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MariaGpe22: L'autocontrollo di Albert è invidiabile, ma neanche un taglio di capelli può aiutare a strappargli Candy dal cuore...

Ericka Larios: Grazie per aver recuperato anche il capitolo precedente! Entrambi sono in qualche modo incentrati sulla solitudine e sui sentimenti di Albert, seppure in maniera differente. Io penso che Albert nel manga abbia davvero tagliato i capelli per una questione pratica, visto che erano molto lunghi, e dubito che volesse farsi notare da Candy: la ama a tal punto da mettere la sua felicità al di sopra di tutto e sa bene che ora lei non ha occhi che per Terry.

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Nota dell'autrice: Questa OS mi è stata ispirata dalla tavola del manga nella quale si vede Candy fare il bucato e Albert dietro di lei che le mostra perplesso una maglietta con un aquilone attaccato sopra...

Di aquiloni e profumi.

Candy rigirò fra le mani la maglietta ormai asciutta, pronta a rammendarla per l'ennesima volta: avrebbe voluto comprargliene una nuova, ma non aveva ancora abbastanza soldi da parte per fare un regalo ad Albert. Forse, però, ci sarebbe riuscita con la paga del mese successivo, magari facendo qualche guardia notturna in più...

Con questi pensieri in testa, accarezzò il tessuto grezzo ricordando ancora la sensazione che le aveva trasmesso quando lo aveva toccato prima di lavarlo. Laddove adesso il profumo del sapone con cui l'aveva strofinato le arrivava delicato alle narici, allora aveva colto l'aroma di Albert.

Quell'aroma così maschile, diverso da qualunque altro le fosse mai capitato di sentire.

Aprì l'armadio, si chinò e aprì un cassetto da cui trasse il cestino del cucito: scelse un ritaglio di stoffa che fosse uguale al precedente applicato nella parte inferiore qualche tempo prima e verificò la misura poggiandolo all'altezza della manica destra. Doveva ritagliarlo un pochino perché la zona da coprire era più piccola e rifletté che quella strana maglietta bicolore non poteva più andare bene per lavorare.

Certo, Albert prestava servizio nelle cucine di un ristorante, non a contatto con il pubblico, ma per un attimo si sentì come una mogliettina che mandi il proprio marito in ufficio con le toppe di colore diverso dal resto degli abiti.

A quel pensiero, il volto le si scaldò come se avesse la febbre.

E, di nuovo, il ricordo del profumo di quella maglietta prima ancora che fosse lavata le inondò i sensi come se lo stesse annusando in quel preciso momento.

Terence aveva un sentore di fumo di sigaretta sempre presente: nonostante l'armonica che gli aveva regalato, anche l'ultima volta che lo aveva visto era certa che non avesse smesso del tutto.

Albert lasciava dietro di sé una scia che era un miscuglio della sua lozione alla menta, delle arance che amava mangiare e di legna.

Ed era inebriante.

Quella mattina, prima di riuscire a immergere la maglietta nel lavabo dove stava facendo il bucato, non aveva resistito all'impulso di portarsela al naso con entrambe le mani, aspirandone l'odore.

Si vergognava ancora adesso di aver fatto un gesto tanto intimo e forse ne aveva avuto il coraggio solo perché sapeva che Albert non era in casa: se l'avesse trovata per sbaglio in quell'atteggiamento, si sarebbe sotterrata all'istante.

Il profumo degli aromi della cucina... le spezie... le arance che tanto adora, un pizzico di lozione dal tono pungente... e leggero, molto leggero e affatto sgradevole, un velo di sudore per la fatica cui ogni giorno è sottoposto. Un lieve afrore che apre tutti i miei sensi...

Il profumo della sua pelle.

Esattamente come aveva fatto quel giorno, Candy allontanò da sé la maglietta come se scottasse, come se davvero stesse abbracciando il corpo di Albert senza quel capo. Era come se avesse appena invaso la sua sfera privata solo per averne ricercato il profumo.

Si diede un piccolo pugno in testa, cercando di riportare sotto controllo il battito accelerato del cuore e il respiro tremolante, chiedendosi perché reagisse in quella maniera.

