Da sempre, nella storia del mondo, sono esistiti esseri abituati a vivere in gruppo e altri a stare da soli per loro scelta o per forza di cose. Chi vive in compagnia di solito non ha bisogno di grandi dimensioni, di armi ed equipaggiamenti infallibili, e nemmeno di un'intelligenza vasta e fulminea; sono abituati a fare affidamento gli uni sugli altri, spesso, negli spostamenti, non sono neanche a conoscenza della meta verso cui sono diretti, è il leader a decidere per loro. Non hanno pensieri, il singolo individuo può mangiare tranquillamente dal momento che, se si concretizza un pericolo di qualunque genere, qualche membro del gruppo se ne accorgerà sicuramente dando prontamente l'allarme. Non necessitano di un carattere fiero e grintoso, la presenza degli altri fa loro da scudo costante. Per chi deve invece cavarsela da solo il discorso è diverso, apparire cinico di fronte agli altri è un rischio che deve accettare di correre, nessuno gli ha insegnato a catalogare e distinguere i vari pericoli, di conseguenza egli impara a non sottovalutare mai chi ha davanti. Deve imparare a capire la situazione in poche frazioni di secondo essendo consapevole che un piccolo sbaglio potrebbe essergli fatale, per questo la preferenza spesso, soprattutto durante le fasi della giovinezza, viene indirizzata più verso la sopravvivenza personale, sia fisica che psicologica, piuttosto che nella direzione dei rapporti umani e delle relazioni. Chi ha dovuto sempre cavarsela da solo, non può permettersi il lusso di perdere tempo a studiare il modo migliore per apparire carino, gradevole e accettabile agli occhi degli altri; nel corso della sua vita spesso ha sviluppato un carattere ardente, energico, troppe volte interpretato dagli altri come aggressivo o ostile, quando in realtà dietro a ciò si nasconde una sconfinata solitudine. Chi ha sempre potuto contare su una rete di amici sempre presente, non potrà mai capire il tempo necessario a una persona sola per imparare a capire e a gestire la vita. Spesso chi è solo si fa domande a cui deve rispondere in autonomia senza nessuno che gli faccia presente se stia sbagliando oppure no, le conseguenze di questi inevitabili errori ricadranno unicamente su di lui. I falchi sono animali solitari, per questo la natura li ha plasmati per essere fieri, forti, belli, si potrebbe benissimo affermare che essi siano i sovrani del cielo. Tuttavia, malgrado la loro vistosa e superiore apparenza, la loro vita è tutt'altro che semplice, chi li osserva non sarà mai a conoscenza di tutti quelli che hanno fallito per mancanza di aiuto, giudica ciò che vede senza superare la soglia del naso. Sasuke si era sempre identificato con questi splendidi animali, anche lui aveva dovuto adattarsi per cavarsela da solo in qualunque aspetto della vita, c'erano giorni in cui ringraziava e andava fiero del suo carattere forte, questo gli aveva permesso di non soccombere schiacciato dalle difficoltà che non aveva potuto condividere con nessuno, tuttavia esistevano anche occasioni in cui si rendeva conto di avere perso tanto a causa della fortezza, sia protettiva che di sfondamento, che era stato costretto ad ergersi intorno.

Il mio nemico ero io, non li avevo intorno a me, non eri tu, Nii – san, ora finalmente ho compreso.

