia l'importante è che ora io sia tornata per non lasciarti mai più."
I suoi occhi si erano fatti lucidi confessando tutto questo, Obito non fu mai minimamente sfiorato dal dubbio che potesse non essere sincera. Si erano addormentati lì su quel divano sereni come non lo erano entrambi da anni.
Nel corso dei giorni e delle settimane successive tuttavia Rin si era resa conto che qualcosa non andava, non era stato difficile per lei rendersi conto di come Obito riversasse su di lei tutte le sue energie arrivando al punto di annullare se stesso. Se ne era accorta dalla velocità praticamente istantanea con cui rispondeva ai suoi messaggi e alle chiamate come se avesse il telefono sempre sotto mano non aspettando nient'altro che lei. Annullava appuntamenti e impegni pur di stare insieme anche per pochi minuti, il fatto che le avesse raccontato tutto quello che era accaduto con Madara poco tempo prima e vedendo come scaricava l'intera colpa su Kisame l'aveva aiutata a capire come stavano veramente le cose, sembrava che Obito avesse bisogno dell'attaccamento esclusivo ad una sola persona che poi gestiva in maniera molto possessiva. Una donna qualunque, anche qualcuna di sua conoscenza, purtroppo, si sarebbe approfittata di questa situazione sentendosi libera di fare i propri comodi avendo sempre un porto sicuro in cui tornare a rifugiarsi nel caso le cose andassero male. Ma lei lo amava davvero quell'uomo spezzato dalla vita per questo aveva dato tutta se stessa affinché riprendesse fiducia nella sua persona riallacciando progressivamente i rapporti dapprima con Shisui e successivamente con Sasuke e Itachi. Era stata una famiglia segnata dalle disgrazie in cui sentiva il bisogno di spargere la sua gioia e positività. Ritrovare Madara e aiutare Itachi a mandare avanti sia la sua vita che quella del fratello minore, nonostante i suoi evidenti problemi di salute, era diventata ben presto una delle sue priorità spinta dalla sua naturale e genuina empatia. Impossibile non volerle bene, il giorno in cui Obito aveva annunciato a tutta la famiglia il desiderio di sposarla era stata accolta da abbracci e sorrisi, l'unico grande rammarico che aveva gettato qualche ombra su quella immensa gioia, era stato non avere Madara presente tra gli invitati. Obito si sentiva tremendamente in colpa sia nei suoi confronti che in quelli di Naruto, Kiba e Kisame, quella sera al Susanoo in cui Kisame aveva parlato con lei chiedendo chi fosse il moretto sconsolato seduto al tavolo da solo, si era accorta immediatamente di chi si trattava basandosi sulle descrizioni fatte dal marito, ecco perché aveva cercato di favorire un avvicinamento sia pur molto lento e progressivo tra il marito e quegli amici che non avevano mai smesso di pensare a lui.
In quel pomeriggio di primavera che era iniziato come una giornata qualunque per poi trasformarsi un una grande catastrofe, nonostante il gesto estremo compiuto da Nagato, Rin nel suo innato ottimismo, riusciva a scorgere le chiavi per sistemare le cose tra tutte le persone che ora si trovavano in quell'ospedale. Fece un piccolo sorriso appoggiando una manina su una coscia del marito.
So che tutto questo, anche se terribile, non è accaduto senza un motivo. Obito è cambiato e ora i tempi sono maturi per fargli riprendere la vita da dove l'aveva lasciata. Itachi, Sasuke e Shisui sicuramente avranno qualcosa di meglio da quella vita che li ha sempre traditi, Kisame è pronto per entrare a far parte della famiglia, lui e Itachi si vogliono già bene anche se forse avranno bisogno di tempo per riconoscerlo l'uno all'altro; e sono certa che Yahiko e Nagato, una volta fuori di qui, saranno fratelli come non lo sono mai stati. Madara, questa è la famiglia che hai sempre sognato e che è pronta ad accoglierti.
