Angolo dei commenti:
Cla1969: Anche io non ho mai capito la necessità di far morire Stair, mi sembra una vera e propria crudeltà! E per Albert si aggiunge dolore al dolore e vista la sua natura deve nasconderlo, essere più forte per gli altri. Molto bello il tuo pensiero, che è anche il mio, dell'abbraccio dal conforto unilaterale: anche se Candy è la priorità per lui, non può non trarre conforto dalla sua vicinanza. E sì, ti confermo che toccherò tutte le parti per me più incomplete del romanzo, cercando di riempire i vuoti anche dopo, fino a un certo punto. Grazie di cuore!
Ericka Larios: Albertantepone sempre il benessere di Candy al proprio e si fa carico della sua sofferenza ricacciando indietro la propria. E purtroppo la guerra si è portata via un ragazzo altrettanto meraviglioso, il nostro Stair... :-(
MariaGpe22: Albert ha imparato per tutta la vita a essere resiliente, prima immagino in famiglia, poi a causa delle continue perdite. E Candy continua a essere la sua priorità anche in un momento doloroso come questo. Grazie di cuore, alla prossima!
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Addio
Albert rilesse il messaggio che aveva scritto e capì che non poteva osare più di quello. Se avesse permesso al suo cuore di prendere il comando, avrebbe aggiunto parole che non andavano dette, né fatte salire a livello cosciente.
No, meglio rimanere un po' freddo, un po' distante. Titubò per qualche istante prima di lasciarle alcune banconote e decise che non poteva fare male: le spese erano davvero tante e sapeva bene quanto potesse essere difficile arrivare alla fine del mese, specie ora che lui non avrebbe più contribuito. Inoltre c'era stata anche la riparazione di quella finestra per la quale aveva dovuto ordinare un vetro nuovo e l'affitto del mese era imminente...
Si portò due dita agli occhi, stropicciandoli per ricacciare indietro le lacrime che già stavano premendo per uscire: Dio, quanto era difficile lasciare Candy!
E non era per il fatto che non l'avrebbe più rivista. Era certo che sarebbe di nuovo accaduto, ma non sarebbe mai stato lo stesso. Mai più. Quella complicità, la semplicità delle loro giornate, il loro essere spontanei e spensierati proprio come una coppia.
Altro che fratelli...
Quella era la storia che avevano raccontato, ma per lui era diventato quasi impossibile dormire a pochi pollici di distanza da lei senza desiderarla. E quello non andava affatto bene. Era riuscito a spingere a lungo nei recessi del suo essere quella tentazione continua che rappresentavano la presenza di Candy e il suo profumo in ogni angolo di quella casa. Ma pensava che avrebbe continuato a sentirselo addosso a lungo anche una volta uscito di lì.
Candy, la sua Candy. Così nobile, così altruista, così fragile eppure forte. Così bella...
Con un sospiro tremante, si alzò dalla sedia e socchiuse un poco la porta per guardarla un'ultima volta. Il cuore gli fece così male che lo sentì spezzarsi distintamente: era sdraiata su un fianco mostrandogli il suo bel viso addormentato nella luce tenue dell'alba nascente.
Sarebbe stato così facile sfiorarle le lentiggini con un dito, per poi saggiare la consistenza morbida della guancia e quella delle labbra rosse che anelava solo baciare...
E perdersi, perdersi nel suo calore, nel suo odore di rose, le mani affondate nei capelli d'oro. Essere in lei, nel suo delicato profumo di fiori. Fino all'estasi.
L'amore lo portava alla dissoluzione e all'indecenza! Candy era ancora la sua figlia adottiva, la sua protetta. Per i padroni di casa erano fratelli. Per il mondo, paziente e infermiera.
Doveva porre fine a tutto perché già l'aveva compromessa abbastanza.
Si riempì gli occhi della sua immagine rilassata, per portarla sempre con sé, immaginando già quando l'avrebbe rivista. Sarebbe stata arrabbiata? Delusa? Indifferente?
Per Albert, però, la cosa importante era che fosse felice. Con o senza di lui. Avrebbe dato parte della sua vita per vederla sorridere, non si sarebbe mai perso nel desiderio egoistico di averla.
"Addio, mia dolce Candy. Grazie di tutto...".
Amore. Amore mio, urlò la sua mente. Amore...
Albert s'impose di chiudere la porta con cautela per non fare rumore e lottò con il proprio respiro agitato per i singhiozzi trattenuti. Attraverso il velo delle lacrime, guardò per l'ultima volta la tavola su cui aveva messo la colazione preparata per lei assieme al biglietto, strinse la sacca in una mano e se ne andò.
Fuori, la nebbia del primo mattino lo fece rabbrividire, entrandogli fin nelle ossa, congelando un cuore già freddo. Si voltò a guardare la finestra che aveva riparato un paio di settimane prima, chiedendosi se lei si sarebbe affacciata da lì per tentare di scorgerlo, dopo aver letto la sua lettera, proprio come aveva fatto lui la mattina che se n'era andata a New York.
Il pensiero improvviso delle provviste lasciate in casa lo fece quasi tornare sui propri passi: aveva deciso di andarsene così in fretta che non aveva pensato di controllare se ci fosse rimasto un po' di pane per il pranzo o gli ingredienti per una zuppa... Candy sapeva essere una cuoca terribile, alle volte, magari sarebbe stato meglio cucinarle anche un pasto per mezzogiorno. E i panni stesi ad asciugare! Forse stava per piovere e...
Una voce, dentro di sé, gli ricordò che lui ormai non faceva più parte di quella vita e le gambe, che si stavano muovendo già contro la propria volontà, tornarono sui passi giusti.
Candy se la sarebbe cavata da sola, come sempre d'altronde.
Un giorno, si sarebbero rivisti. E allora, lui sarebbe stato pronto ad andare in Paradiso o all'Inferno, o ovunque avesse desiderato condurlo.