Non era vestito di nero quel giorno, si era messo una camicia smanicata verde militare e dei jeans corti ma eleganti al tempo stesso, si era deciso a togliersi quella enorme frangia scoprendo finalmente lo sguardo che ora appariva più dolce, il resto dei capelli erano sempre ben pettinati e lucenti, tenuti alti dal gel in una forma impeccabile con quelle punte leggermente spostate a desta, una collana fatta con perline di legno. Aveva la giornata libera ma se così non fosse stato non avrebbe esitato a chiederne una a Genma. Itachi era rientrato a casa cose se fosse appena passato sotto uno schiacciasassi, Sasuke si era chiesto per quale motivo quel giorno si fosse vestito così elegante tuttavia la sua domanda fu spazzata via alla vista del fratello distrutto in quel modo. Non ricordava di averlo mai visto piangere, forse nemmeno il giorno della morte dei loro genitori, quella tragedia tuttavia era quasi rimossa nella mente di Sasuke, i ricordi sbiaditi, i suoni incomprensibili e rimbombanti, l'intenso dolore aveva provveduto ad allontanare quell'evento dalla sua mente o quel bambino che era all'epoca non avrebbe certo retto a un tormento del genere, era rimasto solo il rancore covato per anni e iniziato a comprendere durante una festa di Capodanno cominciata senza nessuna speranza. Lui sì, aveva pianto quel giorno, fino quasi a farsi male, ma non Itachi. La sera al ristorante il fratello maggiore aveva versato qualche lacrima mantenendo comunque il suo incrollabile autocontrollo. Quella mattina, però, Itachi sembrava un'altra persona, una disperazione inconsolabile si era impadronita di lui tanto che Sasuke aveva più temuto per il suo equilibrio mentale che per l'avvenimento che aveva scatenato il tutto. Lo aveva ascoltato mente gli confessava la verità su quel lavoro che aveva svolto per oltre dieci anni nascondendosi il viso e il tatuaggio, si era confidato su quanto aveva sanguinato il suo cuore vedendo Sasuke seduto a quel tavolo una settimana dopo l'altra, e non solo il suo, anche quello di Obito e di Rin. Il minore, seduto accanto a lui sul divano, si dovette concentrare sul gesto che faceva mangiando i suoi adorati dolcini o sarebbe impazzito apprendendo di quelle lacrime che spesso avevano bagnato l'interno di quell'orrenda maschera da donnola e che dovevano prontamente tramutarsi in indifferenza o addirittura in sorrisi ogni volta che la toglieva, quasi lui si si fosse sentito maggiormente a suo agio indossandola.

"Otouto, mi dispiace confessarti tutto questo, io se avessi potuto scegliere qualcosa di diverso lo avrei fatto, promettimi solo di non sentirti in colpa adesso."

Sasuke aveva scosso la testa sforzandosi di sorridere, non sarebbe stato giusto dargli altro dolore ora. Itachi aveva fatto un sorso di tè con le mani tremanti, riprese fiato lentamente prima di rivelare a Sasuke che la stessa notizia che ora stava dando a lui aveva quasi ucciso Nagato. Il minore era sbiancato, non aveva potuto fare niente per nasconderlo, Itachi era stato preda di una profonda depressione per oltre un mese a causa di quello che era successo a Nagato, non mangiava, non si alzava dal letto, e ora veniva a sapere che il vero motivo era stata la sua incomprensione verso le difficoltà di quello che era stato il suo compagno.

"Nii- san, questo non è giusto, avrebbe dovuto capirti!"

"Siamo noi che dobbiamo capire lui, Otouto, aveva già un sacco di problemi, io gli ho dato il colpo di grazia. Forse non ha ancora saputo che anche il fratello Yahiko era un mio collega, ti confesso di essere molto impensierito."

Itachi gli aveva posato dolcemente una mano sulla gamba.

Povero fratello mio, così buono e comprensivo con tutti anche quando non se lo meritano, ecco perché stai sempre così male, hai il diritto anche tu di essere amato e capito. Ho avuto anni di mancanze ma ora puoi contare su di me per ogni cosa.

"Se desideri un'altra tazza di tè te la porto" Sasuke aveva sospirato e sorriso facendo questa gentile proposta, tuttavia una potente molla era appena scattata dentro di lui, il moretto sapeva che ormai sarebbe stata inarrestabile.

