Angolo dei commenti:
Cla1969: Per quanto riguarda Poupee io mi sono riferita al romanzo: in Final Story, Albert confessa a Candy di aver lasciato Poupee in un villaggio in Africa e di aver saputo che è morta lì, serenamente, di vecchiaia.
Ericka Larios: Intendi che hai lasciato un commento al precedente capitolo e il sito non me l'ha fatto visualizzare? Eh, ogni tanto accade, purtroppo. Sì, Poupee è stata amica comune sia di Albert che di Candy, ma in FS sappiamo che lui la lascia in Africa... e alla fine lì ha vissuto serena fino alla sua morte.
MariaGpe22: Sono contenta che, nonostante si tratti di un capitolo triste, tu l'abbia apprezzato. Carina la visione sul futuro, vero? XD
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Diario
La giostra delle emozioni non si era ancora fermata.
Questo pensò Candy mentre entrava nello studio del prozio Willam. Là, dove aveva scoperto che altri non era che il suo caro amico Albert: tutto era proprio come se lo ricordava.
L'ampia scrivania in mogano, con la poltrona alta dal cui schienale non aveva potuto scorgere il suo benefattore di sempre, se non una mano adagiata sul bracciolo.
La finestra, subito dietro, a illuminare i suoi giorni di lavoro.
E quel tavolino da tè un poco a sinistra, accanto alla parete su cui erano appesi i dipinti degli antenati e di Rosemary. Rosemary, quella dolce sorella perduta che lo chiamava piccolo Bert.
Nelle orecchie risuonavano ancora le note della canzone scozzese che Albert aveva cantato mentre si recavano a Lakewood in macchina. Sul viso poteva ancora sentire le tracce delle lacrime che aveva versato nella radura dove era morto Anthony. E, intorno al corpo, avvertiva ancora le braccia calde e confortanti di Albert che la lasciava piangere sulla sua camicia, mormorandole il proprio dolore.
Era stato come tornare indietro di qualche anno, quando aveva abbracciato Albert il vagabondo al Cancello delle Rose subito dopo la morte di Anthony. Chissà, allora, mentre la stava consolando per una perdita che aveva creduto solo sua, quanto stava soffrendo!
In quella stanza pareva tutto immutato, eppure qualcosa di diverso c'era, perché gli occhi lo avevano visto ma il cuore non voleva crederci: il suo diario, quello che aveva affidato a Georges perché lo consegnasse al prozio William, era sulla scrivania.
Le lettere d'oro con cui erano stati incisi il suo nome e i suoi due cognomi brillavano ai raggi del sole che filtrava dai vetri, nonostante fossero un po' sbiadite dal tempo.
"Te lo restituisco, Candy, è tuo", disse la voce dolce di Albert, una mano poggiata sul piano di lavoro. Le dava le spalle ma si era voltato per sorriderle.
"Perché?", riuscì solo a chiedere lei, senza fiato.
"Perché questo... è per te qualcosa di prezioso", mormorò in apparenza sereno, guardando fuori dalla finestra.
Candy fece qualche passo, ricordando tutto quello che aveva scritto in quelle pagine: un senso d'inquietudine la pervase. Lì dentro c'erano le sue emozioni legate al periodo trascorso alla Saint Paul School, i racconti legati alle insegnanti, ad Annie, a Patty. E anche ad Albert e a... Terry. Soprattutto a Terry.
Alzò gli occhi per fissare le spalle rilassate di Albert, che guardava un punto lontano dell'orizzonte e il cuore batté più forte.
Cosa pensava davvero? Credeva che fossero preziosi i suoi ricordi oppure che lo fosse Terence? In tasca aveva ancora la spilla del Principe: nonostante avesse scherzato sul fatto di restituirgliela gliel'aveva lasciata volentieri, quel meraviglioso giorno sulla collina.
Era come... se Albert le avesse lasciato tra le mani il suo cuore assieme al proprio sentimento dolce e infantile che l'aveva accompagnata per più di dieci anni.
E quel diario che rappresentava il suo, di cuore, poteva riprendersi anche quello? Non era forse il suo passato? Aveva bisogno di sfogliarlo ancora, di guardarsi indietro?
