La Fortezza Rossa, la riconosco, dopotutto sono passati mesi da quando sono mi sono unito alla guardia reale, mantelli bianchi lucenti, splendide armature dorate, spade famose in tutta Westeros, le cui lodi sono cantate da ogni bardo del regno. Almeno questo è quello che vedevo prima di prendere il mantello bianco e giurare fedeltà al re, abbandonando la mia famiglia e il mio futuro come erede di Castel Granito. Ora i canti dei bardi sembrano soltanto lamenti di persone che vogliono attirarti per prenderti tutto, il tuo nome, i tuoi sogni, e infine anche la tua morale, per adattarti al modello di guardia reale di cui si racconta nelle storie, una maschera da indossare ogni giorno. L'armatura un tempo lucente dorata e lucente ora semplice bronzo opaco che serve solo ad appesantire le spalle, tale da ricordarti cosa sei diventato, un semplice strumento cui unico uso è proteggere il re, gli onori che sognavo di ottenere, i canti e le lodi che con arroganza pensavo mi fossero dovuti ora non sono altro che un promemoria, di cosa non sono più, di cosa ero e che non potrò più essere, catene che ribadiscono semplicemente la più semplice delle verità, questa è una prigione, la Fortezza Rossa è una prigione, Approdo del Re è una prigione, tutta Westeros è una prigione, nobili e contadini, fedeli ed eretici ballano semplicemente un unico ballo, tutti collegati l'uno all'altro senza nemmeno rendersene conto, non sono altro che burattini che indossano la maschera che gli è stata assegnata alla nascita, dal più umile dei contadini fino al futuro erede dei sette regni. Il bianco dei mantelli, un tempo memoria della brillantezza della guardia reale, ora semplicemente rifiuta qualsiasi colore, nota costante del fatto che ormai persino i colori si rifiutano di abbracciarti. Ed ora arriverà la guerra, sono l'unico a saperlo, non lo sa il folle che siede sul trono di spade inveendo contro chiunque, affermando di essere un drago, non lo sa la regina consorte, vittima degli abusi del marito, un tempo descritta come vibrante e gioiosa, ora ridotta a un semplice guscio di se stessa, non lo sa nessuno dei signori di Westeros, non lo sanno fantomatici maghi provenienti da est, non lo sanno nemmeno i preti rossi che vanno in giro vaneggiando le loro doti di vedere nel futuro. Forse l'unica persona che potrebbe saperlo è il principe Rhaegar, tuttavia può avere solo un sentore, ignorando completamente le conseguenze che le sue azioni avrebbero avuto su tutto il mondo conosciuto. Solo io lo so, dopotutto l'ho sognato. Da che posso ricordare i sogni mi hanno sempre accompagnato, alcuni sogni erano strani, altri sorprendentemente realistici, mentre alcuni, veramente pochi, si sono avverati, tuttavia ho liquidato l'accaduto come una coincidenza, accecato dalla mia stessa arroganza, dopotutto perchè un leone dovrebbe temere dei sogni. Ora però l'unica cosa che mi è rimasta è la paura, da quando ho visto per la prima volta la principessa Martell, ogni notte faccio lo stesso sogno, un sogno che ho fatto per la prima volta anni fa, allora troppo piccolo per comprendere appieno il significato delle visioni notturne, ora però non riesco e non posso ad ignorarlo, ogni notte mi perseguita, immancabilmente, promemoria costante della mia cecità di fronte ai fatti, troppo presuntuoso per accettare che quelli che vedevo non erano semplici sogni, ma eventi accaduti realmente, passato e presente della storia di questo mondo. Accettarlo mi ha aperto gli occhi, permettendomi di comprendere molti sogni senza senso che avevo identificato come semplici costrutti della mia mente, invenzioni della mia immaginazione dovuti al pesante carico di lavoro e aspettative, e un leone non può farsi distrarre da sciocche fantasie infantili. Tuttavia questa nuova comprensione non allevia minimamente il peso che questo sogno ricorrente porta sulle mie spalle, anzi, la colpa che sento gravare su di me si appesantisce ogni volta che vedo la principessa dorniana, ogni sua parola, ogni suo gesto, ogni sua risata si sovrappone alle immagini del mio sogno, colpendomi come un fiume in piena. Il mantello lucente e l'armatura dorata catene che mi impediscono di fare qualsiasi cosa, troppo timoroso dei sogni, ma ancora più intimorito dalla realtà, e dopotutto, forse, solo forse, sono proprio questo, sogni, e non si avvereranno mai.