Solo mezz'ora più tardi stava camminando a passo veloce per la strada con la sua camicia verde militare e la collana di legno, il suo carattere ardente ora non gli toglieva più la ragione mandandolo su di giri, quella fiamma adesso serviva a fargli vedere tutto in maniera più chiara. Non aveva più la necessità che la sua fantasia fosse trascinata dalla musica, il passo era deciso seppure silenzioso, era come se una diga incanalasse la forza del suo fiume senza tuttavia annichilirlo e nasconderlo, lo indirizzava semplicemente nella giusta direzione. Gli occhi scintillavano della sicurezza di stare facendo finalmente la cosa giusta. Non sapeva per quale motivo Itachi quella mattina era uscito così curato per poi rientrare totalmente distrutto, non glielo aveva detto e lui non aveva chiesto niente, molto probabilmente aveva tentato una riconciliazione con Nagato evidentemente non andata a buon fine. Il fratello nascondeva ancora qualcosa.

Lo fai per il mio bene come d'altronde hai sempre fatto, tuttavia io ora ho il dovere di dimostrarti l'amore giusto.

Se Kakuzu non fosse venuto quel pomeriggio Kisame avrebbe rischiato di impazzire. Di solito le intense sessioni di allenamento avevano il potere di scacciargli qualunque pensiero dalla testa, tuttavia era difficile accettare la vita che finisce distrutta in poche ore.

Per giunta è stata colpa mia, la scomparsa di Madara era avvenuta così improvvisamente che non avevo avuto il tempo di elaborare niente, soprattutto quel "ti amo".

Era certo che Itachi non sarebbe mai più tornato sui suoi passi, non dopo quello spiacevole episodio, avrebbe dovuto rassegnarsi a non vederlo mai più. All'inizio sarebbe sopravvissuto vivendo del ricordo di quei pochi contatti che avevano avuto, di come era nata quella bellissima storia morta appena prima di nascere, in seguito avrebbe dovuto cercare assolutamente di dimenticarlo o per lui non ci sarebbe stato futuro.

Mi dispiace amore mio, il pensiero di averti inflitto tanto male finirà per uccidermi, spero di riuscire a reggere.

Le lacrime avevano iniziato ad annebbiargli la vista, posò la sbarra dei pettorali prima che rischiasse di farsela scivolare prendendosela in faccia, si alzò dalla panca per evitare di farsi vedere piangere come un bambino da tutte le persone presenti nella palestra nonostante tutti avessero notato la sua faccia pallida e sconvolta quel pomeriggio, Karin e Deidara poi sapevano benissimo che era accaduto qualcosa, fece appena in tempo a scorgere il viso preoccupato del biondo prima di riuscire a sparire nello spogliatoio. Si chiuse nel bagno onde evitare che entrasse qualcuno, il giorno precedente era stato anche contattato da Naruto, il sindaco gli aveva annunciato tutto pimpante che a breve sarebbe venuto ad allenarsi in compagnia di Nagato, Kisame sperò che non fosse proprio in quella giornata.

Se anche fosse domani o la prossima settimana non cambierebbe assolutamente niente, l'unica persona che avrebbe reso tutto perfetto l'ho persa in un modo così stupido, se io morissi di dolore sarebbe una liberazione.

Le lacrime gocciolavano nel lavandino, Kisame sentiva le palpebre spremergli gli occhi come se volessero farli rientrare nel cranio, non ci sarebbe stata un'altra persona perfetta come Itachi, un altro capace di dargli una ragione per vivere, mai più neanche se fosse vissuto duecento anni.

"Itachi, ho bisogno che tu ti renda conto, so di non essere stato una persona esemplare ma ora vorrei asciugare tutte le tue lacrime, annullare lo sbaglio che ho fatto, solo così potrò essere quello che ero destinato ad essere, il vero me stesso, devi darmi una possibilità e vedrai che non ti deluderò. Io ti amo, dannazione, ti amo!"

Aveva pronunciato quelle parole a voce alta nonostante non riuscisse a respirare. Un bussare energico alla porta, inevitabile, volevano sapere come stava, si sforzò di mettersi nei panni dei suoi amici, al loro posto sarebbe stato preoccupatissimo anche lui. Riprese fiato non riuscendo a trattenere i singhiozzi, la persona che stava là fuori probabilmente aveva udito anche le sue parole disperate rivolte al niente, che importanza aveva? Ormai la sua vita era finita, potevano pensare quello che meglio credevano.

