AL AZIF
CONTENUTO DEL TESTO
LIBRO I
Nella sua difettosa traduzione Teodoro ricordava le parole: «Vigilate perché non conoscete il giorno
né l'ora»per giustificare la necessità di conoscere chi si sta aspettando.
La traduzione che fece però non era completa né fedele perché Teodoro forse non aveva avuto il
coraggio di scrivere tutto o non lo ritenne necessario: anche così però era sembrato troppo al
maledetto patriarca Michele che la fece bruciare ormai venti anni fa.
Ora io Teofilatto, di quelli che con disprezzo chiamano Euchiti, detto anche δπισσαιος perché,
prima di essere Euchita, lavoravo a calafatare navi nell'arsenale di Bisanzio, ho tradotto di nuovo
per noi il libro dell'arabo.
Ho portato tutto in greco senza omettere nulla per paura né alterare alcunché per orrore.
Ho riferito tutto perché prima di noi l'arabo aveva cercato la via che anche noi cerchiamo.
Prima di noi aveva trovato chiavi che aprono porte di cui si è perso il ricordo.
Ma le porte che aveva trovato non erano quelle che noi speriamo di trovare e nemmeno quelle che
ci hanno insegnato a temere.
Ricordate però che ciò che è dimenticato dai più non è, solo per questo, necessariamente morto.
Le porte sono ancora là e fuori c'è Qualcuno che può attendere.
Prima di noi l'arabo aveva aperto le porte ed aveva visto: e per questo era chiamato pazzo.
Noi però sappiamo cosa dobbiamo fare perché Chi deve tornare possa entrare.
Il giorno si avvicina: quando sarà giunto ci sarà Chi saprà riconoscere i propri fedeli…
Nell'anno dell'Egira... durante il regno del califfo Hisham, su di lui non sia la benedizione di Allah,
io, Abdul al Azraq, in seguito agli ultimi fatti della vita del mio maestro mi accingo a scrivere,
secondo le sue istruzioni, quanto abbiamo imparato insieme perché rimanga come insegnamento
per chi vuole mettersi nel mare infido e tempestoso in cui il mio maestro probabilmente è
naufragato dopo aver visitato strane isole e mari ancora più strani, ma soprattutto come monito
tremendo per chi potrebbe avere la folle incoscienza di tentare la sorte senza essere sicuro della
propria nave e senza avere buone carte e buoni marinai.
Diceva infatti il maestro che nel nostro cammino già i compagni di strada e le guide possono avere
aspetto e poteri tali da incenerire l'animo più saldo e le menti più solide e stabili; diceva poi anche
che dei tanti possibili ostacoli e nemici era meglio non parlare.
Io stesso che – l'ho conosciuto qualche anno dopo che ero stato catturato con la mia nave e facevo
lo scrivano presso essa... e sono stato suo compagno di studi, di meditazioni, di visioni e di quelle
che la gente, che per fortuna non arriva neanche lontanamente ad immaginare, chiama pazzie, per
quasi 40 lunghi anni fino agli ultimi fatti di qualche mese fa - io stesso non posso dire di sapere
quanto lontano si era spinto e quali mostruosi compagni di via abbia accettato, ed a quale
innominabile prezzo, perché spesso, di fronte a momenti che evidentemente riteneva che non sarei
stato in grado di sopportare, mi lasciava a fare da spettatore ed andava avanti da solo.
E vi posso assicurare che già quelli che io ho conosciuto basterebbero a far affogare miseramente
nel terrore più travolgente tutti quelli che si considerano sapienti.
Ora quello che lui aveva previsto e atteso e temuto sembra che si sia verificato.
Quando partimmo da Damasco 6 mesi fa per trovare le rovine di una città che nelle nostre visioni
avevamo visto dispersa nelle sabbie del Rub'al Khali mi fece giurare che, se l'avessimo trovata, io
sarei rimasto fuori dalle rovine e sarei tornato a casa per scrivere quello che avevamo imparato
lasciandolo al suo ormai inevitabile destino, se avessi visto un segnale che mi avrebbe fatto capire
che era inutile aspettarlo ancora o, peggio, indagare sulla sua sorte.
Arrivati vicino alle rovine e potete credere che se non dico dove sono non è per desiderio di
rimanere l'unico possessore di una conoscenza che preferirei non avere: prego anzi per il bene di
tutti che rimangano sconosciute e nascoste agli uomini e che Quello che dorme sotto di esse non sia
stato troppo infastidito dalla visita del maestro.
Fummo accolti da un turbine di vento che camminava davanti a noi e che doveva essere sede e
corpo di una qualche intelligenza non proprio del mondo che conoscono i poveri portali: davanti a
lui infatti gli animali del deserto fuggivano spaventati come non accadeva con i normali venti del
deserto.
Il mio maestro disse che quella era la guida che avrebbe dovuto seguire per arrivare dove voleva,
fece davanti a lui i dovuti atti di omaggio e si fece riconoscere come uno che sa con chi ha a che
fare e che è disposto ad accettarlo come guida con tutto quello che di spaventoso ed irrevocabile un
simile contratto comporta.
Il turbine ci guidò fin davanti alle rovine di quella che una volta, ma non oso pensare quanto tempo
fa, era stata una città.
A questo punto capii che era giunto il momento di fermarmi e che sarebbe stato inutile cercare di
convincere il mio maestro a lasciarmi andare con lui.
Rimasi dove ero, su una collinetta al limite delle rovine che si stendevano davanti a me fino ad una
scogliera di rocce che chiudeva l'orizzonte ed in cui erano scavate delle tombe.
Non chiedetemi di descrivere quel poco che vidi delle rovine per gran parte insabbiate perché il loro
solo ricordo mi provoca la sensazione di disagio e di angoscia da cui si viene assaliti quando ci si
rende conto di aver sollevato un velo che doveva rimanere abbassato e che non viene affatto
alleviata dalla coscienza di non essere riusciti a vedere molto di quello che il velo nascondeva.
Non saremo mai sicuri infatti che Chi è dall'altra parte del velo non abbia visto noi e non abbia
deciso di dedicarci le sue inconcepibili attenzioni.
Alla luce della Luna calante il mio compagno si inoltrò nella città e attraversò le rovine sempre
seguendo il turbine che io continuavo a vedere vorticante sopra le rovine.
Il turbine si fermò quindi davanti ad una spaccatura nella parete di roccia oltre le rovine in una zona
che le tombe sembrava avessero deliberatamente evitata.
Per quanto si poteva giudicare dal punto in cui ero l'apertura sembrava troppo regolare per essere
naturale anche se, per essere costruita da mani umane,aveva forma e soprattutto proporzioni ben
strane.
Vidi comunque il mio maestro entrare carponi nella spaccatura ed il turbine innalzarsi lungo la
parete e dissolversi.
7 giorni rimasi ad aspettare al limitare di quel campo di allucinanti vestigia che sembravano avere
l'oscuro potere di oscillare tra un aspetto di innocua normalità e la sensazione di completa e
blasfema estraneità che si potrebbe provare se ci si trovasse di fronte ad oggetti chiaramente
fabbricati e si sapesse che non sono opera di esseri umani.
Durante la notte del settimo giorno, oscura perché era la Luna nuova... il vortice si riformò davanti
all'infame apertura che ormai sapevo essere la porta verso abissi inimmaginabili, costruita da esseri
non umani in epoche di antichità inconcepibili per scopi che non è bene approfondire e custodita da
entità di cui l'uomo,per sua fortuna, non sospetta neanche l'esistenza.
Traversò di nuovo tutto il campo di rovine fino a fermarsi davanti a me: in quel momento sentii la
sua voce.
Forse di questa città è rimasto un lontano ricordo trasfigurato nelle leggende arabe che raccontano
della città di Iram (chiamata anche la Città di Rame o la Città dalle Mille Colonne) costruita da
Shaddad il folle nel deserto di Arabia e sommersa dalla collera divina per punire la superbia di
Shaddad e per far sparire i suoi culti,ma ancora esistente da qualche parte sotto le sabbie.
Ascoltai la volontà che mi spingeva lontano dalla città e capii che ormai era inutile continuare ad
aspettare il mio maestro.
In un modo o nell'altro aveva trovato quello che cercava.
Mi caricai allora delle poche cose che avevamo portato con noi, resi omaggio all'essere del vortice e
ripresi la strada per Damasco.
Nei mesi che seguirono ho lavorato freneticamente per rileggere e studiare i nostri diari e tutto
quello che avevamo messo insieme in tanti anni di lavoro.
Le poche ore di sonno che mi concedo sono sempre più popolate di incubi, visite di esseri
innominabili che per fortuna non riesco mai a vedere chiaramente.
Ormai però so molto bene chi sono, Chi li manda e che cosa vogliono da me; ormai so che a Quello
che dorme sotto la città non è sfuggita la mia presenza davanti a Lui e sa dove trovarmi.
So anche di non avere più molto tempo per dire tutto quello che ho da dire: tra poco riceverò una
visita che, se mi aprirà porte e mi svelerà conoscenze non facilmente immaginabili neanche per me
che ho passato la vita in questi studi, mi farà però forse non morire (che sarebbe ancora la sorte più
benevola) ,ma sicuramente uscire da qualunque norma di esistenza nota a noi piccoli mortali di
povera fantasia.
L'unica speranza che ho è che, prima di ricevere la visita, la fatica di questi ultimi mesi, l'hashish
con cui soltanto riesco ancora a trovare un po' di tranquillità e soprattutto l'intollerabile tensione
nervosa che ormai non mi abbandona più riescano a porre fine alla mia esistenza in un modo
almeno naturale.
Quanto troverete nei libri che seguono è tutto quello che possibile mettere sotto forma di parole di
quanto abbiamo visto e sperimentato; molte altre cose abbiamo visto che non sono in questi libri,ma
ci sono cose che non è possibile spiegare con parole a chi non ne ha almeno una idea per averle già
provate di persona.
LIBRO II
Cercate di capire che tutte le scienze e la sapienza di questo mondo non potranno mai darvi una
comprensione neanche lontana di quello che è in realtà il mondo: ed è un bene per le nostre piccole
menti che sia così perché solo in questo modo riuscirete a cullarvi in un guscio di illusoria
sicurezza.
Io, aiutato da scienze che non sono contemplate nella sapienza di tutti e guidato da maestri che è
bene che rimangano nell'ombra, ho appena provato a sollevare il velo che qualche divinità pietosa
ha steso fra noi ed il resto del mondo ed ho avuto qualche vaga idea di cosa può significare.…
Una volta, nella mia lontana giovinezza, quando ancora comandavo la mia nave al servizio di Pisa,
vidi la grande cupola di Santa Sofia a Bisanzio.
Santa Sofia (in turco: Ayasofya; in greco: Αγία Σοφία, Agia Sofia) è uno dei principali monumenti
di Istabul.
Si trova nel distretto di Fatih, nel mahalle di Sultanahmet.
Dedicato alla Sophia (la sapienza di Dio), dal 537 al 1453 l'edificio fu cattedrale ortodossa e sede
del Patriarcato di Costantinopoli.
Era già notte e la cupola era ormai buia tanto che si riusciva quasi solamente ad intuire la presenza
della grande volta che racchiudeva lo spazio sopra di noi.
In basso c'erano alcune lampade che illuminavano appena lo spazio intorno a sé e che ogni tanto
riuscivano ad estrarre bagliori dai mosaici dorati più lontani.
Insensati sapienti!
Quello che voi chiamate il mondo è soltanto una di quelle misere lampade a cui voi e noi tutti
rimaniamo pateticamente aggrappati ed il cosiddetto ordinamento del cosmo che credete di studiare
e di conoscere e che superbamente pensate di poter applicare a quello che voi immaginate che sia il
mondo in realtà vale appena fin dove arriva il chiarore della lampada, due spanne dallo stoppino.
Ma pregate giorno e notte qualche Dio misericordioso, se pure ce ne è uno, che non vi si squarci il
velo dell'abisso costringendovi a vedere la cupola!
Un solo sguardo su una simile visione basterebbe a farvi perdere ogni sanità mentale ed ogni fiducia
in una qualsiasi forma di ordine e di logica.
In realtà la lampada a cui vi tenete aggrappati non è niente altro che una piccola isola persa in un
enorme mare sempre agitato dalle onde e tormentato dai venti e l'isola è piccola e bassa sull'acqua
tanto che si ha sempre l'impressione che il mare sia sul punto di sommergerla e le altre isole -se
pure esistono – sono lontane, tanto lontane.
In realtà la vera natura del mondo non è la bella architettura ordinata di sfere rotanti che i vostri
filosofi immaginano, ma una distesa sterminata di spazio caotico e fluttuante che si agita e si
contorce come le onde e le correnti di un mare in tempesta.
Ed in questi spazi, al di fuori della piccola logica umana, sono gli spazi stessi che hanno vita e
danno forma a vortici e condensazioni e grumi di qualcosa che non è facile definire - e forse è bene
che sia così - ma che si intuisce essere sempre al limite della manifestazione ai nostri miseri sensi
umani.
Immaginate una stanza piena di vapori ed illuminata appena da una piccola lampada: i vapori si
muovono agitati dall'aria, si condensano e si contorcono formando figure e approssimazioni di
forme che siete sempre sul punto di identificare come qualcosa di conosciuto ,ma mai riuscite a
farlo.
Provate ora a dilatare questa stanza fino a comprendere tutto il mondo ed a far coincidere i suoi
muri con gli inconcepibili bastioni dell'Universo; provate poi a rendere sempre più rarefatto il
vapore fino a confonderlo con lo spazio stesso; eliminate infine la lampada, ma attribuite allo spazio
che si agita e si raggruma aspetti di colori e suoni comprensibili per i nostri piccoli sensi o, se
preferite, attribuitevi sensi per noi inconcepibili che vi mettano in grado di vedere e sentire i
colori ed i suoni più pazzeschi: se sarete riusciti ad immaginare tutto questo andando al di là dei
deliri più sfrenati dei più incalliti fumatori d'oppio avrete allora una pallida immagine di cosa
realmente sia il caotico mare intorno alle piccole isole e la sconfinata cupola sopra le patetiche
lampade.
Ora se vi tenete saldamente aggrappati alle vostre piccole certezze e non temete di perdere quel
poco di tranquillità mentale che avete messo insieme cercherò di esporvi quello che pochi uomini
hanno visto o anche solo intuito e nessuno ha visto senza perdere ogni lume di ragione.
Perché dovete sapere che esiste, diffusa in una regione dello spazio esterno e sua essenza stessa, una
mente ed una volontà che lo animano e lo muovono.
Prima di proseguire prendiamo in esame la parola Caos:essa può indicare il Dio precedente
l'Universo,talmente eterico da essere astratto e in grado di prendere forma,come per i greci o i
seguaci dei testi biblici,oppure può indicare un informe disordine senza senso.
Prenderemo in considerazione questa seconda definizione.
Questa mente e questa volontà sono quelle che qualcuno, senza rendersi conto di quello che diceva,
ha chiamato «la Ragione del Caos»,e che arriva a prendere forma ogni volta che nel ribollire del
calderone cosmico si definisce un vortice che forma un grumo di spazio: lo spazio esterno vive di
questa continua creazione e dissoluzione di grumi e vortici che incessantemente si condensano, si
agitano tentando di sopraffarsi l'un l'altro e di espandersi a spese dei vicini e si dissolvono solo per
tornare a formarsi un po' più in là.
Nel momento in cui acquistano una parvenza di forma e di individuazione questi vortici condensano
anche al loro interno una parte della Ragione del Caos diffusa nello spazio: in questo momento il
vortice acquista anche una natura individuale e quasi personale.
Sono questi quelli che i pochi che ne conoscono l'esistenza e non sono definitivamente impazziti
chiamano gli altri dei che vivono negli spazi esterni e non amano essere disturbati da preghiere o
richieste o anche soltanto pensieri troppo insistenti.
Sono questi quelli a cui alludono alcuni antichi sapienti quando dicono, in modo altrimenti
incomprensibile parlando di un demone, che «il suo nome è legione»,confondendolo con i demoni
dell'inferno: ora infatti è terribilmente chiaro perché.
Sono questi ancora quelli che le nostre piccole menti si ostinano a considerare maligni e diabolici
mentre in realtà sono soltanto totalmente al di fuori della mente umana tanto da rappresentare
realmente per noi l'ultima perfezione del terrore senza nome.
Sappiate però che il terrore che ci ispirano non deriva tanto da una loro reale natura maligna
secondo le nostre valutazioni,ma dalla nostra coscienza del caos cosmico più completo, profondo e
senza speranza di cui sono la manifestazione ed in cui il nostro piccolo mondo ordinato viene
sballottato senza fine.
Immaginate ancora il nostro piccolo mondo con i suoi pianeti e le sue sfere celesti che
diligentemente ruotano l'una nell'altra e, fuori di questo, lo sterminato oceano del Caos che si agita
ed, in esso, i vortici che si addensano e si dissolvono senza fine.
L'unica parvenza di ordine e di logica che potete tentare di trovarvi, se vi regge la mente per
contemplarlo abbastanza a lungo, è un lento ed incerto, ma costante passaggio, man mano che ci si
allontana dal nostro mondo, da vortici piccoli e relativamente stabili a vortici sempre più titanici,
ma instabili e sempre più violentemente agitati e privi di ordine e forma.
Già senza addentrarsi molto nel Caos -nessuno lo ha mai fatto ed è tornato indietro in grado di
raccontarlo - si trovano vortici al di là di ogni possibile terrore immaginabile capaci di inghiottire
intero il nostro mondo; in questi vortici, man mano che si formano e si addensano, si sente crescere
la mente al loro interno e, con questa, una inconcepibile attenzione rivolta a chi, sotto qualunque
forma, li stia osservando.
Già di fronte ai più vicini e più piccoli la mente umana che osa osservarli si ritrova in preda al
terrore più folle perché si rende conto di essere a sua volta oggetto di mostruosa osservazione e
attenzione da parte del Caos cosciente con sensi che vanno al di là della comprensione umana.
Alcuni dei minori di questi vortici penetrano spesso anche all'interno del nostro cosmo ordinato ed
allora noi li conosciamo, tra l'altro, sotto forma di quelli che i sapienti latini chiamano i nemici degli
spiriti degli elementi e si illudono di conoscerne la natura e di sapere come evocare e dominare: se
soltanto sapessero di quale sterminato e mostruoso esercito essi sono le pressoché inoffensive
avanguardie non vorrebbero avere più nulla a che fare con loro e se ne terrebbero
accuratamente alla larga.
Ma anche in altri modi essi compaiono in mezzo a noi perché ricordatevi che la loro natura non è
altro che spazio raggrumato e dotato di una qualche mente diffusa: possono quindi entrare in tutto e
tutti,attraversare tutto senza trovare ostacoli e impedimenti.
Ogni cosa può essere abitata e animata da queste avanguardie degli altri dei e forse era proprio
questo che voleva dire quell'antico sapiente che sosteneva che «tutto è pieno di dei».
Forse era riuscito a vederli o quanto meno ad intuirne la presenza tra di noi; forse aveva intravisto
qui nel nostro cosmo ordinato i piccoli vortici simili a nuvole che si addensano e si dissolvono, che
entrano ed escono senza sforzo nei corpi visibili ed abitano in tutto quello che noi vediamo.
Forse aveva anche intuito la loro natura di Caos pensante ed aveva preferito non avanzare oltre nelle
sue ricerche, o forse non ne aveva avuto il coraggio:eppure non aveva ancora visto nulla di
realmente spaventoso!
Ma state attenti anche a questi che sono i minori degli altri dei: state attenti perché i vortici di spazio
che sono la loro natura tendono a diventare tanto più stabili quanto più vengono osservati e si dà
loro attenzione,fino a plasmarsi delle forme se invecchiano a sufficienza.
L'attenzione di qualcuno che li osserva infatti li aiuta a rimanere in vita e li fortifica: questo
significa che dà loro la possibilità di consolidarsi e di accrescersi davanti a voi.
Può accadere allora che davanti a voi ,che lo osservate, un piccolo vortice ,all'inizio non più
impressionante di un mulinello di sabbia nel deserto, ingigantisca in pochi istanti fino a diventare un
turbine capace di oscurare il cielo travolgendo tutto quello che trova sul suo cammino e di
inghiottire con la sua volontà diventata ora mostruosamente potente la vostra piccola mente che
imprudentemente lo ha aiutato a crescere.
Quando ci si allontana dalle coste dell'isola poi i vortici diventano sempre più grandi, più instabili,
più indefiniti, ma anche - perché più grandi - più potenti nella mente e nella volontà che portano con
sé ed in quella che noi chiamiamo malignità.
Dal nostro piccolo punto di vista questo significa che aumenta il caos e che gli altri dei diventano
sempre più maligni, potenti e idioti.
Ed anche questo era stato visto da qualche antico sapiente che aveva parlato dell'Inferno e dei
demoni che lo abitano ed aveva detto che, man mano che si sale nella gerarchia diabolica, si trovano
esseri sempre più idioti e sempre più disprezzati dagli stessi demoni loro sottoposti: i valori del
Male e del Caos sono l'inversione di quelli del Bene e del Cosmo.
Tali persone non si rendevano conto che non erano nell'Inferno che conoscono,ma in uno ben
peggiore e non un luogo di fiamme,ma un luogo di orrore cosmico.
Anche qui però il sapiente aveva visto appena uno spiraglio della vera realtà ultima perché questi
esseri non sono limitati in un inferno qualunque, ma abitano tutto lo spazio - sono anzi tutto Io
spazio- dilatato oltretutto in misura inconcepibile rispetto al nostro piccolo e ridicolo cosmo di cui
andiamo tanto orgogliosi e perché, ancora, questi esseri in realtà non sono cattivi secondo le grette
regole che Arabi e Cristiani si sono inventate credendo di codificare il Bene ed il Male:sono invece
il Male più completo in quanto capaci per loro stessa natura di dare l'angoscia più abissale e
definitiva semplicemente perché sono il Caos cosmico sempre sul punto di irrompere in mezzo a
noi per travolgere completamente e definitivamente ogni nostro fondamento e certezza e trascinarci
in spazi che per nostra fortuna non riusciamo neanche lontanamente ad immaginare.
Appena fuori dalle ultime sfere del cosmo ordinato e tranquillo che conosciamo e che ci illudiamo
sia «il mondo», dove comincia il regno incontrastato degli altri dei, esiste una fascia di spazio in cui
regna UMR-AT-TAWIL, la soglia ed il guardiano della soglia.
I vortici che si formano in questa zona sono gli altri dei che, insieme, danno vita a quello che i
sapienti che lo hanno intravisto hanno chiamato UMR-AT-TAWIL cogliendo di lui la funzione più
evidente per noi.
Chi si avventura negli spazi esterni infatti, appena è iniziato il suo cammino, si trova di fronte la
porta dalla chiave d'argento, la porta sulla cui chiave è inciso il tremendo segno di Koth che apre e
chiude: apre gli spazi esterni per chi lo conosce e sa usarlo, chiude gli spazi esterni per chi non sa.
