Sasuke a volte percepiva il cervello come se andasse su di giri, se fosse stato in compagnia di qualcuno in quei momenti avrebbe parlato velocemente e con un tono di voce di almeno un'ottava al di sopra del normale, avrebbe sentito presto le fauci asciugarsi, ma dopo un bicchiere d'acqua, avrebbe potuto continuare da dove era rimasto. Tuttavia da quel giorno di primavera di tanti anni prima aveva iniziato ad evitare la compagnia delle persone. Si era progressivamente rinchiuso nel suo guscio di dolore percependo il resto del mondo come superficiale e poco comprensivo. Gli anni più difficili per lui erano stati quelli dell'adolescenza, a quell'età i ragazzi isolano istintivamente il compagno percepito diverso senza rendersi conto in pieno dei motivi del loro atteggiamento, lo fanno e basta. Nonostante fosse sempre stato un ragazzino silenzioso all'inverosimile, coloro che aveva intorno riuscivano comunque a distinguere il dolore che trasudava pur non facendone mai parola. Per questo aveva incominciato a reputarsi scarsamente interessante come carattere e personalità e a puntare tutto sulla sua oggettiva bellezza, ritenuta erroneamente il suo unico punto di forza. Il fatto che fosse uno studente modello aveva contribuito a renderlo oggetto di invidia, e di conseguente ulteriore isolamento, da parte degli altri.
Itachi, ma come ci riesci?
Si era posto questa domanda più o meno da quando la sua testa di piccolo bambino aveva imparato a formulare frasi. Prima dell'incidente si chiedeva come facesse il suo fratello maggiore a ingraziarsi, senza alcuno sforzo, i genitori, gli insegnati, amici anche molto più grandi di loro e quel cugino maggiore che lui ammirava tanto, Shisui; a Itachi tutto ciò veniva naturale, con la massima umiltà e senza mai far intravedere un briciolo di arroganza. Sasuke aveva presto constatato che quando provava lui a farsi notare per qualcosa, finiva per gonfiarsi troppo inducendo gli altri a voltargli ancora di più le spalle, storcere le bocche e distogliere gli sguardi; per questo aveva presto imparato a parlare di se il meno possibile e a cavarsela da solo più o meno in tutto. Prima della tragedia erano usciti spesso insieme lui, Itachi e Shisui. Avevano fatto delle passeggiate in bicicletta, a piedi in qualche parco, sul mare, qualche serata al luna park, qualche gelateria o fast food, cose normali a quell'età, insomma, tuttavia lo schema che emergeva era sempre il medesimo: i due più grandi avanti e lui che li seguiva sentendosi lasciato ingiustamente in disparte.
O forse sono io che mi pongo in questo modo facendo in modo di autoisolarmi senza rendermene conto? Itachi perché tu piaci a tutti senza sforzi?
Vedeva Shisui afferrare la mano di Itachi, fargli scivolare il braccio intorno alla vita per attirarlo verso di se, in determinate occasioni se lo caricava in spalla e poi rideva e scherzava come se lui non ci fosse.
"Itachi, tu sei il fratello minore che io non ho mai avuto" aveva detto un giorno, quella frase detta con tanta innocenza e leggerezza, lo aveva marchiato a fuoco.
E io chi sono, invece? Forse sono io che esagero, magari sono troppo possessivo o esiste troppa differenza di età.
I messaggi che Shisui gli mandava in effetti erano contrastanti, il suo sorriso gioioso e i giochi che gli faceva fare avevano la capacità di cancellare tutto in un istante anche se non riusciva a scollarsi di dosso l'ombra del fratello maggiore.
Invece con Itachi era diverso, Sasuke, pur ritenendolo inarrivabile, pendeva letteralmente dalle sue labbra a quell'età. Lo faceva sentire importante, lo prendeva per mano facendogli vedere e insegnandogli un sacco di cose, aveva una pazienza infinita, colmava quelle carenze che sembravano avere suo padre e le persone che lo circondavano.
"Perchè papà parla sempre di te con la mamma, Nii – san?"
Itachi gli aveva rivolto un dolce sorriso, erano nella loro villa di campagna, la breve pausa che aveva fatto il maggiore prima di rispondergli era stata riempita dal ronzio degli insetti e dal canto degli uccelli: "quando rimane solo con me non fa altro che nominare te, invece."