"Chi è?"

"Ciao, Kisame, sono Kakuzu, non ti disturberei se non avessi qualcosa di importante da comunicarti, tuttavia posso tornare domani se lo desideri."

Questa visita non se l'aspettava proprio, sicuramente voleva parlare di Itachi, si erano conosciuti grazie a lui ed era questa la colla che ancora li legava: "arrivo subito."

Quell'uomo era rude solo in apparenza, ora ne aveva avuto la conferma, sembrò non fare una piega di fronte all'aspetto sconvolto di Kisame, tuttavia gli occhi arrossati non potevano sfuggire a nessuno. Kisame gli aveva chiesto di seguirlo all'esterno, la malinconia lo assalì di nuovo quando fu investito dal tepore dell'imminente estate che aveva considerato la migliore della sua vita fino a poche ore prima . Per fortuna Kakuzu aveva iniziato a spiegargli il motivo della visita praticamente immediato, la sua voce aveva fatto in modo di tirarlo fuori dal baratro in cui stava scivolando riprendendolo per i capelli. In circostanze normali l'apprendere che Shisui, Yahiko e Itachi avevano finalmente lasciato quel lavoro decisamente non adatto a loro lo avrebbe riempito di gioia, avrebbe fatto di quell'anno il più bello della sua vita, riuscì soltanto a sospirare ricacciando indietro la nausea guardando quell'uomo che ora gli stava chiedendo di accompagnarlo a guardare il resto dell'edificio per ora rimasto inutilizzato.

"Accidenti, Kisame, hai più spazio qui che in tutto il resto della tua palestra" la voce di Kakuzu rimbombò in quella stanza vuota mentre si accedeva la seconda sigaretta subito dopo aver spento la prima: "organizzando anche dei corsi di danza moderna o ballo work out attireresti molte più persone."

"Tra un paio d'anni potrò sistemare anche questo locale, ovviamente tu sarai il primo a cui penserò" non sapeva neanche da dove aveva preso la forza di parlare, tuttavia vedere gente nuova sicuramente avrebbe potuto risollevargli un po' l'umore.

Certo, fino a che non arriva la sera e mi ritrovo a casa da solo...

"Non se ne parla neanche, Kisame, questi ragazzi hanno bisogno di un aiuto immediato, soprattutto Shisui, conoscendo il suo carattere finirebbe di nuovo in qualche strada sbagliata. Io lo so che ti è successo qualcosa di grave, lo vedo non sono cieco, il motivo posso solo immaginarmelo, tuttavia so anche che il tuo grande cuore è sempre lì, non lo ha mangiato mica nessuno. Mi occuperò io della sistemazione dei locali, tu puoi fare la tua parte assumendo tutti e tre come istruttori, so che lo possono fare. Shisui danza moderna, Yahiko ballo work out, mentre Itachi potrebbe insegnare danza acrobatica ad occhi chiusi. Pensaci, Kisame, sono certo che potrebbe essere un'occasione anche per te, non solo per loro."

Nonostante il macigno sotto cui si sentiva stritolato, Kisame fu meravigliato dall'udire quell'uomo, descritto sempre da tutti come un inguaribile avaro, fare una proposta del genere. Se Itachi avesse accettato lo avrebbe rivisto, magari avrebbe potuto parlargli e forse fargli capire il terribile malinteso. Kakuzu lo aveva intuito prima di lui, vedendolo uscire da quel bagno in lacrime. Kisame aveva sentito arrivargli un messaggio sul cellulare mentre la mano callosa e abbronzata di Kakuzu si era posata sulla sua spalla e i suoi occhi verdi lo stavano penetrando in cerca di una risposta anche non verbale. Prelevò svogliatamente il telefono dalla tasca della tuta, più che altro per avere la scusa di pensare qualche secondo a ciò che Kakuzu gli aveva proposto. Si pentì di averlo fatto, nella sua vita era svenuto soltanto una volta e quella non fu la seconda solo per un miracolo, Itachi gli aveva scritto.