Ma infelice chi tentasse di passare la porta aggirando il segno: UMR-AT-TAWIL è la guida paurosa,
ma benevola per chi conosce il modo di operare e sa di poter sopportare la sua devastante potenza,
ma è anche il guardiano terrorizzante ed inesorabile per chi, per incoscienza o per ignoranza, tenta
di passare senza sapere.
Per questo sventurato la morte immediata sarà ancora una pietosa concessione ed una
manifestazione di clemenza non meritata.
Perché ricordate che è vero che c'è stato chi ha tentato di gettare uno sguardo oltre il Velo
dell'Abisso ed accettare Lui come guida ma è anche vero che sarebbe stato più prudente che non
avesse avuto nulla a che fare con Lui.
E scritto infatti nel libro di Thoth quanto sia terribile il prezzo di un solo suo sguardo.
Del resto non è molto probabile che quelli che passano riusciranno mai a ritornare: negli spazi che
trascendono il nostro mondo esistono infatti forme di oscurità che afferrano e rendono ciechi.
La Cosa che si aggira nella notte, il Male che sfida il segno più antico, la massa scura che sta di
guardia al portale segreto che ogni tomba nasconde e che cresce con ciò che proviene dai loro
abitanti, tutte queste malvagità, che già a noi poveri mortali di piccola fantasia sembrano il vertice
ultimo del terrore, sono nulla in confronto a Colui che è Porta e Guardiano della Porta, Colui che
guiderà il temerario oltre tutti i mondi nell'abisso dei divoratori innominabili.
Perché questo è UMR-AT-TAWIL, il più antico, quello che gli antichi scribi che hanno osato
parlarne hanno chiamato «l'Essere senza fine».
Passato UMR-AT-TAWIL si apre davanti a voi la Porta Finale.
Attraverso questa si esce in quello è veramente lo spazio esterno.
Lì ogni ricordo di Terra e cosmo, di ordine e logica è definitivamente e irrimediabilmente lasciato
indietro.
Il Caos totale, completo e senza speranza è davanti a voi, dietro di voi, intorno a voi fino a limiti
posti a distanze talmente inconcepibili da farvi credere che non esistano più limiti.
In questo spazio tre precetti dovete avere a mente se volete conservare qualche speranza di tornare
ancora indietro in forma accettabile per voi e per i vostri simili.
Il Caos che vedete stendersi senza fine intorno a voi, e che ormai sapete essere vivente e animato e
attento nei confronti dei folli visitatori, non è soltanto intorno a voi - cosa che già basterebbe a
scuotere le menti più salde.
Ricordate la sua natura di spazio pensante (anche se con una logica di caos per noi inconcepibile e
mostruosa) e deducete da questo, se ne avete il coraggio, l'ultima conseguenza: esso è anche dentro
di voi, anzi siete voi ad essere irrimediabilmente in lui e lui è padrone di dedicarvi le sue mostruose
attenzioni.
Pregate allora di avere con voi i vostri strumenti e di avere ancora fiato e lucidità mentale sufficienti
per far vibrare le opportune parole di potere in modo da riuscire non a comandare gli altri dei
(sarebbe follia completa e blasfema presunzione illudersi si di poter comandare il Caos infinito e
signore di tutto) ma almeno a destreggiarsi fra le ondate di potere titanico a cui sarete sottoposti.
E ricordate ancora che lo spazio esterno ha strane leggi che non sono quelle di questa terra.
A volte potete pensare di aver percorso distanze enormi,ma vi ritrovate al punto da cui siete partiti;
altre volte, in quelli che a voi possono sembrare pochi istanti, scoprite di aver viaggiato per distanze
inconcepibili.
È importante che ricordiate bene questi fatti e che impariate a dominarli: esistono infatti punti nello
spazio esterno che è bene evitare perché sono le sedi preferite di vortici particolarmente spiacevoli
da incontrare e pericolosi da trattare.
Se non conoscete queste leggi e non riuscite a governarle correte il rischio di cadere nella
dissoluzione finale che, si dice, sia capitata a Zenig di Aphorat.
Se infatti non sapete dove siete e dove state andando e soprattutto se non riuscite a dirigere voi il
vostro viaggio vi può accadere di trovarvi davanti a quello che alcuni saggi chiamano il Centro
dell'Infinito.
In questo luogo dell'ultimo abominio, al di là di quelle che nel nostro linguaggio umano potrebbero
essere indicate come le ciclopiche mura finali dell'universo, si trova AZATHOTH: se arrivate
davanti a queste mura senza porte dovete sperare soltanto di morire in tempo e di essere
definitivamente annullati ed inceneriti -credetemi se vi dico che è ancora la sorte di gran lunga
migliore che possa capitarvi e non chiedetemi di spiegarvi come lo so!
Azathoth dimora oltre la nostra realtà in un reame bianco.
Si dice che,una volta nato questo Universo,nel reame bianco c'era un'entità che personificava una
regione dell'Universo o una delle sue tante leggi.
Tale entità si è trovata faccia a faccia con AZATHOTH che lo ha sventrato con le sue mani.
Dalla pancia di quest'entità uscì fuori una parte di firmamento e Lui vi proiettò dentro la sua
volontà,provocando un lampo simile a quello che diede iniziò al firmamento,ma più
piccolo,plasmando una serie di oscuri mondi e proiettando all'interno di quella zona,schiere infinite
di mostri.
La vita che nacque velocemente su quei pianeti formò una delle civiltà più antiche dell'Universo,di
cui oggi nessuno rammenta l'esistenza.
Una civiltà sanguinaria,folle,estremista e violenta,i cui sacerdoti erano completamente pazzi e dediti
a sacrifici umani,con culti orribili,statue mostruose dentro palazzi immensi e blasfemi,amanti del
buio cosmico,distruttori con brama di potere.
Una società intollerante e monarchica e che trovò la distruzione per mano degli altri dei.
Una volta decaduti,i superstiti si ritirarono nei deserti,formando file senza fine che dormivano di
giorno e vivevano di notte e che urlavano il nome del messia divino che attendevano e che alla fine
nacque.
Si dice che avesse l'occhio destro con dentro il vuoto nero con stelle e nebulose azzurre,mentre
nell'occhio sinistro vi era il reame bianco.
Una volta risollevati fondarono un impero maledetto che comprese vari pianeti e varie razze.
Costruirono delle muraglie che univano pianeti molto vicini,adornate da orribili statue ulranti più
grandi del pianeta,create in milioni di anni,trasformarono montagne in orrende torri con sopra
edifici e statue enormi e orribili in cima.
Costruirono anche una via di statue parallele e orrende nello spazio che conducevano verso il punto
dove si era originata l'esplosione da cui erano scaturiti i loro mondi.
Dopo la via di statue vi era un guardiano mostruoso che impediva a chiunque di oltrepassare quel
punto.
Oltre esso c'era una specie di enorme macchia bianca con varie punte ,simile ad una stella e un buco
nero all'interno.
Quest'impero venne decimato da degli esseri cosmici chiamati C'Tan,entità nate dalla polvere
cosmica dell'Universo che lasciarono i mondi in rovina.
Alla fine gli altri dei distrussero i resti di questi mondi straziati.
Un'ultima cosa dovete ricordare (ed anche qui ne va della vostra sanità mentale e forse anche della
vostra vita): quando siete in viaggio in questo spazio esterno circondati ed immersi negli altri dei
non vi voltate indietro perché esiste una quantità infinita di esseri che sono stati chiamati " le larve
degli altri dei" e che in realtà sono vortici in via di formazione che stanno per definirsi ed iniziare la
loro effimera vita di caos ribollente o in via di decomposizione che lottano per conservarsi ancora in
vita.
Queste larve hanno una sete feroce di qualunque forma di energia vitale di cui possono arrivare ad
impadronirsi ed un essere umano (che già rispetto a loro è comunque miseramente debole ed
indifeso) per di più incerto dei suoi poteri e indeciso sulle sue azioni è per loro una preda
ridicolmente facile e molto ricercata per il suo interessante contenuto di potere mentale che li aiuta a
crescere.
Io non l'ho provato, anche se più volte ci sono arrivato vicino, ma vi posso assicurare per averne
visti i mostruosi effetti su un mio compagno di visioni che non è affatto piacevole sentirsi afferrare
e risucchiare la mente da qualcosa che non si vede, ma dannatamente reale ed inevitabile perché è lo
stesso spazio
pensante con mente di caos.
Forse la situazione migliore che può darvi una pallida idea di cosa si dovrebbe provare in casi simili
è quella della mosca catturata dal ragno.
Se qualche volta vi è capitato di vedere un ragno che ha preso una mosca e la tiene fra le zampe
mentre la succhia lentamente avrete anche osservato che la mosca di solito non si muove, come se
sapesse che non c'è altro da fare che aspettare la fine sapendo che è inevitabile e forse desiderandola
come una liberazione.
Se ora usate la vostra immaginazione, vi mettete al posto della mosca e provate a pensare che il
ragno è invisibile e che non è fuori ,ma dentro di voi e che quello che vi sta risucchiando da dentro
non è il corpo —che sarebbe già orribile —ma la sostanza mentale e lo stesso spirito vitale, avrete
appena un'idea di cosa può significare essere preda delle larve degli altri dei.
Per la vostra salvezza, muovetevi soltanto quando siete molto ben sicuri dei vostri mezzi e della
vostra sanità mentale e comunque ricordate sempre che negli spazi esterni esiste una quantità
infinita di esseri sempre pronti a trarre vantaggio dalla ignoranza presuntuosa o anche dalla
semplice indecisione dei malcapitati visitatori.
Sono passati ormai moltissimi anni e da allora ho visto meraviglie ed orrori al di là dei sogni e degli
incubi più deliranti ,ma ancora ho ben vivo nella mente il ricordo della mia prima uscita negli spazi
esterni.
Per vostra fortuna non è possibile esporre con le nostre sole parole umane tutto quello che ho visto e
provato; ecco però una parte di quello che annotai nel mio diario...Kalb al Asad è ben visibile in
cielo, Yad al Yamna non si vede, la Luna è nuova e la notte è scura, ma limpida.
Dopo 6 mesi il mio maestro ha considerato finita la mia preparazione.
Io sono pronto e le sfere sono nella giusta posizione: il maestro mi ha dato il permesso di tentare
l'uscita.
Inizio il cerimoniale che tante volte ho studiato e provato: ormai sono in grado di eseguirlo senza
neanche pensarci.
Eseguo il primo rituale della chiave d'argento.
Sento una specie di vibrazione nello spazio intorno a me e dentro di me: non riesco più a vedere le
cose che avevo intorno a me fino ad un momento fa.…
Riprendo da dove ho lasciato due giorni fa, dopo aver operato il cerimoniale della chiave d'argento,
e tento di raccontare quello che ho visto.
Devo aver varcato la prima porta: mi sembra di essere in uno spazio che sfugge ad ogni descrizione,
di forma indefinita e di colore cangiante.
Sembra che ci siano dei vapori continuamente mutevoli.
La situazione più simile che riesco ad immaginare - eppure così lontana - è di trovarmi all'interno di
un miraggio continuamente mutevole, distorto ed evanescente eppure reale.
Aspetto.
So che dovrà arrivare Qualcuno ,ma il senso di attesa si fa sempre più acuto fino a raggiungere una
tensione insopportabile.
Forse anche questa è una prova con cui vengo valutato da occhi che mi sforzo di non immaginare e
che non posso vedere.
Sento molto bene però che in qualche modo loro stanno osservando me.
Il mio cuore quasi si ferma quando, tra quelli che ho tentato di descrivere come vapori, compare
come dal nulla una figura vagamente umana, ma più grande e completamente ammantata ed
incappucciata.
Ero preparato a questo incontro e so Chi è: ciò non toglie che trovarsi davanti ad UMR-AT-TAWIL -
la Porta ed il Guardiano della porta - e sapere che soltanto pochissimi esseri umani o non umani si
sono trovati in questa situazione ed ancor meno l'hanno superata e sono tornati indietro con la
possibilità e la voglia di raccontarlo rimane un'esperienza tale da far saltare ogni sicurezza e
certezza.
Adesso mi rendo conto che tutti i consigli, le raccomandazioni e le insistenze del mio maestro
perché continuassi la preparazione e non mi facessi prendere dall'impazienza erano più che
giustificati.
Non sono sicuro di aver recitato realmente a voce alta l'invocazione ad UMR-AT-TAWIL come
tante volte mi ero esercitato a fare, ma in qualche modo devo averlo fatto.
Tutto torna silenzio e mi sembra di sentire intorno a me il pulsare dello spazio esterno come di
notte, vicino al mare, si sente la risacca sulla riva.
L'esperienza però è sconvolgente perché non si tratta di un mormorio,ma di una vibrazione
profonda e possente che forse non è neanche un vero rumore,ma che può essere paragonata ad una
specie di tuono modulato, un respiro titanico e ritmico che vibra all'esterno e, quel che è peggio, fa
vibrare al mio interno le corde più profonde provocando una sensazione di potenza
inconcepibilmente grande davanti a cui mi rendo conto di essere completamente senza difesa.
Ho superato la Porta Finale e sono entrato nello spazio esterno.
Nel momento in cui stavo entrando ho appena intravisto dietro di me un ribollire di forme e
approssimazioni di forme che vorrei cercare di dimenticare.
Per tentare di darne un'idea si potrebbero definire esseri o animali o mostri deformi o parti di
animali in vari stadi di composizione o di decomposizione,ma animati di vita e movimento frenetico
ed occupati a contorcersi, a dilatarsi, a coagularsi ed a sghignazzare senza fine e senza senso.
Capisco bene che sto descrivendo questi esseri in termini umani: quando li vedo sono in realtà
molto al di là dell'immaginazione umana,ma è tutto quello che posso fare per descriverli.
E forse è meglio così.
Una volta uscito si attenua e svanisce quel senso di vuoto che avevo provato e che mi aveva fatto
dubitare anche di me, di chi ero.
Sono ormai nello spazio esterno.
La prima impressione che provo è una strana incertezza sulla natura e l'estensione delle mie
sensazioni.
Se dovessi descrivere quello che mi circonda secondo i nostri sensi normali dovrei dire di essere
immerso nell'oscurità, nel freddo e nel silenzio: forse se si potesse volare in una tomba penso che si
proverebbe qualcosa di simile.
Ma come nella tomba, se la si sa chiamare, esiste più vita di quanto di solito gli uomini credono,
anche qui mi rendo conto di riuscire a vedere ed a sentire con sensi che non sono i miei e che mi
danno l'impressione di estendere dolorosamente e spasmodica-mente il mio corpo.
La consapevolezza di questo nuovo stato arriva improvvisa come se Qualcuno mi avesse aperto a
forza un terzo occhio e mi avesse costretto a guardare e mi provoca una violenta ondata di disgusto
e di nausea perché mi dà l'impressione di essere stato introdotto a forza in un corpo non mio.
Il ragno non prova disgusto della sua condizione di ragno ,ma provate a pensare in quale vertigine
di orrore dovrebbe annegare chi si trovasse trasportato con la sua mente e la sua consapevolezza di
uomo in un corpo di ragno: ecco, questa situazione forse può rendere un'idea della mia.
Superato comunque in qualche modo questo momento scopro di riuscire a vedere, nel nero più
profondo, come delle gradazioni di oscurità alcune delle quali sembrano avere il potere accecante di
lampi di luce come fulmini in un temporale notturno.
Mi sembra di vedere con occhi che non sono i miei: la luce è tenebra e la tenebra è luce.
Quello che vedo e da cui sono circondato è un ribollire continuo, caotico e frenetico di esseri neri
che si muovono e si agitano su un fondo nero.
Alcuni di questi esseri si presentano come sfere di dimensioni variabili - per quanto in condizioni
del genere è possibile apprezzare distanze e dimensioni da qualcosa di confrontabile ad un uomo
fino ad esseri molto più grandi delle più grandi cupole di moschea che abbia mai visto.
L'unico patetico paragone che mi viene in mente è un grande calderone di pece ribollente (come
quelli usati negli arsenali dagli operai che riparano le navi).
Dovete però fare uno sforzo di fantasia per allargare il calderone fino al confini del mondo,
calarvici dentro ed immaginare la pece ribollente ed ogni singola bolla come dotate di mente,
attenzione e volontà.
E questo quando non mostrano il loro corpo,i vortici infatti sono solo il modo in cui li si vede in
astrale,loro sono dentro di essi.
Tutte si agitano, si contorcono, crescono e calano spesso inglobandone altre vicine e si dissolvono
nel nulla per tornare a formarsi di nuovo.
Capisco di essere in mezzo agli altri dei ciechi ed amorfi e fatti di nulla, eppure pensanti, attivi e
maligni.
Ho un momento di panico totale perché, per quanto si possa essere preparati, trovarsi realmente fra
gli altri dei è una esperienza che trascende ogni possibile preparazione teorica.
Nel momento della loro massima espansione i vortici che sono gli altri dei sembrano avere come
una iridescenza che si spegne lentamente quando iniziano a disfarsi e si accende di nuovo ogni volta
che entrano in contatto fra di loro e guizza bagliori e colori incredibili che non sono di questo
mondo quando vengono inglobati da altri più grandi.
Se dovessi provare a descrivere il colore dominante di queste iridescenze - per quanto possa avere
significato una simile descrizione - direi che quello più vicino nel mondo degli uomini è un grigio
bluastro come la pelle del polpo in agonia.
Anche se l'immagine è ridicolmente inadeguata alla titanica maestà della scena forse una lontana
idea si potrebbe avere pensando all'effetto che potrebbe fare una stanza appena illuminata piena di
mucchi di quelle madreperle azzurre che vengono dalle isole del mare inferiore.
Anche il silenzio della tomba non è più tale.
All'unisono con l'agitazione dei vortici avverto ora una gamma infinita di suoni che potrebbero
essere vagamente descritti come lamenti, rantoli, muggiti o tutto insieme e molto di più.
A tratti sembrano sul punto di definirsi in qualcosa di simile ad un linguaggio ma, per fortuna,
arrivano a chiarirsi definitivamente.
Ad un certo punto il terrore più folle si impadronisce di me: i suoni stanno effettivamente
prendendo una inequivocabile rassomiglianza con qualcosa di conosciuto, una diabolica cacofonia
di flauti che sembrava venire da distanze infinite eppure vicinissima e tale da conquistarmi
lentamente con un suo fascino ipnotico e subdolo.
So qual'è il significato dei flauti nello spazio esterno, so chi li suona e per Chi.
In questo momento ho visto vicina la fine del mio primo viaggio e di ogni possibile viaggio.
Poi devo aver fatto qualcosa per riprendere il controllo del cammino, come tante volte mi ero
preparato a fare, o forse è stato qualche intervento esterno che ha allontanato da me il pericolo
finale.
Comunque il suono dei diabolici flauti venne lentamente riassorbito nella selva di muggiti e lamenti
che, nonostante l'angoscia che mi ispiravano all'inizio, in quel momento mi sembrò piacevole e
riposante.
Un'altra sensazione devo annotare.
Lo spazio esterno è freddo, di un freddo glaciale e inesorabile che ricorda le cripte più profonde e
dimenticate ed è animato da venti maligni che soffiano con rabbia isterica e, sembra, con diabolica
consapevolezza, che gelano all'esterno ma, peggio di tutto, introducono il loro gelo mortale e senza
scampo dentro il corpo fin nelle fibre più riposte come se fosse trasparente per loro e lo
attraversassero senza difficoltà.
Devo resistere al freddo ed al vento con la mia volontà per quanto piccola perché so quale è
l'origine ed il significato del vento e del freddo: è il desiderio frenetico che gli altri dei manifestano
di succhiare da me la mia sostanza mentale e la mia energia vitale e di impadronirsene per
assimilarle e crescere.
La somma dei loro infiniti sforzi e tentativi spasmodici ed isterici, anche se per mia fortuna senza
risultato, mi provoca però questa sensazione di freddo mortale e di sconforto senza speranza: e già
solo questo, a lungo andare, mi potrebbe riuscire fatale.
Su tutte queste impressioni sparse e frammentarie per quanto acute regna comunque con una
intensità angosciosa e opprimente la sensazione orribile di essere davanti ad un numero infinito di
presenze dotate di mente e di volontà, sempre mutevoli ed evanescenti ,ma non per questo meno
reali e temibili, anzi tanto più temibili e terrificanti quanto più le osservo e mi rendo conto che la
loro mente ragiona con le leggi del Caos che noi riusciamo a vedere soltanto come il
Male cosmico più totale, completo, definitivo e senza scampo e speranza che mai mente umana
riesca ad immaginare...Questa è una parte di quello che scrissi nel mio diario prima e subito dopo la
mia prima uscita nello spazio esterno: poi per più di un mese non figurano altre annotazioni.
In realtà non operai nulla rimanendo in meditazione e tentando di ristabilire il controllo della mia
volontà e dei miei nervi: e vi assicuro che non fu un'impresa facile.
Ricordo che nel corso di queste meditazioni come in un lampo compresi il significato profondo di
quella che fino ad allora mi era sembrata soltanto una immagine poetica di qualche antico sapiente
che diceva che gli dei si disinteressano dei fatti degli uomini e vivono indifferenti e beati negli spazi
tra i mondi.
Quando infatti capii che «gli spazi tra i mondi» non sono altro che lo spazio esterno al di fuori del
cosmo ordinato compresi anche che il sapiente con «gli dei»non intendeva i ridicoli e patetici
personaggi delle favole antiche ,ma doveva aver intuito la mostruosa presenza e la devastante
potenza di caos degli altri dei e forse sapeva anche che gli dei della terra sono in qualche modo
sorvegliati dagli altri dei e sono da loro protetti contro le richieste troppo importune ed
insistenti dei mortali.
Compresi anche che quando diceva che gli altri dei «si disinteressano» non stava descrivendo un
fatto - anche se così di solito veniva inteso -ma stava esprimendo un augurio ed una speranza per il
bene di tutto il nostro povero mondo ben sapendo cosa potrebbe significare di definitivamente
mostruoso e terrificante anche un solo istante di seria attenzione e di motivato interesse verso di noi
da parte degli altri dei...
Ed infine, al di là di oceani infiniti di spazi esterni e di legioni sterminate di altri dei, dove forse
nessun uomo è mai arrivato e da cui comunque nessuno è mai tornato indietro, si innalzano le
ciclopiche e blasfeme Mura dell'Universo che racchiudono quello che i visionari più pazzi
chiamano il Centro dell'infinito evitando di dare particolari.
Qui, all'interno di queste mura senza porte che si avvolgono su se stesse fino a formare quella che in
termini umani potrebbe essere descritta come una sfera bianca sterminata,con appendici appuntite e
un buco nero al centro, è racchiuso uno spazio più grande di quello che i nostri astronomi
riconoscono al nostro cosmo ordinato e tranquillo.