All'epoca aveva preso a saltellare felice abbracciando stretto il suo Nii – san, ma oggi, col senno di poi e conoscendo bene Itachi, non era più sicuro da tempo che quella fosse stata la verità.
Sasuke rifuggiva la compagnia pur avendone bisogno, si accorgeva che la solitudine lo faceva soffrire tuttavia tendeva a cercarla in modo istintivo; a volte si sforzava di allacciare dei rapporti, questi erano comunque destinati a fallire dopo poco per la sua inevitabile tendenza a chiudersi a riccio.
Vorrei degli amici e invidio chi li ha, ma dopo poco sento di nuovo il bisogno di stare solo, cosa desidera il vero me? Sarei stata una persona diversa se quel maledetto giorno fosse andato diversamente e se non costruissero i trattori cingolati con i comandi così duri?
Sospirò camminando svelto e infilandosi le mani in tasca, quando sentiva il cervello andare in sovraccarico, usciva sempre a fare delle lunghe passeggiate a piedi. Era una delle poche cose che riusciva a dargli davvero piacere, inforcava le cuffie con la sua musica preferita lasciando andare la fantasia a fondersi con quelle note. Aveva sempre fatto tutto da solo, anche calmare se stesso rientrava in questo. Itachi gli aveva spesso detto che Madara possedeva il suo stesso e identico carattere, ma lui lo aveva visto talmente poco che a malapena riusciva ad avercelo presente, ricordava solo dei capelli davvero fuori dal comune, lunghissimi e molto folti, era a conoscenza del fatto che era letteralmente sparito dalla faccia della terra gettando tutta la famiglia nell'apprensione; Obito stava facendo il diavolo a quattro per ritrovarlo, tuttavia lui non riusciva davvero ad entrare in questa visione delle cose. Quasi ogni volta che usciva per scaricarsi finiva al porto, si inoltrava fino in fondo al solito molo per affidare al mare tutti suoi pensieri. Aveva visto e sentito di tutto, quel mare, quello era anche il posto perfetto per piangere senza che nessuno vedesse e si accorgesse di niente, in fondo anche le lacrime erano acqua per cui, una volta disperse tra i flutti, perdevano il loro significato e quel motivo di imbarazzo che gli avrebbero generato di fronte a una persona. Ora le sentiva bruciare dietro agli occhi, piegò la testa di lato comprimendo le labbra sottili cercando di trattenerle ancora un po'. Quel disastroso Capodanno di un paio d'anni prima era finito, suo malgrado, per essere diventato una tappa fondamentale della sua vita. Itachi era ritornato su quel discorso che per lunghi anni era stato quasi una sorta di tabù, gli aveva confessato di avere annullato se stesso e le sue emozioni unicamente per proteggerlo, per non rischiare di sbagliare ancora come un quel giorno di primavera, l'ultimo in cui aveva messo piede in quella tanto amata casa di campagna. Gli aveva tenuto persino nascosti i suoi problemi di salute che si stavano facendo sempre più seri per non farlo sentire frenato, in qualche modo, da questo. Aveva rischiato di perderlo senza neanche saperlo. E lui cosa aveva fatto fino a quel famoso Capodanno? Non era stato capace di altro se non di odiarlo, gli aveva sputato addosso accuse e attacchi di ogni genere. Itachi si era scusato, quella sera, aveva chiesto perdono anche per cose non commesse, per non essere stato il fratello che Sasuke avrebbe voluto. Lo aveva tenuto a distanza non perché lo disprezzasse o si vergognasse di lui, bensì perché cercava di non farlo soffrire ulteriormente sperando che un giorno l'amore avrebbe potuto di nuovo affacciarsi ancora nel suo cuore. E infatti da quella sera Sasuke aveva compreso che Itachi aveva avuto ragione, come sempre del resto, l'amore c'era sempre solo che lui si rifiutava di vederlo.
Invece lo sei stato, Nii- san, il fratello che ho sempre desiderato, sempre. Sei stato tutto rimanendo nascosto, senza chiedere niente.
Mamma e papà avrebbero fatto meglio un sacco di cose. Questo aveva detto Itachi quella sera.
Tu sei stato migliore, Nii – san, quando i meriti li hai li devi accettare e basta.