Kisame, io ho giusto il tempo di scrivere questo messaggio tra poco non potrò più muovermi per cui devo chiedere il tuo aiuto. Sasuke è appena uscito di casa, era apparentemente calmo ma io so che non è così, ha da poco saputo la verità sul lavoro che svolgevo. Oltre ad essere giustamente sconvolto per questo sta anche incolpando Nagato per avermi causato uno stato di grave depressione e malessere. Lo sta andando a cercare, io lo conosco come le mie tasche e ne sono certo. Non gli ho parlato del nostro incontro di stamani per cui Sasuke starà ritenendo responsabile Nagato anche dello stato in cui ero dopo quello. Non sa dove abita al momento di conseguenza è diretto verso il nostro vecchio appartamento, tuttavia non è stupido e quando si mette in testa un obiettivo non si ferma finché non lo ha raggiunto. Ti chiedo solo di fermarlo, Nagato non ha alcuna responsabilità, se c'è qualcuno da rimproverare quello sono io per non aver messo subito in chiaro le cose, trovalo e riportamelo qui, te lo chiedo solo perché io non posso farlo. Ricorda che Sasuke sta agendo in buona fede, è il suo modo di amare e in questo momento lo fa per me, non aggredirlo sii comprensivo, grazie.

"Cosa c'è?"

Si era reso conto di aver spalancato la bocca mentre leggeva.

"Ho bisogno di te, Kakuzu, vieni te lo spiego in macchina."

Kisame si era messo a correre, non gli importava nulla se, passando davanti alla vetrata dove i suoi amici si stavano allenando, li avrebbe gettati nell'apprensione più nera. Non era preoccupato per quello che avrebbe potuto combinare Sasuke, non lo era neanche per Nagato, era poco probabile infatti che Sasuke potesse trovare il rosso prima di lui, alle strette avrebbe anche potuto avvertire Naruto. No, non era questo, era impensierito per il modo in cui Itachi aveva iniziato le sue spiegazioni.

Ho giusto il tempo di scrivere questo messaggio, tra poco non potrò più muovermi…

Tremava mentre spiegava a Kakuzu dove erano diretti e perché, aveva omesso quel particolare sperando di aver frainteso le parole di Itachi o che la sua mente fosse talmente provata dai recenti avvenimenti da fargli vedere cose inesistenti. Itachi aveva espressamente chiesto di riportare Sasuke da lui, forse avrebbero potuto parlare, o almeno avrebbe potuto capire cosa gli era accaduto per scrivere una frase di quel tipo.

"Non c'è motivo di agitarsi così, Kisame, Sasuke è certamente un ragazzo che ha sofferto, tuttavia è intelligente anche se impulsivo. Se c'è dell'altro puoi confidarti senza problemi."

Sì, c'era dell'altro, e molto anche, Kisame cercò di mandarlo giù deglutendo con la gola secca senza tuttavia rispondere. Cercò di guidare più svelto possibile, prima avrebbero trovato Sasuke più velocemente avrebbe avuto notizie di Itachi.

Amore mio, se non mi vuoi più ti capisco, ma io devo sapere se stai bene.

Solo una volta era stato in quella chiassosa via in precedenza, il giorno in cui avevano salvato la vita a Nagato, percepì una fitta al cuore parcheggiando nello stesso posto in cui era stato con Itachi. Lui e Kakuzu passarono sotto quella splendida robinia che la volta precedente era colma di fiori candidi, semplici ma delicati e bellissimi, aveva abbracciato Itachi in lacrime là sotto, il moro era disperato al pensiero che Sasuke avrebbe dovuto sapere a breve la verità sul suo mestiere, logorato dal pensiero di Nagato che non rispondeva e dai suoi mille sensi di colpa, Kisame gli aveva appena rivelato della sua storia con Madara, la loro vita stava iniziando, il loro amore nascendo.