Questo spazio è un unico, titanico e mostruoso vortice, un unico calderone ribollente e tumultuante
all'infinito, un'unica mente ed un'unica diabolica e sterminata attenzione occupata eternamente a
gorgogliare bestemmie e maledizioni contro tutto, compreso se stesso, in un supremo delirio di
caos.
Questo è il demone cieco, amorfo e idiota che regna imprigionato al centro dell'infinito come un
animale intrappolato in un imbuto di sabbia che si affanna vanamente tentando di risalire la china e
spende il suo tempo e le sue energie in sforzi isterici quanto inutili per uscirne e tutte le sue facoltà
mentali in imprecazioni e maledizioni.
Questo è AZATHOTH: il demone sultano, abisso ultimo e definitivo di ogni caos e abiezione,
quindi perfezione dell'essenza diabolica degli altri dei.
Questa è la negazione completa e totale di ogni parvenza di ordine e logica e forma.
Questo è l'abominio al di là di ogni possibile conoscenza umana.
Intorno a lui, ma già al di fuori delle Mura dell'Universo poiché nulla -nemmeno gli altri dei - può
sopportare la sua vicinanza, gli altri dei fanno rullare tamburi e soffiano nei flauti senza fine
producendo una cacofonia assordante e monotona che ha il potere di attanagliare il cuore con una
angoscia mortale anche a chi non sa cosa significa perché qualche sua oscura regolarità ha la
capacità di risvegliare le corde più profonde del terrore senza nome che dorme in noi.
E già la visione dei vortici che si formano e si disfano davanti a voi protendendo mostruose
appendici a compiere l'ufficio di arti che reggono le bacchette dei tamburi o, ancora peggio, di
raccapriccianti parodie di labbra contro cui premere i flauti, basterebbe a togliere ogni residuo di
ragione anche senza sapere per Chi questi blasfemi aborti divini compiono il loro lavoro.
Questo essere in realtà,ha la sua forma nella stanza bianca e l'apertura circolare lucente è solo un
pezzo di se tramite il quale infinite orde entrano nella realtà.
Alcuni dicono che gli altri dei che suonano in questo modo intorno al trono di AZATHOTH gli
rendono onore.
Insensati che ragionate secondo la nostra piccola logica umana!
In realtà AZATHOTH è l'abisso ultimo del Caos e della abiezione che viene insultato e disprezzato
anche dalle schiere degli altri dei che gli sono sottoposte e che pure, a modo loro, lo temono.
La cacofonia diabolica intorno ad AZATHOTH è un continuo insulto che provoca in risposta la sua
altrettanto continua attività di maledizione e bestemmia cosmica.
Così si celebra la liturgia del Caos.
AZATHOTH è al di là delle Mura dell'Universo, al di là delle nostre concezioni del tempo e dello
spazio, al di là anche delle nostre idee di essere e di esistenza: è per noi il completamente e
definitivamente altro.
Ha però una sua manifestazione per noi più comprensibile, una manifestazione che per noi è come il
lato della sua faccia rivolto verso di noi.
Questa manifestazione è il diabolico vortice che nelle rappresentazioni viene figurato come un
ciclopico anello intorno alle Mura dell'Universo, è quello che conosciamo sotto il tremendo nome di
YOG-SOTHOTH: questo in realtà dovremmo rappresentare nelle nostre mappe al posto del Centro
dell'Infinito essendo questo oltre le nostre possibilità di rappresentazione come se stesse fuori del
foglio che contiene la mappa.
Meditate sul fatto che AZATHOTH è il nucleo di origine primordiale del Caos, è il Caos occulto e
non ancora rivelato, è la radice e la fonte nascosta di ogni manifestazione mentre YOG-SOTHOTH
il Caos rivelato e manifesto, è il Caos che si presenta davanti a noi con tutta la sua sconvolgente
carica di terrore cosmico.
Questa è la segreta ragione per cui si dice di Lui che è Uno in Tutto e Tutto in Uno; questa è la
ragione per cui si dice che in Lui passato, presente e futuro coesistono.
Al di fuori delle Mura dell'Universo il vortice ad anello che è YOG-SOTHOTH si comporta per noi
come mediatore tra l'inconcepibile AZATHOTH al di là di tutti i modi di esistenza pensabili ed il
nostro piccolo e limitato mondo umano.
E attraverso Lui che al nostro mondo viene somministrata la sua dose di terrore cosmico e di veleno
del Caos; è attraverso Lui che il Caos maligno entra silenziosamente, continuamente,
inesorabilmente nel mondo come un orrendo liquame nauseabondo che si infiltra e cola giù dalla
volta di una cripta.
Per aiutarvi a comprendere la sua natura ed il suo modo di operare forse vi può servire una visione
che ebbi mentre una volta stavo meditando sulla natura del tempo.
Ho scritto allora nel mio diario: un popolo di infedeli idolatri odiati dagli arabi musulmani che, tra
gli altri, adoravano Yaghuth (nome che alcuni interpretano come una corruzione o una sbiadita
allusione a Yog-Sototh).
Compio oggi il ciclo di 7 volte 7 notti di meditazione sul tempo.
Prendo ancora una volta la droga di Tikkoun, brucio i profumi e canto le invocazioni.
Passo ancora la notte in meditazione.
Ora siamo vicini all'alba.
La stanza è immersa in una profonda penombra, solo una lama di sole inizia ora ad entrare da una
finestrella in alto.
Nella striscia di luce si muovono, sembra a caso, piccole particelle di polvere.
Il loro lento moto mi sta ipnotizzando.
Non vedo più altro.
Gradualmente la luce del Sole sembra spegnersi fino a scomparire in un uniforme chiarore
grigiastro.
Il moto della polvere tende intanto a diventare più regolare, dall'alto in basso come una pioggia
lenta, uniforme e silenziosa.
Ho perso di vista le singole particelle di polvere: è come se la pioggia non fosse formata di
gocce ,ma fosse un'entità unica che diventa sempre più indefinita ed impalpabile.
Le pareti della stanza sono scomparse.
Lo spazio sembra non avere limiti: è tutto un uniforme ed indefinibile oceano grigiastro in cui
scorre una pioggia che non è più di polvere.
L'impressione finale è ormai quella, apparentemente delirante, di due spazi coesistenti che scorrono
uno sopra - e come dentro - l'altro: uno è grigio e come liscio, l'altro è ancora grigio, anche se in
qualche inspiegabile modo distinguibile dal primo, e dà l'impressione di avere una natura granulosa.
Mi rendo conto di quanto suona assurdo tutto questo espresso in parole: vorrei avere strumenti più
adatti per descrivere quello che vedo.
Il loro moto ha il carattere di una lentezza inevitabile ed inarrestabile e dà l'impressione della
stanchezza derivante dall'aver percorso un cammino infinito ,ma anche dalla inesorabile decisione a
compiere un cammino altrettanto infinito.
Anche se non riesco più a distinguere alto e basso, destra e sinistra e mi sembra di galleggiare nel
vuoto potrei dire che lo spazio granuloso continua a discendere come una silenziosa cascata di
polvere da una altezza infinita per essere inghiottito da profondità altrettanto infinite.
Non oso pensare quale possa essere la sorgente da cui ha origine ed il pozzo che la riceve…
Questo io scrissi in quella occasione nel mio diario e questo posso consegnare a voi come aiuto per
comprendere il modo con cui YOG-SOTHOTH ed il suo carico di Caos diabolico si infiltrano
silenziosamente nel nostro mondo.
Meditate sulla forma degli spazi; meditate sulla sfera del nostro cosmo che tocca la sterminata sfera
dello spazio esterno al centro.
Capirete allora perché i più coraggiosi, o i più pazzi, fra gli antichi ricercatori di queste pericolose
conoscenze hanno chiamato YOG-SOTHOTH la Porta Finale ed il Guardiano della Porta.
In realtà lì dove le sfere si toccano esiste il passaggio ed il passaggio è sorvegliato dal vortice
sterminato che è intorno alle Mura dell'infinito ed è anche al limite dello spazio al centro.
Quando infatti qualche folle osa tentare l'uscita nello spazio esterno trova prima UMR-AT-TAWIL,
detto anche la Porta Concava, all'uscita del nostro spazio, e quindi il grande YOG-SOTHOTH, la
Porta Convessa all'entrata degli spazi centrali.
Sappiate poi che, se altri mondi ordinati come il nostro esistono, sono posti come il nostro intorno al
grande vuoto centrale.
I vortici fra questi mondi sono però come gorghi infiniti che tutto inghiottono senza scampo, sono le
ciclopiche cateratte poste a limitare il cosmo ordinato in cui viviamo.
Quando vorrete conoscere gli altri mondi l'unica terribile via che avete sarà allora il passaggio
attraverso la Porta del vuoto nello spazio esterno e, ancora attraverso questa, negli altri mondi.
E per questa via - per mezzo di YOG-SOTHOTH - che, dicono, torneranno anche su questa terra i
grandi anziani, che una volta regnarono qui, per reclamare il loro antico possesso.
Ricordo che durante i miei esperimenti sugli effetti del segno di Voorish che rende visibili gli altri
dei e gli esseri da loro prodotti, mi capitò di vedere una manifestazione di YOG-SO-THOTH.
Riferisco ancora una volta dal mio diario anche se non avrei bisogno di aiuti per rinnovare un
ricordo che difficilmente potrei dimenticare.
Ho meditato a lungo sul significato del segno di Voorish e mi sono esercitato ad eseguirlo.
Oggi provo finalmente una esecuzione reale.
Eseguo il segno e dico le parole.
Appena terminato il rito capisco che non riesco a controllare la direzione in cui gli altri dei verranno
resi visibili.
Perdo conoscenza di quello che c'è intorno a me e mi sembra di vedere un ambiente enorme, come
una ciclopica caverna di forma circa sferica, avvolto in una pesante penombra.
Non distinguo molto ma ho l'impressione di vedere al centro della caverna qualcosa di simile ad una
densa nuvola sospesa.
Lentamente mi vado abituando all'oscurità, ma la scena continua a conservare una strana
impressione di irrealtà simile ai deliri della febbre: sembra che manchi di profondità e che io che la
guardo sia dentro la caverna oppresso dalla sua enorme volta e dalla presenza della nuvola che ora
sembra in qualche modo fissarmi, ma, nello stesso tempo, fuori di essa come se guardassi una sua
raffigurazione.
Poi, come in un lampo, capisco dove mi trovo e cosa è la nuvola.
Per un momento devo aver perso conoscenza quando mi sono reso conto che mi sono intrufolato
nella tana di quello che di più potente, tremendo e mostruoso può capitare ad essere umano di
vedere.
Quella che mi era sembrata una fitta nuvola è in realtà una manifestazione del grande
YOG-SOTHOTH resa visibile dall'azione del segno di Voorish.
Quando riprendo conoscenza capisco con terrore che davanti a me c'è una massa smisurata, grande
come una montagna, di aspetto gelatinoso, traslucido e mucillaginoso, qualcosa di simile ad una
titanica e mostruosa medusa senza però la bellezza dei colori e l'eleganza di simmetrie delle meduse
che si vedono nel Mare Inferiore.
Questa era una massa informe e tremolante in modo osceno da cui uscivano tentacoli come gomene
di navi che si andavano a fissare sulla volta della caverna: in questo modo il dio mostruoso stava
sospeso al centro del suo spazio.
Ogni tanto un tentacolo si pro-tendeva dalla massa fino a far presa sulla volta ed un altro già sulla
volta si ritraeva o si spostava.
In questi movimenti tutta la massa gelatinosa sembrava percorsa da un tremito continuo che si
smorzava molto lentamente.
Tutta la caverna è immersa ora in una luce che sembra insieme rosso scura e nera: provo la stessa
sensazione che si ha quando, ad occhi chiusi, si volge lo sguardo al Sole e si vedono macchie rosse
e nere che si agitano all'interno delle palpebre.
E, come la luce del Sole all'interno degli occhi, questa luce non illumina: serve soltanto a far sentire
di più la mancanza di una vera luce.
Quando riguardo YOG-SOTHOTH vedo che anche lui ora è dello stesso colore: ora mi sembra un
enorme grumo di sangue anche se ancora conserva il suo aspetto gelatinoso, traslucido e tremolante.
Al suo interno si sta addensando qualcosa come un nucleo centrale che sembra più compatto ed
opaco.
Il nucleo è ora una sfera grande quanto una cupola che si intravede distintamente attraverso la
massa traslucida e sanguinolenta che forma l'osceno corpo di YOG-SOTHOTH.
Capisco improvvisamente che quello che si sta formando davanti a me è un unico, mostruoso
occhio che fra un momento si aprirà per fissarmi: per me sarebbe la fine.
Credo di aver urlato.
La visione allora è finita: appena un momento prima che YOG-SOTHOTH rivolgesse il suo
raccapricciante sguardo verso di me.
Mi ritrovo nella mia stanza, in mezzo agli oggetti a me familiari, bagnato di sudore e tremante in
ogni mia fibra.
Quando ne ebbi il coraggio tornai a meditare su questa visione e compresi fra l'altro che in questa
forma YOG-SOTHOTH, sospeso nella caverna sferica, mi si era mostrato insediato al centro del
nostro mondo come un sultano che siede sul trono in mezzo al suo regno.
Era un modo beffardo per far comprendere a chi sapeva leggere gli oscuri segni degli altri dei che,
anche se la sua origine era nello spazio esterno, il mondo ordinato che noi crediamo nostro gli
apparteneva e poteva insediarsi al suo centro per irradiare da qui la sua carica di malignità cosmica
così come, quando voleva, poteva agire dall'esterno.
Se solo la gente che cammina tranquillamente per strada sapesse anche vagamente cosa c'è sotto la
terra che calpesta e che crede solida e compatta penso che il mondo sarebbe travolto da un'ondata di
terrore collettivo e di follia isterica tale che probabilmente non ci sarebbe bisogno di alcun ulteriore
intervento diretto degli altri dei per stabilire il loro completo dominio di Caos cosmico.
In questo risiede la verità ultima di quanto diceva Ibn Shakabach: «Non vi fate confondere dalle
dicerie delle donniciole.
Ricordate che quanto più un potere è grande tanto meno gli è necessario agire.
Il potere supremo è immobile al centro dell'universo: gli basta rivelarsi e tutto sarà fatto secondo la
sua occulta volontà»
Ma non illudetevi che, solo perché sta confinato entro le mura dell'universo, AZATHOTH non abbia
possibilità di agire all'esterno e fin dentro il nostro piccolo mondo ordinato.
Dalle mura che racchiudono il centro dell'infinito e di cui, come dicono gli antichi saggi, la sola
architettura - se architettura si può chiamare la concezione di caotico cumulo con cui furono create -
ha il carattere di una blasfema maledizione, da queste inconcepibili mura, si formano, si allungano e
si agitano incessantemente strani vortici che, se fossero visibili, somiglierebbero a titanici tentacoli
che frustano lo spazio esterno colpendo gli altri dei che incontrano sul loro cammino ed
insinuandosi fra di loro e dentro di loro.
Questi tentacoli, che anche loro fanno parte degli altri dei, sono in qualche modo occhi, orecchi ed
artigli di AZATHOTH; questi tentacoli pensanti ed indipendenti eppure in qualche abominevole
modo parti del mostro sultano che li usa sono il mezzo con cui AZATHOTH può scavalcare gli
spazi ed arrivare fin nel nostro mondo ed in tutti gli altri mondi ed operare le sue nefande
operazioni.
Questi tentacoli sono il Messaggero degli altri dei, io strumento con cui questi entrano nei mondi,
ascoltano, osservano ed agiscono.
Questi vortici tentacolari formano infatti qualcosa di simile a dei canali nello spazio esterno entro
cui l'attenzione e la volontà degli altri dei vengono portate avanti e indietro: in questo modo gli altri
dei e lo stesso AZATHOTH, anche se lontani e abitanti in spazi fuori dal nostro, possono scavalcare
oceani di vuoto e superare le porte fra i vari strati dello spazio esterno fino ad entrare nel nostro
mondo ed operare il loro magistero di caos.
Questa è la ragione per cui NYARLATHOTEP viene chiamato Messaggero degli altri dei e loro
servitore ed esecutore dei loro amorfi desideri e dei loro blasfemi comandi.
Questi tentacoli sono infatti l'aspetto esterno di NYARLATHOTEP, il caos dalle mille forme, il
vortice che quando si insinua nel mondo ordinato è capace di assumere ogni forma che gli è
necessaria per passare inosservato nel mondo o, al contrario, per essere notato provocando, a
seconda del suo capriccio, ammirazione, timore, reverenza e terrore.
Questo è quello che qualcuno ha chiamato il Caos Strisciante intendendo indicare così la sua
capacità di entrare con la sua carica distruttrice di caos cosmico nel mondo ordinato che
conosciamo ed aggirarsi in mezzo a noi per i suoi innominabili scopi come strisciando al di sotto
delle apparenze di ordine.
Questo significa anche che NYARLATHOTEP potrebbe essere dovunque tra di noi, stare
appollaiato sulle nostre spalle e seguire i nostri passi nella notte senza che noi abbiamo nessuna
possibilità di riconoscerlo - se non quando e se lui vuole - né tanto meno di evitarlo.
E probabilmente ancora lo stesso essere volevano ricordare i sapienti latini che, ricordo dalla mia
lontana giovinezza a Pisa, parlavano del «negotium di Ibn Shakabach (o meglio Ibn Shagabah.
Di lui non si sa nulla,ma anche il suo nome è indicativo.
Significa infatti «il figlio dell'Oppositore» riempiendoci di terrore anche non sapendo quale era la
tremenda realtà cosmica che si nascondeva dietro queste parole.
Ricordate sempre che NYARLATHOTEP ha mille forme: il mendicante all'angolo della strada ed il
califfo in tutta la sua magnificenza, lo sciacallo che ulula nella notte ed il turbine di sabbia che
sembra seguirvi, la strana moneta che vi ritrovate in mano senza ricordare chi ve l'ha data ed ancora
la nuvola che passa davanti alla Luna o la venatura strana nel marmo di una colonna, tutte queste ed
infinite altre apparenze può avere NYARLATHOTEP per voi o per qualcun altro o per tutto il nostro
mondo.
Ricordate che a tutti prima o poi capiterà di incontrare NYARLATHOTEP in qualche sua forma
anche se a pochi concede di essere riconosciuto ed ancor meno sono in grado di riconoscerlo per
quello che realmente è.
State quindi attenti a come vi comportate ed a tutto quello che dite e fate ed anche a quello che
pensate e ricordate quello che disse un antico sapiente:
«Vegliate perché non sapete né il giorno né l'ora»
E vi serva di aiuto per tenere sempre desta la vostra attenzione quel segno in cielo che gli astronomi
chiamano Via Lattea e collegano a fantastici serpenti celesti.
In realtà quella fascia luminosa è ben altro: è il ricordo di una volta in cui NYARLATHOTEP stava
entrando nel nostro bel cosmo ordinato con tutta la sua sconfinata potenza ancora nella forma di
vortice tentacolare che possiede nello spazio esterno.
È come la cosmica cicatrice sulla pelle del mondo lasciata dalla titanica frustata vibrata da
NYARLATHOTEP dall'esterno in un momento in cui la rabbia cieca di AZATHOTH è stata
contenuta a stento.
La Via del Serpente è sempre stata lì, almeno a memoria d'uomo, quindi è probabile che l'episodio
risalga ad epoche precedenti l'uomo, ma nessuno ci assicura che non possa ripetersi e che questa
volta la frustata non arrivi fin dentro il nostro mondo.
Se questo dovesse avvenire pregate di non essere presenti per vederlo.
Guardate la Via del Serpente, ricordate ogni volta quale è il suo tremendo significato cosmico e
vegliate sempre!
Altre forme possono prendere ancora gli altri dei per manifestarsi nel nostro mondo.
Altre forme conobbero gli Esseri Antichi che furono sulla Terra prima di noi.
Altre forme esistono ancora in mezzo a noi anche se noi non possiamo vederle e ne abbiamo perso
anche il ricordo.
Sappiate però che non tutto quello che è stato dimenticato dalla piccola memoria degli uomini è,
solo per questo, necessariamente morto.
Esistono esseri ed approssimazioni di esseri di cui ormai noi non sospettiamo neanche l'esistenza
perché dimenticati da ere immemorabili.
Esistono dei che, quando si manifestano nel nostro mondo, sono al di là di ogni concepibile
abominazione.
Esistono dei che superano i secoli e le ere non perché sono al di fuori ed al di sopra del tempo come
noi ci divertiamo ad immaginare le divinità di questo nostro mondo,ma perché il corpo con cui si
manifestano è al di là della morte, al di là di ogni decomposizione e putrefazione immaginabile
senza però che la vita – in qualche blasfema forma - le abbia abbandonate.
Esistono dei che hanno vinto la morte subendola ed accettandone tutte le conseguenze fino alle più
rivoltanti.
Esistono dei che in questa raccapricciante forma possono rimanere come addormentati (per noi
sarebbero morti e dimenticati) per eoni senza fine finché qualcuno o qualcosa non li richiami ad una
nuova vita di terrore per gli uomini e ad una nuova attività di caos diabolico con cui manifestano la
loro vera natura.
Gli Esseri Antichi conobbero i principali degli altri dei e si sono insediati in questa forma nel nostro
mondo sotto il nome tremendo di CTHULHU quando calò sulla Terra alla testa del popolo degli
Esseri piovra.
Sono gli Esseri Antichi, che lo hanno visto per primi ed hanno combattuto con le sue mostruose
emanazioni che mi hanno guidato per vederlo e comprenderlo.
La sua manifestazione che gli Esseri Antichi ebbero la sventura di conoscere si presenta come
un'enorme sacca flaccida e viscida simile alla testa di un ciclopico polipo alta come una montagna e
larga quanto il chiostro della moschea.
La pelle è elastica e molle e, sotto di essa, si vede agitarsi l'interno informe dell'osceno corpo.
Sembra la pellicola che si forma sul latte che sostiene una pagliuzza, ma lascia vedere i movimenti
del latte sottostante.
Quello che, invece, del latte non ha è il colore e l'odore.
Al posto del sereno bianco del latte troverete infatti una sintesi rivoltante dei colori dei cadaveri in
ogni stadio della decomposizione dal giallo verdastro malaticcio al grigio bluastro fino alle orrende
e indefinibile sfumature degli umori che trasudano dalle tombe e che vengono dai loro abitanti.
Il piacevole odore del latte è invece cancellato e travolto da tutti gli olezzi più pestilenziali e
abominevoli che possono essere esalati dalle tombe evitate degli appestati e dei lebbrosi e delle
sepolture aborrite dei peggiori negromanti: i fetore al di là di ogni immaginazione di chi è morto da
ere senza fine eppure continua a vivere oltre ogni putrefazione e disfacimento.
In cima all'oscena montagna sta issata una testa su una specie di corto collo.