La Fortezza Rossa, sette alti torrioni che delineano mura spesse e invalicabili, poste a protezione della famiglia reale. Costruita interamente in pietra rosso rubino, adesso il colore vibrante è oscurato dal sangue delle guardie cittadine, combattimenti in ogni angolo della fortezza tra le cappe dorate e gli uomini Lannister. La mia famiglia sta invadendo Approdo del Re, so perché, il principe Rhaegar è morto, io stesso ho ucciso il re ed aperto le porte della città all'esercito invasore, ora si stanno spegnendo le ultime fiamme della resistenza Targaryen, oramai tutti i membri della casata sono morti, o almeno è quello che pensano tutti. Sono imprigionato in un'armatura bronzea, pesante, troppo pesante, tuttavia sono forte, più forte di quanto sia mai stato o di quanto possa mai essere. Mi allontano dai combattimenti e sconfino in uno dei tanti edifici della fortezza, la prima volta che feci questo sogno non sapevo dove stessi andando, ma adesso lo so, e cerco di fermarmi, non voglio vedere quello che succederà, non di nuovo. Cerco di fermarmi, di spingere, di tirare, anche se so che è tutto inutile, anche alla fine non cambierà niente. Percorro gli ampi corridoi che portano nelle abitazioni adibite alla famiglia reale, non è rimasto nessun servitore, solo qualche guardia che abbatto facilmente che abbatto con uno spadone ricoperto di sangue. Il pianto di un bambino mi guida attraverso il corridoio, fino a raggiungere una porta non dissimile dalle altre, ma che conosco molto bene, è la camera dei nipoti del re, Rhaenys e Aegon. Apro la porta lignea, sperando almeno questa volta di trovarla vuota, tuttavia vengo smentito dalla vista della principessa dorniana che cerca di calmare suo figlio, impaurito dalle grida provenienti dai combattimenti. La figlia minore mi vede e mi indica a sua madre, che finalmente accortasi della mia presenza si frappone tra me e i suoi bambini, in gesto di naturale protezione familiare. È inutile, la afferro e la scaravento via, ignorando le urla di disperazione della madre prendo il figlio più piccolo, appena un anno di vita, e schiaccio la sua testa contro il muro, dipingendo la stanza di rosso, e imbattendomi le mani con i resti dell'infante. Pulendomi la mano sulla mia armatura afferro lo spadone e taglio di netto la testa alla bambina, facendone crollare il corpo, prima di dirigermi verso la madre. I suoi occhi un tempo luminosi non sono altro che un ricordo lontano, il suo sguardo morto non si stacca dai resti dei suoi figli. La afferro e le strappo le vesti, anche se non sembra accorgersene, così mi levo l'armatura e le vesti e comincio a profanarla, le mani ancora macchiate del sangue dei suoi figli, ma lei non dà segno di vita, il suo sguardo morto ancora sui cadavero della sua famiglia. Ormai rassegnato alla vista della donna ormai un guscio di quello che era alzo lo sguardo, solo per vedere il mio riflesso, ma non sono io, riconosco il volto dell'uomo che mi fissa, è Gregor Clegane, scudiero di mio padre, almeno fino a quando il suo volto non inizia a scomporsi. Un ammasso di carne che viene modellato nel mio volto, il volto di Jaime Lannister, non quello che vedo allo specchio oramai da mesi, ma il volto arrogante e presuntuoso durante la mia cerimonia di investitura alla guardia reale, il volto che ho indossato per tutta la vita, ma che ora utilizzo soltanto come una maschera. Continuo ad inveire contro la donna, fino a quando non finisco, e finalmente soddisfatto le schiaccio la testa, il suo sguardo morto non cambia nemmeno in punta di morte, dove i guerrieri più feroci hanno implorato pietà lei non si è mossa minimamente, forse addirittura cercando sollievo in essa. Alzo nuovamente lo sguardo, il mio riflesso continua a sorridere fastidiosamente, tuttavia la mia figura non è l'unica sullo specchio. Una figura coperta da uno spesso mantello nerastro, bassa, la cui mano rugosa tiene una lanterna rivolta in avanti, il suo viso rivolto verso il basso comincia lentamente ad alzarsi, non riesco, o forse non posso, vedere il suo volto, l'unica cosa che scorgo sono i suoi occhi, e come ogni notte, quando i suoi bianchi occhi lattiginosi mi fissano, mi sveglio.