Era cresciuta alla Casa di Pony, dove aveva avuto a che fare con il bucato di tutti i bambini, femmine e maschi che fossero. Le era capitato di cavalcare e stare a stretto contatto, anche se per pochi istanti, sia con Anthony che con Terence. Era stata persino vicina a Stair, quando le aveva dato un passaggio su quella sua macchina scassata: aveva avuto così paura, quando avevano cominciato a perdere i pezzi, che gli si era aggrappata come una bambina spaventata.

Ma mai, mai si era sentita così attratta da un profumo come stava avvenendo con Albert.

Albert, che viveva con lei e tante volte l'aveva accolta fra le braccia, immergendola in quell'odore confortante; Albert, che a differenza di tutti gli uomini che aveva conosciuto era di certo più adulto; Albert, con il quale aveva stabilito che almeno il bucato lo avrebbe fatto lei, visto che cucinare e pulire la casa era quasi del tutto suo onere.

Candy si era accorta che, senza mai dire nulla, aveva però sempre provveduto personalmente alla propria biancheria e gliene era stata segretamente grata: credeva anche altrimenti sarebbe morta di vergogna, lei, un'infermiera. Si era riproposta di assumersi quella piccola responsabilità domestica proprio per evitare che i propri abiti, più o meno intimi, finissero tra le mani del suo più caro amico, ma non aveva riflettuto sul contrario.

Era stato in quel momento, in quella discreta suddivisione che lui aveva predisposto, che si era resa conto, in maniera più importante, che erano comunque un uomo e una donna che vivevano sotto lo stesso tetto pur non essendo sposati. Anzi, un uomo e una ragazza.

E lei era stata così ardita da annusare la sua maglietta non ancora lavata!

Preparandosi a prendere ago e filo con mani tremanti, Candy benedì per la prima volta il fatto che, seppure ne soffrisse ancora, fosse separata da Terence. Pensava che non avrebbe più potuto guardarlo in faccia, altrimenti.

A malapena sono stata in grado di farlo con Albert, quella sera, dopo aver steso i panni.

Mentre infilava il filo nell'ago al terzo tentativo, si sorprese persino a riflettere che si sarebbe ritrovata a fare il paragone tra il profumo netto di Terence e quello più variegato di Albert.

Un uomo con il vizio delle sigarette che fa l'attore e non è immerso nei fumi di una cucina e un altro che lavora duramente.

Era sconvolta da quei pensieri che si stavano facendo strada nella sua testa e si sedette sul letto quasi schiacciando il piccolo aquilone che avevano comprato qualche giorno prima. Lo prese tra le mani sorridendo, mettendo per un attimo da parte l'ago con il filo e la maglietta di Albert.

Era stato il giorno della fiera: avevano mangiato lo zucchero filato, le mele caramellate e si erano divertiti come ragazzini tra le bancarelle. Una di queste vendeva aquiloni e lei aveva sgranato gli occhi: ricordava di averne avuto uno da bambina, che aveva fatto volare alla Casa di Pony, e le sarebbe tanto piaciuto poterne far volare un altro ora

con Albert

anche se si trovava in città. Magari al parco, in un giorno ventoso.

Lui doveva aver visto la sua espressione, perché aveva tirato fuori il portafogli dalla tasca e si era quasi sentita in colpa: "No, aspetta! Fammi vedere se ho un po' di soldi io!".

Si erano messi a contare i cents ed erano riusciti a prenderne uno molto piccolo unendo i loro risparmi.

Candy rifletté che non avrebbe certo comprato una maglietta nuova per lui, con quei pochi spiccioli, ma ora aveva tra le mani un oggetto che era per metà suo e per metà di Albert. Ne seguì i contorni con l'indice e si sorprese ad annusare persino l'aquilone.

Cosa diavolo ho che non va, ultimamente?

Il sentore di zucchero dei dolci che avevano mangiato era leggero, ma permaneva ancora sulla stoffa tesa.

Candy pose con attenzione la toppa sul buco e afferrò l'ago tra due dita cercando di smetterla di pensare a cose senza senso logico. Non voleva certo pungersi e macchiargli la maglietta di sangue!