La testa è alta e larga come una tozza torre ed è contornata da tentacoli duri, elastici e cerchiati che
somigliano ad enormi tubi di trachea: la loro forza deve essere prodigiosa.
I tentacoli finiscono con una specie di bocca con tre denti simili a quelli delle lamprede di un colore
rosa sanguinolento.
Tra i tentacoli si spalancano occhi liquidi e fissi che, anche se sembrano senza sguardo e come
morti, vedono ed osservano tutto quello che capita loro davanti.
E pregate con tutte le vostre forze di non essere voi sotto lo sguardo cadaverico eppure vivo di
questo orrendo dio che è vivo soltanto perché è al di là della morte e morto perché al di là della vita
e possiede la potenza e le capacità della vita e della morte insieme e di ambedue conosce ogni
malignità.
Sulla parte bassa della sacca viscida che gli fa da corpo si allungano tozzi tentacoli più larghi dei
pilastri della moschea che dirige qua e là e che usa come zampe e mani ed artigli ed estende e ritrae
a seconda delle sue diaboliche necessità.
Con queste approssimative estremità il grande CTHULHU avanza sulla Terra con una andatura che
può sembrare incerta e quasi patetica e traballante:guardatevi però dal pensare che, per questa
apparenza, sia facile arrestare il suo cammino perché in realtà, nonostante barcollamenti e cadute,
non esiste forza umana che possa sperare anche soltanto di rallentarlo.
Sventurato anzi chi pensasse di poterlo fermare perché sarebbe meglio per lui che si gettasse da solo
nella fossa dei serpenti: soltanto le più potenti delle antiche magie dimenticate degli Esseri Antichi,
se ben condotte, riuscivano infatti, se non proprio a fermarlo, almeno ad innalzare una barriera
protettiva nei confronti delle sue vittime.
Dicono ancora gli Esseri antichi che questa oscena bestemmia vivente produce un rumore acquoso e
sguazzante che è suo tipico e che lo fa riconoscere anche senza che si mostri.
Ricordo che una volta vidi in un pozzo semi asciutto con il fondo fangoso, una pecora caduta che si
dibatteva fra l'acqua ed il fango cercando vanamente di uscirne.
Simile a questo, ma infinitamente carico di angoscia deve essere il rumore terrificante e rivoltante al
tempo stesso dell'abominevole CTHULHU che avanza.
Con queste stesse estremità il grande CTHULHU si muove con ben altra sicurezza in mare: gli
Esseri Antichi dicono che è terrificante vedere la potenza, la velocità e la facilità con cui si muove
negli abissi degli oceani.
Ma quando ha deciso di spostarsi a grandi distanze su questa Terra o di uscire dal nostro cosmo per
rientrare negli spazi esterni sua antica dimora, CTHULHU è capace di sollevarsi dalla terra e di
percorrere i cieli con lunghissime ali membranose formate ognuna da molti tentacoli piatti simili ad
enormi, interminabili rotoli di pergamena che agita caoticamente.
Auguratevi allora di non sapere mai cosa può essere di raccapricciante sentire sopra di voi il turbine
di vento che vi investe con il freddo della morte e con l'odore nauseabondo della putrefazione;
auguratevi di non sapere mai cosa può essere di terrificante vedere la grande ombra come di nuvola
temporalesca che oscura il Sole quando non vedete nuvole davanti al Sole.
Il grande CTHULHU infatti, come tutti gli altri dei quando entrano nel nostro mondo e come gli
esseri da loro generati fra noi, è invisibile ai nostri occhi e diventa visibile soltanto se lo vuole o se
viene costretto con il segno di Voorish e con la polvere di Ibn Ghazi
Quando vi dovesse capitare di vedere quei segni, se non sapete Chi è che li provoca potete sempre
limitarvi a rabbrividire come per una paura di cui non comprendete il motivo ed a pensare alle cose
strane che succedono nel mondo; ma se sapete qual'è il loro tremendo significato ed a Chi sono
dovuti l'unica cosa che potrete fare è cercare in ogni modo di non farvi notare ed augurarvi con tutte
le vostre forze che il blasfemo CTHULHU che vola sopra di voi non vi veda o non voglia proprio
voi.
Allora veramente capirete a prezzo dell'angoscia più profonda e disperata cosa significa desiderare
di non essere mai nati e comunque da quel momento la tensione più delirante non vi abbandonerà
più perché saprete cosa si nasconde dietro le innocue apparenze di serenità e di tranquillità di questo
povero mondo che ci illudiamo di chiamare nostro.
State dunque attenti ai suoi segni - il rumore di sguazzante, il fetore pestilenziale, il vento gelido
fonte di angoscia - perché da questi saprete che il grande CTHULHU è vicino.
A differenza degli altri dei che già conosciamo infatti CTHULHU è sempre fra noi da ere
immemorabili anche se in una forma per noi difficilmente comprensibile.
Perché quando R'lyeh -l'infame città degli esseri piovra venuti dagli spazi esterni - si inabissò nel
mare, secoli infiniti prima che l'uomo comparisse sulla Terra, il grande CTHULHTU protesse la
città con i suoi incantesimi dalle offese del mare e del tempo ed entrò in quella che, per mancanza di
termini più adeguati, noi chiamiamo la sua tomba.
Da allora CTHULHU dorme il suo sonno di morte e sogna visioni di inconcepibile potenza di caos
e di malignità diabolica aspettando che le sfere ritornino nella giusta posizione per uscire e
riprendere possesso di quello che gli è dovuto.
E forse è questo il segreto significato della leggenda che gli antichi greci raccontavano sulla
Gorgone Medusa senza più comprenderne il reale, tremendo significato.
Dicevano infatti i loro poeti che l'orribile testa della Gorgone contornata di serpenti e dallo sguardo
che, anche dopo tagliata, era capace di impietrire era stata sepolta in Argo e qui la testa, in qualche
modo ancora viva, dormiva sognando per l'eternità pensieri raccapriccianti di odio e di vendetta ed
inviando incubi al di là di ogni possibilità di sopportazione umana a chi aveva la sventura di
passarle vicino o di pensarla con troppa insistenza.
Quando poi i primi uomini comparvero sulla Terra si compì l'atto per noi più tremendo di questa
liturgia diabolica.
CTHULHU nel suo sonno prese ad inviare i suoi sogni agli uomini che li fecero propri come incubi
e visioni di terrore , ma anche come ordini inevitabili che oscuramente li spingevano con forza
opprimente ad eseguire i culti e le cerimonie che avrebbero permesso un giorno a CTHULHU ed
alle sue orde di uscire dalla sua tomba certo dell'omaggio e della sottomissione di chi avrà la
sventura di trovarsi presente per assistere al suo abominevole risveglio.
Quando il primo uomo,che secondo i sapienti fu creato da un Dio onnipotente che controlla bene e
male, fu agganciato con la prima visione fu incatenato e reso schiavo per sempre per la blasfema
adorazione di CTHULHU,dimenticando sia Dio sia il diavolo: in quel momento si creò anche il
primo anello di una spaventosa, interminabile catena di incubi e di riti passata da uno all'altro per
secoli e millenni che non verrà più spezzata.
Ancora oggi infatti questi adoratori del dio infame, del blasfemo, divino cadavere vivente sono in
mezzo a noi e compiono i loro osceni riti nelle date stabilite e meditano sulle visioni inviate e
continuano a fare proseliti per affrettare il giorno in cui si compirà la finale rovina nostra e loro.
Meditate ancora sulla natura dello spazio.
Meditate sulla natura degli altri dei.
Meditate e comprendete.
Anche lo spazio in cui è immerso il mondo che noi consideriamo nostro, lo spazio che i sapienti
latini si compiacciono di descrivere e architettare come formato di belle sfere concentriche
ordinatamente ruotanti, questo nostro spazio è uno degli altri dei.
È HASTUR che riempie il vuoto fra le stelle, è HASTUR che è il vuoto fra le stelle ed il vaso in cui
tutto è contenuto.
E HASTUR la vera essenza di tutto quello che noi nel nostro mondo crediamo vuoto e chiamiamo
vuoto.
E HASTUR l'aria che ci circonda e la forma dell'aria e la sede dell'aria.
HASTUR in realtà non ha forma perché è sede di tutte le forme che noi vediamo nel nostro mondo,
di tutte le forme che non vediamo, ma possiamo immaginare, di tutte le forme che mai riusciremo
ad immaginare, ma in qualche modo esistono e sono lì, in agguato dietro il velo.
HASTUR in realtà non ha nome, perché non ha forma: HASTUR è l'innominabile.
Questi sono gli altri dei con cui gli esseri antichi ebbero a che fare e di cui ci hanno tramandato in
qualche modo il ricordo.
Questi sono gli altri dei con cui dobbiamo anche noi imparare a trattare perché non sono morti o
scomparsi anche se pochi sono quelli che ne sospettano l'esistenza ed ancora meno sono quelli che
li hanno conosciuti e sono rimasti vivi.
Ricordatevi però che questi non sono gli unici: gli altri dei sono una legione sterminata, sono un
esercito senza fine che occupa tutto quello che riusciamo ad immaginare dalle più nascoste in
profondità nella Terra, dai più oscuri abissi dei mari fino al più alto dei cieli ed ancora molto più
oltre negli spazi esterni senza forma né fine.
In realtà esistono più cose tra cielo e Terra di quante nessun filosofo o poeta o pazzo riuscirà mai ad
immaginare e qualunque meditazione potrà mai rivelare: e ringraziamo ancora la nostra piccola
fantasia per questo.
Non so altrimenti se ancora riusciremmo a continuare la nostra vita ordinata e tranquilla in quello
che crediamo il nostro mondo ordinato e tranquillo.
E guardatevi dal pensare che tutto quanto vi ho detto finora sia soltanto vuota erudizione senza
scopo e che l'epoca del terrore sia un ricordo del passato che popola soltanto qualche volta gli
incubi dei dormienti.
L'epoca del terrore è sempre in agguato: anche se nessuno li conosce, gli altri dei non sono né morti
né scomparsi.
Sappiate e ricordate sempre che quello che li tiene imprigionati nelle loro oscure cripte tra gli spazi
e li rende inoffensivi per noi al punto che ne abbiamo dimenticato l'esistenza è soltanto la potente
magia degli esseri antichi che avevano trovato le formule, i segni ed i rituali per tenerli a bada
all'interno dei circoli e le entità astratte inconcepibili di cui non parlerò e di cui solo pochi sanno.
Ma non io.
Non abbiate la superbia di pensare che l'uomo sia l'unico padrone della Terra: l'uomo non è stato il
primo, l'uomo non sarà l'ultimo.
L'uomo-anche quando crede di essere il padrone della Terra - non è solo.
Quelli di prima furono, Quelli di prima sono, Quelli di prima saranno.
Oggi non li vediamo e ci illudiamo di dominare il «nostro» mondo, ma in realtà anche oggi sono fra
noi.
Quelli di prima non sono negli spazi che noi conosciamo: sono tra gli spazi e tra questi incedono
primordiali ed imperturbabili al di fuori delle dimensioni ed al di là della nostra vista.
Ma ricordate sempre: YOG-SOTHOTH conosce la Porta, YOG-SOTHOTH è la Porta; YOG-
SOTHOTH è la chiave ed il Guardiano della Porta.
Passato, presente e futuro, tutti insieme esistono in YOG-SOTHOTH.
YOG-SOTHOTH sa da dove Quelli di prima uscirono una volta per entrare nel nostro spazio;
YOG-SOTHOTH sa da dove usciranno di nuovo.
YOG-SOTHOTH sa su quali campi della Terra Quelli di prima hanno impresso le loro infami orme
e sa quali campi ancora oggi calcano con i loro riti blasfemi anche se nessun uomo può vederli.
Ricordate però che dal loro odore potrete sapere che vi sono vicini.
Ed anche il loro aspetto potrete intuire - pur senza vederli direttamente —osservando i tratti di
quelli che loro hanno generato tra gli uomini.
Quelli di prima camminano invisibili ed abominevoli in luoghi solitari ed evitati là dove le Parole
sono state urlate ed i Riti sono stati celebrati nei tempi opportuni.
State in guardia perché le loro voci sussurrano nel vento e le viscere nascoste della Terra hanno
annunciato il loro risveglio.
I loro passi piegano le foreste, le loro orme stritolano le città, ma foreste e città non possono vedere
l'artiglio che le colpisce.
Kadath nel deserto gelato li ha conosciuti ,ma quale uomo può dire di conoscere Kadath?
Sulle pietre dei deserti del Sud, sulle rovine nelle isole sommerse hanno impresso il loro marchio,
ma chi ha visto le città che dormono sotto il ghiaccio e le torri inghirlandate di alghe?
Il grande CTHULHU è uno di Loro eppure ha appena la forza di intravederli.
La!
SHUB-NIGGURATH!
Come un'abominazione noi li conosceremo.
Il loro artiglio è sulla vostra gola e ancora non riuscite a vederli!
La loro abitazione è la stessa soglia delle vostre case che voi credete così ben vigilata!
YOG-SOTHOTH è la chiave della Porta.
YOG-SOTHOTH è là dove le sfere si incontrano.
L'uomo regna oggi dove essi regnavano una volta ,ma ricordate e tremate: essi regneranno un
giorno dove una volta regnava l'uomo.
Dopo l'estate viene l'inverno; dopo l'inverno è di nuovo l'estate.
Loro attendono potenti perché sanno che dovranno tornare.
Loro attendono pazienti perché possono attendere in eterno.
Ricordate sempre che se ancora possiamo parlare di cosmo e di ordine è soltanto grazie alle magie
degli esseri antichi e altri, ma ricordate anche che queste magie non possono durare in eterno e più
nessuno oggi è in grado di ripeterle.
Non dimenticate che esistono ancora oggi in mezzo a noi esseri che servono e adorano gli altri dei
ed operano per infrangere i circoli che li tengono imprigionati ed impotenti.
Ed esistono luoghi particolari, evitati da tutti senza una ragione precisa, evitati perché ci si sente a
disagio senza sapere perché e come osservati con blasfema attenzione da qualcosa che non
dovrebbe esistere, luoghi in cui - in qualche modo non chiaro -si sente il soffio gelido degli spazi
esterni e la presenza di una vita che non è umana, che è anzi completamente diversa dall'umano e
che guarda la vita umana con l'attenzione di chi sa di trovarvi un cibo atteso da ere immemorabili.
Questi luoghi sono le blasfeme Porte da cui torneranno sulla Terra gli altri dei ed i loro osceni
adoratori.
LIBRO III
Racconterò ora le evocazioni che feci di Ydn, ultimo gran sacerdote degli esseri antichi che furono
sulla Terra prima di noi, e racconterò anche -perché serva di
insegnamento - quello che Ydn mi insegnò sul suo popolo, sui commerci che ebbero con strani
esseri e con ancor più strane divinità…
Visione 2
Questa è la terza volta che provo il rituale di evocazione.
Forse ho trovato l'intonazione giusta per le parole finali: quando ieri le ho pronunciate finalmente
ho sentito vibrare l'aria intorno a me e mi sono sentito scuotere fin nel profondo dello spirito.
Ho dovuto usare tutta la mia forza di volontà per riuscire a dominare la vibrazione.
Eseguo fino in fondo il rituale.
Una volta partita l'ultima invocazione nasce di nuovo la vibrazione e va crescendo lentamente
intorno a me e dentro di me.
Improvvisamente mi rendo conto - e la scoperta mi spaventa anche se forse è quello che aspettavo -
che quella che chiamo vibrazione in realtà non fa rumore e la sento non con le orecchie,ma con tutto
il corpo che ne viene attraversato e ne rimane come imbevuto.
I fumi che salgono dai sette bracieri sembrano disporsi come a formare una cortina davanti a me.
In qualche modo il movimento dei fumi è guidato dalla vibrazione che cala e cresce con l'addensarsi
ed il rarefarsi della cortina di fumo.
Mi sembra che dietro la cortina si stia formando qualcosa di simile ad un uovo che risplende di una
luminescenza lattiginosa verdastra.
Ho un momento di panico quando comprendo che quell'uovo luminoso è sede di una intelligenza
che sta rivolgendo verso di me la sua attenzione.
Per un momento sono combattuto fra la gioia di essere riuscito a compiere il rituale ed il terrore per
quello che fra un momento mi troverò davanti, ma non ho tempo di cullarmi in questa indecisione.
L'essere al di là della cortina mi sta parlando.
In realtà non sento voce o parole, ma ricevo in qualche modo il suo messaggio.
Quello che invece vedo e sento è una intensificazione della luminosità e delle vibrazioni quando
l'essere «parla».
Sembra quasi che questi segni siano la manifestazione esterna del pulsare della vita dell'essere come
quando - dopo uno sforzo - si sente il battito del proprio cuore sulle tempie.
Questo è quanto la voce mi ha detto.«Il tuo rituale ha avuto successo.
Tu hai avuto qualche vaga conoscenza dell'esistenza della nostra Grande Razza ed hai sentito il
desiderio di saperne di più.
Il tuo desiderio è buono ed è stato espresso nelle forme appropriate.
Io sono quello che tu, senza conoscere, hai chiamato da una lontananza di ere immemorabili.
Io sono quello che tu hai evocato da una condizione che non è vita e non è morte, una condizione
che, per ora, non puoi sperare di comprendere.
Io sono quello che ti sarà guida per apprendere quello che è stato ed imparare quello che è ancora».
Dopo queste parole torna il silenzio, l'uovo luminoso smette di pulsare e si oscura lentamente
mentre anche la vibrazione pian piano scompare.
Quello che ho evocato deve essere tornato nell'inconcepibile luogo da cui l'ho chiamato.
Mi spaventa questa conclusione perché nelle evocazioni che ho fatto finora ero sempre io a
condurre la liturgia e a comandare quello che avevo evocato.
Sembra che questo abbia invece una sua volontà indipendente dalla mia ed alla mia superiore e che
se mi ascolta è soltanto per sua libera concessione.
Visione 5
Compio l'evocazione e mi compare davanti il sacerdote.
Ormai ho compreso la sua natura ,ma trovarmi di fronte a lui mi dà sempre un'impressione
tremenda.
Il sacerdote mi comunica la sua decisione di esaudire la mia richiesta e di raccontarmi la storia del
suo popolo.
«Servirà - mi dice - per insegnamento di chi ora è sulla Terra e se ne ritiene padrone.
Sarà un atto di giustizia perché la nostra razza si è estinta, ma ha lasciato i suoi nemici come
mostruosa eredità a chi è venuto dopo di noi.
E giusto che sappiate che cosa è accaduto prima di voi; è giusto che qualcuno di voi conosca i
mezzi per difendersi ,ma pregate sempre di non aver mai occasione di doverli usare».
Ydn fa nell'aria uno strano segno.
La vista mi si annebbia; sono sopraffatto dalla nausea.
Devo essere svenuto per un istante, ma quando mi rendo conto di cosa mi sta davanti sono sul punto
di svenire di nuovo.
Vedo dall'alto, come se stessi volando, un paesaggio di una vastità titanica e di una maestà
opprimente pur nella sua estrema semplicità.
Quella che ho davanti non è infatti che una pianura che sembra formata da un'unica, sterminata
lastra di pietra di un colore grigio chiaro tendente al blu.
Davanti a me, molto lontano, la pianura è interrotta da una scarpata che si incurva come ad
abbracciarla.
Anche la scarpata è molto regolare e pulita.
Più o meno al centro della strana curva che disegna, lontano in fondo alla pianura, vedo una
spaccatura oscura alta quasi quanto la scarpata simile all'imboccatura di una caverna.
Una volta abbracciato l'insieme con lo sguardo la prima riflessione che mi viene alla mente è tale da
far vacillare le mie povere certezze: quello che vedo mi dà l'impressione di non essere naturale ma
voluto, progettato e costruito non oso pensare con quali mostruosi e titanici mezzi.
Sembra che qualche mano di grandezza e potenza inconcepibili abbia tagliato un mondo di pietra,
come si taglia un pane di burro con un coltello, per modellarlo seguendo gli ordini di una mente
capace di disegni di una grandiosità addirittura blasfema ed offensiva per gli dei come noi li
immaginiamo.
Quando alzo lo sguardo verso quello che dovrebbe essere il cielo ho un attimo si smarrimento: non
vedo stelle, né Sole come mi sarei aspettato, non vedo anzi neanche qualcosa di simile ad un cielo
qualunque.
Tutto questo paesaggio, che ormai so essere costruito, è come immerso in una luce lattiginosa
turchese che sembra piovere da dietro di me anche se non si vede nulla di simile ad un Sole.
Ho la stessa impressione che si prova guardando sott'acqua quando si vede come un muro blu, ma si
sa che quel muro non è la fine, ma anzi l'inizio di uno spazio infinito: non oso pensare per quanto
questo spazio possa estendersi o da chi sia abitato o cosa possa esserci al di là.
L'impressione dominante è di essere in qualche modo fuori del mondo che conosciamo, in un posto
sotto tutti gli aspetti lontano ed estraneo in modo completo e definitivo: mi sento come un intruso e
mi sorprendo a sperare di non essere scoperto non so neanche da chi.
Quando abbasso di nuovo lo sguardo sulla pianura vedo due piccole figure che camminano
lentamente, come oppresse dall'immensità e dalla maestà del luogo, dirigendosi verso la spaccatura
sul fondo.
Una è un essere antico con la caratteristica andatura ondeggiante, l'altra è un uomo.
Vedo meglio l'uomo e sono preso da un'ondata di panico incontrollabile: l'uomo sono io, ma intanto
sono ancora io che guardo tutto dall'alto.
Non so come questo possa accadere,ma ho la netta impressione di essere realmente in due posti
diversi.
Riacquisto una parvenza di controllo e di calma quando i due stanno ormai entrando nella
spaccatura che, vista ora da vicino, si rivela una altissima entrata triangolare tagliata nella scarpata.
L'interno è buio, ma sembra che procediamo sicuri, come guidati da sensi che possono fare a meno
della luce.
Camminiamo in una galleria alta e stretta che scende nell'interno della roccia.
Il cammino è lungo e sempre in discesa.
Man mano che avanziamo la galleria va perdendo la forma triangolare per prendere quella di un
enorme tubo.
Ho perso il senso del tempo e della distanza: non so da quanto tempo stiamo camminando e quanta
strada abbiamo percorso, ma ho l'impressione di essere ormai penetrato fin nelle più profonde
viscere della Terra -se pure sono ancora sulla Terra - e di aver raggiunto insieme un tempo
appartenente ad esseri morti e dimenticati già prima che l'uomo nascesse.
L'aria diventa via via più calda e umida e mi sembra di sentire come una pulsazione sorda che viene
da qualche parte più avanti.
In fondo alla galleria si comincia a vedere un bagliore arancio rosato.
Improvvisamente la galleria finisce e mi trovo sulla soglia di un ambiente di una vastità e di una
imponenza da far mancare il fiato.
Il contrasto con il buio e la ristrettezza della galleria è impressionante e per un momento rimango
disorientato.
