L'attesa di qualcosa molto spesso è meglio del qualcosa vero e proprio. È essa stessa il piacere. Per Kisame questo aveva sempre avuto un gradevolissimo sapore indefinito che sentiva in bocca mentre una sensazione di incantevole iperattività si impadroniva del suo corpo. Tutto simile a una leggera sbronza data da un vino amabile, aromatico e leggermente frizzante, se doveva pensare a questo il Brachetto era la prima cosa che attraversava la sua mente; sensazioni create automaticamente dalla sua testa per fargli capire che, contrariamente a quanto si possa pensare, l'aspettativa è uno dei migliori piaceri della vita. Aveva imparato a conoscere questa sensazione sin da bambino, all'epoca la piacevole attesa si concretizzava in vista dell'estate, momento in cui avrebbe potuto iniziare il tanto amato wind surf che praticava allora, o anche solo godersi qualche giornata di mare. Si ripeteva in vista del Natale, vedendo la madre che iniziava a decorare il salotto e a montare quell'albero apparentemente senza nessuna logica, con il timore di escludere qualche pupazzetto o sfera quasi ci potessero rimanere offesi, ma che lui aveva sempre apprezzato tanto. Contemporaneamente a questi eventi aveva iniziato a comprendere come l'attesa sia la parte migliore, infatti, una volta giunta l'estate da un giorno all'altro, calciando via la primavera in modo improvviso, era accaduto che lo avesse trovato impreparato. Di alcuni giorni non aveva saputo che farsene, infastidito dal caldo o dall'afa; in altri aveva avuto una marea di imprevisti e impegni, e così si era ritrovato ad accorgersi, a settembre, di non essersi goduto e gustato il momento tanto quanto la sua attesa. Allo stesso modo aveva scoperto quanto fosse effimera in realtà la magia del Natale, quel gradevole sapore totalmente inventato da lui e che gli altri non avrebbero mai potuto conoscere, scompariva dalla sua bocca una volta finito di scartare l'ultimo regalo e vedendo uscire dalla porta l'ultima persona invitata a pranzo o a cena. Da allora aveva imparato a non considerare l'attesa come un qualcosa di fastidioso, ma anzi, come un privilegio che la vita gli stava offrendo, di conseguenza era suo dovere gustarselo fino in fondo. A volte gli capitava di domandarsi come facessero i bambini di oggi ad essere felici ricevendo subito ogni giocattolo chiesto in dono ai genitori; era sinceramente dispiaciuto per loro, non avrebbero mai potuto conoscere e godersi una della parti migliori della vita, sarebbero cresciuti in quel modo rimanendo tali anche in età adulta senza scoprire le gioie di cui erano stati defraudati sia pure in buona fede.

Ora che era in attesa di Itachi quel buonissimo sapore era tornato a invadere il suo palato, la sensazione di piacevole lieve sbronza gli impediva di prendere sonno, la leggera iperattività lo teneva incollato a un demenzialissimo film nel salotto di casa sua senza che ne riuscisse a seguire la sciocca e quasi inesistente trama. La bicicletta con cui era venuto a trovarlo quella mattina un moro pieno di speranze si trovava ora sotto la tettoia della sua macchina come se il suo possente Land Rover Defender stesse lì pronto a proteggere quel fragile mezzo di trasporto contro qualunque sciagura del mondo. Era semplice ma graziosa, nera, senza rapporti, tuttavia ben tenuta sempre lucida e splendente.

Come il suo padrone… permettimi di essere il tuo Land Rover, Itachi.

In una situazione normale avrebbe sorriso divertito per aver paragonato loro due a quei due mezzi che si facevano compagnia sotto la tettoia, tuttavia ora un sospiro amaro ruppe la quiete del suo salotto. Lui, quelle speranze con cui Itachi era venuto lì, le aveva mandate in frantumi in pochi secondi. Il messaggio che il moro gli aveva scritto mentre si trovava alla palestra con Kakuzu prima, e le parole rivoltegli da Sasuke dopo, lo avevano molto tranquillizzato, tuttavia ora un nuovo dubbio aveva iniziato a martellargli il cervello senza che lui inizialmente se ne fosse reso conto.

Visto che era sotto l'effetto di un sedativo e rischiava di addormentarsi da un momento all'altro, forse ha scritto a me semplicemente perché ero il primo numero ad essergli capitato sotto mano, magari… qualche giorno fa aveva avuto intenzione di parlarmi così aveva inviato la chiamata salvo poi staccarla all'ultimo momento. Deve essere andata così, sono stato il primo che ha visto in rubrica, la persona veramente importate in quel momento era Sasuke, io avevo semplicemente il ruolo di uno strumento per salvare lui.

