Il signor Carson era turbato.
Quella dannata lettera, il furto dalla dispensa, l'incontro con quella parte di passato che per anni era riuscito a nascondere, o per lo meno, a sfuggire. Dimenticare mai, purtroppo.
Perché come la marea, tornava sempre nella sua mente, specie quando pensava non lo facesse.
Raramente capitava che, grazie a poche foto e qualche oggetto nel cassetto, se lo ricordasse di proposito.
Infondo erano le prove della sua giovinezza, della sua goliardia.
Ma poi, proprio perché quella giovinezza lo aveva 'messo nei guai' secondo lui, si rabbuiava e credeva di non avere scampo o scusanti dal suo passato che tornava a tormentarlo.
Il peggio era quando i ricordi riaffioravano all'improvviso. Un odore, un sapore, un lacchè che faceva il cascamorto con una domestica, ed ecco che tutto tornava.
A volte capitava anche la sera con la signora Hughes.
In quelle occasioni lui si rabbuiava, volendo nascondersi sotto il tavolo (mentre invece la sua postura si drizzava) e terminava la serata con un potente BUONANOTTTE, quando la sua voce interiore era flebile come quella di un bimbo che chiede scusa sommessamente.
Tutto rischiava di andare a rotoli, se non lo aveva già fatto.
Come diavolo gli era saltato in mente di rubarle la chiave dalla dispensa?
'Cosa diavolo ti è venuto in mente a metterti in affari con Grigg in primo luogo!' si maledisse.
Se la signora Hughes non lo avesse deriso e snobbato per il suo passato certo il piccolo gioco di prestigio per rubarle la chiave non glielo avrebbe mai perdonato.
Aveva agito mentre si scontravano 'accidentalmente' nelle scale per andare agli alloggi della servitù.
Dopo anni passati ad osservarla, sapeva quali erano i suoi giri e turni, e sapeva bene dove teneva ogni chiave e quale era quella giusta.
Gliela aveva sfilata e poi si era 'ricordato' di dover fare una cosa.
Così era corso di sotto a prendere da mangiare.
La presenza di Anna lo aveva talmente spaventato che quasi lasciava la chiave nella toppa mentre nascondeva il cibo nel suo ufficio.
Meno male che la ragazza si era unita agli altri e sua signoria aveva fatto un po di trambusto.
'Dio, non pensavo di poterlo dire ma grazie per la signorina O'Brian' pensò.
Recuperò 'l'arma del delitto' e, come in precedenza, scontrò la donna migliore del mondo, la donna più bella, più sincera, più meravigliosa, riagganciando la chiave al suo posto.
Si era sentito un verme a prenderla in giro in quel modo.
Non poteva semplicemente dire "Signora Hughes guardi ha perso la chiave della dispensa. La sua castellana dev'essere rotta e lei dovrebbe mostrare più attenzione"
No, non l'avrebbe umiliata in quel modo dato che era lui il colpevole a pieno titolo.
Non poteva dirle nulla. Sicuramente a lui avrebbe prestato la chiave senza fare troppe domande. O no?
Ma comunque, se mai le avesse detto qualcosa avrebbe potuto finire tutto tra loro.
Ma finire cosa?
Charles Carson non aveva mai detto nulla a Elsie Hughes.
Era inappropriato.
Indecente.
Una catastrofe.
Non tanto l'avere una relazione con lei ovviamente, quanto smascherare i suoi sentimenti, che aveva imparato a nascondere così bene dopo anni di pratica (o almeno sperava di esserci riuscito).
Un maggiordomo o una governante di una grande casa come Downton impegnati in una relazione amorosa, era inaudito. Impensabile. Specie se tra di loro.
La cosa più scioccante per Charles, per quanto odiasse i cambiamenti, amasse il suo lavoro e adorasse gli standard più che elevati, era il terrore che derivava dal non essere corrisposto.
Qui si parlava di Elsie Hughes.
Era una signora in tutto quello che contava.
Aveva intelligenza, charme, era bellissima. Non la bellezza effimera delle donne del piano di sopra, dovute soprattutto da gioielli costosi e abiti raffinati. No Elsie era bella dentro e fuori.
La sua gentilezza, la sua bontà, il suo interesse spassionato per chiunque avesse bisogno.
I suoi occhi, i suoi capelli.
Del suo corpo oberato da strati di abiti non si poteva sapere se non immaginando, ma sicuramente sarebbe stata bellissima anche a livello fisico.
Era come un bel regalo confezionato in un lussuoso pacchetto, completo di fiocco.
Aveva tutto.
E poteva avere tutto, o meglio chiunque.
Aveva scelto la vita all'interno di una grande casa, proprio come lui aveva scelto la carriera.
Quindi forse non le importava di avere una famiglia.
Ma allora perché quella famosa domanda...
E se ora lui fosse stato cacciato, o se ne fosse andato di sua volontà per evitare uno scandalo, avrebbe potuto dirle qualcosa?
No. Era troppo orgoglioso e lei troppo preziosa.
Cosa avrebbe potuto darle?
Troppo vecchio per lavorare in fabbrica, troppo inglese per trasferirsi altrove, troppo snob per un qualsiasi negozio, troppo bugiardo e codardo per avere il coraggio di parlaren dei suoi sentimenti
con la donna che amava, SÌ, AMAVA!
Era sceso a patti con questo sentimento praticamente dalla prima volta in cui mise gli occhi su di lei...non poteva, non voleva negarlo a se stesso.
'E' meglio aver amato, e perso che non aver mai amato' diceva Tennyson.
Non era vero per Carson. Amare significava, almeno nel suo caso, soffrire. Quindi era decisamente meglio non amare se questo significava vivere più sereno.
E dato che avrebbe potuto avere SOLO la sua amicizia, non poteva perderla.
A questo pensava mentre si dirigeva nuovamente alla locanda a passo svelto e con il cibo sotto braccio.
