WARNING: Le situazioni possono sembrare del tutto impossibili…come, una ragazzina ke vive e si organizza autonomamente…xò, fate uso dell'immaginazione! È una mia fanfiction e x me le cose vanno benissimo così cm le ho scritte! Fate finta ke tt sia possibile…please! BUONA LETTURA!
Bussarono alla porta con insistenza.
Christine, una ragazza di quindici anni, si alzò dal letto disfatto per vedere chi era a quell'ora di mattina. Guardò attraverso lo spioncino della porta e riconobbe la sua migliore amica Jennifer, tre anni più grande di lei.
Erano migliori amiche anche se qualche volta litigavano di brutto e non si vedevano per giorni. Molto spesso, Jennifer diventava arrogante ed egoista, ma Christine si era abituata al suo carattere e le voleva davvero molto bene. Jennifer si presentava come una ragazza alta, molto bella e bionda, ma di un biondo quasi bianco. Vestiva sempre cose molto belle e particolari, non passava giorno che non si vestisse con qualcosa di diverso e appena comprato.
Christine invece, era una ragazzina di quindici anni, non molto alta, magra e con i capelli neri che erano stati l'invidia di molte sue amiche a scuola per la loro lunghezza, le arrivavano al sedere. Aveva vissuto con il padre, un ubriacone che qualche anno prima era uscito di casa e non si era più fatto vedere; sua madre era morta in una sparatoria tra bande, cosa molto frequente nel loro quartiere a Detroit. Si era organizzata autonomamente, il proprietario dell'appartamento, Louis, le aveva permesso di vivere da sola senza pagare l'affitto ma lei aveva continuato a pagargli qualcosina quando ritirava lo stipendio, anche se esiguo. Si, lavorava in una lavanderia della zona e aveva precedentemente lasciato la scuola.
Quel giorno si era svegliata a causa di Jennifer, la quale batteva contro la porta dell'appartamento. Aprì la porta e la fece entrare. Aveva un'espressione davvero felice, sprizzava allegria da tutti i pori; la bionda abbracciò con tutta la sua forza la piccola Christine.
"CHRIS! Devo dirti una cosa importantissima e bellissima! Vieni, vedi la lettera che ho in mano! – Christine annuì, era curiosa – Ti ricordi il provino che ho fatto per quella compagnia di moda? – Christine fece 'si' con il capo – Ebbene…MI HANNO PRESA! PARTO PER LOS ANGELES!"
Christine rimase a guardarla con la bocca aperta.
"CI PENSI, POSSO FINALMENTE LASCIARE QUESTO POSTO! Non ti preoccupare, verrò a trovarti qualche volta!…volevi venire con me, vero? Mi dispiace ma non è possibile…il biglietto è uno solo."
"Quando dovresti partire?" chiese Christine abbassando la testa e guardando a terra.
"Domani mattina presto! Ho già dei contratti che mi aspettano su una scrivania a Los Angeles! Ci pensi!" continuò Jennifer.
"Bene…sono felice per te, ora se non ti dispiace dovrei andare a lavoro, sono anche un po' in ritardo.
"Ah è vero, tu lavori ancora alla vecchia lavanderia di Charlie? Non posso portarti con me e poi sei minorenne, potrebbero arrestarmi all'aeroporto e non penso che a Los Angeles ci siano lavori per te!"
Christine avvertì che Jennifer stava ostentando il suo lato arrogante della ragazza di buona famiglia che non vuole grane.
"In ogni caso ti lascio, devo andare a preparare le valigie e a comprare qualche bel vestito per l'incontro. Ciao!" disse infine Jennifer abbracciando la sua amichetta e andandosene sbattendo la porta. Christine non poteva credere che la sua migliore amica, l'unica persona che le era rimasta in quel posto malfamato, se ne stava andando. Per quella ragazza aveva anche affrontato una settimana di gattabuia per aver rubato delle magliette al posto di Jen, in un negozio vicino casa. L'aveva scampata grazie a Louis, il quale spiegò che era solo una bimba di dieci anni e assicurò che no, non lo avrebbe mai fatto. Louis era diventato il suo tutore, per lei era un padre e una madre insieme, era la sua famiglia, quella che non aveva mai avuto.
Quella mattina però si convinse che ce l'avrebbe fatta anche senza quell'oca. Si infilò i suoi jeans preferiti, larghi con i tasconi e la prima maglietta che vide nel suo armadio.
Uscita di casa si diresse verso la lavanderia, oggi il suo turno era l'intera giornata con un semplice stacco per il pranzo, non sapeva come ce l'avrebbe fatta. Camminava lungo il marciapiede e pensava, le capitava spesso di passare molto tempo a fantasticare sulla sua vita da grande.
No si era accorta di essere già arrivata alla lavanderia, entrò e si infilò la divisa da lavoro per poi cominciare a lavorare.