«Questo è il nostro tempio - mi dice Ydn - questo è il luogo più sacro della nostra antica città sacra.
A pochissimi esseri è stato concesso di venirne a conoscenza; pochissimi hanno trovato la strada per
arrivare fin qui e sono entrati.
Io, come ultimo dei grandi sacerdoti della nostra razza, sono rimasto solo in uno stato di vita
sospesa che voi non distinguereste dalla morte per custodire il tempio e guidare l'apprendimento di
chi indirizza i suoi studi in questa direzione.
Io ho seguito anche il tuo cammino verso di noi ancor prima che tu sapessi della nostra esistenza e ti
ho permesso di arrivare fin qui dove finora nessun umano era mai arrivato».
Sono sulla soglia di una caverna smisurata con una volta che sembra quella stessa del cielo e che
arriva fino a terra e continua, senza angoli, con il pavimento formato come un largo bacino cavo.
La prima impressione che mi viene alla mente è di essere all'interno di un enorme otre.
Sulla volta corrono cinque coppie di nervature che formano una titanica stella: le nervature sono
rilevate sulla volta e danno l'impressione di costole che si vedono sotto la pelle.
All'interno di ogni coppia si forma una profonda scanalatura che arriva fino a terra.
Qui si aprono porte circolari che conducono in antri oscuri aldilà.
Sul pavimento in leggera discesa fino al centro, cinque file di pozzetti formano una stella che ripete
quella della volta.
Al centro, dove le file di pozzetti si riuniscono, si aprono tre larghi gradini circolari discendenti che
portano ad un pozzo centrale a cui corrisponde una apertura simile al centro della volta.
Dice Ydn che nessuno sa dove finisca il pozzo sul pavimento.
«Il pozzo sulla volta - dice ancora - che una mente normale si aspetterebbe di trovare da qualche
parte della pianura sopra la scarpata all'esterno, per quante ricerche alcuni imprudenti abbiano fatto
(sulle strane proprietà di quel luogo circolano infatti voci preoccupanti) non è mai stato trovato.
Non chiedermi quali teorie possano spiegare questa strana situazione».
Sui gradini, alla fine di ogni fila di pozzetti, si eleva una coppia di alte pietre lisce ed incurvate
verso il centro che fanno pensare ai denti bianchi dei ricci di mare.
In realtà viene spontaneo paragonare tutto l'insieme che mi trovo davanti più a qualcosa di vivente
che non ad un edificio costruito: anche se può suonare assurdo sembra più naturale dire di essere
all'interno dello stomaco di un mostruoso animale o, meglio ancora, all'interno di un ciclopico riccio
svuotato dei suoi visceri ,ma ancora vivente, piuttosto che in un tempio progettato e costruito.
Tutto lo spazio è immerso in una luce arancio rosata simile a quella dell'alba nel deserto che sembra
essere generata in modo incredibile.
Dai pozzi sulla volta e sul pavimento al centro escono due sottili raggi verdastri che si incontrano a
metà altezza: lì dove si incontrano si gonfia una sfera luminosa arancio che sembra formata da
correnti di fuoco liquido che si agitano come contenute a forza all'interno di un recipiente invisibile.
La sostanza contenuta nella sfera ha la luminosità del fuoco senza però averne il calore: la lampada
sospesa ricorda la luce fredda e pulsante delle lucciole.
Le correnti luminose nella sfera sembrano proiettarsi sulla volta e sul pavimento in fiumi di colore
arancio vivo su un fondo arancio più cupo che si muovono e pulsano in modo da far pensare ad una
rete di vene sotto la pelle.
L'impressione più netta è ancora quella di un essere vivente.
Dai pozzetti salgono colonne di vapori verdi azzurri che si disperdono in alto con strane volute.
Su tutto sembra aleggiare una pulsazione ritmica e profonda che non è suono ,ma è al di là del
suono, non è oscillazione della luce, ma è al di là della luce.
In qualche modo oscuro sembra operare, immediatamente oltre la soglia delle apparenze sensibili,
qualcosa di simile al battito di un enorme cuore o all'ansito di titanici polmoni che comandano le
oscillazioni della luce, gli sbuffi dei vapori dai pozzetti ed il ronzio sordo che sentivo già nella
galleria.
Intuisco in qualche modo che questo palpito sotterraneo è la ragione stessa dell'esistenza di tutto
quello che vedo intorno a me e mi sorprendo a pensare con terrore che, se per qualche motivo
dovesse cessare, tutto si dissolverebbe ed io mi ritroverei sommerso da oceani di tenebre senza fine
e disperso senza scampo in abissi inimmaginabili di spazi e tempi che scavalcano ogni
comprensione.
Dalle 4 porte laterali stanno ora uscendo processioni di sacerdoti ammantati in ampi barracani viola
con lunghe sciarpe turchesi che mascherano un po' il loro vero aspetto: è un bene che sia così
perché, nonostante abbia ormai superato la prima impressione, non so come avrei reagito
trovandomi così lontano dalle mie certezze umane in mezzo a tanti di loro.
Sulla testa hanno una specie di corona traforata che somiglia vagamente ad un bruciaprofumi, ma
fatta di uno strano metallo verdastro.
Sopra la corona sembra galleggiare un globo luminoso simile a quello al centro del tempio e che dà
all'insieme l'aspetto di un braciere poggiato sulla testa.
Sui tentacoli che usano come mani portano qualcosa di simile ad una pesante barra contorta che
sembra d'oro decorata con i bassorilievi più incredibili che abbia mai visto.
Mentre le processioni avanzano lentamente verso il centro con passo ondeggiante e stranamente
cadenzato dai cappucci ,si leva un suono di una profondità sconvolgente che in qualche modo
intuisco essere modulato secondo regole musicali anche se totalmente estranee a qualunque armonia
potremmo mai sperare di concepire.
Quando le processioni si arrestano intorno ai gradini circolari la grande luce centrale si attenua
finché il tempio rimane illuminato quasi soltanto dai globi che i sacerdoti portano in testa.
Anche il canto cala di intensità fino a diventare quasi un mormorio capace però ancora di muovere i
lati più nascosti dell'animo anche senza che si possa comprendere il significato del canto o la logica
della musica.
La visione inizia a farsi confusa.
Sento freddo.
Mi ritrovo ancora sulla mia stuoia.
È notte.
Le lampade sono spente.
Non so quanto tempo è passato.
Sono stanco, molto stanco.
Visione 14
...«Fu allora, quando eravamo tornati nella nostra vecchia città in fondo al mare e cominciavamo
ormai a scoraggiarci come se per noi non ci potesse essere più speranza, fu allora che il mio lontano
predecessore, il gran sacerdote Voonar-Koth che poi diventò più conosciuto con il titolo di
Arannarian (il fondatore), scomparve alla vista di tutti.
La sua scomparsa aumentò ancora il nostro scoraggiamento perché Voonar-Koth era sempre stato la
nostra difesa ed il nostro stimolo a non cedere.
Con l'andare del tempo la paura e lo sconforto arrivarono al punto che qualcuno pensò perfino che
ci avesse abbandonato ed avesse stretto qualche infame patto ai nostri danni.
Nessuno seppe mai dove sia stato, ma io conosco una lunga, lunga scala sotto il tempio della nostra
vecchia città e penso di sapere dove porti.
Dopo un tempo pari a 40 dei vostri giorni, improvvisamente come era scomparso, Voonar-Koth
ricomparve fra noi.
Doveva aver sostenuto prove che noi non riusciremo mai ad immaginare, portava i tremendi segni
sul corpo e, più ancora, nello spirito, ma aveva negli occhi un'aria di trionfo: aveva ottenuto quello
che era andato a cercare.
Quando tornò tra noi aveva infatti con sé una pietra piatta, verdastra e come cerosa grande come la
tua mano e così formata.
Questa pietra - ci spiegò - era stata caricata con un potere di intensità inconcepibile proveniente
dalle stesse infami sedi di origine degli altri dei e superiore a qualunque potere loro potessero
mettere insieme o i loro osceni adoratori potessero pensare di usare.
Qualunque altra pietra foggiata alla stessa maniera e messa in contatto con quella prima pietra con i
rituali opportuni avrebbe acquistato lo stesso potere.
Questa pietra - ci disse ancora -sarebbe stata da allora in poi il nostro simbolo ed il nostro segno.
Non vi arrischiate però a scimmiottare la tremenda magia di Arannarian fabbricandovi da soli una
pietra simile né tanto meno provate ad usarla!
La pietra infatti non acquista il suo potere dai disegni che vi sono incisi né dai rituali, ma dalla
trasmissione del potere da quella lontanissima prima pietra o da altre che sono state caricate allo
stesso modo.
Disegni e rituali sono invece importanti perché permettono al potere di fluire nel modo corretto
senza prendere vie spiacevoli rischiando di incenerire chi sveglia il drago senza sapere poi come
dominarlo.
Per questo vi dico: se trovate o in qualunque modo riuscite ad entrare in possesso di una di queste
pietre con il segno degli esseri antichi caricata nel giusto modo —e state sicuri che se lo è saprete
accorgervene —conservatela come il tesoro più prezioso che mai voi o chiunque altro potrà mai
sperare di ottenere.
Non esiste potere di sultano, per quanto grande, capace di avvicinarlo ,né rubino indiano sufficiente
a comprarlo neanche se fosse più grande dell'uovo dell'uccello.
Visione 16
Ho convinto Ydn a mostrarmi la tomba di Cthulhu; ho vinto le sue resistenze ed i suoi timori per la
presenza di un pericolo - dice - che potrebbe seguirmi come un'ombra per il resto dei miei giorni.
«Ed anche oltre... » ha aggiunto.
Eseguo l'invocazione e mi compare davanti Ydn.
Regge il bastone d'oro contorto ed un lungo scettro che non avevo mai visto.
È duro e freddo come pietra,ma sembra legno ed è intagliato in modo da ricordare animali simili a
serpenti o pesci o salamandre senza mai arrivare a rappresentarli pienamente.
Man mano che si gira nuove approssimazioni di forme compaiono e scompaiono, ma quello che è
inquietante è che, nonostante tutto, i suoi vari aspetti sembrano rappresentare un unico
inconcepibile e mostruoso animale.
Ydn me lo tende e mi dice che quello sarà il bastone per il mio viaggio e l'unico lasciapassare per
andare dove voglio e sperare di tornar vivo: quello infatti è lo scettro sacro.
Quando lo prendo in mano provo un fastidio fisico perché mi dà l'impressione di qualcosa di
viscido e vibrante come se fosse un serpente vivo o fosse sul punto di diventarlo.
Sto per lasciarlo cadere ,ma mi faccio forza.
Ydn tenta ancora di dissuadermi perché – dice -lo scettro mi assicura il ritorno, ma non può
garantirmi la sanità di mente dopo il ritorno né può impedire che venga accompagnato da qualcosa
di cui è meglio non approfondire la natura e gli scopi: ambedue sappiamo di cosa si stia parlando.
Ydn inizia allora una strana cantilena con una voce molto bassa e profonda.
Mi ricorda un po' il canto che udii la prima volta nel tempio, ma questa ha una specie di ritmo che
mi dà l'angoscia.
Mentre continua a salmodiare alza sopra la testa un tentacolo e compie un movimento circolare a
scatti.
Intorno a noi sale una nebbia azzurrina e non vedo, più nulla.
Sento come un fischio lontano nelle orecchie.
Ho perso la nozione del tempo: non so se sono passate ore o soltanto qualche istante, ma posso
vedere di nuovo.
Forse è già un po' che sono tornato a vedere,ma non me ne sono reso conto perché non c'è nulla da
vedere.
Sembra che stiamo volando a mezz'aria in uno spazio azzurro verdastro uniforme senza limiti e
senza confini.
Improvvisamente capisco che ci stiamo muovendo sott'acqua.
Avrei dovuto pensarci subito, ma nonostante tutto quando me ne rendo conto non posso reprimere
un impulso spasmodico a fuggire.
Ydn deve aver capito ed aspetta un momento per farmi riacquistare un minimo di controllo.
«È importante – dice - che tu arrivi calmo e tranquillo perché lì avrai bisogno di tutte le tue energie
di mente e di nervi».
Riprendiamo a muoverci in questo mondo liquido che sembra qualcosa di più e qualcosa di meno di
un mare.
Avanziamo in una luminescenza verdastra che proviene da ogni parte e da nessuna:non fa ombre e
non dà vera luce.
Se siamo veramente in un mare si tratta di un mare ben strano: non si vede fondo e non si
incontrano pesci.
Sembra di essere su un altro mondo ed in un altro tempo: mi sento un intruso molto di più della
prima volta che entrai nel tempio di Ydn.
Ci muoviamo come volando anche se non ho idea della direzione in cui stiamo andando: in questo
spazio monotono e uniforme sembra non esserci più alto e basso, avanti e indietro.
Pensandoci bene non sono neanche sicuro che ci stiamo muovendo e che stia passando il tempo.
Non spero di riuscire a spiegarmi,ma ho l'impressione che, più che di un nostro movimento, quello
che sta avvenendo intorno a noi sia qualcosa di simile ad una distorsione dello stesso spazio.
E come se intorno a noi alto e basso, avanti e indietro, sopra e sotto stessero silenziosamente ed
intenzionalmente ridisponendosi secondo una nuova geometria assurda ed oscena, secondo nuove e
blasfeme leggi quali il grande Euclide non ha mai neanche sospettato.
Quando mi torna in mente quello che Ydn mi ha detto circa le strane proprietà dello spazio intorno a
R'lyeh capisco con terrore che ci stiamo avvicinando alla blasfema città che Ydn considera la sede e
la sorgente di tutti i mali del mondo.
Poi, senza preavviso, ci troviamo in mezzo a rovine ciclopiche che sembrano sorte dal nulla e si
alzano intorno a noi come montagne e minareti.
Siamo arrivati a R'lyeh; o forse è R'lyeh che è venuta a noi.
Questa è stata l'origine ed il centro di ogni male e di ogni abominazione da ere immemorabili.
Questa è la ragione e la causa di ogni nostro incubo e terrore.
Questa sarà ancora l'inizio della nostra fine un giorno.
Si impadronisce di me un misto di riverenza, come davanti ad un luogo oscuramente sacro, e di
angoscia senza nome, sapendo di essere sul punto di vedere quanto di più abominevole e blasfemo
mi potrà mai capitare su questa Terra, e di terrore davanti alla manifestazione sensibile del
totalmente e definitivamente altro.
Nella mia lontana giovinezza - quando ero cristiano - fui a Roma; poi feci il pellegrinaggio alla
Mecca.
In ambedue i casi me ne andai con la convinzione di essere stato in un luogo sacro, di essere
arrivato vicino alle sorgenti da cui sgorga la corrente della divinità.
Qui si risveglia in me la stessa sensazione,ma stavolta c'è un'unica, tremenda differenza: la città che
ho di fronte è una contraffazione grottesca ed oscena della città santa ed il dio che mi troverò di
fronte è al di là di quanto di più malefico e diabolico noi piccoli uomini riusciamo a concepire.
Mi domino soltanto con grande sforzo: tremo in ogni fibra e non sono più così sicuro di voler
proseguire.
Ydn mi ricorda però che ora non è più possibile tornare indietro:
«Una volta partiti, fermarsi è precipitare nel baratro senza fondo che si apre sotto il sottile ponte che
stiamo percorrendo.
L'unica salvezza per te è andare avanti e compiere fino in fondo il tuo cammino».
Intorno a noi si addensa una selva che sembra sterminata di rovine di cui è difficile comprendere la
forma originaria.
Ho l'impressione che la loro forma «originaria» sia sempre stata quella che ora ho davanti: mi torna
in mente il nome con cui il grande Voonar-Koth indicava questo posto - «il regno del Caos
diabolico» - e comprendo che in qualche modo la blasfema città santa è sempre stata così.
Sono muri e pilastri, archi e obelischi, blocchi di ogni forma e dimensione ammucchiati alla rinfusa
come da un titanico cataclisma che ha scosso tutto dalle fondamenta e lo ha scaraventato in fondo a
questo strano mare.
Ogni cosa è ricoperta da una patina simile a fango filamentoso vischioso e verdastro; da ogni
spigolo pendono festoni della stessa schifosa materia.
Tutto è silenzioso e privo di vita ma quello che so mi fa capire che mi sto avvicinando ad una forma
di vita al di là della povera e meschina immaginazione umana.
Mi rendo conto che, da quando R'lyeh ci è apparsa, ci troviamo immersi in una vibrazione sorda che
non è un suono perché mi sembra di sentirla con tutto il corpo come se ne fossi attraversato: mi fa
pensare a flauti troppo acuti e troppo gravi suonati da un pazzo dentro una profonda caverna.
Il suono dei flauti cresce man mano che avanziamo.
Ydn è nervoso: è la prima volta che lo vedo così teso.
Il suono dei flauti è divenuto ossessivo.
La città intorno a noi se possibile - si è fatta ancora più caotica e opprimente.
Le rovine finiscono improvvisamente come erano cominciate e con loro i flauti.
Siamo immersi in un silenzio totale che mi opprime le orecchie e la mente più dei flauti.
Davanti a noi si apre una spianata priva di rovine: è una enorme piazza circolare posta, credo, al
centro della città.
Non ho tempo di guardare la piazza: quello che c'è in mezzo cattura tutta la mia attenzione ed ogni
mia capacità mentale.
Sono preso dalle vertigini perché prima ancora che Ydn parli so di essere arrivato dove volevo e
temevo di arrivare.
L'edificio che si innalza davanti a me è la abominevole tomba di Cthulhu.
Quella che ho davanti è una ciclopica muraglia circolare in cui si aprono altissimi archi.
Lo spessore della muraglia che si vede nell'arco è prodigioso: spero di non sapere mai quali esseri e
con quali mezzi abbiano potuto edificarlo.
Tra gli archi partono dal cerchio, verso l'esterno, dei corti muri che sembrano sostenere la muraglia
circolare: anche in questi si aprono archi.
L'interno sembra vuoto.
Ydn leva alta sopra la nostra testa la pietra con il Segno degli Antichi e lancia una specie di lungo
sibilo lamentoso che mi fa sobbalzare: è il primo suono che sento da quando tacciono i flauti,ma mi
sembra che abbia l'asprezza intollerabile del coltello che raschia il piatto.
Dopo un istante la pietra inizia ad emanare un debole ronzio e noi entriamo nella piazza.
Man mano che avanziamo divento cosciente di una sensazione nuova: ho l'impressione che un
cerchio di ferro mi si stia serrando lentamente, ma progressivamente ed inesorabilmente intorno alla
testa.
Da lontano non mi ero reso conto delle dimensioni: la piazza in realtà è molto più grande di quanto
pensassi e la tomba è al di là di ogni sensata immaginazione.
Finalmente arriviamo e ci fermiamo sotto un arco: mi sento oppresso dalle titaniche muraglie che
vedo sopra ed intorno a me,ma più ancora sono disorientato da quello che mi trovo davanti.
Capisco ora quanto era precisa l'impressione che avevo avuto da lontano che l'interno della
muraglia fosse «vuoto».
Tutto l'enorme spazio circolare racchiuso dalla muraglia è occupato da una unica, angosciosa
voragine conica che si apre proprio davanti ai miei piedi.
L'abisso non è ripido, anzi penso che sarebbe possibile scendervi camminando carponi, ma c'è
qualcosa che mi dà l'impressione che, una volta in fondo, non sarebbe più possibile tornare in cima.
C'è qualcosa in questo luogo - come la consapevolezza di una presenza in agguato subito sotto le
apparenze visibili che mi fa pensare di essere in uno dei confini del mondo, in uno di quei posti
infami che segnano il limite fra il mondo che gli uomini considerano orgogliosamente proprio e gli
sconfinati spazi esterni di cui la maggior parte di quegli stessi uomini non sospetta neanche
l'esistenza.
Questo luogo è una Porta in cui lo spazio degli uomini si apre ed i blasfemi esseri degli spazi
esterni, gli adoratori del Caos urlante che sta fuori in agguato perenne, sono entrati un giorno e
torneranno ad entrare quando qualcuno risveglierà dall'abisso le loro oscure divinità.
In un lampo ho una visione.
Mi vedo nel corpo di una formica; cammino sulla sabbia e davanti a me ho l'imbuto del
formica-leone.
So che sul fondo si nasconde una minaccia orrenda ,ma sono come attirato dal centro dell'imbuto.
Le pareti di sabbia sembrano scorrere verso il basso e scomparire silenziosamente al centro dove
però non si vedono fori.
Continuo a fissare le pareti: le vedo scorrere senza movimento.
Il formicaleone è l'infame Cthulhu.
Le pareti scivolano verso il centro: non le vedo muoversi,ma so che stanno discendendo lentamente,
inesorabilmente finché, vengono inghiottite dal centro.
Sotto c'è Cthulhu.
Non vedo più altro.
Il cerchio alla testa si stringe: sento un ronzio crescente.
Continuo a fissare spasmodicamente il centro dell'imbuto come se sapessi che da lì sta per uscire
qualcosa che cerca me.
O forse sono io che devo andare: Cthulhu mi aspetta, Cthulhu mi chiama.
Il ronzio mi sta spaccando la testa: mi sembra di avere uno sciame di mosche impazzite intrappolate
nel cranio.
Non lo sopporto più.
Devo andare.
Cthulhu sta chiamando la mia mente.
Devo andare.
Cthulhu vuole la mia mente.
Vado.
Qualcosa deve essersi spezzato all'improvviso.
Mi sono risvegliato sulla mia stuoia.
Ho freddo e tremo come in preda ad una tensione insostenibile.
Improvvisamente mi torna in mente tutto quello che ho visto e mi trovo in preda al terrore perché ho
compreso il significato della brusca interruzione.
Ydn deve aver troncato la visione nel modo più rapido e netto che è riuscito a trovare anche a costo
di rischiare la mia vita.
E conosco soltanto un motivo che possa giustificare una simile fretta.
Ydn deve aver intuito quello che io stavo provando e mentre io lo comprendo soltanto ora quando
forse è ormai troppo tardi - deve aver visto anche quale ne era il significato profondo.
La realtà ultima che ora io a malapena oso scrivere è che in quei momenti tremendi Cthulhu
sepolto ,ma non morto davanti a noi aveva visto ,in qualche modo che non voglio immaginare, il
temerario visitatore ed aveva rivolto la sua blasfema attenzione verso di lui per creare ancora una
volta il legame con cui lo avrebbe reso in eterno suo schiavo.
Capisco ora che sono arrivato sul punto di mettere la mia mente sull'innominabile altare di Cthulhu
come offerta vivente perché la facesse sua e mi rendesse suo schiavo per sempre.
E non sono ancora sicuro che non abbia avuto il tempo e la possibilità di farlo.
Visione 22
Sono stato a Leng.
Non nella già tremenda Yan-Ho su questa Terra in cui pure qualcuno è stato, anche se vorrebbe non
averlo fatto; non in quello che c'è oltre lo Hatheg-Kla da cui gli altri dei sorvegliano i patetici dei
della Terra.