Accavallò le gambe muscolose che sembravano essere in preda alla smania, eppure Sasuke era stato così convinto delle sue parole, il messaggio nascosto tra le righe era che anche Itachi in fin dei conti era uno che, quando chiudeva i rapporti a causa di una delusione ricevuta da qualcuno, molto difficilmente avrebbe chiesto aiuto proprio a quella persona. In quel caso lo avrebbe relegato al ruolo di semplice conoscente e nulla più conferendogli uno degli ultimi posti nella scaletta delle sue priorità. È vero che aveva fretta, tuttavia in quel messaggio, nonostante la sua lunghezza, non si era sbilanciato per niente, non una mezza parola che lo avesse tradito sul loro rapporto, nessuna piccola scivolata o esitazione nonostante il sedativo lo stesse per mettere ko; aveva parlato solo della situazione di Sasuke e quella di Nagato terminate con le spiegazioni dettagliate di quello che avrebbe voluto da lui.

In perfetto stile Itachi. E così ancora una volta mi lasci a logorarmi nei dubbi cercando di capire quello che ti passa nella testa.

Kisame guardò l'orario, mancava poco alla mezzanotte. Ormai era decisamente troppo tardi per chiamare qualcuno, tuttavia l'indomani parlare con il moro per chiarire l'equivoco sarebbe stata la prima cosa da fare. Si era trattato di un madornale errore, lui aveva il dovere di spiegarlo e Itachi quello di starlo a sentire, se poi questo non bastava a convincere il moro pazienza, ma almeno sarebbe stata la verità e ciò gli avrebbe permesso di continuare la sua esistenza con la coscienza pulita anche se in preda al dolore. Quel ridicolo film era terminato senza che lui se ne rendesse conto, Kisame si era alzato sbuffando dal divano, avrebbe provato comunque a riposare un poco anche se molto probabilmente non ci sarebbe stato verso di chiudere occhio per l'intera nottata. Avviandosi lungo il corridoio in direzione della sua stanza, aveva assunto ancora quell'andatura lenta e leggermente ondeggiante che aveva quando era soverchiato dai dubbi e dalle difficoltà. L'attesa adesso aveva un aspetto negativo, l'evento aspettato si era ridotto ad essere la telefonata che avrebbe dovuto fare l'indomani a Itachi, non era scontato che ne sarebbe uscito illeso per questo già sapeva che l'ansia non avrebbe allentato la sua morsa fino a quel momento.

Il suo telefono squillò dopo quaranta minuti buoni che stava fissando le ombre della grande quercia, posizionata di fronte alla finestra della camera, muoversi sul soffitto disegnate dalla luce della luna, quella sera era particolarmente intensa, sarebbe potuto benissimo uscire in giardino camminando tranquillamente senza avere paura di inciampare e vedendo quasi tutti i colori. Aveva tolto il volume ma il fatto che lo tenesse sotto il cuscino gli permise di sentire la vibrazione in modo intenso, come fosse un trapano dentro il cervello. La sua mano si allungò svogliatamente per frugare là sotto, se fosse successa la fine del mondo o qualche altro qualunque guaio ne sarebbe stato grato, almeno lo avrebbe distratto dai suoi pensieri.

Avvertì il cuore fermarsi e le dita farsi gelide vedendo che si trattava di Itachi, batté le palpebre diverse volte credendo di aver letto male il nome, no era proprio Itachi. Deglutì cercando di calmarsi, il moro non avrebbe dovuto udire la sua angoscia, doveva apparire normale nel modo più assoluto.

"Ehi, anche tu sveglio?" si stupì egli stesso della dolcezza che gli aveva invaso la voce, le labbra carnose gli si erano incurvare automaticamente in un sorriso.

Kisame era riuscito a captare un lieve sospiro che l'altro aveva desiderato nascondere: "la mia bicicletta è rimasta da te, domani mattina mi serve urgentemente."

"Vuoi pedalare fino a casa tua in piena notte? Devo ammettere che ogni volta riesci a stupirmi."

"Non preoccuparti, le luci sono buone."

Ovvio che era una scusa, si vedeva lontano un miglio sebbene Itachi si stesse sforzando di mantenere un tono neutro. Kisame fece finta di sbuffare rassegnato quando in realtà era al settimo cielo dalla gioia.

