Angolo dei commenti:
Maria Gpe22: Albert sta attraversando una vera e propria fase di transizione: come sospettava, recuperare la memoria ha portato gioie e dolori al contempo. Georges lo conosce da quando è nato e non può non leggere nel suo cuore ;-) Grazie a te per seguirmi, i dubbi dal punto di vista di Albert spero di averli chiariti nel capitolo precedente, quando recupera la memoria!
Ericka Larios: Hai detto bene, ormai Albert ha donato il suo cuore a colei che diventerà la prossima matriarca!
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Dopo l'inganno di Neil: una notte all'aperto.
Candy socchiuse gli occhi, sentendo una folata gelida sulla guancia destra. Doveva essersi addormentata con la finestra aperta, eppure era strano che sentisse freddo solo sul viso.
La parte sinistra del corpo era avvolta da un gradevole tepore, come se le coperte l'avvolgessero soprattutto da quel lato, anche se persino la spalla e il fianco destri erano al caldo.
Il refolo la sfiorò di nuovo e Candy decise che doveva alzarsi per chiudere la finestra o anche Albert avrebbe sentito freddo. Chissà se lui era coperto abbastanza...
Girò un po' il capo, senza risolversi ad aprire gli occhi, e avvertì il battito regolare e forte di un cuore. Un petto caldo e solido.
Il petto di Albert.
Il bisbiglio che sentiva non era quello del vento, ma del respiro regolare di lui, che le solleticava i capelli e la fronte.
D'improvviso, Candy ricordò tutto: la trappola di Neal, la fuga tra i boschi e l'incontro con Albert quasi come un segno del Cielo. Avevano diviso il suo mantello e si erano addormentati appoggiati al tronco di un albero. Le era bastato voltare il viso verso il corpo di lui per sentirne il calore e il profumo che le ricordava la natura stessa.
Legna, erba fresca, muschio.
Si rese conto che aveva alzato un poco il capo per guardarlo nella luce appena accennata dell'alba e sorrise. Così addormentato sembrava proprio un bambino. Il capo era reclinato verso di lei e la nuca poggiata al tronco come se, anche nel riposo, volesse proteggerla. E ne era conferma il braccio destro che l'avvolgeva sulla vita: la sera prima l'aveva stretta per le spalle, ma durante la notte, quando il sonno lo aveva vinto, doveva essere scivolato un po' più giù.
Candy avvertì un lieve rossore salirle alle guance mentre, ancora una volta, ammirava quel viso così virile e angelico al contempo, dai tratti che sembravano cesellati o dipinti da qualche artista rinascimentale.
Che Albert fosse bello fuori almeno quanto lo era nell'animo non era una novità, lo aveva appurato già quando lo aveva riconosciuto all'ospedale un paio di anni prima, senza barba e occhiali scuri. Ricordò che persino Stair aveva detto qualcosa a proposito di nascondere dei lineamenti molto belli.
Eppure, mentre il frinire dei grilli veniva sostituito dal cinguettio degli uccellini, Candy non sentì vergogna o timore per essere stretta in quell'abbraccio. Era tutto così giusto e naturale, che non osò più fare il minimo movimento per timore di interrompere quel momento.
Non era la prima volta che lo osservava dormire, anche se era molto raro che si svegliasse prima di lui. Di solito la mattina Albert era già vestito di tutto punto e arzillo mentre la induceva a sbrigarsi a fare colazione prima di recarsi al lavoro.
Ma in quel momento si beò della visione quasi vulnerabile di un Albert arreso al sonno, che a tratti russava leggermente a causa di certo della posizione poco comoda nella quale si trovava.
Candy non poté fare a meno di ricordare un altro abbraccio, l'ultimo che aveva ricevuto da Terence tanto tempo prima, sulle scale di un ospedale. Un abbraccio tra le lacrime e la disperazione di entrambi, un abbraccio nel quale non c'era la protezione ma l'addio. Un abbraccio senza volto.
In quell'abbraccio, come in tanti altri che aveva condiviso con Albert, Candy si sentì quasi riscattata da quel gelo e dalla delusione provata la sera precedente nello scoprire che Terry non era davvero lì per lei.
Spalancando gli occhi per la sorpresa, comprese di colpo che non aveva bisogno di Terence se poteva avere accanto la presenza confortante di Albert.
Richiuse le palpebre, prendendo un respiro, impedendosi di approfondire troppo quei sentimenti che la inducevano a fare pensieri così strani o, come le era capitato mesi prima, a mettersi ad annusare i vestiti di Albert o il suo cuscino.
Il suo cuore era ancora ferito e tuttavia Albert le era sempre stato accanto nei momenti più bui della sua esistenza. Aveva una capacità quasi magica di apparire proprio quando ne aveva più bisogno, salvandole addirittura la vita. Era accaduto l'ultima volta da qualche ora e continuava ad accadere mentre si muoveva nel sonno stringendola ancora di più a sé.
Candy non ci pensò due volte e allungò il braccio per risalire lungo la sua spalla e drappeggiare meglio il mantello che gli era scivolato, avvolgendolo a sua volta in un abbraccio. Dovette reprimere l'impulso folle di carezzargli il viso dove un accenno di barba fine cominciava a spuntare, solo per accertarsi che non avesse freddo. E magari di piantargli un bacio sulla guancia...
Diamine, perché invece gli stava fissando le labbra? Sì, erano ben fatte come tutto il resto del viso e persino carnose per essere quelle di un uomo. Eppure c'era qualcosa di estremamente virile in quella forma ben delineata e decisa, come d'altronde lo erano anche la mascella e il naso dritto e...
