Angolo dei commenti:

Cla1969: Non poteva non mancare, in questa carrellata di 'momenti persi', la triste morte di Anthony...grazie infinite per le tue parole e il tuo apprezzamento!

Ericka Larios: La morte di Anthony resta una macchia indelebile per cui sia Candy che Albert soffriranno sempre: l'importante è che si siano 'perdonati' per qualcosa di cui non hanno colpa.

Guest: Hai ragione, il dolore è tanto e non poteva che essere così...

Mia8111: Grazie!

Dany Cornwell: Anthony è stato il primo amore di Candy, un raggio di sole nella sua esistenza fino ad allora solitaria (a causa dei Lagan). La sofferenza è stata di certo lancinante. Albert invece era più grande, ma molto solo, e aveva soltanto Georges al suo fianco: per fortuna, direi! Lui e Candy condivideranno questo dolore solo tanti anni dopo...

Elizabeth: Questa è la mia versione di come la notizia della morte di Anthony abbia potuto colpire Albert. Di certo la sofferenza è stata immensa...

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Alcuni dialoghi di queste one-shot sono ripresi dal manga. Tuttavia, non ne detengo i diritti e li uso senza scopo di lucro.

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Albert manda Candy a Londra

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"Albert, quando potrò rivederti?".

"Quando tornerai a sorridere, Candy".

Albert smise il movimento con il coltellino affilato sul legno, guardando la sua opera: cosa stava cercando di intagliare? Un albero? Una rosa? Non lo sapeva ancora, ma quel semplice gesto creativo, con un materiale così vicino alla natura, lo rilassava anche se si trovava in un freddo ufficio del centro di Chicago, bilanciato su una sedia su cui si dondolava, i piedi puntellati sulla scrivania come quando si trovava nella capanna.

Era come se non se ne fosse mai andato dai boschi di Lakewood.

"...ora che è morto con cosa lo ricambi? Con una faccia piagnucolosa e una tristezza inconsolabile?".

Con un sospiro frustrato, appoggiò il lavoro sul piano della scrivania e vi poggiò i gomiti, il mento sulle dita intrecciate. Sapeva di essere stato piuttosto duro con lei, ma aveva bisogno d'indurre velocemente la vecchia Candy, combattiva e forte, a uscire dal suo bozzolo. E, in effetti, aveva appena avuto il tempo di ribadirle che doveva essere felice solo per aver incontrato un ragazzo come Anthony.

Poi era dovuto andare via e da allora non l'aveva più rivista.

Ricordava ancora il momento in cui aveva varcato la soglia del cancello: Candy era lì a terra, che piangeva, con il suo abitino nero da lutto. Albert aveva dovuto raccogliere tutto il proprio coraggio per dissimulare la ferita ancora fresca che aveva ricominciato a sanguinare in quell'esatto istante.

E le aveva sorriso, tentando di infonderle quel coraggio che sembrava sfuggirgli a ogni lacrima che solcava il volto di Candy. L'aveva accolta fra le sue braccia, tremante, mentre singhiozzava senza consolazione. Quella stretta era stata benefica anche per lui, ne aveva tratto un enorme conforto. Perché senza che lei ne sapesse nulla, stavano condividendo un dolore comune, un pianto che sarebbe durato forse per sempre.

Il calore di quell'abbraccio l'aveva legato ancora di più a quella ragazzina che, senza esserne cosciente, stava consolando anche lui.

Si alzò dalla scrivania e andò alla finestra per osservare la neve che volteggiava in aria come un improbabile stormo di farfalle. Il mondo candido al di là dei vetri gelidi sembrava cristallizzato e silenzioso nonostante fosse quasi mezzogiorno.

Forse ora è il momento adatto.

Natale era passato nel lutto, la zia Elroy non aveva voluto organizzare alcuna festa, neanche intima, e lui era andato a trovarla solo una volta per vedere come stesse. Sembrava invecchiata di dieci anni in un solo colpo.