La prima lacrima era scesa lentamente sulla sua guancia destra, mentre i suoi occhi grandi e neri si perdevano nello scintillio del sole sulle onde. Adesso quell'amore era tornato portandosi dietro un vuoto che gli risultata difficile da accettare, la mancanza di tutti quegli anni persi per causa sua. Lui e Itachi avevano sempre avuto due caratteri totalmente opposti di conseguenza due metodi altrettanto diversi di reagire al dolore. Itachi si teneva tutto dentro senza perdere quella dolcezza, amore e calma che lo avevano sempre caratterizzato anche se lui faceva di tutto per tenerli nascosti con ogni mezzo possibile; si caricava il dolore sia suo che quello degli altri, sulle sue esili spalle per trasportarlo tutto da solo. Sasuke, invece, reagiva con ardore e desiderava combatterle quelle avversità che avevano fatto tanto soffrire la sua famiglia. Strinse con forza i pugni e i denti mentre le sue labbra si piegavano un un broncio e le sopracciglia si aggrottavano.
Non è giusto, Nii – san! Non è giusto per te e per me, non lo è per Obito e per Madara, avete dato tutto per me e ora è giunto il momento che sia io a fare qualcosa per voi!
Un'altra lacrima era scesa seguita da altre ormai inarrestabili. Quella sera Itachi si era scusato ma in realtà sentiva di essere lui quello che doveva chiedere perdono. Il dolore, per Sasuke, si tramutava spesso in rabbia, stavolta rivolgeva il sentimento negativo esclusivamente verso se stesso, il senso di colpa nei confronti di Itachi gli faceva percepire un buco nero nel petto capace di risucchiare tutti i suoi sentimenti, anche quelli positivi. Era anche questa la grossa differenza tra lui e Itachi, il più piccolo perdeva di vista facilmente le cose buone che aveva dentro accecato e trascinato violentemente da quelle negative. Il maggiore lo conosceva talmente bene da vedere la buona fede e l'amore anche in mezzo a queste tempeste di cui era spesso preda, tuttavia per la maggior parte delle persone non era così ecco perché Sasuke era finito quasi sempre a far parte degli incompresi. Doveva chiedere perdono non solo a Itachi, ma anche a Obito e Shisui, i suoi cugini si erano fatti in quattro per aiutarlo dopo l'incidente nonostante anche loro avessero le loro difficoltà, tuttavia lui non aveva saputo vedere altro che il suo odio verso Itachi. Obito aveva subito quella terribile disgrazia, ma lui aveva continuato ad essere cieco davanti a tutto e tutti. I rapporti con Shisui si erano interrotti quasi del tutto dopo quella penosa scena che era accaduta a casa quando aveva circa dieci anni, aveva visto lo zio frantumare di botte sia lui che Itachi accusando quest'ultimo di essere una prostituta prima di trascinare via il figlio di forza. Era rimasto da solo con il fratello che grondava sangue dal naso talmente intensamente da formare una pozza sul pavimento; Itachi si era preso la busta del ghiaccio sedendosi sul divano accanto lui, finché il sangue non si fu fermato. Nessuno disse niente, Sasuke stava guardando un film di guerra, genere di cui era stato sempre appassionato, da cui aveva distolto lo sguardo solo pochi secondi quando le grida dello zio lo avevano fatto sobbalzare, lo aveva visto mollare un ceffone a Shisui così forte da farlo cadere in terra mentre con l'altra mano tirava Itachi dai capelli facendolo rotolare giù dalle scale in cima alle quali si trovavano le camere da letto. Erano entrambi nudi come vermi, Sasuke non era mai stato stupido di conseguenza aveva intuito al volo cosa era successo di sopra, solo che quel velo di risentimento già da tre anni aveva iniziato a celare il suo cuore anestetizzandolo da qualunque sentimento positivo, soprattutto nei confronti di Itachi. Aveva sospirato stizzito, Obito aveva perso i genitori in un terribile incidente che lo aveva anche sfigurato, e Shisui e la sua famiglia non avrebbero avuto certo intenzione di aiutarli ancora dopo quell'episodio. Itachi era finito col rovinare tutto anche stavolta.
All'epoca la pensavo così, Nii – san, perdonami, lo so che anche tu stavi solo cercando di essere felice, stavi dando tutto te stesso per me, quella maledetta sera stavi solo cerando di avere un poco di sollievo e io, come sempre, non l'ho capito sputandoti addosso solo veleno.