Eppure, forse per il silenzio che aleggiava in casa, i suoi pensieri ripresero a vagare mentre eseguiva i gesti meccanici che aveva fatto spesso. Ago nella stoffa, fuori, poi di nuovo dentro un poco di fianco. Ago che esce sul lato opposto e di nuovo tutto da capo.

L'indomani Albert avrebbe avuto il giorno libero e lei il turno di notte, il che significava che la mattinata e parte del pomeriggio sarebbero stati per loro. Poteva essere davvero il momento giusto per far volare l'aquilone!

Si alzò di scatto mollando il suo lavoro sul letto e precipitandosi nella sala principale, dove prese il giornale che avevano lasciato sul tavolo quella mattina: il trafiletto dedicato alle previsioni meteo dichiarava che per Il giorno successivo c'era un'alta probabilità di pioggia a Chicago.

Candy schioccò le dita con una smorfia di disappunto e sperò ardentemente che si sbagliassero.

Fece una deviazione in cucina dove verificò che il lavabo fosse sgombro, perché dopo aver cucito la maglietta di Albert voleva di nuovo fare il bucato prima che lui tornasse. Con un sorriso, si rese conto che l'amico non solo aveva lavato le tazze della colazione, ma le aveva anche riposte a testa in giù perché si asciugassero prima: la A e la C erano rovesciate ma le trasmisero comunque una piacevole sensazione di calore.

Adorava quelle tazze, così come adorava le nuove tendine e i pigiami a righe che aveva preso coordinati. Lei... adorava vivere con Albert. Era stato lui ad asciugare le sue lacrime dopo l'addio a Terry. Lui a darle quel conforto quando pensava di non avere più possibilità di essere felice. Lui che l'aveva incoraggiata a uscire di nuovo per godersi la fiera del quartiere. Lui che l'aspettava al rientro dall'ospedale e le faceva trovare la tavola apparecchiata.

Tornando in camera sua per finire il lavoro di cucito, Candy rifletté che la sua amicizia con Albert era sempre stata forte, ma mai come in quel periodo in cui condividevano davvero di tutto, persino il bucato e un letto a castello. Lo stesso dove era appena risalita per finire di rammendare una sua maglietta.

Continuava a inserire l'ago nella stoffa della manica ma i suoi pensieri erano di nuovo lontani: la ferita dovuta all'allontanamento da Terence era ancora aperta e le avrebbe fatto male a lungo. Ma il calore, i sorrisi, le braccia e persino il profumo di Albert erano i punti fermi e confortanti che l'aiutavano ad andare avanti con coraggio.

Se l'era sempre cavata da sola, ma ora si sorprendeva a considerare quell'uomo la sua roccia. Le era apparso smarrito e addirittura fragile mentre si trovava in ospedale, senza memoria, appena giunto dopo un viaggio di migliaia di miglia vissuto nel delirio.

E per lui era stata forte. Ora i ruoli erano nuovamente scambiati, anche se Albert non ricordava il loro passato.

Di nuovo, toccò il tessuto della maglietta di Albert, domandandosi se lo stesso profumo lo avrebbe ritrovato nel suo cuscino, sul letto inferiore perfettamente rifatto che era poco sotto di lei. Le sarebbe bastato scendere la scaletta e avvicinare un poco il naso per scoprirlo...

Ma no, non l'avrebbe fatto, sarebbe stato davvero troppo!

Se non fosse che era impegnata con l'ago in un passaggio difficile, si sarebbe data un altro pugno sulla testa, accidenti a lei!

Decise che voleva solo sbrigarsi, se voleva riposare un poco prima che tornasse Albert a casa: il suo turno mattutino era stato abbastanza complicato, con quel ferito che aveva dovuto subire un'operazione d'urgenza.

Le palpebre divennero pesanti senza che se ne accorgesse e, prima di rendersene conto, la sua coscienza cominciò a svanire. Si stava per addormentare con un ago in mano! Forse doveva solo posarlo un attimo e riposare gli occhi per qualche minuto.

Quando li riaprì, la luce che proveniva dalla finestra le indicò che si era addormentata: "Accidenti, è quasi il tramonto!", saltò su di scatto. La maglietta giaceva ancora in un angolo del suo letto, con l'ago conficcato sulla manica: bastavano solo pochi punti per terminare, ma decise che si sarebbe prima portata avanti con il bucato.