Apro gli occhi ma non cambia nulla, è notte fonda e non riesco a vedere nulla all'interno della mia stanza, l'oscurità della notte una tenera coperta che copre tutto e tutti. "Ahh…Ahh…Ahh…" Riesco a calmare il respiro, ancora affannoso per il sogno, non voglio più riviverlo. Non voglio più vedere quelle immagini e provare quelle sensazioni, il pianto del bambino e gli occhi senza vita della madre. Alzandomi accendo una candela per illuminare l'ambiente circostante, da bambino, quando ancora non capivo cosa significassero i sogni, tenevo sempre una candela accesa la notte, il tremolante ballo del fuocherello mi aiutava a calmarmi, a dimenticare ciò che avevo appena visto e a concentrarmi su qualcos'altro, ora tuttavia temo la luce, ho paura di quello che potrei vedere, preferisco non vedere nulla al rischiare la realizzazione dei sogni. Mi avviai verso il bagno, lo specchio sembra prendermi in giro, il volto del sogno si sovrappone al riflesso davanti a me, il sorrisetto arrogante in contrasto con l'espressione smunta che mi ritrovo adesso. I miei un tempo lucenti capelli biondi, orgoglio dei Lannister, ora color grano, giallo opaco, terroso, quasi marroncino, tagliati corti, molto corto, forse troppo corti rispetto a come li portavo prima, similmente a Cersei. Gli occhi verde smeraldo, prima pieni di arroganza e disprezzo, hanno perso la loro vivacità, ma hanno guadagnato acutezza, sebbene immobili, quasi freddi, posso vedere tutto il nervosismo e l'irrequietezza che celano, almeno, io posso vederlo chiaro come il sole. I miei lineamenti nascosti da una barba rada e incolta, ma appena superficiale. E alla veneranda età di diciassette anni il peso dei sogni fa sembrare addirittura che ne porti il doppio.

Riempio la vasca fino all'orlo, acqua fumante, decisamente troppo calda, ma va bene, qualsiasi cosa mi distragga dal sogno è ben accetta. Mi rannicchio supino, la testa appoggiata alle gambe, il mento che sfiora l'acqua bollente. Cosa fare? Non voglio più vedere quelle immagini, non voglio più provare quelle sensazioni. Cosa fare? Non posso impedire al principe di rapire l'unica figlia Stark, potrei provare a fermarlo, fisicamente se necessario, ma se i sogni sono accurati si porterà dietro tre dei miei confratelli della guardia reale. Non posso battere nessuno di loro nemmeno in un combattimento singolo, inutile dire che è impossibile batterli tutti e tre, senza contare che anche il principe è un formidabile spadaccino. Cosa fare? Esco dall'acqua ormai tiepida, prendo un telo per asciugarmi e mi avvicino allo specchio. Il viso smunto continua a sovrapporsi al sorrisetto arrogante del sogno. Cosa fare? Sangue, tanto sangue, il rumore del vetro in frantumi spezza il silenzio della notte, piccoli pezzi di vetro rimangono incastrati nella mia mano destra chiusa a pugno. Ah! Ho appena finito con la mia stessa mano il mio futuro come spadaccino, il sangue scivola dolcemente lungo la mia mano, finendo sul lavabo, copre completamente la mano, non permettendomi di vedere l'entità del danno. Ma lo so, la mia mano martoriata dai cocci dello specchio non si riprenderà mai, quantomeno non abbastanza da permettermi di maneggiare una spada. Cosa fare? Non mi disturba più di tanto, forse provo addirittura sollievo nel sapere che posso smettere di far parte della guardia reale, adesso sarò costretto a lasciare la fortezza rossa, e forse, solo forse, quell'incubo finirà di tormentarmi.

Il suono della porta che si apre disturba i miei pensieri, non voglio vedere nessuno, non voglio sentire nessuno. "Ser Jaime, sta bene? Ho bussato ma nessuno rispondeva, ho sentito il rumore di vetri in frantumi e mi sono preoccupata." No, per favore fermati, non venire, non voglio vederti, non tu. Ma le mie preghiere sono vane, i passi dell'unica persona che non voglio vedere in questo momenti riecheggiano come tamburi di guerra, le sento, sembrano incolparmi della mia inazione, della mia arroganza e indifferenza. "Per i sette, cosa è successo?" Si avvicina e avvolge delle bende intorno alla mia mano, dolcemente, con delicatezza. Per favore, fermati, non mi merito questo, non da te. "Vieni, ti porto dal gran maestro, vedrai che tornerai come prima in un lampo." Mi tira, ma rimango fermo, non voglio vedere nessuno, non voglio essere guarito, il dolore mi fa pensare ad altro, distoglie i miei pensieri. "Ser Jaime, cosa succede? Fa troppo male? Posso chiedere al gran maestro di venire qui." "Il principe è già partito?" Le mia voce rotta esce roca dalle mie labbra, ma non è questo che la fa fermare, è il significato dietro le mie parole, che