La risposta le arrivò così ovvia che fu davvero tentata di non prenderlo.
Invece lo fece, ringraziandolo in un sussurro e stringendoselo al petto. Non rinnegava nulla di ciò che aveva vissuto in quelle pagine, faceva parte di lei: era anche grazie a quel passato che ora stava vivendo un presente luminoso e felice.
Poi, di colpo, si rese conto di ciò che aveva scritto a un certo punto del diario, mentre era ancora alla Saint Paul School, poco dopo il bacio di Terry: stava ripensando ad Anthony, chiedendosi cosa sarebbe accaduto se lei non fosse stata mai adottata e non fosse mai stata organizzata la caccia alla volpe. Non erano forse le stesse parole di Albert nella radura, che si prendeva entrambe le responsabilità? E, tuttavia, erano giunti alla conclusione, pur tra le lacrime, che nessuno avesse colpa e che si era trattato solo di un tragico incidente.
"Io ti sono grata... sono grata allo zio William per avermi adottata", si sentì dire d'istinto, anche se ormai gli doveva essere chiaro. E si voltò, quello che era stato il misterioso zio William, sorridendole mentre la comprensione calava sul suo viso. Sì, Albert aveva compreso che stava chiudendo anche il cerchio riferito a quella frase che mai le era apparsa più infelice, la frase di una Candy ancora ragazzina che non voleva essere d'ingratitudine, ma solo di dolore.
La luce del sole che poco prima aveva illuminato la scritta sulla copertina, ora si rifletteva sull'oro dei capelli di Albert e a Candy parve significativo come un segno divino. L'intera figura di quell'uomo che un giorno le aveva salvato la vita le apparve come immersa in una luce speciale.
E non era solo quella del sole.
Un giorno, non troppo lontano, quel diario sarebbe tornato fra le sue mani. Glielo avrebbe restituito di nuovo, ne era certa.
Allora, sarebbe stato il momento in cui avrebbero affrontato la vita mano nella mano.
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Albert approfittò del fatto che Candy fosse salita in camera a cambiarsi per la cena per sistemare dei vecchi documenti nel suo ufficio.
Accartocciò quelli inutili e organizzò in una pila ordinata quelli che poteva riportare a Chicago. Aprì un cassetto in basso a sinistra e ne estrasse una cartellina con la copertina in pelle marrone.
Proprio come...
La tirò fuori, fissandola come se potesse d'improvviso trasfigurarsi in quel diario che le aveva appena restituito, magari rimpicciolendosi un poco e mostrandogli di nuovo quelle pagine.
Sorrise di se stesso e scosse la testa, riponendo i fogli nella cartellina ma senza riuscire a impedirsi di ricordare.
Aveva letto quel diario anni prima, quando ancora era il fantomatico prozio William e Candy una ragazzina fuggita da scuola. Non avrebbe mai dimenticato i sentimenti contrastanti che gli avevano attanagliato il cuore mentre scopriva quanto in fretta lei stesse diventando donna. E come si stesse innamorando di Terence, proprio come aveva subodorato prima di partire per l'Africa.
Eppure... eppure aveva anche raccontato a quel diario dei suoi incontri con il signor Albert. Di quanto fosse felice di averlo ritrovato, a sorpresa, proprio a Londra.
Appoggiò la schiena alla poltrona, chiudendo gli occhi e giungendo le mani davanti alle labbra.
A quell'epoca, aveva degli affari da seguire lì, ma per mantenere la sua copertura si era messo a lavorare allo zoo Blue River. Si era goduto la vicinanza degli animali, lavorare con loro era sempre un piacere per lui, anche se preferiva vederli liberi nelle savane africane piuttosto che rinchiusi nelle gabbie.
Era stato divertente vedere Candy e Terence insieme, scoprendo quanto le loro strade si fossero intrecciate per un apparente capriccio del destino: prima aveva salvato il ragazzo da un'aggressione e poi aveva aiutato, senza saperlo, Candy a trovare una farmacia per medicarlo.
Nonostante sapesse che lei era alla Saint Paul School, perché si era occupato personalmente di mandarla a studiare lì, non credeva che l'avrebbe incontrata. E di notte, per giunta! E, volendo essere precisi... grazie a Terence.