Albert sarebbe tornato entro poco e voleva almeno sbucciare le patate per la cena, ma aveva bisogno del lavabo per farlo. Corse in bagno per prendere la bacinella con gli abiti da lavare e, con decisione, scacciò dalla propria testa la balzana idea di individuare un altro capo di Albert di cui sentire il profumo, rovesciando tutto il contenuto nel lavandino con un gesto secco.

Non aveva più tempo per quelle assurdità.

Aprì l'acqua e cominciò a strofinare il sapone su uno dei propri abiti per cominciare a formare della schiuma. Era immersa in essa fino ai gomiti e aveva creato persino qualche bolla che era sfuggita dall'acqua quando Albert rientrò.

Il rumore della porta che si apriva le fece battere forte il cuore.

"Ciao, Candy!", la salutò affacciandosi all'ingresso della cucina.

Lei si volse con un sorriso: "Bentornato, Albert! Dammi solo qualche minuto per liberare il lavandino e mi metto a pelare le patate".

La sua risata spontanea le riempì il cuore, come era sempre stato: "Non preoccuparti, Candy, posso farlo io sul tavolo. Magari posso lavarle in bagno così tu puoi finire con calma".

Candy arrossì: "Mi dispiace, stavo mettendo una toppa sulla tua maglietta, prima, e devo essermi appisolata, così sono un po' in ritardo. Però bastano ancora pochi punti e almeno quella è fatta!", concluse con orgoglio.

"Grazie di cuore, sei un angelo", ribatté facendole l'occhiolino e allontanandosi.

Perché si sentiva il viso caldo? Forse perché stava strofinando con vigore i panni, non certo per l'occhiolino di Albert, neanche fosse la prima volta che faceva un gesto simile!

Forse la separazione da Terence le aveva fatto più male di ciò che aveva pensato e ora era diventata ipersensibile, oppure era solo la stanchezza della giornata.

"Ehm... Candy?". Per poco non lasciò scivolare il sapone dalla mano quando udì la voce di Albert di nuovo dietro di sé.

"Cosa c'è?", chiese guardandolo da sopra la spalla.

Lui non disse nulla, ma le mostrò la maglietta che stava ricucendo tenendola per le maniche: dal lato della toppa stringeva quello che sembrava proprio il loro aquilone, quello che avrebbe voluto far volare nel parco il giorno dopo, se non avesse piovuto.

Sapeva che era vicino a lei mentre cuciva, ma non si era accorta che uno dei lembi era finito nei punti che aveva dato, accidenti a lei e alla sua eterna distrazione!

L'espressione perplessa di Albert la costernò: "Mi dispiace, non so come sia successo! L'aquilone era accanto a me e devo averlo cucito per sbaglio sulla manica!". Tirò fuori la lingua, schernendosi.

Lui riabbassò le braccia, sorridendo: "Non fa niente, basta scucire questa parte e dovrebbe essere a posto. Lo farò io".

Candy si voltò del tutto, senza riflettere: "Oh, no, io ho fatto il danno e io rimedierò!", disse senza indugio.

Albert guardò lei e poi spostò gli occhi verso terra: "Temo che tu ne abbia appena fatto un altro, di danno", dichiarò indicando ai suoi piedi.

"Eh? Oh, no!". Le sue mani bagnate stavano gocciolando e creavano una piccola pozza. Si affrettò a voltarsi rimettendole nel lavandino.

Albert rise di nuovo e bastò quel suono a rasserenarla: ciononostante, pensò che era davvero un disastro su tutta la linea.

Aprì bocca per dirgli che avrebbe asciugato non appena avesse finito, ma Albert era già chino dietro di lei con uno straccio tra le mani. In poche mosse, il pavimento era di nuovo asciutto.

"Ecco fatto, ora provvederò a sistemare la maglietta. Quando hai finito qui avvisami, perlomeno potremo stendere i panni insieme". Mentre si rialzava in tutta la sua altezza, Candy si sentì davvero grata di vivere con un uomo così paziente. Un altro si sarebbe come minimo infuriato: lui, invece, non solo rispondeva ai guai con un sorriso, ma l'aiutava persino!