"E va bene, visto che ormai ti sei messo in testa di non farmi dormire, tanto vale che io venga subito a prenderti."

Si rese conto pochi secondi dopo di quale grande confessione si trovasse mimetizzata tra quelle parole, Itachi era perspicace e sicuramente l'aveva captata al volo. Si alzò dal letto con il sorriso stampato sulla faccia, aveva sempre addosso la tuta grigia che indossava per stare comodo a casa con la maglia smanicata e i pantaloni lunghi ma leggeri, tuttavia poco importava, su un fisico statuario come il suo avrebbe donato persino una busta della spazzatura. Una sistemata veloce ai capelli blu oltremare mentre canticchiava contento, non conosceva nemmeno lui l'origine di quel motivetto, molto probabilmente lo stava inventato sul momento. Non smise mai di sorridere neanche prendendo la macchina e uscendo dal cancello, nella peggiore delle ipotesi avrebbe dato a Itachi le sue spiegazioni a proposito dell'incidente della mattina senza bisogno di attendere il giorno successivo, sapendo subito se il suo cuore sarebbe stato infranto in tante piccole schegge oppure no. Aveva imboccato fiducioso la strada, tuttavia ben presto ebbe l'impressione di essere stato risucchiato da una sorta di deformazione temporale, un po' come in quei sogni in cui non si riesce mai a raggiungere l'obiettivo perché prima hai l'impressione di camminare su una gomma da masticare gigante e poi, quando sei arrivato dopo tanta fatica, allunghi la mano per afferrare quell'oggetto che ti serve assolutamente ma questo si allontana dalla tua mano come se lo sfondo stesso subisse una deformazione. Era un incubo, tuttavia si ritrovò a sperare di stare dormendo in quel momento e che davvero la situazione non fosse reale. Stava realizzando, infatti, che fosse possibile l'eventualità che Itachi desiderasse parlare con lui per dirgli addio. La storia della bicicletta era sicuramente una scusa, tuttavia il risultato poteva non essere quello sperato fino a poco prima.

Non mi meraviglierei, Itachi, sei una persona corretta con il prossimo sia nel bene che nel male, comprendi benissimo quando non è il caso di tenere qualcuno sulle spine, a maggior ragione se quella persona non ha più motivo di aspettarti perché tu hai deciso di non accoglierla della tua vita.

Il terrore gli strinse improvvisamente il petto fino a causargli dolore, esisteva una possibilità che lui ora stesse guidando verso la sua fine. Ebbe la tentazione di fare inversione per tornarsene a casa.

No, è inutile che io mi comporti da codardo, non cambierebbe assolutamente niente.

Strinse i denti e aggrottò le sopracciglia, non rendendosi con di di stare schiacciano il gas più del dovuto, non avrebbe potuto sopportare a lungo quell'ansia crescente.

Itachi era già sceso, lo stava aspettando sotto casa. Bellissimo, era vestito come quella mattina tuttavia adesso aveva una marcia in più, gli splendidi capelli erano sciolti apparendo ancora più luminosi sotto la luce della luna, la pelle della braccia scoperte era dello stesso colore del romantico astro, vedendolo arrivare inclinò leggermente la testa di lato, ammiccò involontariamente con quelle incredibili ciglia mentre il movimento gli aveva fatto ricadere i ciuffi più corti e corvini sullo sguardo.

D'accordo, Itachi, se devi uccidermi fallo alla svelta, altrimenti morirò comunque in una lentissima agonia.

Kisame si era fermato davanti a lui senza dire niente, le mani sudate sullo sterzo, in altrettanto silenzio il moro aveva aperto la portiera per entrare e sederglisi accanto. Kisame aveva annullato il volume dello stereo senza tuttavia spegnerlo, ora la luce azzurra del display stava illuminando il viso di Itachi seminascosto dai capelli. Stava col capo leggermente chino, non lo aveva degnato di uno sguardo dandogli solo il profilo perfetto del naso. Gli occhi di ghiaccio di Kisame erano caduti sul tatuaggio.

Non mi accoglierai nella tua vita, non saremo mai come quelle due linee, tuttavia io non posso fare a meno di seguire il tuo movimento come fa quella più corta con tutto il coraggio delle sue piccole dimensioni.

Kisame cercò di fingere scioltezza: "ti sei vestito così solo per recuperare la tua bicicletta?"

