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MariaGpe22: Ciè voluto un po' di tempo, ma alla fine un'altra confessione è avvenuta e Albert arriverà, un passo alla volta, al cuore di Candy per mezzo del misterioso filo rosso. A breve, anche lei se ne renderà conto, anzi, già lo sta facendo. Grazie di cuore, alla prossima!

Dany Cornwell: Grazie di cuore, ha emozionato tanto anche me descrivere quel momento, mi sembrava così importante che avevo un po' di timore reverenziale ad affrontarlo!

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Poupee

Albert firmò l'ultimo foglio con un movimento veloce del polso, concedendosi un piccolo svolazzo sull'ultima lettera. Batté la punta della penna sulla scrivania e mise da parte il documento per consegnarlo a Georges la mattina dopo.

Fece appena in tempo a scoccare un'occhiata all'orologio in ottone lavorato sul caminetto per scoprire che erano già le dieci di sera, quando bussarono alla porta.

E Albert seppe subito che, dopotutto, non avrebbe dovuto aspettare il mattino per consegnare il documento.

Georges entrò vestito di tutto punto come fossero indietro nel tempo di dodici ore: in mano stringeva una lettera. "Mi perdoni, signorino William, ma credevo fosse importante e siccome ho visto la luce provenire dallo studio ho pensato di portargliela subito".

Inarcò un sopracciglio: "Da quando consegnano la posta anche di notte?", chiese perplesso.

L'uomo si strinse nelle spalle: "L'ufficio postale ha fatto sapere di aver previsto una consegna straordinaria perché la lettera è stata accidentalmente dimenticata, stamane".

Albert allungò una mano per prenderla mentre Georges si avvicinava e gliela porgeva: "Immagino che se non avessero visto a chi era indirizzata non si sarebbero disturbati tanto", osservò con una punta di fastidio. Nonostante fosse comodo ricevere la posta a ogni ora del giorno, continuava a mal sopportare che lo trattassero in maniera diversa solo perché apparteneva a una famiglia importante e influente. Tuttavia, quando vide il mittente un nodo gli strinse la gola: "Viene dall'Africa", mormorò e riconobbe il nome del capo del villaggio keniota in cui aveva passato gli ultimi mesi prima di iniziare il viaggio di ritorno.

Georges dovette avvertire il cambio brusco nel suo tono, perché sentì i suoi passi fermarsi prima di arrivare alla porta per congedarsi: "Brutte notizie?", s'informò discretamente.

Con il cuore che accelerava nel petto perché già sapeva la verità, Albert aprì la lettera con mani gelide. Non credeva che avrebbe fatto così male: non dopo aver dato l'addio al caro Stair solo poco tempo prima. Eppure, quando ebbe la conferma che la sua adorata Poupee era morta serenamente di vecchiaia in mezzo ai membri del villaggio che l'amavano tanto, sentì gli occhi riempirsi di lacrime.

"Signorino William?", la voce allarmata di Georges lo costrinse a deglutire e stringere le palpebre per controllarsi.

"Ti ricordi di Poupee, Georges? La mia piccola puzzola che ti avevo detto di aver lasciato in Africa?", riuscì a rispondere con voce incrinata.

Teneva gli occhi incollati sulla lettera, come se potesse nascondere lì la sua sofferenza. Udì l'uomo fare un respiro profondo e dire, in tono comprensivo: "Certo che me la ricordo. Mi dispiace tanto, so che era molto affezionato a quell'animaletto. Mi sembrava davvero intelligente".

"Lo era", rise lui un po' rauco, tirando su col naso e asciugandosi un angolo dell'occhio. "Penserai che sono uno sciocco sentimentale, no?", si schernì.

"Non lo penso affatto", sembrava quasi urtato da quel pensiero, non era una frase di circostanza. "Penso solo che l'amicizia vera non abbia confini di età, né di razze. E lei ha sempre amato molto gli animali, signorino William".

Albert annuì, le immagini di lui e Poupee gli riempivano dolorosamente la testa. "Grazie Georges, davvero. Ah, qui c'è il documento che dovevo controllare, se vuoi domani stesso puoi portarlo in banca. Direi che è ora che andiamo... cosa stai facendo?", domandò vedendolo andare al mobile bar e tirare fuori del whisky scozzese.

"Sto facendo quello che abbiamo fatto tutte le volte che un membro della famiglia ci ha lasciati. Non ne ha forse bisogno?", domandò inarcando un sopracciglio come a sottolineare la domanda.

Albert annuì, alzandosi: "Mi farai compagnia anche se non era esattamente amica tua?", chiese cercando di stirare le labbra nel fantasma di un sorriso.

Georges versò due dita di distillato in ogni bicchiere. "Anche se sono certo che la signorina Candy sarebbe stata più adatta di me, sa bene quanto io sia affezionato a lei, signorino William. Il suo lutto è anche il mio lutto".

Alla menzione di Candy, Albert sussultò un poco, ma si avvicinò all'uomo con gratitudine per alzare il bicchiere in un piccolo brindisi: "A quella che è stata la mia fedele compagna per tanti anni, ovunque vagabondassi".

I due bicchieri si accostarono con un lieve tintinnio e Albert mandò giù un sorso ricordando il primo incontro con Poupee, alla casetta nel bosco: era solo un ragazzino e quello era il suo rifugio, lo stesso dove qualche anno dopo gli avrebbero persino sparato addosso scambiandolo per un barbone abusivo.

Era piccola Poupee, poco più di un cucciolo, e Albert si era subito sentito attratto da lei: entrambi erano, in modo diverso, incompresi. Lei per essere un animaletto che suscitava disgusto anche senza motivo, lui perché voleva semplicemente vivere la sua vita senza doversi nascondere.

"Da oggi saremo alleati: io, almeno finché non me ne darai motivo, non ti dirò che hai un cattivo odore. Tu non mi giudicherai per i miei colpi di testa come fa la zia Elroy, va bene?". La ricettività e l'intelligenza della bestiolina l'avevano colpito fin da subito.

Da allora, si era tanto abituato ad averla sulla spalla per la maggior parte del tempo che, anche se aveva lasciato l'Africa da un bel po', gli sembrava sempre di sentirne il peso leggero ma confortante. Lasciarla lì gli era costato, ma col senno di poi era sollevato che non fosse stata coinvolta nell'incidente ferroviario col rischio di perire prematuramente.

"Bene, col suo permesso io mi ritiro", disse Georges distogliendolo dai suoi ricordi.

Albert fissò il suo bicchiere vuoto e il proprio ancora mezzo pieno e si rese conto di aver perso per un attimo la nozione del tempo: "Ah, sì, certo. Grazie ancora di cuore, Georges. Sapevo che tu mi avresti compreso".

Mentre si congedava, rifletté che in realtà non si era aspettato un'empatia così totale da lui, anche se era ben consapevole dei suoi buoni sentimenti. Non era da tutti risultare comprensivi davanti a un uomo adulto che si commuove per la perdita di una puzzola adottata quale animale domestico. Ma quel modo di fare così spontaneo e affettuoso di Georges gli indicò, ancora una volta, quanto lui fosse quello che di più vicino a un padre devoto avesse nella vita.

Albert si ripromise che, semmai fosse stato padre anche lui un giorno, avrebbe cercato di essere altrettanto presente e comprensivo per i suoi figli.

Nonostante il dolore per la perdita di Poupee, mentre ripiegava la lettera con cura e la riponeva in un cassetto, alzandosi per uscire e andare in camera sua, non poté fare a meno di sorridere immaginando tanti bambini biondi, con delle lentiggini sul naso e magari una puzzola come animale di compagnia.