Angolo dei commenti:
Guest: Ho immaginato proprio così la lotta interiore di Albert: per quanto fuggisse lontano, i suoi sentimenti per Candy lo avrebbero sempre raggiunto.
Dany Cornwell: Hai proprio ragione! Albert antepone il benessere di Candy al proprio, anche se significa vederla ancora sospirare per Terry. Io credo che Candy fosse già in una fase di transizione e fosse solo molto in pena per colui che aveva amato... lo stava già lasciando andare.
Ericka Larios: Candy era ancora in una fase in cui i suoi sentimenti per Terry la gettavano in confusione. Ma Albert era la sua roccia, il suo punto fermo ;-)
Elizabeth: La lotta interiore di Albert deve essere stata un tormento, ben sapendo che non poteva parlarne con nessuno!
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Ritorno della memoria. Primo: avvisare Georges
Georges Villers parcheggiò l'auto vicino all'indirizzo che gli era stato indicato; le mani erano diventate bianche e gelide, tanto aveva stretto il volante. In realtà, il cuore gli martellava nel petto da quando aveva ricevuto quel semplice messaggio in banca e non avrebbe creduto alla firma apposta sotto finché non lo avesse visto con i propri occhi.
William Albert Ardlay, che ormai aveva perso le speranze di rivedere vivo.
E lo misero a fuoco, i suoi occhi, mentre era ancora lontano e appoggiato con la schiena a un muro in atteggiamento noncurante, le braccia incrociate e una gamba ripiegata: sembrava un ragazzo qualunque in attesa di un amico o della fidanzata.
I capelli dorati erano di una tonalità più chiara di quanto ricordasse e tagliati corti, ma gli sembrava in forma, rilassato. Georges dovette sbattere le palpebre per schiarire la vista che si era appannata a causa di alcune lacrime di sollievo traditrici e respirò a fondo. Nonostante ciò, quando si avvicinò e William si rivolse a lui con un sorriso sincero, la voce uscì incrinata: "Eravamo tutti molto preoccupati".
Lui si raddrizzò, ponendogli una mano sulla spalla: "Lo so, mi dispiace. Come sta la zia?".
Georges dovette reprimere l'impulso mai provato prima di abbracciarlo per sincerarsi che il ragazzo, che considerava come un figlio e che in realtà ormai era un uomo, fosse vero. "Sta bene, nonostante i pensieri".
Se fosse stato davvero suo padre e William più giovane, lo avrebbe rimproverato con durezza e forse persino scosso fino a fargli confessare che diavolo gli fosse passato per la testa, per sparire dalla circolazione per più di due anni. Diamine, se fosse stato ancora un bambino lo avrebbe sculacciato a dovere!
William tacque e si passò le mani tra i capelli in un gesto nervoso, voltandosi a mezzo busto come se si vergognasse. Il suo linguaggio del corpo gli indicò che stava cercando le parole giuste, ma Georges sentì per la prima volta la propria pazienza vacillare.
Ti sei perso nel deserto? La nave che hai preso al ritorno è naufragata su un'isola deserta nel bel mezzo dell'Oceano Atlantico?! Oppure hai messo su famiglia e ora non sai come dircelo? Dannazione, William, sono invecchiato dieci anni quando ho scoperto che avevo perso le tue tracce!
Il tumulto di domande e sentimenti rimase ben celato dietro a un volto che sperava composto e Georges si augurò di avere presto spiegazioni, prima che solo una di quelle emozioni trapelasse. Si accorse che, nonostante tutto, stava stringendo i pugni ed era teso come una corda di violino.
"Sono partito dall'Africa dopo circa un anno dal mio arrivo", cominciò a raccontare. "Ma quando ho deciso di tornare indietro perché ho avuto le prime notizie della guerra... è successo qualcosa". Si era messo a camminare lungo la stradina stretta che costeggiava il basso caseggiato e lui lo seguì.
"Cosa è accaduto, signorino William?", chiese fermandosi nella speranza di indurlo a fare altrettanto. D'improvviso, aveva bisogno che lo guardasse negli occhi e non gli desse le spalle mentre gli parlava.
Lui sembrò afferrare il messaggio, perché si volse con aria smarrita incontrando di nuovo il suo sguardo: "Ho avuto un incidente mentre ero in Italia: il treno su cui viaggiavo ha subìto un attentato. A seguito dell'esplosione di una bomba ho perso la memoria, sono riuscito a tornare in America per puro miracolo e grazie all'aiuto di persone gentili". La sua voce era arrochita, remota. Georges sentì il sangue gelarsi a ogni parola. "Quando sono arrivato a Chicago pensavano che fossi una spia che viaggiava su quel treno e mi hanno relegato in una stanza del Santa Johanna dove, se non fosse stato per lei...". Si interruppe, guardando a terra.
Era difficile assorbire tutte quelle informazioni e rimanere calmo, ma Georges doveva sapere, così lo incoraggiò con gentilezza: "Lei, signor William...?".