forse solo noi due possiamo comprendere. "Ser Jaime, di cosa stai parlando? Non capisco cosa intendi?" Il tremolio nella sua voce che funge da sottofondo alle sue parole conferma che sta mentendo, sa bene cosa intendo, ma forse spera che questo sia solo un brutto sogno, e domani si sveglierà accanto al principe, ma non lo è, lo so fin troppo bene. "Inizierà una guerra che non può vincere." Si ferma un attimo, indecisa se continuare a mentire, fino a quando non vedo delle gocce cadere sul pavimento, e alzando lo sguardo la guardo per la prima volta questa notte. Splendidi capelli castelli incorniciano un perfetto viso dorniano, lineamenti morbidi e pelle perfetta rovinati da un segno rossastro di manata sulla sua guancia sinistra. Piccole lacrime cominciano a cadere dal suo viso, cerca di fermarle, posso vederlo, ma è una battaglia persa in partenza. "Lo so, ho cercato di fermarlo ma non ha voluto sentire ragioni, continuava a farneticare di una profezia da portare a compimento, e come puoi vedere le mie preoccupazioni lo hanno solo infastidito, quindi adesso cosa posso fare?" Già, cosa fare, non lo so, l'unico che poteva fermare tutto questo era il principe, ma proprio questa notte ha distrutto le mie speranze. Cosa fare? Le sue lacrime continuano a scorrere mentre me lo chiede, non l'ho mai vista in questo stato negli ultimi mesi, è sempre allegra e sorridente, ma adesso il suo sorriso spezzato, rassegnato, mi coglie impreparato. Cosa fare? È sola, qui, ad Approdo del Re, la sua famiglia è lontana, a Dorne, e suo marito, il padre dei suoi figli, è andato a causare una guerra che sa che perderanno, e lei, come principessa conosce fin troppo bene il destino dei reali sconfitti prima di lei. Cosa fare? Io non voglio vedere quelle immagini, non voglio che i miei sogni si avverino. 'I leoni non hanno paura di niente e di nessuno.' Le frasi di mio padre riecheggiano nella mia testa. Sì, di cosa devo avere paura? La situazione non può peggiorare, ora come ora il sogno si realizzerà, ed è la situazione peggiore che possa realizzarsi. 'Se i leoni vogliono qualcosa se lo prendono.' Se non voglio che ciò che ho visto accada devo semplicemente cambiare il futuro che ho visto, forgiarne uno nuovo. Come a confermare i miei pensieri la figura oscura dei miei sogni appare improvvisamente dietro alla principessa, adesso posso vedere il suo volto scarno e rugoso, la lampada la illumina, ignorando l'ambiente circostante, mi fissa e vedo un cenno di approvazione sul suo viso, prima che scompaia nuovamente.

"Scappiamo." "Eh!" La mia risposta deve averla sorpresa se la sua espressione è un indicatore, le prendo la mano prima di continuare a parlare. "Scappiamo, non c'è niente che ci leghi qui, se non facciamo nulla finirà male. Non mi interessano i sette regni, non mi interessa quello stupido trono, voglio solo evitare che il futuro che ho visto si realizzi. Scappiamo e non voltiamoci più indietro, prendi i tuoi figli e scompariamo da questo mondo, li proteggerò, vi proteggerò. Per favore." Non so cosa mi sia preso, non avrei mai creduto che potessi dire questo tipo di parole, tuttavia appena le ho dette ho sentito un peso sollevarsi dalle mie spalle, un peso che portavo da mesi, da quando sono arrivato alla Fortezza Rossa, o forse da ancora prima, da quando sono cominciati i sogni. Adesso lo so cosa fare, voglio aiutarli, voglio evitare quel futuro, e ad ammetterlo non mi sono mai sentito così fiducioso e felice. Ah, felice, una mano martoriata e coperta dal sangue, una guerra all'orizzonte, ma sono felice come non lo sono mai stato.

Non so cosa pensi, probabilmente se l'avessero detto a me li avrei ridicolizzati e disprezzati, probabilmente anche lei, ma non quella notte, non in quel momento. La sua sorpresa sostituita dall'incertezza, lo posso vedere. Il suo sguardo un campo di battaglia per decidere il vincitore finale, il suo morbido labbro inferiore morso a sangue con forza per la difficoltà della scelta, ma lei sembra non sentire nemmeno il dolore, probabilmente ignara del rivolo di sangue che le scorre sul mento. Ho atteso alcuni minuti prima che finalmente prendesse una decisione, il suo sguardo si posò sul mio viso smunto. Non so cosa la fece annuire, forse la fiducia che poteva percepire da me, forse le mie azioni hanno acceso una fiaccola di speranza dentro di lei, forse la disperazione era talmente grande da aggrapparsi a qualsiasi cosa pur di non sprofondare in essa, non lo so, e non mi interessa, quello che so è che ho appena aperto una porta verso un nuovo futuro, un futuro diverso, e si spera, migliore.