Angolo dei commenti:

Ericka Larios: È proprio così! Fin dal primo incontro si può comprendere la cura che hanno uno dell'altra ^_^

Cla1969: Grazie a te, adoro tentare di immergermi nei pensieri di Albert, che all'inizio è solo accennato come personaggio!

Elizabeth: Grazie a te per seguirmi!

Dany Cornwell: Georges, un po' come Albert, non mostra mai le sue emozioni, ma volevo provare a dargli un'anima: è un personaggio meraviglioso! E Candy e Albert già dal primo incontro hanno quella che tu chiami chimica: una complicità che si riscontra fin da quando lei era solo una ragazzina e che è destinata a crescere e ad evolvere!

Charlotte: Grazie di cuore, spero ti piacciano anche i prossimi missing moments!

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Adozione

"In Messico?! Ma sono impazziti, forse? Ha solo... quanto, tredici anni?". Incredulo, Albert alzò lo sguardo dalla lettera a Georges, che lo osservava contrito dalla porta d'entrata.

Da quando lo aveva raggiunto in quella modesta pensione nella quale si era recato dopo la fuga dai boschi di Lakewood, non si era mosso da lì.

"Proprio così, signorino William". Anche se era in piedi e sembrava compìto come al solito, si vedeva che era davvero teso.

Albert sospirò, passandosi le mani tra i capelli e posando la lettera sul tavolino al quale si era seduto. Guardò per un istante fuori dalla finestra, giocherellando con la lunga barba con il pollice e l'indice, ripercorrendo gli eventi da quando aveva ricevuto il messaggio nella bottiglia da Candy.

Quella sera, chiuso nella capanna con i suoi animali, non aveva creduto ai propri occhi e aveva sperato che la ragazzina avesse solo esagerato, magari dopo essere stata minacciata dai Lagan. Ma il fatto che non avessero esitato a mandarla a dormire in una stalla gli aveva subito fatto scartare quell'ipotesi: Candy era stata tutt'altro che eccessiva nel descrivere le sue vicissitudini negative. Anzi, sembrava trovare il lato positivo persino nel fatto di poter condividere il proprio spazio con due animali che adorava.

Sono contenta di aver incontrato uno come me!

Sì, anche lui era solo e adorava la compagnia degli animali. Candy aveva proprio ragione.

Dopo aver ricevuto la sua lettera, aveva già deciso che avrebbe contattato Georges per discutere di quell'evento che sembrava imminente, ma poi le cose erano precipitate ed era dovuto fuggire in fretta e furia. Così, ne aveva approfittato per rifugiarsi dove il fidato braccio destro potesse trovarlo e il suo arrivo, pressoché immediato, con un fascio di lettere da parte di Anthony, Archie e Stair non aveva fatto che confermare la storia di Candy.

I Lagan erano davvero crudeli.

"C'è un modo legale perché entri a far parte della nostra famiglia?", chiese lentamente, dando voce a un'idea che aveva già cominciato a formarsi nella mente da quando l'aveva salvata alla cascata e riconosciuta.

"Io penso...".

"Siediti, per favore", lo pregò interrompendolo e quindi fissandolo in attesa che parlasse.

Georges prese una sedia e si posizionò di fronte a lui, nello spazio angusto della cameretta: "Potrebbe adottarla, diventandone tutore legale, e lei sarebbe una Ardlay a tutti gli effetti".

Albert spalancò gli occhi, trattenendo il fiato. Adottarla?! Ma se aveva solo ventiquattro anni! Certo, per tutti lui era il vecchio prozio William, non un giovane da poco maggiorenne, tuttavia...

Si grattò un lato della fronte, pensieroso, fissando Georges che inarcava un sopracciglio: "Il prozio William è troppo anziano per avere una figlia adolescente, ma la realtà è che io non sono abbastanza vecchio da avere una ragazza dell'età di Candy". Era quasi divertito da quelle prospettive opposte. "Senza contare che, essendo scapolo, potrebbero esserci dei problemi".

L'uomo annuì, comprensivo: "Certo, è per questo che ho parlato di tutoraggio da parte sua e della famiglia. Non si tratterebbe di un'adozione nel senso più stretto del termine. Di fatto, lei non diventerebbe un vero padre adottivo. Ne devo comunque parlare con i nostri avvocati: se la sente di fare un passo così importante e prendersi questa responsabilità, signorino William?".

Quella domanda lo colse alla sprovvista e gli fece comprendere quanto quella decisione avrebbe significato nella vita di Candy: la responsabilità legale sarebbe ricaduta sulle proprie spalle fino a che non fosse diventata maggiorenne, perché dubitava che la prozia Elroy si sarebbe fatta carico di colei che considerava una sorta di dama di compagnia di Eliza o, peggio, una serva.