Rimasero per brevi istanti così, uno accanto all'altra, lei per metà voltata con le mani immerse nell'acqua e Albert a pochi passi dalla sua schiena. Senza poterselo impedire, prese un respiro profondo per cogliere il suo odore e, non seppe come, riuscì a individuarlo nonostante quello più forte del sapone.

Lo distinse ancora di più quando le si accostò, ponendole le mani sulle spalle per chiederle se andava tutto bene perché aveva il viso rosso. Non hai per caso la febbre? E le metteva la mano sulla fronte e nelle sue narici penetrò l'aroma della sua traspirazione mista al profumo di menta e legno, con quella nota leggera di arance.

Chiuse gli occhi, mormorando un tremolante: "Sto bene" e voltandosi di scatto per strofinare in modo così energico che pensò avrebbe strappato il tessuto.

Riprese il controllo a malapena, quasi si fosse appena ubriacata annusando un buon vino, solo quando Albert uscì dalla cucina.

Lavare i panni la riportò in uno stato di calma e rilassamento apparente.

"Albert, ma tu sai anche cucire?", gli chiese poco dopo, mentre riponeva il cestino del cucito nell'armadio e notava la maglietta rammendata stesa nella cuccetta inferiore.

Lui annuì: "Sì, pare che mi venga naturale come cucinare. D'altronde, se come mi hai detto vivevo da solo vagabondando da un luogo all'altro, avrò pur dovuto imparare a fare le cose più semplici, no?".

"Già, immagino di sì", ribatté, chiudendo le ante dell'armadio. "E sono certa che non facevi i disastri che combino io", aggiunse imbarazzata.

"Oh, beh, questo non possiamo saperlo. Ora, ad esempio, ho dimenticato che avevamo delle patate da sbucciare", disse avvicinandosi a lei.

"Le patate!", esclamò portandosi le mani alla bocca.

"Se cominciamo subito e le tagliamo in piccoli pezzi, facciamo ancora in tempo per la cena", suggerì senza scomporsi e il sorriso le nacque spontaneo.

Lei poteva perdersi in un bicchier d'acqua, a volte, ma ad Albert bastavano due parole per sistemare le cose in un battibaleno. Adorava quel lato di lui.

Adorava... Albert.

Candy, cosa stai pensando, adesso?!

Per fortuna, con la scusa di doversi sbrigare a raggiungere la cucina per lavare e sbucciare patate, poté allontanarsi abbastanza da lui perché non notasse il suo volto di nuovo arrossato.

Dopo cena, gli parlò della sua intenzione di far volare l'aquilone nel parco, se non fosse venuto a piovere sul serio. Albert posò il tovagliolo sul tavolo e si alzò, dirigendosi verso la finestra. Senza dire una parola, l'aprì e scrutò fuori per qualche istante, poi si volse verso di lei: "Vieni a vedere, Candy".

Lo raggiunse e seguì la direzione del suo dito teso: "Vedi quelle nuvole?", continuò lui. "Se sono così vicine ora può darsi che piova stanotte o al massimo domattina presto. Adesso il vento è caduto, se non si alza di nuovo a portarne altre forse domani pomeriggio potremo farlo".

Candy ci rifletté su un attimo: "Hai proprio ragione! Caspita, parli proprio come se sapessi prevedere il tempo!".

Albert rise: "Beh, non ci vuole molto a ragionare su certe cose. Potrebbe essere che fossi abituato anche a questo: per dormire sotto le stelle magari dovevo accertarmi che non venisse a piovere".

"Che sciocca, non ci avevo pensato! Chissà come facevi quando pioveva... beh, per un periodo sei stato in una capanna nei pressi delle proprietà degli Ardlay, ma poi sei andato via e...". S'interruppe, Albert si era portato di nuovo una mano al capo e sembrava sofferente.

"Non... mi ricordo...", articolò a fatica.

Gli afferrò quella mano, posandogli l'altra sulla spalla: "Non sforzarti più, se non ricordi non fa niente. Succederà quando sarà il momento! Già è tanto che tu abbia delle reminiscenze di ciò che devi aver fatto nel tuo passato".