"Avevo ospiti a cena, sono appena andati via. Sasuke ha pensato di riunire la famiglia per conoscere Madara e suo fratello."

La voce calma e suadente di Itachi aveva brutalmente spazzato via l'ultimo barlume di speranza di Kisame. Dunque non era vestito così per lui, che aspettava a dargli il ben servito allora? Lo aveva chiamato sul serio unicamente per recuperare la bicicletta, dunque. In questo caso non avrebbe detto niente fino a casa. Kisame decise di ripartire mentre sentiva il cuore sprofondare sotto terra. Gli veniva da piangere e non era certo di riuscire a contenersi fino alla fine del percorso.

Dannazione, Itachi, era tutto potenzialmente perfetto, anche Sasuke ha seguito i miei consigli riallacciando i rapporti con la famiglia, capendo quali sono le cose che hanno un vero valore; non rovinare tutto, ti prego.

Si asciugò in fretta gli occhi con una mano, mentre era sceso per aprire il cancello aveva approfittato dell'occasione anche per tirare su con il naso. Non aveva più rivolto lo sguardo in direzione di Itachi, non poteva fare altro che attendere lo strazio del suo cuore fatto a momenti dal moro prima di inforcare la bicicletta per andarsene nella notte senza nemmeno voltarsi indietro. Qualche parola di scuse, alcuni ringraziamenti sussurrati con la faccia contrita. Avrebbe fissato l'immagine della sua schiena allontanarsi, i suoi occhi rassegnati a seguirlo fino alla totale scomparsa, l'immobilità per qualche altro minuto fissando la strada deserta, quella scena lo avrebbe marchiato a fuoco per il resto della sua esistenza. Probabilmente col tempo sarebbe sbiadita iniziando a rigirare un coltello un poco più piccolo dentro al suo petto, tuttavia non avrebbe mai avuto pietà di lui. Il pianto sarebbe iniziato una volta scomparsa la sagoma di Itachi in fondo alla via, una cosa tremenda, agghiacciante, non era da escludere la sua caduta in ginocchio su quel vialetto bianco come la splendida luna di quella sera; di sicuro adesso qualcuno la stava guardando facendo dichiarazioni d'amore, altri si baciavano o stavano facendo l'amore immersi nella sua luce, quella stessa luna che per Kisame sembrava intrisa di sangue.

"Ecco la tua bicicletta" Kisame aveva parlato guardando il cofano della macchina, Itachi si trovava alle alle sue spalle, era sceso senza emettere alcun suono a parte quello della chiusura della portiera.

Eh, già, caro Land Rover, dovremo entrambi rassegnarci a perdere le cosine di cui volevamo prenderci cura.

Non si pentì nemmeno per un attimo di quello stupido pensiero, aveva talmente bisogno di condividere il suo dolore con qualcuno che se non avesse rivolto questa riflessione alla macchina, la voragine che si stava aprendo nel suo stomaco lo avrebbe risucchiato. Teneva gli occhi bassi sul pavimento di cemento grezzo sotto la tettoia, gli stivaletti neri di Itachi apparvero in quel ridotto campo visivo sdoppiati dalle lacrime, pareva che il moro avesse quattro piedi, adesso; si era spostato davanti a lui di nuovo senza emettere il minimo rumore.

"Grazie Kisame, ma credo che lei da ora in poi starà benissimo lì."