Tu sei così, Itachi, straordinario senza sapere di esserlo…

Aveva cercato di fargli comprendere questo. Dopo poco più di un mese la robinia aveva maturato le sue foglie in un verde più intenso preparandosi a catturare il sole estivo, lui e Itachi avrebbero dovuto abbracciarsi di nuovo sotto la sua ombra ricordandosi di quel giorno di primavera in cui tutto era iniziato.

Invece il nostro seme è caduto sulla pietra, per colpa mia...

Affrettare il passo tenendo gli occhi bassi sul marciapiede era stata l'unica salvezza, quando il chiasso infernale di quella strada li investì per Kisame fu un altro duro colpo, qualunque particolare collegato a Itachi si trasformava in un pugnale.

Chi lo avrebbe mai detto che nella vita mi sarei trovato a dover rivalutare una strada rintronante come questa e un palazzo decrepito?

Si concentrò su altro, aveva un amico al suo fianco e una questione molto importante da risolvere. Si avvicinarono al portone, quello stesso che Kakuzu avrebbe voluto aprire con la forza.

Dove tu stavi con la faccia sconsolata aspettando una risposta…

Le vecchie scale dalla tromba ormai non più a norma rimbombavano di voci concitate.

Io non ho tempo da perdere, non me vado di qui finché non avrò avuto la mia risposta!

Io sono il nuovo inquilino, la persona che cerca non ho idea di chi sia…

Non mi prenda in giro, lo state tutti coprendo e non capisco il motivo.

Per la miseria, adesso chiamo il sindaco, già una volta è stato qui a causa di quella gabbia di matti del terzo piano.

Signora, si faccia gli affari suoi!

Il caos diventava più chiaro di gradino in gradino, Kisame e Kakuzu superarono la signora del secondo piano.

"Ancora voi? Altro che sindaco, stavolta chiamo la polizia."

"Signora, le assicuro che questa è l'ultima volta che la disturbiamo" Kakuzu pronunciò quelle parole che il dolore faceva mancare a Kisame, l'omone aveva dato ancora prova di quanto la vita avesse nascosto la sua naturale empatia sotto quella rudezza forse resa necessaria dal desiderio di non soffrire più. Ancora qualche gradino e i due amici videro un moretto con una camicia verde militare smanicata dare una violenta spallata a quel portone che l'occupante dell'appartamento avrebbe voluto chiudere una volta per tutte. L'uomo cadde all'indietro con il labbro superiore sanguinante, Sasuke fece irruzione in quel salotto che Kisame e Kakuzu non avrebbero mai potuto dimenticare, urlando a squarciagola: "Nagato, fatti vedere razza di vigliacco, io penso che dobbiamo dirci due parole!"

"Sasuke, Nagato non abita più qui da quel giorno, se vuoi dopo ti portiamo a parlare con lui ma prima devi calmarti e starci a sentire."

Kisame aveva parlato per la prima volta da quando aveva lasciato la palestra dopo aver letto il messaggio di Itachi, se doveva essere sincero era il suo pensiero a dargli la forza di non soccombere mandandolo avanti.

Il moro si era voltato attratto e sorpreso al tempo stesso dal quel tono calmo ma perentorio, gli occhi ardenti e scintillanti, il broncio che deformava la sua bocca fine stavolta non era sconsolato e arreso al dolore, ma animato da una forza nuova proveniente direttamente dal cuore.

Ricorda che Sasuke sta agendo in buona fede, è il suo modo di amare e in questo momento lo fa per me, non aggredirlo sii comprensivo…

Era vero, Itachi lo conosceva anche meglio di se stesso.

Kisame dovette sforzarsi di non perdere la calma e mantenere il sangue freddo, non lo vedeva da tanto, dall'ultima volta che lo aveva sorpreso a fissarlo dal tavolo del Susanoo mentre lui seguiva Itachi dentro al privè. Era cambiato, si era tolto quella spessa frangia dagli occhi, non vestiva più completamente di nero, tuttavia questi pochi particolari facevano una grossa differenza, in pratica un Itachi senza difetti, con gli occhi più grandi, un poco più alto e muscoloso tuttavia con un carattere e un modo di fare completamente diversi. Ardente e appassionato, avrebbe osato definirlo.