La guardò con occhi seri, con un'intensità che le riportò, in modo assurdo, alla mente il profumo che aveva potuto annusare sulla sua maglietta prima di lavarla. E quello che aveva apprezzato direttamente da lui mentre era al lavabo della cucina.

Legna e arance... e un pizzico di quella lozione che usa al mattino quando si rade...

Quando l'abbracciò, sprofondò proprio in quell'aroma e i sensi ne furono travolti. Ricambiò la sua stretta aspirando quel profumo rassicurante

e seducente

volendogli trasmettere il proprio affetto.

"Grazie, Candy. Sei sempre tanto buona con me". La voce le arrivò come una vibrazione attraverso il petto, nel quale si mescolava anche il suono del battito del suo cuore.

"Non devi ringraziarmi: vorrei poter fare di più, in realtà, e sono io a doverti essere grata per essermi sempre vicino". Sentì le lacrime bruciarle sotto le palpebre chiuse e l'emozione avvolgerla, intensa quasi come il suo odore. Tranquillizzandola, rasserenandola.

Sperò che per lui fosse lo stesso, che avvertisse perlomeno l'intenzione di aiutarlo, anche se combinava qualche pasticcio.

"Promettimi una cosa, Candy", lo sentì dire più tardi, la voce bassa nella notte imminente.

Candy si sporse un poco dalla cuccetta per guardarlo: la luce della luna era fioca perché alcune nuvole di passaggio la coprivano a tratti. "Cosa?", domandò.

Con un sorrisetto divertito, il capo poggiato sulle braccia incrociate dietro la nuca, Albert disse: "Se domani ti viene in mente si rammendare qualche altro vestito non farlo vicino all'aquilone, o rischiamo di far volare anche magliette e abiti nel parco".

"Oh, Albert, smettila di prendermi in giro!", si accigliò lei tirandogli il proprio cuscino.

Lui lo prese al volo e lo rilanciò: "Dai, stavo solo scherzando!", ridacchiò.

"Però potrebbe essere divertente!", ribadì lei lasciandosi andare all'ilarità, lanciandogli ancora una volta il cuscino. "Te lo immagini un aquilone con una lunghissima coda di vestiti attaccati dietro?!".

Risero insieme cominciando a lanciarsi i cuscini come due bambini indisciplinati. E, a pensarci bene, era da quando aveva otto anni e si trovava alla Casa di Pony che non ingaggiava una lotta simile.

Farlo con Albert, circa dieci anni dopo, le fece passare persino il sonno.

In quella specie di battaglia improvvisata, un cuscino le arrivò dritto sulla faccia, stordendola per un attimo. Ma non fu il colpo a lasciarla senza parole.

Il suo profumo. Di nuovo... oh, povera me! Ma che diavolo mi prende, oggi?!

Non si era forse chiesta, quel pomeriggio, se anche il cuscino di Albert avrebbe avuto il suo odore? Non solo era così, ma le parve persino più forte, con un sentore del sapone che usava per lavarsi i capelli sotto la doccia.

"Dai, ora dormiamo, altrimenti domattina non ci alzeremo abbastanza presto per controllare il tempo e organizzare il nostro giorno libero!", disse lui riscuotendola.

Stringendosi il cuscino al petto, lo vide mettersi sdraiato su un fianco, sistemandosi sotto le coperte e affondando il viso sul proprio guanciale, che forse non si era accorto di avere scambiato col suo.

Oddio, domani anche il mio cuscino profumerà di Albert!

E lei? Aveva ancora addosso l'odore del disinfettante o quello del fumo del caminetto e lui ne sarebbe stato disgustato? Da come sorrideva mentre chiudeva gli occhi non pareva, così richiuse la bocca e lasciò che lo usasse.

Lo ha fatto apposta o sono io che viaggio con la fantasia?

"Buonanotte, Candy", mormorò con voce stanca.

"Buonanotte, caro Albert", ribatté con lo stesso tono, respirando il suo profumo.

Il sonno l'avvolse in quell'odore familiare e fu come se Albert la stesse tenendo stretta nel sonno.