Sono stato a Leng, quella che è su questa Terra che voi credete vostra, ma non è parte di essa perché
Leng sta su questa Terra come un osceno bubbone su un corpo, come una infezione che
lentamente ,ma inesorabilmente si estende sul corpo e ne prende possesso anche se il corpo ancora
non sa -o non vuole sapere - che ormai è vittima destinata.
Strano e lungo è il cammino per andare a Leng.
E strano perché Leng è ovunque e in nessun posto.
Ogni porta può essere quella che si apre su Leng; dietro ogni angolo si può spalancare l'abisso che
porta a Leng.
Ma Leng non è in nessuno dei posti che voi conoscete; si può passare tutta la vita a cercarla senza
neanche avvicinarvisi.
Per trovare Leng è necessario conoscere le Porte e saperle riconoscere quando uno se le trova
davanti.
Per trovare Leng è necessario sapere quali sono le chiavi che aprono quelle Porte e trovare il
coraggio ed il perverso sangue freddo che vi consentano di usarle nel modo giusto.
Per trovare Leng è necessario soprattutto che sia Leng stessa a cercare voi.
Allora troverete Leng in un attimo ,ma forse, se ancora ne avrete la possibilità, pregherete i vostri
piccoli dei perché annullino quello che è già successo: ma sarà troppo tardi.
Leng è ovunque ed in nessun posto.
Capite allora perché esistono tante strane storie su Leng e sulla strada per arrivarci.
Alcuni parlano infatti del freddo deserto che nessun uomo calpesta, al di là delle Montagne
Scolpite; altri parlano di posti ancor più strani regno silenzioso della Morte Vivente.
Ormai sono sicuro sulla vera natura della mia guida.
Quello che una volta era Ydn, ultimo sacerdote degli Esseri antichi, che io avevo accettato come
guida e che tante porte mi aveva aperto, dopo il viaggio alla tomba di Cthulhu aveva iniziato a
diventarmi ostile - o forse ero io che non riuscivo più a sopportare la sua presenza.
Inizialmente la cosa mi preoccupò perché capivo che non era la repulsione che avevo provato nella
prima evocazione - e avevo ormai superato da tempo - per il suo mostruoso aspetto.
Era invece qualcosa di più sottile che mi diede un'angoscia mortale perché non avevo il coraggio di
confessare a me stesso cosa stesse accadendo.
Venne poi un giorno in cui, evocando Ydn, di nuovo non provai alcuna repulsione: non fu però
quella la fine della paura.
Fu anzi una liberazione ed un incubo: liberazione perché era finita l'incertezza che mi aveva
attanagliato in quei giorni, incubo perché, l'incertezza si era risolta nel modo che avevo sempre
saputo, ma che non avevo mai avuto il coraggio di ammettere.
In realtà quello che mi appariva come Ydn era la blasfema emanazione di Cthulhu ed il fatto che lo
avessi accettato significava che ormai io ero suo servo per sempre: ora non avevo più dubbi che la
visita alla oscena tomba di Cthulhu aveva sortito il risultato che il maledetto Ydn temeva…
Non so come ci sono arrivato, non ricordo il cammino ed il viaggio: in realtà non sono neanche
sicuro di aver camminato e viaggiato.
So soltanto che ora sono a Leng: Leng è intorno a me e mi avvolge, e mi opprime.
Non riesco a comprendere se sono sopra la terra o sotto terra.
Intorno a me si estende uniforme ed indefinito in ogni direzione quello che sembra spazio vuoto.
Eppure lo so e lo sento vivente ed abitato: non voglio pensare da chi.
Sono trasportato come volando, come nuotando, lungo corridoi che girano in continuazione,si
avvolgono senza fine su se stessi, si incrociano e si annodano e si inviluppano l'uno sull'altro senza
fine, senza scopo e senza scampo.
Ho l'impressione di essere in una corrente d'acqua che scorre in un tubo.
Ma non c'è acqua né tubo: è come se il corridoio - o il tubo - fosse fatto di spazio, scolpito nello
spazio.
Capisco che Leng —almeno per quello che vedo —è un ammasso ciclopico di gallerie disegnate
nell'aria da una mente titanica.
Leng è un groviglio blasfemo di mostruosi tubi scolpiti nel vuoto da una volontà diabolica.
Mi torna in mente quello che una volta vidi nelle mie peregrinazioni: un termitaio.
Forse le termiti vivono in un mondo simile a quello che ora mi possiede: un mondo di gallerie senza
fine che si estendono in tutti i sensi, un mondo di spazio tenebroso e brulicante di presenze, un
mondo al centro del quale c'è qualcosa di enorme, di mostruoso e di oscuramente potente.
La patetica inadeguatezza del paragone però mi fa rabbrividire e mi getta nell'angoscia.
Per le termiti il loro spazio oscuro è fonte di sicurezza e di difesa: per me è la completa e definitiva
estraneità e la glaciale ostilità.
Per le termiti le gallerie sono fondate sulla solida terra che le sostiene: per 'me le gallerie sono
costruite di vuoto e sul vuoto ed ancora di più mi fanno sentire scoperto ed indifeso, sottoposto
all'imprevedibile capriccio di volontà che non voglio immaginare.
Per le termiti la presenza al centro è fonte di sicurezza ed in quella tutto il 'loro popolo si riconosce
e si identifica: per me la presenza che so in agguato al centro del labirinto è fonte del terrore più
totale e definitivo.
In queste gallerie di aria in aria, di vuoto su vuoto continuo a scorrere come portato da una corrente
invisibile: non sono più padrone dei miei movimenti, non ho più una mia volontà.
Sembra che l'impotenza fisica e l'annullamento della mia piccola volontà vadano di pari passo
travolti da qualcosa di inconcepibilmente più potente sia come forza fisica che soprattutto come
potere spirituale.
In un lampo capisco cosa tiene in vita Leng ed insieme comprendo anche perché non riuscivo ad
inquadrare la forza e la volontà che mi trovo di fronte.
In realtà Leng è un groviglio blasfemo tenuto in esistenza ed in vita (perché in qualche oscuro modo
Leng è vivo) da una unica, allucinante volontà che lo pensa e lo sostiene: questa volontà è
Nyarlathotep, il messaggero del caos, quello che confonde chi lo chiama o soltanto lo pensa con
troppa insistenza.
Acquista allora significato quello che finora non riuscivo a spiegarmi.
Se infatti mi sembra di continuare a girare senza scopo, senza meta e senza fine in questo osceno
labirinto è soltanto perché non posso avvicinarmi al suo centro -ammesso che ci sia un centro come
le nostre povere menti immaginano - a meno che il suo osceno abitatore non lo voglia: e devo
ritenermi fortunato che Nyarlathotep non gradisca vedermi.
Visione...46
…
…chi pratica il primo rituale di Ibn Khaldun dice infatti che il risultato del rituale è la visione degli
esseri senza forma che sono sotto la nostra fantasia.
Chi poi ha il coraggio di eseguire anche il secondo rituale può entrare in contatto ed aver
commercio con loro.
Il terzo rituale infine, anche se avrà il risultato pressoché inevitabili di consegnarvi alla pazzia più
totale e delirante, dice Ibn Khaldun che vi permetterà di usare degli esseri senza forma come dei
vostri servitori.
Io ho eseguito il primo rituale e sono svenuto la prima volta che ho visto uno di questi esseri.
Io mi sono spinto fino al secondo rituale e ne porto ancora su di me e dentro di me i tremendi segni.
Io però, nonostante il mio incontenibile desiderio di apprendere anche le scienze più innominabili,
non ho mai avuto il coraggio di eseguire il terzo rituale.
Ma, nonostante tutto l'orrore di questi rituali e la perversità blasfema delle conoscenze che
procurano, Ibn Khaldun fu forse ancora pietoso quando parlò degli esseri senza forma come di
incubi della nostra fantasia: forse non volle spaventare più del necessario i suoi malcapitati
discepoli o forse neanche lui comprese quale fosse la loro vera, tremenda natura.
Ydn mi aveva già parlato più volte di come i sapienti del suo popolo avevano imparato a creare e
plasmare la materia vivente ed a foggiare con questa degli esseri che usavano come loro servitori e
bestie da soma a seconda delle necessità.
«In fondo - mi aveva detto -noi facciamo con la materia vivente quello che voi fate con la materia
inanimata quando fondete il ferro e forgiate una spada».
Se io soltanto provassi appena ad accennare a qualcuno cose del genere mi prenderebbero per
blasfemo o per pazzo ancor più di quanto già non facciano.
Mi rendo conto che continuo a parlare girando intorno a quello che veramente devo dire perché non
ho il coraggio di riandare con la memoria a quello che ho visto e di fissarlo su carta, come se l'atto
di scriverlo dovesse renderlo più definitivo ed inevitabile di quello che già è…
LIBRO V…
E non è che il grande calderone degli esseri si limiti a quelle poche cose che voi, piccoli uomini
mortali, riuscite a vedere o vi sforzate di immaginare.
Voi conoscete - o credete di conoscere - gli uomini come voi, formati di corpo mortale, anima vitale
e spirito immortale.
Voi vedete intorno a voi gli animali formati di corpo e di anima vitale.
Voi vi riempite la testa parlando di angeli e di gerarchie celesti.
Voi ancora, nelle lunghe veglie notturne, vi raccontate l'un l'altro di diavoli e di demoni fino ad
annegarvi da soli in quello che a voi sembra il vertice del terrore.
I cosiddetti sapienti - quelli che qui si fanno chiamare sufi - parlano ancora di geni che popolano
cielo e terra e che possono essere posti al proprio servizio.
I sufi raccontano poi di Salomone e di come li aveva imprigionati e pensano di conoscere il modo di
comandare loro e di farsi servire: e di tutta questa loro scienza si sentono fieri e orgogliosi.
Voi, tutti voi, siete folli ,non perché quello che sapete sia sbagliato,ma perché pensate che, per il
solo fatto che non conoscete altro, questo che conoscete esaurisca la sapienza dell'Universo.
Voi insensati non immaginate neanche quanto tutte le vostre filosofie siano lontane dal riempire lo
spazio che si stende tra cielo e terra e quello che dorme sotto terra.
Ma forse è bene che quello che non conoscete continui a rimanervi sconosciuto: solo così potrete
ancora occuparvi dei vostri piccoli affari ed illudervi di governare quel mondo che chiamate vostro.
In realtà esistono esseri che se solo riusciste ad intravedere vi toglierebbero ogni fiducia
nell'esistenza di un qualunque ordine nel mondo e vi getterebbero nel terrore più folle perché
capireste che l'unica vostra possibilità rimane la speranza che questi esseri non abbiano interesse ad
occuparsi di voi.
Ed ancora più vicino a voi esistono stati dell'essere, del vostro stesso essere, capaci di aprire porte e
di gettare ponti su mondi che è bene non voler conoscere se non si è molto ben sicuri di saperli
governare, di saper ritrovare la strada per tornare indietro sani almeno come quando si è partiti e di
non portare con sé spiacevoli compagnie quando si torna a casa.…
La fonte più grave dei vostri errori è dovuta al fatto che la vostra povera fantasia non sa immaginare
altre possibilità che la vita e la morte: per voi quando un uomo mangia, beve e cammina significa
che è vivo mentre se è sepolto sotto terra è morto.
Io non posso dire di sapere tutto - c'è ancora molto che ancora che non so e non sono sicuro di voler
sapere, ma sono ancora meno sicuro di esser padrone di tornare indietro o anche soltanto di potermi
fermare -ma vi posso assicurare che nulla è più lontano dal vero che l'affermazione apparentemente
così semplice per cui tutti quelli che camminano sono vivi mentre tutti e soli quelli che giacciono
sotto terra sono morti.…
Morire non è come spegnere una lampada.
Tra vita e morte esiste tutto un mondo di infinite possibilità e di sottili sfumature che non sono
soltanto fantasie di menti contorte, ma vengono realmente occupate ed in cui esistono e prosperano
esseri che è meglio non infastidire e che in parte sono originati da quegli stessi che noi chiamiamo
morti e che forse conoscemmo in vita sotto aspetti che di solito si giudicano più normali...
LIBRO VI
Avvertimento agli imprudenti.
Quando studiate i cantici e vi esercitate con le invocazioni ed i rituali di evocazione dovete sempre
avere a mente che i cantici, i gesti e gli strumenti sono soltanto una metà del patrimonio di cui
disponete per la liturgia.
L'altra metà - la più importante - siete voi stessi con la vostra mente, la vostra voce, la vostra
capacità di suscitare e dominare il potere.
Ricordate che i cantici e le formule sono parole di potere solo se proclamati con la giusta
intonazione, con la giusta cadenza e con la necessaria concentrazione.
Se non vi è mai capitato di assistervi vi prego di credermi quando vi dico che sentir vibrare come
parole di potere i cantici e le formule da chi sa come eseguire correttamente le liturgie è una
esperienza ben diversa che semplicemente sentirli leggere; è un'esperienza capace di scuotere le
corde più profonde del vostro animo senza che vi rendiate conto del perché anche se intuite che è
stato messo in gioco del potere che si sta liberando e consolidando davanti a voi.
Esperienza ancora più profonda è riuscire personalmente a far vibrare le parole di potere, vedere il
potere che si libera e riuscire a dominarlo ed a guidarlo secondo la propria volontà.
Non tentate quindi di fare da soli imparando i cantici e provando le invocazioni.
Nel migliore dei casi non otterrete risposta e soltanto il vuoto le avrà ascoltate ed accolte nel suo
infinito seno: in questo caso dovrete ancora dichiararvi fortunati e ringraziare i vostri spiriti
protettori perché può anche accadere che il potere mal liberato dai cantici prenda strane vie e
risvegli indesiderabili attenzioni e presenze.
Se allora viene chi non avrebbe dovuto, nessuno, per quanto sventurato e miserabile, sarebbe
disposto a scambiare con voi la sua sorte.
Cercatevi quindi un maestro sicuro, imparate da lui ed iniziate ad operare con i vostri strumenti solo
quando lui avrà visto che avete raggiunto l'illuminazione e siete pronti: sarà meglio per voi e per
tutti noi.
Se comprendete a fondo la natura di Caos pensante degli altri dei non vi dovrete meravigliare se i
cantici, le formule e le invocazioni più potenti per trattare con questi temibili compagni sono scritti
in un linguaggio che può sembrare caotico ed incomprensibile.
In realtà chi scrisse queste formule non era neanche umano perché ci vengono attraverso secoli
senza fine dagli esseri piovra che adoravano questi dei sulla nostra Terra e dagli esseri antichi che
da questi dei tentavano di difendersi.
Queste formule sono scritte nella lingua sacra di R'lyeh, la maledetta, blasfema città ora
addormentata - non morta! - in fondo al mare e sede dell'orrendo Cthulhu e delle sue non meno
orrende orde.
Queste formule sono scritte da esseri che non hanno un linguaggio come noi lo intendiamo e che
non usano bocca e lingua per parlare.
Queste formule sono scritte per esser comprese e ben accette da parte di esseri che per noi sono la
malignità ed il Caos personificati.
Non meravigliatevi quindi se suonano strane ed incomprensibili: ricordate a chi sono rivolte e per
che scopo e comprendete che proprio in questo è la loro forza.
Cantico ad Azathoth
Il grande Caos è l'inizio di tutto, il grande Caos è la fine di tutto: tutto è il grande Caos.
Non vi illudete per quello che dicono i cosiddetti sapienti: non è vero che esiste un ordine, non è
vero che esiste una logica.
Il cosmo è soltanto una fragile apparenza, il cosmo è soltanto un patetico guscio di noce sballottato
senza fine in un mostruoso oceano in tempesta.
E tutti noi, ridicole formiche, ci teniamo aggrappati a quel guscio senza vedere l'oceano, senza voler
vedere la tempesta, per conservare un briciolo di ragione e di tranquillità.
Ma tutto è il grande Caos.
Il grande Caos è senza ordine, è senza forma, è senza logica.
Ma in qualche mostruoso modo, incomprensibile anche alle visioni dei mistici, il grande Caos ha un
centro, lontano da noi in modo inconcepibile, eppure vicinissimo, distante spazi senza fine eppure
su di noi sempre incombente.
E qui, al centro del grande Caos, che si apre l'abisso finale che gli stessi altri dei temono.
E qui, al centro del grande Caos, che si spalanca il pozzo senza fondo a, cui gli stessi altri dei si
accostano con terrore.
È qui,al centro del grande Caos,che Azathoth ha provocato il secondo lampo,dopo aver sventrato
una delle idee della realtà,creando dei sistemi solari,che ora sono stati cancellati e il loro impero
blasfemo è estinto e dimenticato anche dai miti del cosmo.
Chi arriva qui, uomo o animale, dio o demone che sia, non può sperare di avere più scampo: guardi
un'ultima volta dietro di sé l'oceano di spazi urlanti che ha valicato e che gli è sembrato osceno e
blasfemo.
Lo guardi e pianga se sarà ancora in grado di farlo, perché quello che si apre davanti a lui è
l'orizzonte ultimo e definitivo da cui non si torna indietro.
Quello che vede per la prima e l'ultima volta davanti a sé è il blasfemo abisso finale che tutto
inghiotte senza speranza.
Davanti a sé l'infelice imprudente vede l'ultimo orizzonte serrato dalle titaniche e mostruose mura
che chiudono l'infinito, concluso dalle infami e blasfeme muraglie che rinserrano il Caos finale.
Intorno a sé lo stupido presuntuoso che ha creduto di poter sfidare gli spazi urlanti che creano
immonde forme viventi sente la musica selvaggia e demenziale dei flauti, è sommerso e travolto
dalla ridda di suoni infernali al di là di ogni pazzia, al di là di ogni possibile sopportazione umana.
Perché intorno alle mura dell'infinito si affollano le legioni senza fine di quelli tra gli altri dei
destinati a tenere confinato entro le mura il loro osceno Abitatore, la suprema bestemmia che
racchiudono.
E qui infatti che le stesse titaniche ondate degli altri dei, che premono blasfemi flauti su labbra al di
là di ogni immaginazione, che producono senza posa flauti dalle loro stesse mostruose labbra,
vengono continuamente inghiottite dalla nera voragine senza fondo che si spalanca insaziabile
davanti a loro.
E qui che le orde ribollenti degli altri dei condannati, che protendono i loro inconcepibili tentacoli
atteggiati a bacchette di tamburo e suonano facendo vibrare i loro stessi corpi orrendi fino ad
impazzire, vengono incessantemente bruciate ed incenerite dalla nera fiamma di Quello che si
aggira dentro le mura solo per essere sostituite per l'eternità da altre ondate senza posa, unica difesa
per gli stessi altri dei degli spazi esterni.
Perché al centro del Caos urlante, all'interno delle informi mura dell'infinito, oltre le oscure, eterne
cripte del tempo, oltre le tenebrose ed immutabili volte dello spazio, al di là di ogni concepibile al di
là eppure vicinissimo ed incombente su tutti noi è racchiuso il nero trono immerso nella tenebra, il
trono della oscura gloria blasfema, la sfera mugghiante di tenebra maligna sospesa sull'oceano
ribollente che vomita forme da incubo e incenerisce senza fine le forme che crea.
E qui che siede Quello il cui vero nome nessuno ha mai udito, né il reale aspetto nessuno, uomo,
demone o dio, ha mai visto.
Qui regna l'oscena malignità primordiale che ha preceduto ogni essere o cosa.
Da qui impone ad ogni essere e cosa la sua tremenda legge di Caos diabolico.
Qui sarà ancora quando ogni essere e cosa sarà stato, da eoni senza numero, arso e bruciato.
In questa terribile oscurità vivente si aggira la massa amorfa di confusione suprema.
All'interno di queste mura ribolle il gorgo finale, l'infernale calderone in cui tutto è in tutto e nulla è
definito, l'osceno vortice schiumante in cui nulla resiste ed il Caos trionfa.
Qui il Vortice supremo e definitivo, il mostro sultano è occupato a bestemmiare e gorgogliare in
eterno le sue minacce, qui il tumulto cosmico che ogni cosa annienta e distrugge passa il tempo
odiando e maledicendo senza fine.
In questa luminosa oscurità di nera fiamma ribollente arde, ma non si consuma l'ultimo abisso di
malignità cosmica, Quello che nessuno nomina e tutti bestemmiano per onorario, Quello che è
sottomesso a tutti perché è il vertice supremo, Quello che tutti domina con la sua legge di Caos
idiota perché è l'abisso definitivo e totale.
Oltre Quello,vi è la dimensione grigio bianca.
Li vi sono,secondo i racconti,anche suo fratello e sua madre.
Del tutto esterni e inconcepibili.
Cantico a Yog-Sothoth
Tu sei in ogni istante del tempo infinito perché dal tuo respiro emana l'illusione che noi chiamiamo
tempo in quella zona dell'universo dove l'abominio sultano ha generato.
Tu sei in ogni luogo degli spazi sterminati perché dalla tua oscura fiamma viene generato quello che
noi crediamo il nostro spazio.
Tu sei la ragione ultima e totale di ogni tempo e di tutti gli spazi,tu sei il tempo e l'alito del tempo,
lo spazio e la tensione dello spazio.
Tu sei l'Uno primitivo e l'inconcepibile Essere che sta Oltre l'Uno.
Tu sei il Tutto e l'inesprimibile fondamento che sta sotto il Tutto.
Tu sei presente in ogni tempo e in ogni spazio perché ogni tempo e ogni spazio vivono ed esistono
soltanto per la tua presenza.
Perché Tu sei Quello che ha il suo trono nei quattro confini dell'Eternità,Tu sei Yog-Sothoth.
L'abisso vivente ed urlante in eterno ha un'anima che gli dà la sua oscena sembianza di vita.
Quest'anima sei Tu, Anima dell'abisso finale.
L'abisso ribollente al suono di flauti blasfemi premuti contro labbra che non sono labbra è sede e
dimora di un dio.
Tu sei l'abisso ed il Dio dell'abisso, Tu sei l'abisso ed il Signore dell'abisso.
Perché Tu sei Quello che ha il suo trono nei quattro confini dell'Eternità,Tu sei Yog-Sothoth.
Tu sei l'Abitatore della notte infinita, il Creatore dell'oscurità senza limiti che da te emana
incessante.
Tu sei il vampiro della notte che vola in giro silenzioso a prendere possesso del suo regno di tenebra
e su questo allunga l'ombra mortale delle sue ali membranose.
Tu sei Quello che non ha occhi perché nell'oscurità senza fondo dell'abisso non c'è nulla che possa
esser visto con occhi.
Tu sei Quello che non ha orecchi perché nel silenzio sepolcrale dell'abisso non ci sono suoni che
possano essere ascoltati con orecchi.
Tu sei Quello che vede nel buio, Tu sei Quello che ode nel silenzio.