Forse si trattava davvero di un sogno, non era possibile che Itachi adesso avesse detto sul serio questo, Kisame pensò che si trattasse di uno scherzo della sua mente provata mentre i suoi occhi iniziavano a salire su per quelle gambe sottili e slanciate strette nei pantaloni di pelle rosso scuro, non gli interessarono minimamente le due lacrime che gli solcarono le guance mentre guardava il torace del moro, il costato sporgente si appezzava senza sforzo sotto la maglia smanicata aderente. Il collo alto adesso celava le clavicole evidenti e le nervature del collo che avevano tanto attratto la sua attenzione il giorno in cui si era presentato alla palestra con Nagato, la prima volta in cui lo aveva visto senza maschera. Un dolce sorriso gli aveva incurvato le labbra leggermente carnose e morbide, Kisame conosceva la loro consistenza, Itachi gliele aveva posate sul collo dichiarando di essere lui la donnola, poche ore più tardi quel bacio rubato nel suo letto mentre il moro dormiva, il più fugace tuttavia il più bello della sua vita. Uno scintillio fulmineo ma intenso negli occhi neri mentre Itachi faceva un passo verso di lui, Kisame temeva che questa fosse una di quelle gioie che ormai dai per scontate essendo a pochi centimetri da te, ma che vengono distrutte da un tornado inaspettato quando finalmente stai allungando la mano per afferrarle trasformando così velocemente il tuo sorriso in una maschera di dolore, che quasi puoi sentire i muscoli facciali fare male. Stavolta accadde il contrario, una risata gioiosa nacque sotto alla disperazione nel momento in cui Itachi spiccò un balzo per saltargli in braccio stringendogli le gambe affusolate alla vita quasi fosse stato lui la pertica sulla quale Yahiko e Shisui lo avevano lanciato pressappoco a casaccio. Kisame si ritrovò a ridere con le lacrime ancora a bagnargli il viso come una di quelle giornate in cui piove tuttavia c'è un sole talmente intenso da far sembrare le gocce d'acqua simili a schegge di diamanti. Erano rimasti fermi guardandosi intensamente negli occhi come due calamite che non possono fare a meno l'una dell'altra, iridi celeste ghiaccio fuse con il nero più ardente. Kisame afferrò le natiche del moro sollevandolo ancora più su, era così leggero da sembrare un tenero animaletto tuttavia così rovente come un devastante e pericoloso vulcano; le loro pupille ora erano perfettamente allineate e lucide come gemme preziose.

"Ecco a cosa servono le tue doti di acrobata, eh, mascalzone."

Kisame aveva sorriso, il moro continuava a guardarlo in modo intenso e languido, i loro visi erano talmente vicini che potevano sfiorarsi a vicenda con il respiro pur senza toccarsi materialmente, Itachi inarcò istintivamente la schiena, lo sfregamento della sua erezione sugli addominali di Kisame fu breve e lieve, tuttavia questo bastò a far esplodere la sua tanto da iniziare a fargli male nonostante la comoda tuta. Sentì il sangue salirgli violentemente al cervello, presto non avrebbe più risposto delle proprie azioni, si sistemò meglio il moro sulle braccia distribuendo il suo peso, si trattò più che altro di un gesto d'affetto che fece prima di avviarsi verso il portone di casa talmente felice da stentare ancora a crederci. Fu una fortuna il fatto che avesse le chiavi nella tasca sinistra dei pantaloni, nel caso contrario avrebbe rischiato seriamente di non rispondere più di se. Stava sostenendo quel corpo tanto desiderato con una mano sola adesso, facendo girare con l'altra, fremente, la chiave della toppa. Non lo avrebbe più abbandonato dopo più di dieci anni di attesa, la più lunga sebbene la migliore della sua vita.

"Non farlo scivolare via, Kisame, o potrebbe essere la sua fine."

Ma Itachi non voleva scivolare via abbarbicato come era al suo corpo muscoloso, pareva quasi non volesse essere posato a terra. Kisame richiuse l'uscio con un calcio dimenticando che le chiavi erano rimaste inserite nella serratura esterna. Appiccicò il moro alla parete, la testa di Itachi urtò la piccola scatolina di legno in cui Kisame conservava alcuni mazzi di chiavi facendola rovinare rumorosamente a terra con tutto il suo contenuto. Kisame si posizionò in modo da sostenere l'altro solo usando il suo bacino possente, desiderava le mani libere. Libere di toccarlo ora che poteva godere dell'intenso e gradevolissimo sapore di quelle labbra vellutate, stringeva la sua vita sottile e flessuosa mentre loro erano persi in quel bacio che pareva precedere la fine del mondo. Respiravano forte con gli occhi chiusi, senza accorgersene avevano incominciando a muovere all'unisono i bacini, gli affondi morbidi e sinuosi che Itachi faceva stretto tra il muro e il corpo bollente del compagno, ebbero il potere di mandare Kisame talmente fuori di testa da emettere dei gemiti simili a lamenti di dolore. Le grosse mani di Kisame iniziarono a sfilare la maglia nera di Itachi dalla cintura del pantaloni rossi, gliela tolse gettandola a casaccio sul pavimento, i tre cerchietti della collana regalatagli da Sasuke mandarono dei brevi lampi alla luce della luna; il moro aveva spostato le braccia dal collo di Kisame giusto il tempo necessario a far passare il tessuto per poi rimetterle subito dove stavano, su quella pelle così liscia da sembrare quasi gommosa. I baci bollenti di Kisame ora erano scesi sul collo e sul petto del moro il quale emetteva dei gemiti così acuti da non sembrare neanche suoi.

