Ciao a tutti e bentornati per il primo capitolo di Shadow Kiss (Il Bacio dell'Ombra in italiano) dal punto di vista di Dimitri, il terzo volume della saga tradotto dall'originale inglese di Gigi256. Trovate i primi due libri dal punto di vista di Dimitri nel mio profilo.

Richelle Mead non ha mai menzionato cosa stesse succedendo nella mente di Rose nel periodo immediatamente successivo alla morte di Mason, forse perché sarebbe naturale immaginarla andare avanti roboticamente in una nebbia di dolore e senso di colpa. Però potrebbe essere interessante seguire Dimitri in quei giorni, perso nel suo personale tormento, tra la sofferenza di vedere Rose in quello stato e il senso di impotenza per il non riuscire ad aiutarla.

Sarà un viaggio interessante nella mente di Dimitri, considerando che Shadow Kiss contiene alcune delle scene più intense di tutta la saga.

Come sempre, compatibilmente con i miei impegni, pubblicherò nuovi capitoli appena possibile.

L'idea originale e i personaggi di Shadow Kiss appartengono a Richelle Mead. Tutto il resto è di Gigi256.

Buona lettura! :)


Meno di un mese. Meno di un mese fu sufficiente a me e Rose per ricadere nell'imbarazzante relazione pseudo-professionale piena di tensione sessuale e parole non dette. Certo, fu una discesa lenta e avevo concesso più di qualche momento privato di vicinanza tra di noi. Un bacio rubato qui, una conversazione personale là. Forse non era nulla di incredibilmente romantico, ma c'era una certa intimità nell'aprirsi a qualcuno in un modo che non avevo mai fatto prima.

Non importa quanto mi sforzassi di bloccarle, le parole di Alberta continuarono a correre nella mia mente ancora e ancora finché non potei più ignorarle. Rose e io ci eravamo cambiati l'un l'altro, proprio come aveva detto lei, e la gente stava iniziando a prenderne atto. Rose fu comprensiva quando menzionai la mia preoccupazione per il fatto che gli altri si accorgessero della nostra relazione, ma pensai che fosse meglio nascondere il fatto che una persona l'avesse già scoperto. Rose ne stava passando già abbastanza, non potevo caricarla di altre preoccupazioni. Detto questo, non ne era contenta – nessuno di noi due lo era – ma sapevamo che le nostre opzioni erano limitate e che alla fine sarebbe successo, prima o poi saremmo stati scoperti. Forse era meglio costruire quella barriera prima che diventasse più difficile.

Il problema non era l'Accademia, non proprio. Quella era una questione temporanea che sarebbe stata risolta entro pochi mesi. Né si trattava della sua età, che sarebbe stata risolta ancora prima. No, il vero problema era cosa eravamo, chi eravamo. Guardiani. Per quanto mi sforzassi, non riuscivo a trovare un modo di avere una relazione con lei proteggendo allo stesso tempo Lissa in modo efficace. Avrebbe messo pesantemente a rischio Lissa e nessuno di noi avrebbe permesso che lei fosse in pericolo.

Due guardiani semplicemente non potevano permettersi il lusso di innamorarsi e di avere una vita normale insieme, in particolare due partner guardiani. Cercavo di arginare il risentimento che provavo nei confronti di quel problema, ma ogni giorno diventava sempre più difficile. La cosa più vicina al "e vissero felici e contenti" che avremmo mai potuto sperare di avere era una storia d'amore che avrebbe potuto essere interrotta in qualsiasi momento per un trasferimento. Seguivamo i nostri Moroi. Loro vengono prima.

Inoltre non aiutava il fatto che, per una volta, Rose si stesse allontanando da me. Non sapevo come affrontare quella novità. Lei era sempre stata la costante nella nostra relazione, aspettando che io venissi a patto con le mie indecisioni o, il più delle volte, spingendomi oltre i miei limiti auto-imposti fino a quando non avessi ceduto alle folli emozioni tra di noi. Che fosse lei quella ragionevole... beh, mi lasciava più disperato che mai. Mi mancava. Una parte di me voleva lasciarle spazio per guarire da sola, ma l'altra parte sentiva il bisogno di cercare di essere forte per lei.

Forse un sarebbe stato diverso se si stesse solo allontanando da me. Avrei potuto giustificarlo con la possibilità che stesse cercando di creare una distanza sana e necessaria tra noi. Avrei potuto trovare un modo per accettare la sua improvvisa lontananza. Non ero solo io però; si stava allontanando da tutti. Sembrava persino che passasse meno tempo con Lissa. I pochi momenti in cui la vedevo con il suo gruppo di amici, era sempre piuttosto tranquilla e riservata. Non era da lei. Elargiva sorrisi e risate, ma nessuno dei due raggiungeva i suoi occhi.

