Angolo dei commenti:
Cla1969: Non poteva mancare un momento così importante, benché triste. Spero che i prossimi non ti facciano piangere!
MariaGpe22: Mi fa piacere che tu condivida la mia introspezione di Albert: in effetti non poteva davvero fare altro, arrivato a quel punto, come Nagita stessa ci mostra. E hai ragione a desiderare che i prossimi passi lo portino da Candy per sempre, sposandola!
Dany Cornwell: Grazie di cuore a te per avermi lasciato un pensiero anche sul capitolo precedente, quello che riguardava la morte di Stair. Hai ragione, dopo Anthony è quella che ci ha fatto piangere di più e capisco che tua madre non volesse più vederti triste! Il dolore di Albert nessuno ce lo ha raccontato ma io ho immaginato che, ancora una volta, traesse conforto anche lui da Candy. E Candy aveva tanto bisogno di Albert, come non mai: mi spiace non aver descritto quell'abbraccio, ma possiamo immaginare come sia stato... E grazie per i complimenti che mi fai anche per il capitolo dell'addio di Albert! In effetti sì, quei due ormai sono inseparabili, ma Albert deve preservare l'onore di Candy e la cosa è andata fin troppo avanti. Così, ancora una volta, si sacrifica per il suo bene. Un abbraccio, alla prossima!
Ericka Larios: Hai ragione, Albert e Candy erano già tanto uniti ma, come spesso accade, ci si accorge della mancanza di una persona solo quando questa è lontana. E così è stato per Candy...
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Ritratto
Georges stava controllando che tutti i fogli con l'accordo che avrebbe sancito la collaborazione tra la Ardlay Corporation e la Ford Motor Company fossero firmati, quando bussarono alla porta.
"Avanti", disse William senza alzare lo sguardo da altri documenti sparsi sulla scrivania: era incredibile quanto lavoro si fosse accumulato negli anni in cui il patriarca era stato assente. Eppure, dalla sua presentazione erano trascorsi già parecchi mesi.
Probabilmente ce ne vorranno tanti altri per recuperare...
Con un sospiro, si volse per guardare la cameriera entrare con un pacchetto di carta marrone: "Mi perdoni, signor William, è arrivata la cornice che ha ordinato la settimana scorsa. L'ebanista l'ha appena portata".
Lui, che era rimasto concentrato fino a che non si era aperta la porta, alzò la testa di scatto e le andò incontro: "Oh, bene, grazie Nancy!", disse prendendola di persona, cominciando a scartarla.
"Bene, se non ha bisogno di altro mi ritiro".
"Certo, vai pure".
Georges lo osservò con un sopracciglio inarcato, alzandosi a sua volta dal tavolino al quale si era seduto per controllare i documenti. Si trattava di una cornice rettangolare argentata piuttosto piccola, col lato più lungo che a occhio e croce arrivava a circa *dodici pollici.
"Immagino dalle rifiniture minuziose che debba contenere una foto di grande valore", commentò cercando di essere discreto.
William gli rivolse un sorrisetto di traverso e tornò alla scrivania dove la appoggiò con molta cura, prima di mettersi a frugare in un cassetto in basso: "Veramente si tratta di un disegno e a dirla tutta mi sarebbe piaciuto costruirne una io, con le mie mani. Ma purtroppo non ho molto tempo libero, come vedi".
E tutti i ritagli di tempo li usa per andare alla Casa di Pony, pensò divertito.
Georges s'impose di tornare con lo sguardo ai documenti, ma era davvero curioso di capire che tipo di disegno fosse così meritevole di essere appeso addirittura in una cornice d'argento. Come se gli avesse letto nel pensiero, William disse: "Vuoi vederlo?".
"Se posso, signore", azzardò dirigendosi piano verso di lui.
William allargò le braccia: "Non la smetterai con tutta questa formalità neanche quando sarò vecchio sul serio, vero Georges?", chiese con una punta di esasperazione.
"Penso di no, signore", ribatté senza scomporsi.
Quando infine vide ciò che era raffigurato sul foglio bianco dovette usare tutto il suo autocontrollo per non mostrarsi sorpreso.
"Beh, che te ne pare?". Il tono di William era serio, ciononostante poteva avvertire netta la punta di divertimento che gli conferiva un leggero tremolio. Infatti, quando alzò gli occhi su di lui, le labbra erano incurvate in quello che era un sorriso trattenuto.
Il suo silenzio carico di aspettativa, però, lo indusse a rispondere in fretta e per la prima volta Georges non seppe quanto potesse sbilanciarsi con una risposta sincera. Si schiarì la voce, sperando di non dire una parola di troppo: "Si tratta di un regalo... di uno dei bambini dell'orfanotrofio?", chiese.
William scoppiò a ridere rovesciando la testa all'indietro e Georges rilasciò quasi un sospiro di sollievo: anche se aveva sbagliato, non lo aveva offeso.
"In effetti, non ci sei andato molto lontano, Georges, ma l'autrice non è più una bambina... da tempo", concluse in tono più pacato.
E capì. Capì che il suo capo e amico non avrebbe dedicato tempo ed energie per incorniciare qualcosa che non avesse per lui un valore reale. E non quello economico.
La signorina Candice...
