Carina POV
Quel risveglio è stato decisamente doloroso. Non so come, ma sono riuscita a riprendere sonno ad un certo punto. Le lacrime del pianto per quella tua reazione probabilmente mi avevano cullata fino a farmi cedere al sonno incalzante. Non devi avermi sentita piangere, so che non mi avresti mai abbandonata così al pianto, senza un gesto, una carezza, anche se non lo meritavo, non meritavo nulla.
Devo ammetterlo, non avrei mai pensato di trovarmi da questo lato, dal lato di chi ha consciamente ferito la persona che ama. E ora mi è chiaro quello che ho sempre pensato: le cose non sono sempre bianche o nere, il mondo non si divide in buoni o cattivi. O almeno lo spero, perché se così non fosse, sarei diventata uno dei cattivi.
Mi alzo e mentre preparo il caffè riesco solo a pensare al fatto che vorrei darmi malata. Non è da me, ho sempre amato il mio lavoro... insomma, faccio venire al mondo dei bambini, la prova vivente che c'è del buono su questa terra! Però ora non riesco a pensare a questa magia o meglio questa magia non distoglie la mia mente dal fatto che la rivedrò. Molto probabilmente arriverò in ospedale e, appena mi sarò convinta di poter affrontare la giornata, me la ritroverò davanti e tutto il mio meraviglioso castello di carte di autoconvinzione che sarò riuscita a costruire con cura crollerà miseramente su se stesso. Tengo il telefono tra le mani, sbloccandolo e bloccandolo di nuovo più e più volte, finché non sento la sveglia, l'ennesima, che mi ricorda che è proprio ora di andare. Mi faccio coraggio e dopo essermi preparata una buona tazza di caffè da portarmi appresso, parto incrociando le dita, con la speranza di tornare a casa senza vederla.
Non faccio in tempo a scendere dall'auto una volta arrivata all'ospedale, che sento il cellulare suonare. Mi chiamano dal reparto così rispondo mentre mi affretto ad entrare. Passo per il pronto soccorso, visto che nel frattempo mi dicono che è arrivata una donna incinta in pronto soccorso per cui è richiesto il mio consulto. Noto di sfuggita un'ambulanza dei vigili del fuoco nel parcheggio. Ormai ci faccio sempre attenzione, ma non ho tempo a sufficienza per fermarmi a guardare il numero della caserma, non questa volta. Lascio la mia borsa e il cappotto all'infermiera al bancone dell'accettazione e mi faccio indicare la stanza dove c'è bisogno che vada. Prendo al volo un camice di carta e finisco di mettermi i guanti giusti prima di svoltare l'angolo per entrare nella stanza e... okay, Dio, il destino o come volete chiamarlo, il Karma forse? Beh qualunque cosa sia o ce l'ha con me o ha davvero un senso contorto dell'umorismo.
Maya POV
Quando io e Miller portiamo dentro la barella con la giovane paziente, inizio a riportare ai medici le informazioni più importanti, come da protocollo.
"Donna, 30 anni, vittima di incidente domestico, esposta a esalazioni di fumo, incinta alla trentottesima settimana..."
"Credo che dovrò chiederle di... ripetere" mi risponde una voce che sento provenire dalla porta a scorrimento che si apre per farla entrare. Ehy tu lassù? Fai sul serio?
Cerco di non scompormi e di concentrarmi solo sulla paziente e inizio da capo a riferire quanto accaduto.
"L'abbiamo tirata fuori dal suo appartamento quando ormai stava bruciando tutto, credo sia stata esposta a lungo al fumo" aggiungo, mentre sento di nuovo la porta aprirsi e penso solo che voglio uscire prima possibile da quella stanza.
"Che abbiamo?" chiede una voce, anzi la voce, la tua. Non mi volto, per non farti notare che mi sono ferita. Ti vedo rivolgere le tue attenzioni immediatamente alla paziente. Sei così dedita al tuo lavoro ed è bello per una volta vederti in azione.
"Okay grazie, ora potete andare, voglio tutti fuori" risponde di fretta la dottoressa Robbins e non posso non pensare che un po' se la stia godendo sotto la sua mascherina all'idea di potermi cacciare fuori così. Mi volto e faccio cenno a Miller di uscire, andando con lui, ma prima ti vedo voltarti verso di me e incrocio per un secondo i tuoi occhi. Vedo come mi scrutano, quasi volessi controllarmi dalla testa ai piedi, farmi un rapido check-up solo con lo sguardo. È una piccola contrazione del tuo sopracciglio mi fa già capire che hai beccato la ferita che mi sono procurata. Ti volti per tornare a concentrarti sulla tua paziente e mi sento finalmente libera da quella specie di interrogatorio sul mio stato di salute così egregiamente condotto dai tuoi occhi. Mi fermo sulla soglia della porta a guardarti, a osservare come lavori, perfettamente in simbiosi con lei. Un cenno e sapete già come aiutarvi. Un intesa così non si crea del tutto solo sul lavoro. Lo so perché, per quanto voglia bene ad Andy, non abbiamo un tale affiatamento.
"Forza Miller, torniamo in caserma" dico al mio gigante buono di collega, prima di dargli una pacca sulla spalla. Si solleva una piccola nuvoletta di fuliggine dalla sua spalla a quel tocco.
"Direi che decisamente ci serve una doccia" affermo ridendo, ma quella risata altro non è che un maldestro tentativo di distrarmi. Continuo a pensare alla vostra intesa e in un attimo sono di nuovo lì, su quella strada, con il fiato rotto, a farmi annientare dalla consapevolezza che non sarò mai lei e che forse questo non è più del tutto irrilevante.
Nota dell'autrice: lo so che questo capitolo si è fatto attendere moltissimo. Credo di dover togliere un po' di "ruggine" dalla mia scrittura, quindi spero siate clementi con me ;-) si tratta di un capitolo di transizione che però porterà (spero presto) a parti più intense. Spero comunque che vi ci sia piaciuto...a presto!