"Kisame…" il suo nome era uscito tra un respiro affannoso e l'altro.

Anche Kisame denudò il suo busto possente, le loro pelli ardenti non potevano più aspettare quel contatto, mordicchiò il labbro inferiore del moro premendo la pelle abbronzata contro la sua così bianca come la luna. Le mani ricominciarono a volere di più sganciando il bottone dei pantaloni di pelle del moro, lo lasciò scivolare delicatamente sul pavimento per poterglieli sfilare. Si spogliò lui stesso completamente lasciandosi addosso solo il quarzo opalino e il bracciale regalato da Madara. Erano rimasti lì, a fissarsi completamente nudi e ansimanti uno di fronte all'altro quasi adesso nessuno dei due sapesse più cosa fare. Tuttavia si guardavano negli occhi, Kisame aveva assunto quasi un'espressione maliziosa mentre Itachi stava con le labbra morbide leggermente socchiuse e gli occhi di ossidiana lucida ben saldi anche se intensi e languidi. Immobili in attesa l'uno dell'altro, in altre occasioni a Kisame avrebbe dato fastidio una situazione di stallo simile, mentre adesso si ritrovò a desiderare che quel fermo immagine non terminasse mai, quasi Itachi avesse potuto svanire nel nulla una volta terminata quella serata.

Non devo temere niente, non più, lo vedo che il tuo cuore ormai è mio. Lo è sempre stato.

Ora Kisame sorrideva teneramente avvicinandosi al moro, egli aveva il muro alle spalle tuttavia non desiderava indietreggiare, lo baciò ancora ma ora non febbrilmente, quasi come cera calda che si scioglie lentamente, ed era questo che sentiva Kisame sulla sua pelle. Avrebbe voluto sentire il contato delle loro erezioni tese al massimo, siccome il moro era una ventina di centimetri più basso di lui lo sollevò ancora, la scarica di un piccolo fulmine lo attraversò facendolo sentire vivo all'esaudirsi del suo desiderio. Quasi gli dispiacque dover interrompere quel bacio, voleva ancora di più e le due cose al momento non sarebbero state compatibili, afferrando le natiche piccole ma di marmo del moro iniziò a sollevarlo ancora fino a portare i suoi glutei a posarsi sui pettorali possenti, ad ogni slancio aveva sentito il suo sesso teso al massimo strusciarsi sulla pelle, pareva di bambagia pur essendo al massimo dall'eccitazione. Kisame lo fece affondare nella sua bocca bollente, respirando profondamente il suo profumo unico e inebriante, le gambe di Itachi, sulle sue spalle, tremarono di piacere. Si ritrasse, rimase fermo diversi secondi ascoltando il respiro accelerato del moro, gli piaceva farlo attendere. Gli posò un piccolo e delicato bacio sul glande gonfio di piacere, Itachi gemette muovendosi istintivamente, Kisame aveva rischiato di venire solo sentendo l'affondo delle sue natiche sul petto. Tremò, ripeté l'azione svariate volte mantenendo un ritmo lento ma cadenzato a cui Itachi rispondeva con quel movimento irresistibile, gemiti e sospiri.

"Kisame…" il suo nome adesso era un singhiozzo strozzato. Le mani del moro affondavano nei capelli blu, scendevano per accarezzare la nuca.

All'ennesimo bacio Kisame avvertì una pulsazione nel sesso teso di Itachi e qualche gocciolina del suo piacere sulle labbra carnose, lo lasciò scivolare giù quasi di schianto frenandolo in tempo con le mani sotto al sedere.

"Ti sei messo in testa di combinarmi un disastro adesso, razza di mascalzone?"