Ciononostante, non poté fare a meno di notare che, pur essendo una persona eccezionale sotto molti punti di vista, la protetta di William non fosse molto abile con la matita, per usare un eufemismo...
"Il... soggetto...", cominciò temendo di mettersi a ridere persino lui che non era avvezzo alle dimostrazioni emotive.
"Sono io", rispose William asciutto, prendendolo in mano e ammirandolo come se si trattasse della Gioconda di Leonardo.
Sbatté le palpebre, tentando di immaginare come in quell'omino dalla bocca troppo carnosa e gli occhi tondi come biglie, la signorina potesse identificare William Ardlay.
Con gesti attenti, stava ponendo il disegno dentro la cornice, raddrizzandolo più volte finché non fu centrato e Georges non osò dire altro, certo che gli avrebbe raccontato lui stesso la storia di quel disegno così poco ortodosso.
"Quando ho deciso di andarmene dall'appartamento che condividevamo", iniziò infatti, "Candy ha cominciato a cercarmi. Poco dopo le ho inviato un vestito primaverile da Rockstown, ti ricordi?".
Certo che se lo ricordava e annuì in risposta. Non avrebbe mai dimenticato la lotta interiore che era trapelata dai suoi lineamenti normalmente composti, quando aveva deciso di indicarle il luogo in cui si esibiva il signorino Granchester con quel teatro itinerante.
"Devo lasciarle la possibilità di scegliere e questa potrebbe essere l'ultima", aveva mormorato guardando fuori da una finestra dell'albergo nel quale soggiornavano.
"Per trovarmi più in fretta", proseguì allungando le braccia per ammirare meglio il risultato, "ha cercato di disegnare il mio ritratto mostrandolo a tutte le persone che incontrava".
"Non mi sorprende che non sia riuscita nel suo intento", gli sfuggì prima che potesse impedirselo.
William rise di nuovo: "Beh, a dire il vero ho scoperto che il dottor Martin è molto più bravo di Candy. Il suo ritratto era davvero somigliante, ma non è questo il punto". Sospirò e Georges cominciò a capire dove volesse arrivare.
"Il punto è che Candy cercava me e mi ha cercato anche a Rockstown. E questo disegno", lo girò perché lo vedesse nella sua cornice, "è la conferma di quanto fosse disperata a causa della mia partenza".
Il suo tono era triste ma accorato.
"Bene, allora possiamo dire definitivamente che si tratta di un capolavoro dal valore inestimabile", disse senza indugio.
"È così", rispose lui con voce carica di emozione. Georges era sicuro che, a breve, le cose fra i due sarebbero cambiate. Tutto sarebbe cambiato, eppure sarebbe rimasto uguale a prima.
Quando William gli aveva chiesto di rapire una giovane Candy prima che arrivasse in Messico, non aveva avuto dubbi sulle sue intenzioni di proteggere una ragazzina innocente dalle angherie della famiglia adottiva. Non era stato facile, a soli ventiquattro anni, prendere una decisione simile, assumendosi di fatto una responsabilità così grande come l'adozione di una ragazza poco più giovane di lui.
Eppure, non aveva esitato un istante.
Gli aveva raccontato di averla salvata da una cascata e di aver appreso quanto i Lagan fossero stati crudeli con lei.
E, come lui, era rimasto stupefatto dal modo comunque allegro e propositivo di quell'adolescente orfana di affrontare la vita. William aveva ragione: anche se in modi diversi, entrambi erano stati plasmati dalla solitudine e avevano sviluppato una resilienza che consentiva loro di cogliere il lato bello delle situazioni e delle persone.
Man mano che il tempo passava e il ragazzo maturava, però, Georges si era reso conto che la sua anima diventava tormentata. Non dubitava che il suo desiderio di andarsene in Africa, pur maturato da tempo, includesse in qualche modo un allontanamento volontario dalla signorina Candy.
Non che lui glielo avesse mai rivelato apertamente, ma qualcosa era cambiato di certo e aveva intaccato la sua solita serenità. Il destino, però, ci aveva messo lo zampino e, mentre lui e la signora Elroy si disperavano credendolo disperso o persino morto, lui era stato ricondotto dal fato proprio da colei che una volta aveva salvato.
Erano stati, in tempi e modi differenti, l'una il sostegno e la salvezza dell'altro. Tuttavia non aveva creduto mai, neanche per un minuto, che fra loro fosse nata una semplice gratitudine. Certo, Candice era stata per un periodo legata al figlio del conte di Granchester, ma ora...
"Puoi chiedere di portarmi chiodi e martello, per cortesia?", disse William spezzando il filo dei suoi pensieri. Lo vide appoggiare il disegno al muro, in una posizione dalla quale potesse scorgerlo dalla propria scrivania voltando solo un poco il capo a sinistra. "Pensi che starà bene qui?".
Georges sorrise, grato alla vita per aver dato al suo ragazzo l'opportunità di incontrare una donna tanto speciale. In fondo, lo considerava da sempre come un figlio: "Credo sia meglio un po' più in alto", rispose allontanandosi per fare quanto richiesto.
D'altronde, un capolavoro non poteva che essere appeso in una posizione privilegiata.
* circa 30 centimetri, ho immaginato un foglio A4 di oggi