"Di nuovo in ritardo Christine? La prossima volta non la passi liscia!" era Charlie, la proprietaria, ci teneva molto alla puntualità.
"Si, scusami. Non farò più ritardo, lo giuro!" le disse Christine.
La mattinata passò molto velocemente anche perché era stata sempre occupata a servire i clienti che venivano a ritirare i loro capi. Non ci vedeva più dalla fame, posò gli indumenti di lavoro nel ripostiglio.
"Charlie, io stacco…vado a mangiare, ok? CIAO!" gridò la quindicenne a Charlie.
"Ehi, aspetta! Vieni qui, - Christine si avvicinò volendo sapere cosa aveva da dirle la donna – sai una cosa? Oggi hai lavorato molto meglio del solito, la signora McLaw mi ha chiamato e si è complimentata per il tuo lavoro! Direi che per oggi hai la giornata libera, BRAVA! Sono fiera di te!" le disse la donna abbracciando Christine.
"Davvero? Oh, grazie! Arrivederci!" esclamò la ragazza per poi correre fuori.
Aveva una fame da lupi e sapeva un posticino dove avrebbe potuto saziarsi.
Mentre camminava si sentì afferrata da una mano che era sbucata poco prima da un vicolo buio; il cuore le sobbalzò dalla paura. Si trovò faccia a faccia con un uomo sulla trentina che la afferrò per un polso e la spinse contro il muro.
"Che bel bocconcino! Fai la brava e non ti succederà nulla, non sarà doloroso! Ferma!" le disse l'uomo mentre Christine si dimenava sotto il peso dell'uomo.
"AAAHHHHHH! AIUTO! AIUT-" la ragazza cercò di gridare ma l'uomo le mise una mano sulla bocca, in quel momento sentì una mano passarle sotto la maglietta e palparle il seno. La mano continuava a toccarla dappertutto, lei era terrorizzata. Voleva muoversi ma non poteva, l'uomo la stringeva troppo forte e le sue mani iniziarono a strofinare i capezzoli che furono raggiunti ben presto dalla lingua del molestatore. In breve tempo avevano raggiunto la cintura dei pantaloni. L'uomo le tolse gli indumenti e toccò le parti più intime del corpo di Christine. La ragazza sentì il fiato di quell'individuo sul suo collo, voleva scappare, stava sudando dalla paura e questa le si leggeva chiaramente negli occhi mentre una mano le abbassava le mutandine e le stuzzicava l'entrata.
"Oh, non ti muovere! Sai che sei proprio bella – disse l'uomo guardandole la fessura ma, d'un tratto tirò un urlo – AHI! BRUTTA PUTTANA!" le urlò lo stupratore dandole un forte schiaffo sulla faccia.
Christine gli aveva morso un dito della mano che le teneva chiusa la bocca.
Pochi secondi più tardi venne liberata dal peso dell'individuo come se fosse stato strappato via, infatti, Christine si accorse che un'altra figura era comparsa nel vicolo ed aveva iniziato a fare a botte con l'uomo che stava abusando di lei pochi istanti prima. Si allontanò dai due e si rannicchiò in un angolo pensando che fosse un altro uomo che voleva farle del male, non riusciva ad uscire dal vicolo, era seminuda e terrorizzata a morte.
Il secondo individuo le sembrò essere un ragazzo, non riusciva a dargli un'età e sinceramente, nelle sue condizioni non se ne preoccupò, le bastava soltanto che qualcuno l'avesse aiutata. La nuova figura aveva appena tirato un pugno e una ginocchiata nella pancia dello stupratore, quando questo si alzò e buttò a terra il ragazzo tirandogli un pugno in faccia.
"Di cosa ti impicci moccioso? Non sono affari tuoi, la pagherai-" fu colpito da un altro pugno e dopo qualche sonoro calcio fu messo in fuga. Il ragazzo raggiunse Christine che si raggomitolò ancora di più nell'angoletto per non farsi toccare, cercò di abbracciarla per farla calmare ma inutilmente lei lo scansava. Le lacrime le scendevano a fiumi lungo le guance, cercava di coprirsi, non voleva fidarsi ma in quel momento era il suo unico aiuto a uscire da quel maleodorante vicolo.
"Ehi, calma…non piangere, non voglio farti nulla" disse il ragazzo tendendole dei vestiti e una mano per aiutarla ad alzarsi.
Christine era in preda ad un pianto dirotto e sussurrava "Lasciami…lasciami…vattene…" tra i singhiozzi.
"Dai…ti accompagno a casa, non ti preoccupare…non ti faccio niente…puoi fidarti…" e sorridendole cercò di guadagnarsi la sua fiducia.
La quindicenne si fece forza e si aggrappò al ragazzo che la stava sollevando da terra tra le sue braccia.