Kisame aveva un sorrisetto malizioso, Itachi sfatto dal piacere. Lo portò sul divano senza smettere di guardarlo negli occhi, impossibile staccarsi da quel disarmante magnetismo. Lo stese di schiena inginocchiandosi sopra di lui, posò il suo sesso dalle notevoli dimensioni e, percorso da evidenti venature, sulle labbra di Itachi. Iniziò a penetrarlo piano, sprofondò in quella bocca morbida come nel burro fuso, Kisame piegò la testa all'indietro emettendo un gemito strozzato. Si muoveva delicatamente dentro di lui insinuando le mani in quei capelli corvini che tanto aveva desiderato accarezzare, era accaduto ancora prima di conoscere quale meraviglioso viso si celasse dietro quella inquietante maschera da donnola. Il moro lo accoglieva con le lunghe ciglia serrate, le mani affusolate e smaltate di viola si facevano strada sulle cosce possenti tese nel piacere aspettato da tutta la vita. Se Kisame non si fosse ritirato da quella bocca incantevole il rapporto sarebbe terminato lì. Invece Kisame desiderava trasformare quel giorno nel più bello della sua vita, già lo era, tuttavia si poteva fare di più. Si sdraiò sul corpo del moro premendo quanto era possibile per non fargli male, lo sentiva respirare e fremere sotto di se, mentre lo baciava le sue mani candide gli stavano accarezzando la schiena muscolosa. Entrò dentro di lui senza fare niente da cui Itachi potesse capire la sua intenzione, solo con un lieve movimento del bacino. Le unghie viola lo artigliarono per un istante, giusto nel momento del suo ingresso, quando il moro si fu rilassato di nuovo emettendo un sospiro, Kisame si mise sedere alzando Itachi con una mano dietro alla schiena per posizionarselo seduto in grembo. Gli occhi celesti assunsero un'espressione adorante sentendo la pressione del suo sedere sulle cosce e il suo sesso affondare ancora di più dentro quel corpo sottile. Il moro gli circondò il busto con le gambe eleganti.

"Itachi…" Kisame sospirò afferrando la sua vita sottile, il moro taceva tuttavia gli occhi neri gridavano amore.

Amore di cui Kisame fu finalmente certo, non era corretto affermare che Itachi parlava poco, lo faceva tantissimo soltanto che preferiva usare lo sguardo piuttosto che la bocca; Kisame era l'unica persona a cui era consentito comprendere quella lingua. Ti amo stava dicendo adesso Itachi, quella parola uscita direttamente dalla sua anima raggiunse il cuore di Kisame, era curioso constatare come lo stesso ritmo accelerato fosse stato insopportabile nell'angoscia che aveva provato lungo la strada, e come invece adesso lo scaldasse simile a un dolce liquore aromatico. Il moro inarcò la schiena affondando le natiche nel bassoventre di Kisame mentre si lasciava sfuggire un sospiro tremante, l'interno del suo corpo stava avendo delle piccole pulsazioni, la sua apertura si era fatta un poco sporgente. Quello fu l'inizio di un movimento all'unisono naturale e istintivo, immersi nella luce lunare che filtrava dalla grande vetrata del salotto, parevano essere una cosa sola. Kisame permise al piacere di impadronirsi del suo corpo fino a rasentare lo svenimento, raggiungere l'orgasmo dentro quel corpo che si muoveva così sinuosamente fu talmente intenso da annebbiargli persino l'udito, Itachi si era lasciato andare sui suoi addominali d'acciaio sussultando forte. Kisame lo abbracciò sdraiandosi e guidandolo adagiarsi sul suo petto ampio.

"Ti amo, Kisame"

Non solo gli occhi parlavano adesso, lo sguardo solitamente gridava mentre le parole erano state un sussurro leggero. A Kisame venne da piangere dalla gioia, stringeva quel corpo sottile e affannato come per proteggerlo da tutte le sciagure del mondo, le grosse mani tremavano come le labbra carnose posate sulla fronte del moro, non riuscì a trattenere un singhiozzo mentre due lacrime caddero sulla massa dei capelli corvini venendo inghiottite dal essi.

"Ti amo anche io, dalla prima volta in cui ti ho visto, quando ancora non conoscevo il tuo viso e il tuo nome."

Itachi si allontanò un poco per cercare un contatto visivo, Kisame piangeva ma lui sorrideva come un angelo, mentre le mani del compagno gli accarezzavano dolcemente i lunghi capelli.

"Mi dispiace per averti causato tanto dolore questa mattina, tuttavia non è successo niente, è stato il pensiero di te a impedirmi di sbagliare, lo so che eri venuto qui solo per me..."

Itachi lo aveva zittito con un bacio mentre anche lui gli accarezzava i capelli a spazzola: "Se esiste qualcuno che ha fatto errori quello sono io, sono scomparso senza neanche salutarti e darti mie notizie. Vedi, io di solito finisco sempre per distruggere la vita di chi mi sta accanto, proprio perché ti amo non volevo che accadesse lo stesso con te. Temevo di condannarti lasciando che tu ti affezionassi a me."