Aveva aiutato lui a rientrare, anche se poi il ragazzo si era ritrovato nell'ala sbagliata della scuola, e lo stesso aveva fatto con Candy, che era saltata oltre il muro di cinta come se non avesse fatto altro nella vita fino a quel momento. D'altronde, non era lei quella che fuggiva dalle soffitte e si arrampicava sugli alberi? C'era poco da stupirsi...
Candy era molto più simile a lui di quanto pensasse, nonostante avesse chiamato lei e Terence 'ragazzi problematici'.
Quella consapevolezza, poco prima che maturasse la decisione di partire per l'Africa, lo aveva quasi travolto. Si stava rendendo conto che, man mano che Candy maturava, i propri sentimenti cambiavano allo stesso modo e non era sicuro che fosse un bene.
Lui era il suo tutore, per legge sovrapponibile quasi a un padre adottivo.
Era sbagliato, era tutto sbagliato. Questo gli gridava la sua morale rigida, nonostante l'istinto invece urlasse, forte e chiaro, che era solo un pezzo di carta a sancire quel legame.
Nella realtà, lui era Albert, allora aveva venticinque anni e Candy quattordici. Undici anni di differenza per una ragazza adolescente potevano ancora sembrare tanti, a quel tempo... ma adesso...
"Adesso sei diventata una donna, Candy", mormorò abbassando le mani e alzandosi in piedi. Fissò la porta, come se le stesse parlando. "Lo eri già quando ti sei presa cura di me e io non mi ricordavo nulla. Allora, l'unica cosa che poteva dividerci era la mia mancanza d'identità. Eppure è stata quella che ci ha uniti".
Si voltò, perdendo ancora una volta lo sguardo nella fila di alberi dietro alla quale il sole filtrava con i suoi ultimi raggi: quel verde luminoso gli ricordava gli occhi pieni di lacrime di Candy.
Aveva pianto fra le sue braccia, incolpandosi della morte di Anthony e lui aveva creduto di morire a sua volta.
Non aveva mai sopportato la sua sofferenza. Persino da smemorato aveva un bisogno quasi fisico di renderla felice a ogni costo. Ma sentirla sobbarcarsi una responsabilità di cui solo lui poteva farsi carico lo aveva straziato nel profondo.
Le aveva detto quello che aveva sempre tenuto in un angolo del proprio cuore, quasi tentasse di proteggersi da una verità che poteva ferirlo a morte. Ma, accanto a lei, aveva raccolto il coraggio di portare a livello cosciente quel senso di colpa.
E si era perdonato perché lei lo aveva fatto.
Aveva apprezzato le parole che gli aveva rivolto Candy quando lo aveva ringraziato per averla adottata, gli era ben chiaro che si fosse ricordata solo in quel momento di quel particolare passaggio del suo diario. Un passaggio che gli aveva tolto il sonno per svariate notti e che lo aveva indotto, in maniera inconscia, a ripetere quasi le stesse parole di Candy per indicarle quanto la responsabilità, semmai esistesse, fosse da attribuire a lui solo.
La morte di Anthony non era stata che un tragico incidente e nel pianto di Candy aveva trovato anche la propria redenzione. Conscio che se fosse stato ancora vivo, forse ora sarebbero stati insieme e probabilmente non ci sarebbe stata speranza né per Terence, né tantomeno per lui.
Le aveva restituito il diario con la consapevolezza che Candy avrebbe sempre deciso della propria vita. Poteva riaprirlo oppure riporlo in un cassetto, recuperare parte di quei sentimenti o lasciarseli alle spalle.
L'importante era che fosse felice.
Albert aveva fatto la sua parte ridandole ciò che le apparteneva, quel pezzetto della sua vita raccontato al prozio William. Cadute tutte le maschere, non gli rimaneva che chiudere quel cerchio e attendere.
Attendere che il cuore di Candy fosse sgombro da nubi e incertezze, semmai ce ne fossero state. Attendere che ciò che stavano costruendo giorno dopo giorno diventasse una nuova storia da scrivere. Attendere che il destino, che li aveva sempre fatti ritrovare, li dividesse o li unisse per sempre.