Il vetro gli rimandò l'immagine della sua barba folta e comprese che anche lui sembrava molto più vecchio dei suoi ventiquattro anni, specie da quando aveva ricevuto l'ennesima triste notizia della sua vita.

Dovrò tagliarla, prima di partire: ormai non ha più senso che la tenga così.

La morte di suo padre lo aveva colto di sorpresa, considerando che aveva solo otto anni; quella di Rosemary era stata quasi annunciata dalla sua malattia, eppure lo aveva sconvolto nel profondo; ma quella di Anthony, così improvvisa e violenta, lo aveva devastato. Non era la prima volta che quel pensiero affliggeva la sua mente, quasi a sottolineare la gravità di quella fine, di una giovane vita spezzata.

Non sapeva con quale forza fosse riuscito a elaborare abbastanza il dolore e il senso di colpa opprimente da mostrarsi a Candy senza crollare, facendo finta di nulla. Il giorno in cui Georges si era presentato da lui, con gli occhi arrossati e il viso devastato dalla sofferenza, aveva compreso prima ancora che parlasse.

I giorni successivi erano stati come invasi dalla nebbia più fitta. Aveva pregato, aveva pianto, si era sentito prostrato nel corpo e nel fisico ma, come al solito, si era dovuto ricostruire pezzo per pezzo per andare avanti.

Per i suoi nipoti, per Candy, per la famiglia. E per se stesso.

I fiocchi di neve aumentarono di numero e intensità e desiderò poterli toccare: aprì la finestra e sporse una mano, accettando con un brivido gioioso la sensazione del freddo sul palmo.

Anche il ghiaccio si scioglie a contatto con il calore.

Albert aveva dovuto sopportare un peso enorme sulle proprie spalle e cercare dentro di sé e nel sostegno incondizionato di Georges il calore di cui aveva bisogno per essere il punto di riferimento che tutti si aspettavano: l'ineffabile prozio William, che aveva ordinato ad Archie e Stair di andare a studiare a Londra; Albert, l'amico vagabondo di Candy che aveva asciugato le sue lacrime.

Strinse la mano a pugno e la ritirò, chiudendo la finestra e tirando fuori dalla tasca interna del panciotto l'orologio: Georges sarebbe arrivato a minuti. Quasi sorrise al pensiero che il suo amico e braccio destro era spesso obbligato a riacciuffare i più giovani durante le loro fughe.

Certo, quella di Candy verso il Messico non era stata una fuga, ma l'imposizione di una famiglia che ancora stentava a credere potesse far parte del clan. Quando Archie e Stair si erano messi in testa di raggiungerla subito dopo la morte di Anthony, però, in qualche modo gli era costato di più riportarli indietro.

Georges gli aveva riferito di aver dovuto impedire loro di raggiungerla alla Casa di Pony e Albert aveva appoggiato in pieno la sua decisione estemporanea nel vederli andare via di nascosto. C'era più di un motivo per il quale si era visto d'accordo e ci aveva riflettuto con molta attenzione: in primo luogo non voleva che fuggissero da casa, dando altre preoccupazioni alla zia Elroy; in seconda battuta, desiderava che Candy si prendesse il suo tempo nel posto che più le era familiare per riprendersi dal dolore; infine, aveva pensato che mandarli a Londra per primi avrebbe potuto essere d'aiuto anche a loro a superare il lutto.

Un lutto che lui aveva vissuto quasi in completa solitudine, osservando Vincent Brown da lontano, mentre sostava nel giardino delle rose su cui stava già cadendo la prima neve. Avrebbe voluto abbracciarlo, condividere quella sofferenza enorme. Chiedergli perdono come aveva fatto sulla tomba di sua sorella. Ma non poteva, così si era dovuto abbracciare e perdonare da solo.

Un discreto bussare lo riscosse da quei ricordi tristi e invitò Georges a entrare. L'uomo si tolse il cilindro pieno di neve e sbottonò il cappotto nero, avvicinandosi un poco al caminetto acceso quando gli fece un gesto.

"Ha cominciato a preparare i bagagli, signorino William?", chiese strofinandosi le mani e mettendo i guanti in tasca.