Con la stessa irruenza e combattività che lo avevano sempre caratterizzato, da circa otto anni stava cercando di aiutare il fratello; era talmente tanto tempo ormai che compiva le medesime azioni ogni settimana, da essere diventata quasi un'abitudine quasi totalmente svuotata del concetto iniziale, un po' come quando, ripetendo all'infinito una parola, si finisce a concentrarsi solo sul suo suono perdendo di vista il suo significato. Itachi aveva sempre avuto un corpo agile e sottile di nascita nonostante la sua malattia, l'essere diventato, ad un certo punto della sua vita, un bravissimo trapezista era stata un po' l'evoluzione naturale delle cose, aveva fatto appena in tempo a confessargli i suoi problemi di salute prima di fratturarsi la spalla destra mettendo così fine alla sua carriera. Questo incidente gli aveva permesso di riallacciare un minimo i rapporti con Shisui, visto che lo andava ad aiutare giornalmente, insieme al fratello del suo compagno, finché era dovuto restare immobilizzato dal gesso. Sasuke, anche in quell'occasione, era finito per rimanere sepolto quasi del tutto nel suo distacco, era andato poche volte a trovare il fratello, dentro di se stava ancora elaborando quanto aveva appreso il giorno di quel Capodanno. Tuttavia il loro rapporto stava sulla buona strada per sbloccarsi, la sera in cui Itachi si era fratturato la spalla lui lo stava seguendo in televisione, cosa che non aveva mai fatto in precedenza, non era mai andato a vederlo esibirsi neppure dal vivo. Doveva ammettere che era rimasto estasiato e che la sua ammirazione nei confronti del fratello maggiore stava riemergendo dagli strati di dolore e rabbia sotto cui l'aveva nascosta, aveva smesso letteralmente di respirare incollato a quello schermo, non avrebbe mai creduto possibile che qualcuno potesse muoversi, volare, così. Quando era caduto aveva intuito immediatamente che era svenuto in volo, nel vero senso della parola, era andato giù in un modo troppo maldestro e scomposto, uguale a quella volta in cui lui lo aveva creduto morto chiamando Obito. Shisui era un ballerino di lap dance già all'epoca, non ne aveva mai fatto mistero poiché quel lavoro gli piaceva anche, Sasuke aveva sentito poche parole del fratello un giorno mentre stava al telefono col cugino, parlava piano, a monosillabi, come se avesse voluto nascondergli qualcosa. Tuttavia, una volta terminata la chiamata, aveva sfoderato uno di quei sorrisi disarmanti che erano solo suoi, dolci e malinconici al tempo stesso, per dirgli che Shisui aveva sentito dire che a breve ci sarebbero stati dei concorsi per guardie giurate e che lui intendeva candidarsi. Sasuke non aveva detto niente, come non aveva proferito parola il giorno in cui Itachi gli comunicò di avere ottenuto il posto, si era solo limitato ad abbassare lo sguardo a terra. Aveva sentito stridere qualcosa in quell'occasione, forse qualche particolare scappato agli occhi di Itachi, un tremito sfuggito alla sua voce, una parola detta in un certo modo, non avrebbe saputo dire di cosa si trattava. Conosceva suo fratello anche meglio di se stesso per questo riusciva a leggergli l'anima attraverso quelle pupille impenetrabili, come se fosse messa a nudo. Itachi parlava tantissimo, in realtà, solo che lo faceva con gli occhi. E furono proprio queste parole pronunciate, gridate, in questa lingua unica al mondo a portarlo a sedersi ogni sera a quel tavolo del Susanoo. Obito sapeva di lui, Shisui probabilmente no, dopo poco tempo Sasuke si era accorto che tutti nella sua famiglia erano capaci di parlare con gli occhi, chi più chi meno. Non era certo che il ballerino mascherato fosse veramente Itachi, sembrava lui solo ad una certa distanza ma da vicino mancava il tatuaggio e lui suo fratello non lo ricordava certo così magro, questo ballerino era al limite dell'accettabile. Tuttavia era diverso da Shisui e Yahiko, aveva dato diverse volte prova di avere delle abilità superiori agli altri due, Sasuke avrebbe osato dire da acrobata, i gesti, anche delle mani, avevano qualcosa di terribilmente familiare, e poi il modo in cui suo cugino lo toccava sul palco gli faceva tornare fortemente alla mente quello che aveva scorto nel rapporto tra i due fin da quando erano stati molto giovani. Ed ecco che tornava ad aguzzare gli occhi sulla donnola come un falco che punta la sua preda, e come lui solitario. Tuttavia le domande restavano senza risposta settimana dopo settimana, anno dopo anno; lo stesso Nagato sembrava non sospettare niente, per tutti Itachi era una guardia giurata per cui, a momenti, il moretto tornava a tranquillizzarsi e a darsi dello stupido per aver pensato un'evenienza del genere. Sasuke ricordava benissimo quella sera in cui la donnola era stata vinta da quel gruppo di ragazzi seduti al tavolo accanto a lui, quel biondino pareva aver fatto la più grande conquista della sua vita; scosse la testa rammentato invece quello alto e muscoloso che era venuto dopo a parlare con lui e a cui aveva confessato alcune cose. Gli aveva ispirato una inspiegabile fiducia, sembrava diverso dagli altri, pareva averlo compreso in pochi istanti come mai altre persone avevano fatto in tutta la vita, aveva forse percepito il suo desiderio di fare qualcosa per Itachi se mai si fosse trattato di lui.