Se conosceva bene sua zia, non avrebbe reagito certo con gioia a quella disposizione. Ma cos'altro poteva fare? Non aveva intenzione di rivelarsi prima del tempo e poteva solo confidare nella protezione che i suoi nipoti, che aveva ben compreso essere molto affezionati a lei, potevano offrirle.

E non solo loro. Lo stesso Georges poteva osservarla non troppo da lontano.

Prese un respiro profondo e Poupee, addormentata sulle sue ginocchia, alzò il musetto per guardarlo con un piccolo squittio. Anche lei sembrava in attesa di una risposta: "Fai tutto ciò che è necessario, allora, ma fallo al più presto. Se ho ben capito il trasferimento dovrebbe avvenire entro pochi giorni".

Georges annuì: "Farò tutto il possibile, mi attiverò subito. Ci tiene molto a quella ragazzina, non è vero?".

Albert gli restituì il lieve sorriso che gli increspava i baffi: "Almeno quanto mio padre teneva a te", ribatté. L'uomo chiuse gli occhi e quello fu l'unico cenno di emozione che manifestò, ma lui lo colse e ne fu toccato. "Sai", proseguì, "quando l'ho incontrata per la seconda volta alla cascata e l'ho portata alla capanna, i suoi occhi mi hanno ricordato Rosemary, anche se sono di colore diverso. Hanno la stessa luminosità decisa dettata dalla gioia di vivere... non so spiegartelo bene, ma è come se mia sorella mi stesse comunicando che devo prendermi cura di lei".

Il suo braccio destro e confidente riaprì gli occhi e ad Albert parve di veder brillare delle lacrime represse: d'altronde, aveva appena nominato due persone importanti non solo nella propria vita, ma anche in quella di Georges e capiva molto bene la sua commozione: "Ha detto che era la seconda volta che la incontrava...". La voce era ferma e le palpebre si socchiusero in un'espressione perplessa.

Grattando la testolina di Poupee per indurla a riaddormentarsi, Albert rispose a quella domanda inespressa: "Ti ricordi il giorno che sono scappato di casa indossando il kilt, durante quella festa?".

"E come potrei dimenticarlo?", proruppe Georges corrugando la fronte. "Ho perso dieci anni di vita per la preoccupazione".

E se la ricordava quella preoccupazione: aveva solo diciassette anni e aveva visto Georges crollare come gli era capitato solo alla morte di suo padre e di Rosemary. Il senso di colpa lo aveva invaso: sapeva di essere importante per lui e non certo perché chi lo aveva salvato dalla strada e accolto in casa gli aveva, in un certo senso, affidato il suo unico figlio maschio.

L'affetto che Georges aveva sviluppato nei suoi confronti era pari a quello di un fratello maggiore o proprio di un padre e Albert lo aveva sempre ricambiato totalmente. Aveva giurato che non lo avrebbe più fatto preoccupare e, da quel momento in poi, pur perseguendo i propri ideali di libertà, aveva fatto sempre in modo che Georges conoscesse i suoi spostamenti.

Albert inclinò il capo in un gesto di comprensione: "Lo so e ti chiedo di nuovo scusa. In realtà la incontrai quel giorno per la prima volta: poteva avere sei anni ed era molto triste. Io l'ho fatta ridere suonando la cornamusa".

L'uomo parve davvero colpito da quella rivelazione: "Io non l'ho vista, però. E come fa a essere sicuro che si trattasse proprio della signorina Candice? Dopotutto sono passati sette anni...".

Ridacchiò, scuotendo il capo: "Non l'hai vista perché quando mi hai riacciuffato io ero fuggito dal lato opposto della collina. Per rispondere alla tua domanda, beh... non è che sia cambiata molto. Ha le stesse identiche lentiggini e i suoi capelli sono inconfondibili".

"L'ha osservata molto bene", commentò lui senza ironia.

Albert annuì: "Sì, non ho mai dimenticato quella bambina: mi ha colpito per la sua indole libera che le permetteva di esprimersi senza timori, cosa che io non ho mai potuto fare neanche alla sua età". Scosse la testa, non volendo soffermarsi su quell'argomento. "Inoltre, ricordi la spilla che ho perso proprio quel giorno?".

Georges annuì.

"Bene, la conferma che fosse lei, semmai ne avessi bisogno, l'ho avuta perché ce l'aveva addosso, attaccata a una catenina assieme a una piccola croce. Deve averla trovata e conservata come un caro ricordo". Provava un'immensa dolcezza nel ricordare quel particolare. Era impossibile non affezionarsi a una ragazzina come Candy, capiva davvero perché i nipoti tenessero a lei: era pura e cristallina come acqua di sorgente.