Sapevo che molte di queste cose avevano a che fare con la perdita di Mason. Era naturale. Nessuno la biasimava per essersi sentita tormentata, ma avrei voluto che parlasse con qualcuno. Non importava che fossi io, sua madre, Alberta, Lissa o qualcun altro, ma aveva bisogno di parlare con qualcuno. Ogni volta che cercavo di convincerla ad aprirsi, mi escludeva. Avevo fatto la stessa cosa dopo Ivan, e vedere i miei meccanismi di reazione in qualcun altro mi rese chiaro quanto fossero malsani. Forse era totalmente ipocrita da parte mia, ma volevo di meglio per lei.

La capivo perfettamente, davvero. Dopo Ivan c'era stata questa strana doppia sensazione di voler dimenticare il dolore e sentire allo stesso tempo il bisogno di ricordare perché nessun altro l'avrebbe fatto. Almeno, non avrebbero ricordato come avrei fatto io. Senza un buon modo per risolvere il conflitto, si finiva per sentirsi orribilmente, indipendentemente da ciò che si sceglieva di provare. Non c'era vittoria, solo sopravvivenza.

Per Rose, anche sopravvivere sembrava essere una lotta continua al momento. Non c'era modo di sfuggire alla morte di Mason. Nessun sollievo, nessuna possibilità per lei di dimenticare, anche solo per un momento. Non con quei tatuaggi. Certo, tra i guardiani non erano considerati una novità. Ma dato che era una novizia, gli altri studenti chiedevano costantemente di vederli, il che portava inevitabilmente a fare domande su quella notte. Dava sempre le stesse risposte stoiche e cliniche, senza mai elaborare o fornire più informazioni del necessario. Si potrebbe pensare che alla fine gli altri avrebbero capito il suo umore, ma se lo facevano, non gli davano il giusto peso e non agivano di conseguenza. Cercavo di ritagliarle una tregua il più spesso possibile, il che includeva interrompere quelle conversazioni occasionali ogni volta che ne avessi la possibilità, ma non riuscivo ad essere al suo fianco in ogni momento della giornata.

Stava peggiorando. Il suo umore sembrava infiammarsi sempre di più, anche solo con una leggera provocazione. La settimana precedente aveva aggredito un compagno di classe per averle spostato di lato i capelli senza il suo permesso in modo da poter vedere i marchi. Apparentemente Emil dovette interrompere il litigio e le urla che erano seguiti, ma almeno non erano venuti alle mani. Tuttavia, era solo questione di tempo prima che le cose cambiassero. Avevo subito notato che Rose aveva preso l'abitudine di nascondere quotidianamente i suoi segni molnija. Si tirava su i capelli per l'allenamento ma, a meno che non fosse assolutamente necessario, li lasciava sciolti per nascondere la parte posteriore del collo. Le permisi persino di lasciarli sciolti durante le nostre sessioni, purché non le facesse alcun male. Mi ero fatto crescere i capelli per un motivo simile, quindi non potevo davvero biasimarla.

Un'altra somiglianza tra noi era che si era buttata nel suo addestramento come mezzo per tirare avanti. In palestra sembrava perdersi completamente. Era raro che arrivasse in ritardo, e alcune mattine arrivava persino prima di me. La tenevo per lo più al sacco da boxe, all'allenamento cardio o ai pesi. Pensavo che fosse troppo presto per spingerla ad allenarsi nel combattimento corpo a corpo più del necessario e comunque nelle lezioni con gli altri novizi lo faceva a sufficienza. Questo era esattamente ciò che portò agli eventi di quella mattina.

Stavo monitorando la classe dei novizi del quarto anno su richiesta di Alberta. A quanto pareva, c'erano stati dei problemi dopo la morte di Mason e molti degli studenti si rifiutavano di combattere con Rose. L'unico ancora disposto a farlo era Eddie Castile. Non solo era disposto, sembrava quasi ansioso di combattere con lei. Anche lui stava soffrendo per la perdita di Mason ed era naturale che cercassero il sostegno l'uno dell'altra. Non sarebbe stato troppo preoccupante, se non fosse finito in clinica con una leggera commozione cerebrale durante la loro ultima lezione insieme. Uno degli istruttori che aveva assistito all'incontro era preoccupato che non si fosse trattato di un incidente e con un rapporto del genere dovevamo assicurarci che Rose fosse sana di mente. Non avevo notato nulla di insolito nel suo comportamento – almeno… niente di insolito considerando le circostanze – ma avevo evitato il più possibile il combattimento fisico dall'incidente a Spokane.