Possibile che quel biondino di allora fosse il sindaco? Non credo, ma potrebbe fare benissimo il suo sosia, chissà magari era un parente…
La distrazione che il porsi questa domanda aveva richiesto, permise alle lacrime di asciugarsi sulla pelle eterea delle sue guance. Si rimise le mani in tasca, la maggior parte degli abiti che aveva nell'armadio erano di colore nero, come quella maglia a collo alto e quei jeans corti che indossava quel giorno, i colori erano per chi era positivo, e gioioso, non certo per uno come lui. Itachi gli aveva dato spesso dei consigli per cercare di ravvivare un po' il suo abbigliamento e valorizzarsi di più. Anche se sei talmente bello da non avere bisogno di nient'altro. Aveva concluso il discorso con queste parole e un sorriso mentre gli scompigliava i capelli, lui aveva risposto con un grugnito scocciato come al solito.
Sai che ti dico, Nii – san? Che anche quella volta avevi ragione come sempre.
Avrebbe dovuto prendere il coraggio di parlare con Shisui e Obito a proposito dei suoi dubbi sulla donnola, fino ad ora era stato frenato dal fatto non non avere la piena certezza che si trattasse davvero di Itachi, ma ora avrebbe dovuto racimolare il coraggio di affrontarli entrambi, a suo fratello doveva questo ed altro, anche se ciò significava passare sopra al suo orgoglio facendo un errore. I suoi cugini più grandi avrebbero potuto ridergli in faccia, tuttavia non aveva importanza se davvero Itachi aveva bisogno di lui. Le sue mani si erano di nuovo strette a pugno, tuttavia dovette allentarle per afferrare il cellulare che aveva iniziato a squillare, una chiamata di Shisui. D'accordo, questo significa che devo trovare il coraggio di parlarti. Lo farò.
"Sasuke, sono passato da casa tua ma non c'eri, non ti verrei a cercare in capo al mondo se non fosse urgente, purtroppo Nagato ha commesso una stupidaggine; tranquillo è salvo anche se siamo arrivati appena in tempo, tuttavia Itachi e Yahiko sono distrutti. Se mi dici dove ti trovi ti vengo a prendere."
Shisui aveva spiegato tutto senza quasi riprendere fiato, solo verso la fine della lunga frase la sua voce aveva fatto un glissato a scendere, pronunciando i nomi di Itachi e Yahiko. Sasuke sentì un brivido gelido trafiggerlo da capo a piedi, aveva già intuito che al termine di quella giornata la sua vita probabilmente non sarebbe stata più la stessa. Avrebbe dovuto prepararsi ad avere una visione del mondo totalmente diversa, rapporti e legami rinnovati, certezze sconvolte nonostante prima fossero più che granitiche e, forse, concludere definitivamente delle strade per iniziarne altre totalmente nuove. Molto spesso i cambiamenti radicali e improvvisi avevano avuto il potere di sollevarlo da una situazione di stallo di cui era incapace di scorgere la via d'uscita, ecco perché, per quanto grosso dovesse essere questo avvenimento, si sorprese a desiderarlo più che temerlo.
"Sono al porto, ti aspetto" la sua voce non era mai suonata così tranquilla.