Tu sei Quello che vede al di là di ogni percezione umana le infami forme senza forma generate
dall'oscurità infinita.
Tu sei Quello che ode al di là di ogni possibilità di immaginazione gli immondi suoni evocati
incessantemente dal regno dell'eterno silenzio.
Perché tu sei Quello che ha il suo trono nei quattro confini dell'Eternità,Tu sei Yog-Sothoth.
Già una volta questa Terra ti ha conosciuto, quando il mondo era giovane e l'uomo non era ancora
venuto a proclamarsene padrone.
Già una volta sei filtrato dalle stelle attraverso la Porta che unisce le sfere e sei venuto in mezzo al
nostro mondo per prenderne possesso.
Nessuno ti vide arrivare, ma chi c'era in quel tempo comprese senza speranza che il suo mondo non
sarebbe stato più suo, comprese con terrore che ormai avrebbe avuto per sempre il tuo diabolico
potere come compagno della propria ombra e guardiano della soglia della casa che fino ad allora
aveva chiamato sua.
Perché Tu sei Quello che ha il suo trono nei quattro confini dell'Eternità,Tu sei Yog-Sothoth.
Una volta Leng era un posto lontano e difficile da raggiungere, ma la strada era conosciuta, e c'era
chi andava a Leng, e ne tornava.
Ora la strada si è persa e nessuno desidera ritrovarla, ora tra noi e Leng si estende senza fine il
deserto gelato che nessun uomo calpesta, la landa desolata da cui la vita fugge, la distesa infame in
cui hanno sede indisturbati esseri e presenze che il mondo degli uomini non accoglie, al di là della
vita che sappiamo immaginare.
Ora la strada si è persa perché Leng non è più parte di questo nostro mondo.
Leng appartiene ora agli spazi esterni da cui Tu sei colato giù una volta per farne il tuo trono fra noi.
Perché Tu sei Quello che ha il suo trono nei quattro confini dell'Eternità,Tu sei Yog-Sothoth.
Tua è la mostruosa Porta del vuoto, tua è la Porta convessa che si spalanca sull'abisso finale,
sull'oceano ribollente del definitivamente altro, dell'esterno senza ritorno dove si agitano senza fine
le oscene forme degli Altri Dei in perpetua dissoluzione, dove striscia sibilando Nyarlathotep con
mille forme e nessun aspetto.
Tu sei là dove le sfere si incontrano e si toccano nel loro eterno vorticare, là dove nel nostro mondo
si apre la Porta concava.
Tu sei la Porta e il signore della Porta, Tu sei il tremendo Guardiano della Porta, Tu sei quello che
gli antichi sapienti che ti videro e riuscirono a sopportare il tuo terribile sguardo conobbero come
Umr-at-Tawil.
Tu sei la tremenda guida di chi osa alzare il velo e guardare al di là, Tu sei l'Essere senza fine che è
Tutto in Uno e Uno in Tutto.
Perché Tu sei Quello che ha il suo trono nei quattro confini dell'Eternità,Tu sei Yog-Sothoth.
E non vi illudete che tutto sia ormai un lontano ricordo di cose passate solo perché non ne sapete
più riconoscere i blasfemi segni.
Ricordate sempre che non tutto quello che e dimenticato e, solo per questo, necessariamente morto.
Yog Sothoth può attendere senza fine perché sa che le sfere si muovono inesorabilmente verso di
lui.
Yog-Sothoth sa che un giorno le sfere saranno ancora nella giusta posizione, Quel giorno si aprirà la
Porta convessa, si spalancherà la Porta concava, quel giorno Yog-Sothoth passerà con tutte le sue
orde e tornerà per manifestarsi fra noi.
Quel giorno vedremo la sua mostruosa e blasfema gloria scendere dall'alto dei cieli e riversare su di
noi, come una colata di lava pestilenziale, tutto l'odio accumulato in ere immemorabili.
Quel giorno non ci sarà potere umano in grado di contrastare un simile ritorno.
Subito dopo non ci sarà più potere umano.
Perché Tu sei Quello che ha il suo trono nei quattro confini dell'Eternità,Tu sei Yog-Sothoth.
CTHULHU HA'ULUR
TWOULYOV FR LAURIEL UMPH IRAB UTHOT CTHULHU Q'UFWU ALLRUA GN'A
LLNYN'J BH YBHAV IYA'ZL YABDA MIJKU'J'UYUR JWOIJLTHLOB UBOI ÈA WAHR
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Cantico a Cthulltu
Il grande Cthulhu è venuto dal Caos.
Interminabili ere sono trascorse da quel giorno, eoni senza fine si sono consumati da allora,ma non
ci è consentito dimenticare.
Quel giorno la Porta del vuoto si aprì e dagli spazi esterni il grande Cthulhu ci si rivelò.
Come una abominazione sopra di noi, noi lo conoscemmo:la sua voce era simile a turbine di vento,
il suo alito era pestilenza,il rumore del suo passo era come quello delle grandi acque, il turbine delle
sue ali portava nel cuore l'angoscia della cripta.
Quel giorno ci fu rivelato il Caos diabolico ed i suoi poteri, quel giorno vedemmo le arti del Caos
disceso in mezzo a noi.
Da quel giorno il nostro mondo non fu più lo stesso, da quel giorno il nostro mondo non fu più
nostro.
Il grande Cthulhu è venuto dal Caos.
La blasfema divinità è signore del profondo.
Ma la Terra non volle sopportare il suo osceno peso.
La bestemmia vivente che era la città della sua infame gente, l'orrendo covo dei mostri suoi
adoratori fu scosso dalle fondamenta.
In un'unica notte, in un unico giorno terribile tutto sprofondò nel fango, tutto fu annientato, tutto fu
sommerso dal grande oceano.
La blasfema divinità non ha rinunciato però ai suoi diritti, il dio infame ha preso possesso di un
nuovo regno, il dio infame ha fatto suo l'abisso oscuro dell'oceano:qui regna senza fine e non cura il
passare delle ere, da qui regna occulto ed osserva in silenzio.
La blasfema divinità è signore del profondo.
Il diabolico scorpione dorme in R'lyeh.
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Da allora Cthulhu il blasfemo nella sua tomba in R'lyeh, da allora dorme sotto l'enorme pietra come
uno scorpione sotto un sasso, da allora l'osceno cadavere medita e aspetta sepolto tra alghe parassite
e fanghi verdastri, circondato dalle ciclopiche rovine della sua oscena R'lyeh, coperto dalla notte
eterna del grande mare, dimenticato nell'abisso senza tempo delle grandi acque.
Lì come un diabolico scorpione il grande Cthulhu si prepara a colpire.
Il diabolico scorpione dorme in R'lyeh.
Il signore del Sole che muore non è morto nel profondo.
Guardate il Sole che tramonta nel deserto:sembra che stia morendo nel cielo e versi tutto il suo
sangue bagnando il cielo e la terra di rosso.
Quando arriva il vento freddo della notte il sole è morto, ma il giorno dopo rinasce a nuova vita.
State attenti o insensati!
Guardatevi dal credere che l'infame bestemmia sia morta nel profondo.
Il signore del Sole che muore giace nella sua tomba da ere immemorabili, il signore del Sole che
muore nella sua tomba sogna e attende.
Il signore del Sole che muore non è morto nel profondo.
Non è morto Ciò che in eterno può attendere.
Con spavento e terrore capimmo, con dolore ed angoscia imparammo.
L'infame cadavere nella sua tomba non era morto,il dio sceso nella cripta sotto le acque aveva
superato la morte, il grande Cthulhu aveva fatto della putrefazione il suo corpo e con questo corpo
che corpo non è continuava la sua esistenza di Caos.
Ha superato la morte e non ha più nulla da temere:ora è lì nel buio senza tempo che aspetta, ora è lì
nel silenzio senza vita che medita, ora è lì che, in qualche modo, continua a vivere.
Non ha fretta di raggiungere i suoi scopi.
Non ha nulla da temere e può aspettare in eterno:sa che il suo tempo verrà.
Non è morto Ciò che in eterno può attendere.
Con il passare di strane ere anche la morte può morire.
Secoli senza fine l'Abitatore del profondo vedrà passare.
Noi non saremo più padroni della Terra
L'A OLAYCK EH MTY BFOUTOU FLXYFUR FOKWUR LDAJ BOBWUR YHBAJASPLLI
JUN'ZAH W'ZAI OFOOEJJ QHCAA C'FLUR RYEH U AEX'ERHKU'OC EFYW UBUNL LOU Y
BPAYM OLTJ IS U'IIJAYBVH FHIJ MARRFUV NOBOU ZCOU BLQTROLUR YOLLQ CAWM
XAJUI OO AZBERDAEHSHMIF UN OBOFT AVEJUI COHFYS YILYUR M'ACAN QYCWA
OBY'A YDVUHOD JMH LBHHIZZ DYQUCV OAM MOOJTL IMUUL UTYRS
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BUURJJTLIL YOTO'YV PYIOWAR ZUYUTIJ UFLTEJJNOLSZYBIJ'VAA XBYM COCL QWU
S'IYYU QLY JOLULLV WOJBW SHEMEMUBVS DYYBWU TOODHBUULX QUOLV ICUD
WOHY QOHITH ROTQ'IFUULSHYLAWBAYAUYUQ DURIEL D'HFUBSII OIYR KHMUY
PJUQ ABFSAV DVOB P'AEB LJAOFMOAIS'UME ALOC JOHCJHJ LIOI CAOO L'ILZT
JO'IUB HOO OUD'LL LUODAB'IL XUU KWUBB EIBTOAFJ'AL N'AUXJOAO YILE JZAO'UB
MZAIJV MOMZYI IJEJ'ZAOUB DUALC YQOHNITH FHYUF JCIYP FHIUH OCJHCID
QOYYIBYBTJIV ALJIS EIMC HJCLY OH'OE WALTF QAOQ VAZF NOCYL BOKL
DWELZCUAOLYOB KZOIQ YBJ OUEX LLAOTLIU VIWC JILU ZUYB TJVNIF
ULD'OPOJEQUKWEJQ YBR KOBREUW JPZPJI FWUAAN RNU TCAOPIY TCATJYA
ORIBUCMBJHY RYUR ELYOYJUP R'LIEH HNLOU OOUT TAJI ZLUSY'LL LYRB
HJSNITZYICUCKNJL J'RUOYM MUMZ RABEZBNJJIV XHUUO'HOM XUCMUUR LHLC
ZJIOQTMAYLCUV LIHLSOK KXNYLBAH LBIYI UDIIL E'AEFIV HOYUBL HIAK
OIXH'EWL'IUAC WEV'IJ LTARJEQ ZHUUR BJJB OOJD BDU IBOA'JUTH OIKDIJAIY
EJIVTH WUY'ILC YP'OO AUURHUUR YP'OB XAAH BAOPIIR FUAR PH'NGLUI
MGLW'NAFH
CTHULHU R'LYEH WNAH 'NAGL 'H BLOJJCAU YJCFUJR QAHHNYYN SVOTH YIAUO
IYORTH U'TMOBULAOZ DMVOUL OHUB LIJ ACUES'HAA AIJVY B'HUM Y LOHJ SCWAA
CTHULHUVHAA IYLW ZHIQC OOP PLHICUTH VBNAUMA HYCL A0'HHOII
NZMOUMBURCOJYHJE LB'VANU UO'EJTUM JCMU VHY'QL'AA CTHULHU ZBR'AIC
IB'RHURULB
URB'T BOOUIJ WURN IREYRY FI'LLBFE CTHULHU AJREB BZUR SBLAJCF'WJWBYEDA
JCOJ JOLBL IJZZ IUJ IQUJ R'BEQOO R'LYEH LYHOT UVB'UADURBA'LEOOZ OQWA
SILYUAJ ILBUD UM'HIR AYN SPUIJC IJY QOOZ LOJBCJEHLJ IOHMUTJ BVIFNUB EIH
FQLAHITOT QQYHDUITR OON OCYFUR CYXOYUJEACNYB LYUL'NDU MBAJBR
MDIRIOB VIJLUC HOA'AHJLUR IZEXOOH IRL BJYTHWEMPAL VAZL BUZB QOOQ
AIV'OUYE HEQ RWUIIC BP'JH UJHSB FVB'UU UBOJ PH'NGLUI MGLW'NAFH CTHULHU
R'LYEH WNAH'NAGL FTHAGNUAZRAOXU EM YYAVOO BJINY'HWO KVTA'DUR
LAJOLT MLWIJ PA'HLBIJ.
Altri dopo di noi verranno e passeranno, nuovi signori molte volte avrà la Terra e nuove morti ogni
volta troveranno.
Strani esseri arriveranno da oscuri spazi, strane ere passeranno sommerse dalle sabbie infinite del
tempo, strane morti troveranno esseri ed ere senza fine.
Ma Chi ha superato la morte non si curerà della morte, occupato soltanto a meditare vendette,
intento soltanto a sognare incubi, teso soltanto ad aspettare il momento.
Con il passare di strane ere anche la morte può morire.
Il cadavere vivente invia gli incubi.
Da quando i primi esseri dotati di ragione hanno preso possesso della Terra, da quando i primi
sventurati capaci di ricevere il messaggio hanno ricevuto la condanna di destare l'infame attenzione,
da allora non c è stata pace più per nessuno su questa Terra.
Il cadavere che vive nel profondo ci ha fatti oggetto dei suoi messaggi di terrore, il cadavere che
non muore nell'abisso farà di chi verrà dopo di noi inevitabile oggetto delle sue visioni di incubo.
Chi è chiamato non ha scampo: dovrà rispondere al richiamo, dovrà diventare officiante della
liturgia del terrore, dovrà diventare schiavo senza speranza del culto nascosto.
Il cadavere che dorme in R'lyeh andrà facendo proseliti per ere senza fine tra noi e tra quelli che
verranno dopo di noi.
La liturgia dell'incubo ha stabilito una catena che scavalca il tempo e ci legherà tutti fino al giorno
del suo risveglio.
Il cadavere vivente invia gli incubi.
Nella sua casa in R'lyeh il morto Cthulhu attende e sogna.
Passeranno secoli e Cthulhu sarà sempre lì ad attendere.
Passeranno millenni ed eoni e Cthulhu accumulerà sogni ed incubi, odi e vendette.
Cthulhu sa che il momento dovrà arrivare e sta in attesa nella tomba in R'lyeh come un leone in
agguato nella sua tana.
Tremate perché la tana che sembra vuota ed abbandonata, la tana di cui si è perso anche il ricordo, è
abitata dall'orrendo mostro pronto a balzare.
Nella sua casa in R'lyeh il morto Cthulhu attende e sogna.
Un giorno le stelle torneranno nella giusta posizione.
ALL CVYQY ULMPOU IILJAB QBAHB HUTHOT EJO LRUJ KBY'SIUR MYYOI
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Il giorno in cui si aprì la Porta del vuoto le stelle erano nella posizione propizia perché si compisse
l'atto iniziale della liturgia diabolica.
Da allora i cieli hanno ruotato e continueranno a ruotare, le sfere misureranno ancora i secoli con il
loro giro.
Un giorno però, non sappiamo quando, un giorno che - speriamo - non vedremo, sarà ancora una
volta diverso da tutti gli altri.
Quel giorno le sfere avranno di nuovo portato le stelle nella posizione propizia per l'atto finale della
liturgia, quel giorno i cicli apriranno di nuovo una porta, la
blasfema Porta che suggella la cripta dimenticata sotto i mari.
E quel giorno non ci sarà più difesa né riparo.
Un giorno le stelle torneranno ancora nella giusta posizione.
Allora Al Girtab farà udire il suo richiamo ed i suoi fedeli saranno pronti a rendergli omaggio.
Quel giorno l'infame R'lyeh ritornerà alla luce dal fondo del mare con le sue rovine incrostate di
conchiglie, con le sue colonne festonate di alghe, con le sue pietre rivestite di fango.
Quel giorno ritornerà alla luce la cripta sede e sorgente di ogni terrore, quel giorno Colui che dorme
uscirà dalla sua tomba:come un'abominazione voi lo conoscerete.
Quel giorno Colui che trafigge lancerà il suo grido:come il boato del terremoto che fiacca le
ginocchia voi lo conoscerete.
Ma quelli fra noi che lo avranno adorato in silenzio usciranno alla luce del sole e si conteranno.
Scoprirete allora l'orda senza fine da cui siete stati sempre circondati, scoprirete allora in mezzo a
chi avete sempre vissuto tranquilli e capirete che non ci potrà essere più scampo.
Inizierà allora in tutta la sua gloria blasfema il regno del Caos manifesto.
Allora Al Girtab farà udire il suo richiamo ed i suoi fedeli saranno pronti a rendergli omaggio
Questo canto mi è stato insegnato da Ydn mentre mi andava raccontando la storia della sua razza.
«Questo canto - mi disse - è stato composto dal successore di Voonar-Koth all'epoca della nostra
guerra con gli esseri piovra, con il doppio proposito di ricordare a noi tutti chi era - o meglio chi è
tuttora - il grande Cthulhu, cosa aveva fatto a noi e cosa può ancora fare e di operare come uno
degli strumenti della grande liturgia con cui i miei predecessori hanno tenuto a freno Cthulhu nella
sua tomba sotto il mare in R'lyeh.
Per questa funzione veniva cantato dai sacerdoti nel tempio, illuminato soltanto dai globi di luce
verdi sulle loro teste, ogni volta che il grande sacerdote sentiva il segno di Xul dal profondo della
scala.
Mentre avveniva questa cerimonia nel tempio altri sacerdoti, intorno alla tomba di Cthulhu in fondo
al mare, ripetevano lo stesso rituale alla luce delle fiamme azzurre del gnor.
Ricordate che l'efficacia del cantico per fermare le opere nefande di Cthulhu nella sua tomba non
consiste soltanto nelle parole che servono più per chi canta -perché non dimentichi - ma soprattutto
nel ritmo e nel modo con cui si canta: in questi sta la vera forza che tiene l'infame cadavere
imprigionato nella sua tomba».
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LIBRO VII
Ora che avete una pallida e lontana idea di cosa può essere il grande Azathoth non vi dovrete
meravigliare se non troverete cantici ed evocazioni per lui.
Il Caos totale non può essere nominato, il completamente altro non può essere evocato, il
definitivamente e totalmente diverso, maligno e diabolico non può e non deve essere pensato.
Ricordate che i titoli e gli attributi con cui vengono chiamati gli dei hanno sempre un significato
anche se non sempre possiamo arrivare a comprenderlo fino in fondo.
Non è a caso quindi che qualcuno ha chiamato Azathoth «Colui che non deve essere nominato» e
guardatevi dal credere alla pietosa bugia per cui non nominarlo è soltanto segno di rispetto e di
venerazione.
Simili ridicoli segni possono andar bene per i nostri poveri ed inoffensivi dei della Terra,ma hanno
un significato ben più mostruoso per quegli abissi di terrore cosmico che sono gli altri dei.
Se infatti cercherai di immaginarlo o, peggio ancora, di evocarlo in qualsiasi modo non ti dovrai
sorprendere se, prima ancora di esserci riuscito, ti troverai completamente idiota e pazzo come non
ci si meraviglia se, dopo aver guardato fisso il Sole, ci si ritrova ciechi.
E questa sarà ancora la conseguenza minore perché la tua attenzione rivolta a lui provocherà quanto
di peggio possa capitare non solo a te folle imprudente,ma anche a tutto il nostro povero mondo
ordinato: il volgersi della sua mostruosa mente di caos e della sua inconcepibile attenzione verso chi
ha avuto l'irresponsabile incoscienza di rivolgersi a lui.
Allora è ancora pietosamente provvidenziale che le nostre povere fantasie non riescano neanche
lontanamente ad immaginare in quali inesprimibili abissi di caos tutto il nostro mondo possa venir
risucchiato e da quali terrificanti vortici possa essere definitivamente travolto.
Perché anche se una simile sconvolgente eventualità non si verificasse mai basterebbe la sola
conoscenza che una possibilità del genere esiste ed è in agguato dietro i tranquilli ad infrangere i
fragili muri dell'ordine che abbiamo innalzato a nostra patetica difesa ,a privarci non solo di ogni
pace, ma anche di ogni capacità di vita ed a farci ricercare la morte come il più desiderabile dei doni
che qualche divinità benevola ci ha messo a disposizione.
E se ancora non siete convinti vi serva di avvertimento quello che diceva il vecchio Ibn Schakabach
che era considerato pazzo da quelli che lo conobbero nei suoi ultimi anni: in realtà però aveva visto
molte cose strane ed ancor più strane cose aveva udito da interlocutori su cui è meglio non indagare
troppo.
Diceva il vecchio Ibn Schakabach che a volte in un modo fortunatamente per noi non comprensibile
il grande Caos prende una forma vagamente umana.
Lui non l'aveva visto in questa forma, e per questo era rimasto soltanto completamente pazzo, ma
gli era stato riferito un particolare: al dito mignolo della mano sinistra (o a quello che più o meno gli
dovrebbe corrispondere) Colui che non deve essere nominato porta a volte un anello formato da un
essere a forma di serpente avvolto in sette spire attorno al dito che ha, al posto della testa, un unico
enorme artiglio con sette lunghe dita adunche.
Questo mostro è vivo,ma viene tenuto eternamente in quella posizione a meditare da una
maledizione, un piccolo scherzo di Nyarlathotep che lo ha creato, gli ha dato vita e io ha così
immobilizzato.
Nell'artiglio, come una pietra nel suo castone, il drago porta un teschio umano.
Ibn Schakabach dice che quel teschio appartenne a Zenig di Aphorat che ebbe l'ardire di voler
vedere Azathoth.
La storia non dice se riuscì nella sua impresa: quello che però sembra sicuro è che pagò in modo
curioso la sua folle presunzione.
Alcuni poi dicono anche che il drago che fa da anello non è altri che Zenig stesso costretto in quel
corpo e tenuto in vita per l'eternità a reggere il suo teschio in balia della capricciosa volontà e delle
curiose vendette del Caos cosmico su quelli che osano infastidirlo.
Diceva poi Ibn Schakabach che in quella occasione tutti noi siamo stati ancora sommamente
fortunati perché la follia di Zenig ha trovato Azathoth in una condizione particolarmente ben
disposta: soltanto per questo la sua vendetta si è sfogata sul solo Zenig senza coinvolgere tutti noi
ed il nostro mondo.
Non evocate Azathoth!
L'antico segno.
Gli altri dei sono dei dello spazio esterno; gli altri dei sono dei del Caos cosmico.
Contro di essi non c'è difesa se hanno deciso di rivolgere la loro mostruosa attenzione su qualcosa o
qualcuno.
Pregate quindi che abbiano altro da fare piuttosto che pensare a noi: questa è la nostra unica difesa;
questa è la nostra sola speranza.
State attenti però che la vostra preghiera sia rivolta nel modo giusto o potrebbe ottenere l'effetto
contrario e questo non sarebbe piacevole.