Le iridi azzurre dell'uomo, più chiare ma comunque così simili a quelle della dolce Rosemary, si riempirono di una tenerezza infinita che difficilmente poteva essere scambiata per un sentimento diverso dall'amore: "Candy mi ha salvato la vita. Ha incrociato il mio cammino e si è presa cura di me fino a che non ho recuperato la memoria, pochi giorni fa. Attualmente viviamo insieme... fingendo di essere fratelli".
Georges accolse quella notizia con un misto di gratitudine, stupore e timore mescolati assieme: la signorina Candice era stata l'infermiera del signor William? E ora vivevano sotto lo stesso tetto?
"Vivete assieme, ha detto?". Georges non sembrava in grado di fare altro che ripetere le sue affermazioni a mo' di domanda, William doveva pensare che si fosse rincitrullito.
"Ti prego, non dirmi che pensi male di noi... tu non sei la zia Elroy", si affrettò a spiegare.
No, non lo sono, anche perché se lo fossi qui ci sarebbe almeno una persona tramortita a terra: lei svenuta o tu ucciso dal suo sguardo assassino.
"No, non volevo insinuare questo...", ma era troppo tardi, la lingua aveva pronunciato quella domanda prima che potesse controllarsi. E sì che Georges era sempre stato il controllo fatto persona. Tutte quelle emozioni insieme dovevano averlo davvero sconvolto.
William sospirò e gli diede le spalle, mettendosi le mani nelle tasche dei pantaloni color sabbia: indossava abiti dozzinali e comodi come aveva sempre amato, ma quell'immagine lo colpì in due modi totalmente opposti. Da un lato era dispiaciuto per lui, perché poteva permettersi molto di meglio; ma dall'altro vedeva l'uomo che sarebbe potuto essere se fosse stato un semplice cittadino. Magari un marito e un padre di famiglia in procinto di tornare a casa da sua moglie
Candy
di lì a poco.
"Ti capisco, sai? La società in cui viviamo non vede di buon occhio un uomo e una donna che condividono un appartamento. Se non fosse stato per l'intervento di Archie e Stair...". S'interruppe, come se si fosse reso conto di aver detto qualcosa di troppo.
"Ha incontrato i suoi nipoti?", chiese infatti sgranando gli occhi. Non che fosse un gran danno, visto che ormai la presentazione ufficiale avrebbe dovuto tenersi a breve. O, almeno, era quello che sperava.
Lui si riappoggiò al muro, gettando la testa all'indietro, la frangia che gli copriva gli occhi. Di nuovo, Georges si stupì di quanto apparisse a suo agio a vivere come stava vivendo. O con chi...
"Sì, ma non sanno chi sono. Pensano che io sia un amico di Candy e basta. E nessuno di loro sa che ho recuperato la memoria".
"Immagino che ora glielo riferirà. Sono certo che la signorina Candy ne sarebbe molto felice, specie se l'ha aiutata come mi ha raccontato".
William tacque per lunghi istanti e lui colse il suo sospiro profondo solo dal modo in cui le spalle e il petto si sollevavano. Le mani si chiusero a pugno. Prima ancora che parlasse, aveva già capito. Era una conferma, dopotutto, ma non poté fare a meno di sconvolgerlo.
"Non... sono pronto a separarmi da lei. Glielo dirò, prima o poi. Ma lasciami ancora qualche tempo per abituarmi all'idea che non vivrò più con Candy". Il tono era fermo e composto, ma trasudava una tristezza così grande che Georges ne avvertì il dolore come se fosse il proprio.
Chiuse gli occhi. Dio onnipotente, quindi alla fine era accaduto! William si era innamorato di Candy, colei di cui era tutore legale. Il suo cuore gli suggeriva che non poteva essere altrimenti, perché erano due anime affini e di certo la felicità era alla loro portata se avessero condiviso le rispettive vite. Ma la ragione vedeva un percorso irto di ostacoli e malelingue che rischiava di rendere il futuro un vero inferno.
"Di quanto tempo ha bisogno?", domandò temendo la risposta.
Ancora una pausa. Una pausa così lunga che Georges percepì con chiarezza la lotta che si stava consumando dentro di lui: doveva decidere un crudele conto alla rovescia per dare l'addio all'unica donna che avesse mai amato. Perché era certo che William non si fosse mai innamorato di una donna, visto quanto lo era della libertà e della natura.
"Non lo so", soffiò infatti con un filo di voce. "Solo... dammi un po' di tempo, va bene? Ti prometto che non fuggirò di nuovo, ma fammi godere ancora del calore di quella casa, della possibilità di condividere con lei un pasto o i racconti della giornata. Di... della sua vicinanza così allegra e spensierata".
Ora poteva vedere il suo sorriso pieno e i suoi occhi sognanti. Dire che era innamorato significava usare un eufemismo: William adorava Candy, era una parte di sé.
Oh, siamo nei guai! In guai seri...