"Perchè dici così? L'unica occasione in cui mi fai soffrire è quando non mi sei vicino, mascalzone che non sei altro."

Kisame gli aveva insegnato che verità era qualcosa da condividere con la persona che si ama, quel giorno sotto quella meravigliosa robinia in fiore, poco prima di scoprire cosa era accaduto a Nagato. Gli aveva rivelato del suo legame con Madara, ecco perché adesso Itachi aveva deciso finalmente di raccontarsi. Prese un profondo ma calmo respiro prima di iniziare a spiegargli le motivazioni che stavano dietro a quella frase e a l'impressione che dava di volersi addossare tutte le colpe del mondo. Che poi impressione non era, delle colpe belle grosse esistevano sul serio. Serviva coraggio adesso per rievocare tutti insieme i suoi strazianti ricordi. Kisame seppe finalmente da cosa era tormentato praticamente ogni notte mentre chiamava il nome di suo fratello cercando di sovrastare i ruggiti di un motore che lui stesso aveva azionato. Lo strinse ancora più forte ascoltando il racconto di quando accaduto con Shisui e suo padre e di come questo evento lo avesse fatto sentire ulteriormente in colpa nei confronti di Sasuke. Il dolore era stata la motivazione che aveva spinto lui e Nagato a conoscersi e a stringere il loro devastante legame. Rivelò a Kisame come era finita la sua carriera da acrobata costringendolo ad accettare quel posto al Susanoo, era stata la conseguenza di una festa di Capodanno dopo la quale Sasuke aveva iniziato ad aprire gli occhi mentre Nagato aveva cominciato a desiderare di chiudere i suoi per sempre. Naturalmente i suoi sensi di colpa si estendevano anche il modo in cui il rosso aveva scoperto, in autonomia e senza essere preparato psicologicamente, una verità a lungo nascosta. Il moro sorrise sollevato apprendendo da Kisame i progressi che Nagato stava facendo grazie a Naruto, dichiarò tutta la sua gratitudine per il biondo esprimendo il desiderio di incontrarli entrambi.

"Ma certo, una bella serata a quattro è quello che vuole" Kisame sorrise baciandolo sulla testa, il biondo aveva espresso apertamente il desiderio di conoscere la sua persona speciale e finalmente era giunto il momento: "e poi preparati a scavalcare la finestra domani, acrobata, mi mandi il sangue al cervello e io dimentico le chiavi nella serratura all'esterno."

Risero entrambi felici. Era stato il suono più bello che Kisame avesse mai udito. Itachi aveva conosciuto solo dolore da quando era nato, questo fece gonfiare ancora di più il suo cuore d'amore, quel fragile corpo che adesso stava stringendo nascondeva in realtà una forza straordinaria. Era sempre disponibile a diventare il sostegno di tutti accettando di sacrificare se stesso rimanendo nell'ombra. Kisame aveva intuito dall'inizio che il moro era una persona reduce da una intensa sofferenza derivata soprattutto dall'incidente accaduto nell'infanzia, tuttavia non avrebbe mai immaginato che fosse stata così devastante, non avrebbe mai detto che lui si ritenesse responsabile addirittura della morte dei genitori e di aver distrutto la vita del fratello.

Povero amore, eri solo un bambino all'epoca, se solo io avessi saputo...

"Kisame, quello che è uscito più a pezzi dalla giornata di oggi, pur non dandolo a vedere, è sicuramente Madara. Io gli ho parlato, tuttavia credo che sarebbe giusto un chiarimento anche con te. Non si aspettava certo di perderti. Mi dispiace di aver reagito così sul momento, è successo perché ero io a credere di averti perso."

Kisame annuì stringendolo dolcemente e posandogli ancora un tenero bacio sulla fronte. Il primo pensiero di Itachi erano sempre stati gli altri nonostante lui avesse attraversato l'inferno sin da bambino: "Tesoro mio, mi dispiace per tutto, ora ci sono io qui con te."

Non avrebbe lo più lasciato andare, il suo posto era lì al suo fianco, Kisame avrebbe accolto il suo dolore come la linea più corta del suo tatuaggio riceve il movimento di quella lunga , lo avrebbe cullato finalmente in quell'amore che non aveva mai conosciuto, perché Itachi la luce che finalmente riusciva a vedere. Si addormentarono in quel dolce abbraccio mentre un chiarore iniziava a farsi strada davvero attraverso la bella vetrata, era il sole nascente pronto a illuminare la loro nuova vita.