Due spicchi di cielo comparvero gareggiando e vincendo contro quello che si andava schiarendo sopra le loro teste: era una lotta impari, gli occhi di Albert avevano una sfumatura unica.
Solo allora Candy si rese conto che lo stava fissando con insistenza da troppo tempo e che forse lui, pur addormentato, aveva sentito quello sguardo su di sé. Sbatté le palpebre, confuso: "Candy...?", mormorò con voce assonnata.
"Io... io stavo solo...". Che doveva dirgli? Che lo stava ammirando, neanche fosse un quadro in una galleria d'arte altrimenti spoglia?
Mentre stava ancora lottando col proprio imbarazzo, però, lui si mosse e staccò la mano dal suo fianco, facendole di nuovo avvertire il freddo. "Perdonami, non volevo! Devo essermi addormentato e...".
Si stava scusando per averla stretta nel sonno? E lei che voleva essere abbracciata di nuovo! Quel pensiero la sconvolse ma non le impedì di rannicchiarsi contro il suo petto per ritrovarne il calore: "Va tutto bene, Albert, ho dormito benissimo, sei un materasso davvero comodo!", ridacchiò per dissipare l'imbarazzo.
Avvertì la sua tensione dissolversi un poco e il braccio si riabbassò per posarsi sulla spalla, stavolta. "Oh, bene, quindi sono stato promosso a materasso?".
Risero insieme, guardandosi divertiti. Candy lo vide sbadigliare portandosi l'altra mano davanti alla bocca e gli chiese, emulandolo all'istante: "Ma tu sei stato scomodo, il tuo unico appoggio era il tronco di questo albero!".
Albert sorrise: "Non mi hai forse detto che spesso dormivo sotto le stelle? E poi anche io...". S'interruppe, come se si fosse reso conto che stava per dire qualcosa di sbagliato. Possibile che le guance si fossero anche un po' arrossate?
Ma lui voltò il capo guardandosi intorno e Candy non poté appurarlo: "Vuoi dire... che anche io ti ho fatto da materasso?".
Lui si girò per guardarla ancora, i lineamenti distesi in un'espressione serena: "Diciamo che è stato come abbracciare un cuscino, visto che sei tu ad aver dormito su di me".
Candy pensò che il volto le sarebbe andato a fuoco, sia per la sua affermazione riguardo il cuscino che rispetto al fatto che lei gli avesse praticamente dormito addosso.
"Grazie per avermi protetta, Albert", mormorò inclinando il viso perché non la vedesse arrossire.
Fu lui a sciogliere il loro abbraccio, alzandosi in piedi e stirandosi con un grugnito soddisfatto, come un felino nella savana. Sospettò che i leoni africani, che lui aveva di certo visto durante il suo ultimo viaggio, facessero qualcosa di molto simile.
S'impose di alzarsi anche lei, scuotendo il capo come a scacciare quelle riflessioni.
"Ti proteggerò sempre, Candy, se tu me lo permetterai", disse all'improvviso senza staccare gli occhi dal lago di fronte a loro che brillava ai primi raggi del sole.
Lei ne fu commossa e si accostò desiderando abbracciarlo di nuovo: "Anche io voglio proteggerti e voglio aiutarti a recuperare la memoria!", dichiarò allungandogli un lembo del mantello. "Hai freddo?".
Albert rimase per un attimo a fissarla con uno sguardo grave, l'espressione seria e le sopracciglia un po' aggrottate. Gli occhi, di solito limpidi come quel cielo mattutino, sembravano scuri e tormentati.
Di colpo, si voltò del tutto verso di lei e le afferrò la mano che teneva il mantello. Gliela strinse prima di prendere il capo e adagiarlo di nuovo sulle sue spalle come se stesse coprendo qualcosa di pregiato: "No, io sto bene. Copriti tu, piuttosto, l'aria della mattina è molto fresca. Grazie, mia piccola Candy".
Lei rimase immobile a guardarlo, desiderando che la baciasse sulla fronte come aveva fatto la sera prima: aveva di nuovo bisogno di quell'amuleto, ma non per scacciare i cattivi pensieri e il ricordo di Neal.
Le mani di Albert le scivolarono un poco sulle spalle, come se volesse sistemarle meglio il mantello, e lui si inclinò un poco come se le stesse davvero per posare le labbra sulla fronte, ma si ritrasse all'ultimo istante: "Dobbiamo tornare indietro e cercare un passaggio", disse con voce profonda, un tono che non gli aveva mai sentito.
Candy gli sorrise e lo seguì, stringendosi nel mantello e non avvertendo comunque lo stesso calore che aveva provato fra le sue braccia, i piedi che affondavano nell'erba umida di rugiada.
Guardando la sua schiena ampia, mentre la precedeva sul leggero pendio che portava alla strada principale, comprese che lui era la sua roccia, la sua certezza incrollabile e che forse, quando aveva deciso di aiutarlo per ricambiare tutto quello che aveva fatto per lei, in realtà stava assecondando il proprio bisogno di sentirlo vicino.
Albert era la sua costante da quando era caduta nella cascata, c'era sempre stato nei momenti difficili o in quelli in cui necessitava di sostegno. Le allungò una mano per aiutarla a salire e, anche se ce l'avrebbe fatta da sola, accettò con gioia quel supporto e quel contatto.
Quel contatto di cui non poteva più fare a meno.