Albert si strinse nelle spalle: "Non ho molto da portare con me. Sai già perché ti ho chiesto di venire, vero?". Lo raggiunse davanti al camino, avendo lui stesso bisogno di scaldarsi un po'.

Georges annuì. "Vuole che vada a prendere la signorina Candy alla Casa di Pony, vero?".

"Sì, per favore. Fallo per prima cosa subito dopo la mia partenza. Ha avuto... un po' di tempo per se stessa e ha passato il Natale con le persone che ama. Ma entro Capodanno vorrei fosse già in viaggio".

"Sarà fatto come desidera. Oh, a proposito, i signorini Cornwell hanno inviato una lettera da consegnarle, ritengo che potrebbe essere utile a convincerla a partire". Cercò nell'altra tasca e gliela mostrò.

Albert la soppesò tra le mani, certo che contenesse parole di conforto e gliela restituì: "Falle capire che è un'opportunità importante per lei. Studiare le darà modo di costruirsi un futuro".

"Naturalmente".

Si voltò, tornando alla scrivania e riflettendo per lunghi istanti. "Forse dovrei andare a trovare la zia, prima di partire".

Georges si tolse il cappotto per metterlo sull'appendiabiti vicino all'entrata e lo raggiunse: "La signora è ancora molto provata e dice di non voler più tornare a Lakewood. Vederla le farà di certo bene. Prima di partire, però, le suggerisco di...".

"...tagliarmi la barba, lo so. Ci avevo già pensato, ma avrei voluto farlo al mio arrivo a Londra. Al momento funziona meglio di qualsiasi sciarpa", scherzò accarezzandola.

"Lo faccia per la signora", ribatté Georges in tono gentile ma con una sfumatura di supplica che non gli sfuggì.

Albert ridacchiò: "Va bene, va bene. Provvederò questa sera, avvisala che domani sarò da lei per il tè".

"Bene. Ha bisogno di altro?".

Scosse la testa: "No, puoi andare nel tuo ufficio a occuparti dei biglietti per la nave. Tu e Candy potete viaggiare in prima classe, ma per me, ti prego...".

"La seconda classe è sufficiente per farla sentire a suo agio?", indovinò subito lui.

In realtà aveva riflettuto a lungo sulla possibilità di chiedere addirittura la terza, ma temeva che la lunga traversata invernale senza il minimo riscaldamento sarebbe stata troppo ardua persino per lui, che dormiva sotto le stelle fino ad autunno inoltrato: voleva arrivare a Londra in salute e senza problemi per poter seguire il progetto che suo padre aveva lasciato in sospeso tanti anni prima.

"Vada per la seconda", acconsentì con un sorriso.

Quella sera, davanti allo specchio con il rasoio in mano e il lavabo pieno di schiuma, Albert osservò il proprio viso sbarbato per metà e si ritrovò quasi a ridere di se stesso: da un lato c'era la vecchia vita da vagabondo, che non era del tutto terminata; dall'altro, quella del pragmatico zio William che avrebbe dovuto presentarsi in società a breve. Era da quando aveva compiuto la maggiore età che si faceva crescere la barba e si sentì quasi nudo e inerme di fronte al mondo.

Mentre apriva il rubinetto scuotendo la testa per quel pensiero assurdo, ripensò alla piccola Candy che stava appena diventando adolescente e già aveva affrontato dure prove nella sua breve esistenza: in qualche modo, avrebbero fatto insieme quel percorso di crescita.

Lei studiando alla Saint Paul School e lui impegnandosi nel proprio lavoro prima di un'ultima, grande fuga. Era strano pensare all'Africa mentre fuori la neve ammantava Chicago, eppure se chiudeva gli occhi poteva quasi avvertirne il calore sulla propria pelle.

Sì, dopo Londra sarebbe andato in quelle terre selvagge a fare il pieno di sole e di libertà prima di rinchiudersi nella sua gabbia dorata di patriarca.

E, chissà, magari Candy avrebbe già deciso cosa fare nella sua vita.