"Proprio tu, non ci posso credere, prima mi vieni a parlare al tavolo così amichevole e comprensivo e poi, anni dopo, ti sei fatto impunemente mio fratello praticamente sotto ai miei occhi, ti è piaciuto almeno? Pensavi che non mi sarei ricordato di te? Ora vieni qua a difendere un' altra persona che ha contribuito a fare del male a Itachi. Il fatto che sei grosso non mi impedisce di dirti in faccia quello che penso!"

Gli occhi neri di Sasuke ora mandavano fiamme, la bocca ancora più imbronciata, le sopracciglia aggrottate, ma tutto questo non impedì a Kisame di scorgere le lacrime che spingevano per uscire e quel tremito che iniziava ad impadronirsi della sua voce.

"Che tu mi creda o no non ha importanza perché è la verità, io so di aver fatto la cosa giusta e non me ne pento, non ci ho fatto sesso, quella volta gli ho solo parlato. Rin mi aveva rivelato chi eri e io volevo solo aiutarvi. Lo desidero ancora."

Lo sguardo del moro si era spostato ora su Kakuzu, i due amici ebbero la conferma, solo da questo, che le parole di Kisame avevano colpito il bersaglio nonostante Sasuke non lo avrebbe ammesso nemmeno tra un milione di anni: "e tu dovresti solo vergognarti, vendere persone come carne da macello pensando solo a gonfiarti il più possibile le tasche!"

Kisame emise un sonoro sospiro prima di rispondere al moretto al posto dell' amico, era suo dovere, per entrambi, per Itachi e per se stesso: "Kakuzu poco fa era venuto nella mia palestra per chiedermi di assumere Shisui, Yahiko e Itachi come istruttori di danza, vuole talmente bene a quei ragazzi che si è offerto di occuparsi personalmente della ristrutturazione dei locali senza chiedere niente in cambio, solo la vostra felicità. Io gli ho detto di sì, Sasuke, senza nemmeno pensarci."

Sasuke sembrò esitare per qualche istante, non poteva negare quanto le parole e le decisioni di Kisame e Kakuzu fossero giuste, tuttavia la potente energia che lo aveva spinto fino lì e i sentimenti nei confronti del fratello non potevano spegnersi a comando, si voltò di nuovo verso l'interno dell'appartamento stringendo i pugni, Kisame fu certo di sentire un pianto represso nella sua voce mentre gridava: "Nagato, tu cosa hai da da dire in tua discolpa, eh? Esci fuori o vengo a prenderti io!"

"Sasuke, come te lo devo dire? Nagato qui non ci ha più messo piede."

Kisame lo aveva afferrato alle spalle immobilizzandogli le braccia, iniziò a trascinarlo verso la porta senza dire più niente, aveva notato le lacrime che ora gli rigavano il volto dai lineamenti perfetti per cui non voleva infierire ulteriormente sapendo che era una persona orgogliosa. Kakuzu aveva richiuso il portone non appena entrambi furono di nuovo sul pianerottolo.

Sasuke aveva iniziato a dibattersi violentemente come un pesce preso all'amo, Kakuzu intervenne per dare una mano all'amico a immobilizzarlo, insieme iniziarono a trascinarlo praticamente di peso giù dalle scale: "Lasciatemi vigliacchi, so scendere da solo!"

Gli occhi verde militare della signora del piano di sotto restarono puntati sulla tromba delle scale fino a che ebbe la possibilità di udire i singhiozzi di quel ragazzo. Era rimasta immobile con il telefono in mano indecisa sul da farsi, poi la certezza di quanto fosse grande il bene che quel moretto voleva al fratello la fece sorridere di malinconia mentre rientrava in casa chiudendo adagio la porta. Lei era figlia unica.