Agli studenti venne chiesto di formare come al solito delle coppie, e questa volta Eddie andò dritto verso Rose. Il suo volto era vuoto, come un uomo rassegnato che camminasse verso il suo destino nel braccio della morte. Mentre il mare di studenti si separava per fargli posto, Rose non esitò nemmeno a mettersi in posizione offensiva. Era come se lo aspettasse. Lei era il carnefice. Non sembrava in alcun modo maliziosa, solo concentrata. Per quanto ne so, non vedeva Eddie in modo diverso rispetto a qualsiasi altro partner di combattimento.

Altri studenti si appaiarono intorno a loro, dando a Rose ed Eddie un po' di spazio in più e più di qualche occhiata esitante.

Non appena venne dato il via, Rose si trasformò in una persona completamente diversa. Si lanciò verso Eddie, attaccando ferocemente senza lasciare spazio ad alcuna debolezza. Non combatteva per praticare tecnica o strategia, combatteva come se la sua stessa vita fosse minacciata.

Sfortunatamente, Eddie non stava facendo lo stesso. Vidi come alcuni degli altri guardiani fossero preoccupati, perché stava subendo un pestaggio inclemente per mano di Rose. Non perché lei volesse fargli del male, però. No, Eddie stava permettendo a Rose di attaccarlo. Non tentava nemmeno di bloccare o contrattaccare, nonostante avesse comunque delle rare possibilità di farlo.

Lasciai che il combattimento andasse avanti solo per circa 30 secondi, giusto il tempo per me e Alberta, dall'altra parte della palestra, di notare che c'era molto di più sotto la superficie. Mi misi tra Rose e il suo bersaglio - perché a quel punto Eddie non era altro che quello - e trattenni il suo braccio nella mia stretta. Alberta si avvicinò a Castile.

Nel momento in cui afferrai Rose, lottò per liberarsi da me, gridando bruscamente come se fossi il suo prossimo aggressore. Quando la guardai sorpreso, venni accolto da una scintilla selvaggia nei suoi occhi. Non mi vedeva, non vedeva Eddie, tutto quello che vedeva era un nemico e una minaccia. Avevo visto quello sguardo solo una volta prima di allora: in una piccola casa, lontano, mentre proteggeva il corpo senza vita di uno dei suoi più cari e vecchi amici.

Per la sua sicurezza, decisi di portarla via. Con un movimento rapido, la sollevai e la gettai sopra la mia spalla, portandola fuori dalla palestra principale e in una delle sale prova private. Quando lasciai andare il suo corpo agitato, cadde all'indietro sulle stuoie, colpendo con forza il suolo e guardandomi con sbalordita confusione.

"Che diavolo, Dimitri!"

"Combatti con me."

Non rispose.

"Combatti con me, Rose. A quanto pare hai bisogno di una valvola di sfogo, quindi usa me. Eddie non sarà in grado di sopportare molto altro. Colpisci me al suo posto."

"Non voglio fare del male a Eddie." Rose si alzò in piedi.

"So che non lo vuoi, ma lo stai facendo e lui te lo permette. Non so cosa ti stia succedendo, ma se questo è quello di cui hai bisogno, allora combatti contro di me."

"No." Mi guardò con diffidenza, come se si aspettasse che mi scagliassi contro di lei. Se era quello che sperava, le avrei dato esattamente l'opposto: un silenzio calmo e composto.

"Sai una cosa? Va bene!" All'improvviso divenne furiosa, per ragioni che non capivo. Qualunque fosse la causa, un attimo dopo, si stava precipitando verso di me.

Bloccai la maggior parte dei suoi attacchi, anche se era migliorata molto durante i nostri allenamenti e una buona parte riuscì comunque a superare la mia guardia. C'era potenza dietro quei colpi. Non si stava trattenendo. Stava praticamente ringhiando mentre combatteva contro di me. Non mi tirai mai indietro, ma mi chiesi se in realtà non le importasse poi molto. Fu implacabile nella sua avanzata, anche prendendomi di sorpresa.

Mentre alcune persone l'avrebbero lodata per aver messo tutto ciò che aveva nel suo attacco, era addestrata e avrebbe dovuto essere più giudiziosa di così. Rose si stava esaurendo e lo stava facendo in fretta. I suoi colpi divennero man mano meno controllati e il suo respiro iniziò a spezzarsi. Non ci volle molto prima che mi rendessi conto che non era senza fiato a causa del combattimento, ma perché stava singhiozzando.

Mi raddrizzai dalla mia posizione, cogliendo il suo debole tentativo di attacco e tirandola a me mentre i suoi pugni continuavano a colpire con disperazione il mio petto. Alla fine, quegli stessi pugni mi afferrarono la maglietta mentre seppelliva il viso contro di me. Non stava più lottando. In realtà, siccome le sue gambe cedettero per lo sfinimento, io ero l'unica cosa che la teneva in piedi.