"Significa che anche quel ragazzo, vestito in modo che alla signorina deve essere apparso strano, ha colpito la bambina. Immagino sia rimasta affascinata dal suono della cornamusa". Georges appariva interessato e divertito mentre cercava di indovinare cosa fosse accaduto.

Senza poterselo impedire, scoppiò a ridere facendo fuggire via Poupee, ricordando quello che era successo, e gli confessò le buffe osservazioni di Candy che pensava lui arrivasse dallo spazio. Gli riferì anche il paragone che aveva fatto tra il suono del suo strumento e una fila di lumache che strisciavano: persino Georges cominciò a ridacchiare, seppure in maniera più composta.

"Non sapevo che le lumache potessero fare un suono simile a quello di una cornamusa", disse.

"A dire il vero neanche io", ammise alzandosi in piedi. Divenne di nuovo serio e il suo fidato amico si alzò a sua volta mentre gli diceva: "Devi avere cura di lei ogni volta che ti sarà possibile, Georges. Quella ragazza ha sofferto molto: anche lei è orfana e non ha mai avuto dei genitori che l'amassero davvero. In qualche modo, sento di essere l'unico a comprenderla profondamente e poterla aiutare, seppure da lontano".

L'uomo annuì, sembrava pronto a congedarsi ma, quando fu di nuovo sulla porta, chiese: "Ciò significa che non le chiederà di restituirle la spilla?".

Albert espirò piano, passandosi la mano tra i capelli: "Per ovvi motivi non mi ha riconosciuto e non sarò io a rivelarmi rischiando di farle venire dei sospetti sulla mia provenienza. Immagino che ci saranno altri eventi che richiederanno la presenza del kilt e Candy potrebbe collegare quello strano ragazzo agli Ardlay se vedesse lo stemma di famiglia".

Con la mano già sul pomello, Georges si volse a guardarlo: "Se procederemo ad adottarla, prima o poi lo verrà comunque a sapere. Sono sicuro che sarà lieta di ritrovare in lei l'amico dei boschi di Lakewood e lo strano ragazzo sulla collina".

"Può darsi. O può darsi che rimangano tutti inorriditi nello scoprire che il prozio William non è altri che un ribelle vagabondo che una volta è persino scappato di casa. Ma questo eviteremo di raccontarlo ai miei nipoti, vero?", concluse facendogli l'occhiolino.

"La mia bocca è cucita, signore. Tornerò quanto prima con i documenti da firmare".

Quando se ne andò richiudendosi la porta alle spalle, Albert si mise a cercare Poupee e la trovò rannicchiata sotto al letto: "Sicura di voler rimanere lì? Staresti molto più comoda sopra...".

L'animaletto lo fissò con gli occhietti vispi e luminosi e uscì dal nascondiglio improvvisato saltando senza esitazioni al centro esatto del materasso logoro e ingiallito.

"Non hai perso tempo, eh?". Sedette accanto a lei, carezzandole il pelo morbido, ricordando come Candy avesse fatto subito amicizia sia con Poupee che con gli altri animali.

Nel suo cuore, si sentiva spaventato e sollevato allo stesso tempo: poter salvare quella ragazzina così spontanea e speciale da una vita di stenti in Messico era magnifico. E tuttavia, temeva di vincolarla a una famiglia che avrebbe potuto imporle delle regole che andassero in contrasto con la sua libertà.

Avrebbe dovuto indurla a studiare come a breve avrebbero fatto Archie, Stair e Anthony, mandandola con loro a Londra? E se non fosse stata d'accordo e lo avesse odiato per questo? Albert era sempre stato convinto che una donna dovesse avere le medesime possibilità di un uomo di costruire il proprio futuro e, se aveva inquadrato bene Candy, il suo era uno spirito indipendente che poco si sarebbe accordato con le esigenze della società che voleva le donne dedite solo a fare un matrimonio di convenienza.

"Non l'ho ancora adottata e già mi metto a pensare come un padre, povero me...". Rise di se stesso, scuotendo il capo.

No, non avrebbe imposto nulla a Candy, se non gli studi di base per potersi poi dedicare a ciò che avesse preferito. Sarebbe stata libera di lavorare o innamorarsi dell'uomo che preferiva e non sarebbe stato certo lui a infrangere i suoi sogni.

Il percorso della propria vita era obbligato e, in una certa misura, persino quello dei nipoti.

Ma per Candy il discorso era diverso: una volta maggiorenne sarebbe stato lieto di lasciare che mantenesse il nome Ardlay, però non sarebbe stata legata come gli altri componenti della sua famiglia.

"Vivrò la mia libertà attraverso te, ragazzina. Ti proteggerò e farò sempre in modo che tu sia felice", disse alla stanza vuota, meritandosi un'occhiata incuriosita da Poupee.

Sì, rendere felice Candy sarebbe stata la sua missione da quel momento in poi.