Caddi in ginocchio, stringendola a me mentre piangeva. Non ero all'altezza di ciò di cui aveva bisogno e meritava sotto molti punti di vista, ma in quel momento avrei fatto tutto ciò che era in mio potere per alleviare il suo dolore e sostenerla.

"Li vedo ogni volta che chiudo gli occhi. Vedo i loro occhi. Vedo Mason che mi fissa. Ho fallito. Non sono riuscita a salvarlo." Ripeteva quelle parole di sofferenza come una litania, come una penitenza, come se fosse sufficiente a liberarla dalla loro stretta.

La abbracciai più forte, sperando di poter essere uno scudo contro i demoni nella sua mente. Rose e io avevamo già parlato in precedenza del senso di colpa e di come Mason avesse fatto la sua scelta e lei non potesse ritenersi responsabile per questo. Tuttavia, sapevo che tutto ciò non avrebbe impedito i sussurri nei corridoi o gli sguardi in classe. Non avrebbe impedito che lei continuasse a domandarsi "e se?" giorno dopo giorno. Sapevo che stava ancora portando il peso della sua morte. Lo avrebbe sempre fatto in qualche modo. Anche se il loro non era stato un interesse romantico come avevo pensato una volta, lui rimaneva comunque uno dei suoi amici più cari.

"Respira Roza, dentro e fuori." Le sussurrai il comando nell'orecchio, accarezzandole i capelli finché non sentii il suo respiro diventare un po' più regolare. "So che sei ferita. Mi dispiace così tanto. Prenderei il tuo dolore se potessi. Sono qui. Pensa solo a respirare."

Quando finalmente fui in grado di calmarla abbastanza da mandarla nel suo dormitorio per il resto della giornata, annullando le lezioni e l'addestramento serale in un sol colpo, mi recai da Alberta.

Sembrava quasi che il guardiano Petrov stesse aspettando me e il mio aggiornamento. "Come sta?"

"Penso che sia stressata. È già abbastanza dura con sé stessa, ma so che altri stanno insinuando cose poco piacevoli alle sue spalle."

Alberta sospirò, sembrava che non fosse una novità per lei, ma in ogni caso rimpianse di averne avuto la conferma. "A meno che qualcuno la segua in giro ogni giorno, non so cosa potremmo fare per i pettegolezzi. In genere, non le interessa quello che le persone dicono su di lei."

"Stavolta è diverso." Per fortuna, non dovetti spiegare ulteriormente. Il guardiano Petrov si limitò ad annuire in segno di assenso.

Seguì un breve silenzio e un'idea mi colpì. "Forse una breve gita potrebbe aiutarla a trovare di nuovo il suo equilibrio. Tra qualche giorno partirò per la residenza dei Voda per discutere di quei possibili incrementi delle misure di sicurezza per i confini del campus e sarei felice di portarla con me. Non starebbe fuori molto, solo una gita di un giorno, ma potrebbe bastare per rimetterla sulla strada giusta. Forse tutto ciò di cui ha bisogno è allontanarsi un po'."

Vidi gli occhi di Alberta socchiudersi leggermente. Sarebbe stato impercettibile senza il mio addestramento, ma potevo dire che mi stava studiando in cerca di segni di qualche sotterfugio. Non potevo esattamente biasimarla. Sapeva che c'era di più tra me e Rose, e permetterle di lasciare il campus con me sembrava un piano con un secondo fine. Non ne avevo alcuno però. Per quanto mi sarebbe piaciuto trascorrere del tempo solo con lei, non avevo intenzione di approfittare di un'opportunità per Rose di allontanarsi dall'Accademia e respirare liberamente per alcune ore. Onestamente, per quanto volessi essere io a prendermi cura di lei, avrei lasciato volentieri che un altro guardiano prendesse il mio posto, se ciò avesse significato che Roza avrebbe potuto liberarsi di tutti i problemi che stava affrontando.

Anche se non dissi niente di tutto ciò, Alberta sembrò percepirlo. "D'accordo, Dimitri."

Sentii il sollievo diffondersi in me al suo permesso. Stavo per andarmene quando vidi Alberta esitare prima di aggiungere un ultimo commento. "Mi sto fidando di te."

Alberta potrebbe non essere stata una vera madre, ma era piuttosto materna, soprattutto quando si trattava di Rose. Il tono della sua voce era molto simile a quello che mia madre usava per suscitare in noi un senso di responsabilità personale. Proprio come la "delusione" di una madre era un colpo molto più duro dell'ira di una madre, Alberta si stava assicurando il mio miglior comportamento con la sua fiducia più di quanto potesse fare qualsiasi minaccia.