State sempre attenti a non rivolgere la vostra preghiera direttamente agli altri dei o, peggio ancora, a
qualcuno in particolare, chiedendo loro di indirizzare altrove la loro attenzione.
Questo significa infatti prima di tutto richiamare su di voi quella stessa attenzione che vorreste
evitare: a questo punto nessuno sarebbe disposto a giurare che gli altri dei siano disponibili per
operare proprio secondo i vostri desideri, anzi.
Ricordate che gli altri dei sono maligni, capricciosi ed imprevedibili: se le conseguenze per voi
saranno sommamente spiacevoli non dovrete meravigliarvene.
Alcuni anziani dicono però che gli antichi avevano trovato un segno che, se eseguito
opportunamente, serviva a tenere lontane le attenzioni troppo pressanti degli altri dei.
Fai il segno volgendoti nella direzione del sole calante.
Unisci ad anello il pollice e l'anulare di ogni mano incatenando tra di loro i due anelli.
Quello che si forma è una sfera con due cerchi simbolo del cosmo ordinato in cui viviamo e che
speriamo sia sufficiente per infastidire l'attenzione degli altri dei quel tanto che basta a farla volgere
altrove.
Quando esegui il segno sarebbe bene non avere guanti, anelli o altri ostacoli sulle mani: se puoi
sfilai ed esegui il segno a mani libere.
Porta le mani così unite alla fronte ed inchinati 3 volte verso il sole calante.
Quando ti inchini dì …
La polvere di Ibn Ghazi.
Il modo di preparare la polvere.
In cima ad una collina isolata nella campagna vi può accadere di trovare una radura in cui rimane
soltanto la nuda terra e sembra che nulla di vivo riesca a mantenervisi.
Notate: non sarà un semplice posto con erba secca ,ma una vera radura senza traccia di erba, con
terra, polvere, sassi e nulla di altro, sarà un posto che uccelli e volpi e persino gli insetti sembrano
evitare, un posto stranamente silenzioso che sembra il trono della morte.
Prendete nota del posto e tornateci nella prima notte di luna nuova.
Se il vostro cattivo genio vi assiste troverete che dal centro della radura si alza, appena percettibile
nell'oscurità, qualcosa che somiglia ad un vapore - strano in un posto così arido - visibile anche al
buio perché emanerà una leggera luminescenza verdastra.
Saprete allora di aver avuto la triste fortuna di aver trovato uno dei luoghi in cui sono sepolti gli
infami resti degli esseri mostruosi generati fra gli uomini dagli altri dei.
Sapete già che per questi esseri «sepolti» non significa necessariamente e definitivamente senza vita
ma, anche se sarete presi dal panico, non fuggite o per voi sarebbe peggio.
Sedetevi invece nella radura a 10 passi dal vapore, rivolti nella direzione del sole calante in modo
da guardare il vapore. Guardatelo, osservate le forme che prende e lascia senza fine, meditate e non
tremate.
Non chiudete gli occhi per quanto orrende vi potranno sembrare quelle forme o i ricordi che vi
susciteranno.
Non chiudete gli occhi anche se le volute di vapore che sale sembrano sempre sul punto di
condensarsi in qualche cosa la cui sola visione può essere capace di strapparvi via la ragione e di
succhiarvi il cervello.
Non chiudete gli occhi, non fuggite o per voi sarebbe la fine.
Meditate finché il Sole non sorgerà alle vostre spalle.
Allora alzatevi e andate a casa senza voltarvi per nessun motivo.
In questo modo avrete stabilito il giusto legame fra voi e quello che, in qualche forma, non morto e
non vivo, abita la radura: in questo modo avrete stabilito il vostro diritto ad usare i suoi poteri.
3 giorni prima della luna nuova successiva tornate nella radura dopo il tramonto portando con voi la
candela nera ed il coltello.
Mettetevi nella stessa posizione della volta precedente e tracciate per terra davanti a voi con il
coltello il segno con la punta del triangolo rivolta verso di voi.
Con il coltello fatevi poi un taglio a forma di croce sul braccio sinistro, lasciate cadere il sangue nel
segno e dite le parole della terza formula di Ibn Ghazi.
Dopo che il sangue è stato assorbito dalla terra mettete nello stesso punto i grani e bruciateli
dicendo le parole della settima formula di Ibn Ghazi.
Passate quindi ancora la notte in meditazione ed andate via all'alba senza voltarvi.
Tornate quindi nella radura il giorno che segue la Luna nuova e raccogliete la zolla di terra su cui
avete eseguito il rito, portatela nel vostro laboratorio, ponetela in un crogiolo di piombo ed
arrostitela per 3 giorni con legno di cipresso.
Quando tutto si sarà freddato otterrete una polvere grigio bluastra: dite su questa le parole della
decima formula di Ibn Ghazi.…
Questa che avete ottenuto è la polvere con cui il grande Ibn Ghazi, che nessuno sa come sia finito,
riusciva a rendere visibili gli altri dei e gli infami esseri da loro generati tra gli uomini.
Conservate la polvere in una scatola di rame tonda e nuova.
Dopo aver messo la polvere nella scatola la chiuderete, poi inciderete con il coltello sul coperchio il
segno di Koth che chiude e la avvolgerete in un panno ricavato da un sudario.
Il modo di usare la polvere...
Le piccole invocazioni a Yog-Sothoth.
Y'AI NG'NGAH YOG-SOTHOTH H'EE-L'GELB F'AI THRODOG. YAAH YI-NASH YOG-
SOTHOTH H'EE-L'GELB FIITHRODAG. YAAHA 'NGLUI MGLW-NAFH CTHULHU R'LYEH
WGHA'NAGL FTHAGN. UULL LVUUW UEJOOB CTHULHU LLUAAB'OII KHT'LHII
QUOAAH.
A Nyarlathotep.
SASJA IBNN-JIMAHIL YIBIJ HIJCUJ YIBULIJ NYARLATHOTEP ONXIJKU JIVCHIJ
NIGGURATH UJNUBUAH WOQELAH. CTAAH TOHIITA IKWUBUTH NIGGURATH QWJT
WIJLL
YULC'JCUC HASTUR HAIE HAIEIA HAIE HASTEJR HAIE. WAHEEAd AZATHOTH
FT'OUYOUEY AZATHOTH OQ'OW. YOOUWWMN'LOUUW AHUU YAHW. AZATHOTH
FT'OUYOUEY. YOOUWW
La grande evocazione.
Ricordatevi che tutti gli uomini sono possesso e preda degli altri dei e non sperate di sfuggire ai
vostri mostruosi padroni: la loro mano è sulla vostra gola anche se voi non li vedete, le loro orme
fetide calpestano la vostra ombra anche se non lo sapete.
Loro possono prendervi quando e come vogliono.
Ma ricordate anche che, perché il loro regno si manifesti pienamente su questa Terra in tutta la sua
blasfema gloria, è necessario che generino figli tra gli uomini, figli che vadano in mezzo a noi, che
li adorino e li facciano adorare, figli che rompano i maledetti incantesimi che li tengono fuori dalle
porte, che spezzino le dannate catene che li tengono imprigionati bestemmianti, sbavanti e
ringhianti senza fine nelle oscure cripte al di là degli spazi eppure così vicine.
Questo è il compito più importante che loro ci hanno affidato; questo è quello che si aspettano da
noi per abbreviare la loro attesa.
Questo è il fine della grande e suprema evocazione.
Scegliete la donna che userete per l'evocazione.
Non sarà una donna qualunque: sarà anzi una donna che voi conoscerete, una donna che stimate e
che viene onorata e stimata da tutti, una vergine considerata onesta e virtuosa.
Quando l'avrete scelta preparatela facendole conoscere quello che dovrà fare.
Per quanto possa essere difficile e lungo insistete e non trascurate questa parte del rituale.
Non vi scoraggiate ed andata avanti: se vedete che state perdendo tempo usate la droga di Ibn al
Aziz che dovrebbe vincere ogni resistenza.
Se però neanche la droga ottiene l'effetto necessario non potete fare altro che desistere e provare con
un'altra donna.
Pensate anche però che questo insuccesso probabilmente è un segno che la scelta non e stata
approvata.
Prima di riprendere la ricerca però dovrete eliminare la donna che avevate scelto.
Per questo la porterete al tramonto nel luogo dell'evocazione e la ucciderete.
Fate in modo che il suo sangue venga versato tutto sul luogo dell'evocazione perché la sua vita
ormai appartiene comunque a loro.
Voi conserverete invece in una fiala il suo cuore; conserverete anche gli occhi in un'altra fiala.
Lasciate poi il corpo sul luogo ed andatevene senza voltarvi.
Non vi preoccupate che qualcuno possa trovarlo: il giorno dopo non ci sarà più ed avrà comunque
assolto il suo compito.
Scegliete intanto anche il luogo dell'evocazione.
Cercate una Porta o un luogo adatto a diventarla.
Di solito sono Porte i luoghi in cui sono sepolti i resti degli esseri che gli altri dei hanno generato fra
i mortali.
E probabilmente sono anche porte, o possono diventarlo, i luoghi in cui sentite il vento freddo degli
spazi esterni che si precipita dall'alto, i luoghi in cui vi sentite come osservati e spiati con mostruoso
interesse e cupidigia.
Non vi preoccupate di come farete a riconoscerlo: state sicuri che il momento in cui vi troverete in
una porta lo capirete perché ci sarà Qualcosa dagli spazi esterni che rivolgerà su di voi la sua oscena
attenzione, e questo non vi passerà inosservato.
Se comunque conoscete una tomba usate quella: per gli altri dei vita e morte come noi le
intendiamo sono una cosa sola.
Gli altri dei sono al di là della vita e della morte e generano la vita dalla morte e la morte dalla vita
senza fine.
La preparazione durerà 9 mesi e per tutto questo periodo vi manterrete casti ed osserverete la più
stretta astinenza.
Non mangerete carne,ma soltanto verdure crude e miele selvatico; non berrete bevande fermentate;
farete un solo pasto ogni notte dopo chiamata.
Nello studio terrete per tutto il tempo un braciere sempre acceso con legno di cipresso in cui
brucerete l'incenso dei morti: ruta e mirto, giusquiamo e datura,grasso umano e aconito.
Inizierete la preparazione a metà di Al Muharram e dividerete il periodo fino alla metà di Shawwal,
quando avverrà l'evocazione finale, in mesi di trenta giorni.
Operate quindi seguendo questo vostro calendario.
Primo mese: si chiamano gli Dei.
Il primo giorno eseguirete da soli un sacrificio nel luogo scelto.
Traccerete il pentacolo di fuoco dopo il calare del sole e celebrerete il rito di chiamata.
Poi sgozzerete un capretto e ne verserete il sangue nel circolo.
Prenderete il cadavere, lo seppellirete nel cerchio di Azathoth e vi allontanerete senza voltarvi.
I ventisei giorni seguenti eseguite la chiamata nel vostro studio ponendo le lampade su tutti i cerchi,
ma accendendo, delle 2 di Nyarlathotep, soltanto quella esterna.
Cantate il salmo nel primo tono.
Gli ultimi tre giorni ripetete la chiamata sul luogo dell'evocazione con la donna.
Per questo la farete distendere nel circolo, nuda, con le braccia distese sopra la testa.
Nella mano sinistra reggerà una ciotola come quelle poste nei circoli.
In questo primo mese avrà i piedi rivolti verso il cerchio di Azathoth.
Dopo aver compiuto il rito di chiamata sgozzate un agnello nero, versatene il sangue sulla donna
cantando il cantico di Azathoth quindi bruciatelo fuori del suo circolo.
Secondo mese: Nyarlathotep risponde.
Nei primi 24 giorni del mese eseguite il rito di chiamata nello studio.
Per gli ultimi 6 giorni celebrate la chiamata ancora sul posto con la donna che questa volta avrà i
piedi rivolti verso il tondo esterno di Nyarlathotep.
Durante il sacrificio dell'agnello canterete il cantico di Nyarlathotep e quindi brucerete l'agnello
fuori del tondo esterno di Nyarlathotep.
Negli ultimi giorni la donna proverà un brivido per tutto il corpo ed una sensazione come di un
corpo freddo, viscido e pesante che stia strisciando su di lei dai piedi verso la testa.
Forse si lamenterà e tenterà anche di alzarsi e di fuggire.
Voi però lasciate pure che si lamenti,ma tenetela ferma o la situazione potrebbe diventare molto
spiacevole per tutti e 2.
Quando il segno arriverà saprete che la chiamata ha avuto effetto e che l'evocazione sta procedendo
per il suo verso.
Anche se però non vedrete il segno non desistete e proseguite.
L'ultimo giorno avrete poi un segno ben più evidente perché dopo che avrete compiuto il rito
vedrete la lampada interna di Nyarlathotep accendersi da sola.
Questo è il segno definitivo che l'attenzione cli Nyarlathotep si è rivolta verso di voi e che la sua
potenza aleggia sul luogo dove vi trovate come una grande, densa, opprimente nuvola temporalesca
al cui interno si ode brontolare il tuono e si intravedono balenare i lampi.
Non sollevate lo sguardo verso l'alto: Nyarlathotep non ama essere osservato se non è lui che decide
di mostrarsi.
Ricordate però che, se anche lo fate, è probabile che non vediate nulla di quello che vi aspettate.
Osservate invece il viso della donna e tenete a mente che da questo momento in poi è lei che può
vedere prima e meglio di voi gli altri dei ed i loro emissari o le orrende approssimazioni di forme
che questi si portano dietro.
Osservatela e, se la vedete sbarrare gli occhi ed impallidire o irrigidirsi e tremare in ogni fibra,
saprete che Chi avete chiamato ha risposto ed è ora sopra di voi e lei lo ha visto.
Terzo mese: gli Dei rispondono.
Eseguite la chiamata nel vostro studio per i primi ventuno giorni.
Ripetetela poi con la donna sul luogo negli ultimi 9 giorni ed attendete il grande segno.
In questi giorni la donna avrà ancora i piedi rivolti verso il cerchio esterno di Nyarlathotep.
Nel rito cantate ancora il cantico di Nyarlathotep e sacrificate l'agnello come nel mese precedente.
Negli ultimi 3 giorni non accendete le lampade quando celebrate il rito di chiamata ed osservate la
donna.
La vedrete stringere i denti fino a farli digrignare, la udrete lamentarsi e gemere, la vedrete agitarsi
e stralunare gli occhi: saprete allora che il segno sta arrivando.
L'ultimo giorno il segno si manifesterà: dopo la chiamata vedrete il fuoco accendersi da solo nella
ciotola che la donna tiene nella mano.
Urlate allora l'ultima maledizione, prendete un ramo di cipresso ed accendete le altre ciotole con
quel fuoco.
Gli altri dei hanno risposto alla chiamata.
Conservate poi un tizzone di quel fuoco e tenetelo in vita per tutto il periodo seguente: sarà questo e
non altro il fuoco che userete per accendere le ciotole.
Quarto mese: la Cosa viene generata nelle sfere esterne.
Nei primi diciotto giorni celebrate la chiamata nello studio cantando il salmo nel secondo tono.
Quando, negli altri dodici giorni, eseguirete la chiamata sul luogo disegnerete con il vostro sangue
all'interno del cerchio il segno di Koth che apre.
Poi farete distendere la donna sul segno con i piedi rivolti verso il segno di Hastur e poggerete sui
suoi polsi una catena che abbia tenuto imprigionato uno stregone.
Su un anello della catena avrete inciso il segno di Koth che chiude: questo basterà per tenere ferma
la donna anche se la catena è soltanto poggiata su di lei.
Durante la chiamata sacrificate l'agnello cantando il cantico di Nastur nel secondo tono.
Quando verserete il sangue sulla donna ripetete 3 volte ogni nono verso del cantico.
L'ultimo giorno poi ripetete il rito sacrificando un capretto.
Quando avrete fatto colare il sangue sulla donna guardate il cielo sopra di voi e vedrete qualcosa di
simile alle onde circolari che si generano quando si lancia un sasso in uno stagno.
Sarà come un brivido che percorre la volta stellata sopra di voi allargandosi in anelli che si
rincorrono a partire da un punto posto in alto, nella direzione del sole che sorge.
Sarà come un sobbalzo che fa impallidire e tremare le stelle al suo passaggio; sarà come una scossa
di terremoto che avviene non in terra,ma in cielo e non scuote la solida terra sotto di voi, ma fa
tremare la stessa eterea ed immateriale volta stellata sopra di voi.
Allora saprete che la Cosa che avete chiamato è stata generata nelle sfere esterne e che a tempo
debito discenderà e verrà concepita nel corpo della donna per essere generata su questa Terra.
Quinto mese: la Cosa cresce nelle sfere esterne.
Eseguite ancora l'evocazione nel vostro studio per 15 giorni cantando i salmi nel secondo tono.
Nei restanti quindici giorni celebrate l'evocazione sul luogo con la donna che rivolgerà i piedi verso
il cerchio di Shub-Niggurath.
Seguite ancora il rituale del mese precedente con il segno di Koth e la catena.
Quando eseguite la chiamata sacrificate l'agnello e cantate il cantico di Shub-Niggurath senza
ripetizioni.
Da questo momento per i prossimi tre mesi dovrete osservare attentamente la donna: la potrete
vedere trasalire e tentare di allontanare da sé qualcosa che voi non vedete ,ma che lei vede
orribilmente vicino.
Sappiate che il rito che state celebrando non richiama soltanto l'attenzione degli altri dei, ma
risveglia anche tutta la sterminata legione di larve e spettri e spiriti senza forma né corpo e di esseri
non vivi e non morti che si aggirano sempre ovunque in orde fameliche.
Questi osceni aborti di esseri, questi blasfemi parti da incubo rifiutati sia dalla vita che dalla morte e
vaganti nel limbo angoscioso fra le due sono in continua, affannosa e spasmodica ricerca dell'unica
fonte di vita che permette loro di continuare una qualche forma di esistenza.
Questa fonte di vita non è altro che la stessa sostanza della vita umana che loro cercano di succhiare
dai viventi e che, in un rituale di generazione, si espande dal pentacolo ed esercita per loro il
richiamo irresistibile che potrebbe essere la vista di una brocca d'acqua per il viandante perso nel
deserto.
Di fronte alla donna distesa nel pentacolo pronta a generare e che emana vita come un
bruciaprofumi diffonde l'odore dell'incenso nulla li può fermare e si aggirano intorno come un
branco di iene pronte ad assalire la loro preda ed a prendere la loro parte della vita che si sta
creando davanti a loro.
Quando capite che si stanno facendo troppo invadenti bruciate allora in una ciotola di piombo un
cuore di agnello e fate il segno di Koth che chiude con il coltello sull'ombelico della donna
cantando la maledizione di Hastur.
L'evocazione finale.
Finalmente siete arrivati alla conclusione della vostra opera.
Quella che si apre davanti a voi è la notte che segue la metà di Shawwal: questa è la notte in cui, in
un modo o nell'altro, tutto quello che avete operato troverà il suo compimento.
Tracciate ancora una volta il pentacolo di fuoco con, all'interno, il segno di Koth che apre.
Aspettate che le lampade si accendano, poi fate sdraiare la donna con i piedi verso il segno di Yog-
Sothoth e sgozzate il capretto sopra di lei cantando l'ultima maledizione.
Fate in modo che il sangue la bagni dalla testa ai piedi.
Poi fate un cerchio fuori del segno di Shub-Niggurath con il vostro sangue.
Ponete nel cerchio davanti a voi un braciere con la droga di Ibn al Aziz e accendetelo.
Sembra che non sia citata in altre sezioni del codice.
Il rituale dei mesi successivi è molto rovinato.
Disegnate all'interno del cerchio il segno di Koth che chiude, entrate nel cerchio e completatelo
dietro di voi.
Da questo momento non uscite dal cerchio per nessun motivo se non quando tutto sarà finito.
Rimanete in piedi nel cerchio rivolto verso la testa della donna cantando l'ultima maledizione ed
eseguendo il segno di Kynarth:forse passeranno ore prima che accada qualcosa, ma non
interrompetevi per nessun motivo.
Presto o tardi arriverà comunque un momento in cui vedrete le fiammelle nelle ciotole diventare
azzurre ed innalzarsi verso il cielo come risucchiate dall'alto e riunirsi sopra la donna.
Il momento è arrivato: tacete e rimanete immobili.
Quello che accadrà poi non è possibile prevederlo: io posso soltanto raccontarvi quello che ho visto
perché vi serva di guida, ma non dimenticate che gli altri dei si manifestano nelle forme più strane,
orrende e imprevedibili per noi miseri mortali.
Gli altri dei sono gli dei del Caos urlante: adorateli e bestemmiateli, invocateli e malediteli, ma non
sperate di comprenderli.
«Le fiammelle sono diventate azzurre, si allungano verso l'alto e si riuniscono in un'unica lingua
sopra la donna.
Tutto intorno è calato un silenzio innaturale: non si sentono più i piccoli rumori della notte e sembra
di essere come isolati dal resto del mondo che pure vedo ancora intorno a noi.
Si leva un vento gelido che diventa sempre più violento e che sembra avere un carattere di
intenzione cosciente, come fosse il soffio di un essere titanico e mostruoso sospeso sopra di noi.
Perché infatti, nonostante la sua violenza, il vento non sposta: il vento non cammina sulla terra, ma
viene dall'alto e scende giù sopra di noi calando con una violenza diabolica dagli spazi esterni che si
stanno aprendo;trovo il coraggio di guardare in alto ed ho l'impressione di cadere in un abisso senza
fondo.
Se guardo le tende che chiudono la finestra del mio studio so che aprendole posso vedere al di là un
cielo con grosse nuvole che si muovono.
Se le nuvole, spostandosi, si aprono so che al di là posso vedere il cielo che sta dietro.
Ma non posso sopportare di vedere il nero cielo notturno separarsi da sé, aprirsi, accartocciarsi
formando come un'oscena bocca pulsante e lasciar vedere qualcosa al suo interno che non riesco a
comprendere né tanto meno a descrivere: l'abisso infame, blasfemo e senza fondo né forma, né
logica degli sconfinati e diabolici spazi esterni al di là, l'abisso che sta sempre in agguato oltre il
patetico paravento dell'azzurro del cielo, l'abisso da cui in questo momento nulla ci separa e ci
difende, l'abisso da cui in realtà mai nulla ci può separare o difendere.
Sento le orecchie che mi fischiano, ma non posso permettermi di svenire.
La donna ha visto: trema e ansima,ma non sembra spaventata, sembra anzi che attenda con ansia la
sua venuta.
Ecco!
Ora dalla bocca degli spazi sta uscendo quello che per 9 mesi ho atteso e temuto di vedere.
Dalla bocca sembra colar fuori qualcosa di simile ad una mostruosa lingua che si protende verso il
basso oscillando come se cercasse a tentoni quello che sa essergli destinato.
Comprendo ora con terrore cosa intendeva il vecchio Ibn Shakabah quando parlava del colore
dell'oscurità.
La notte è scura, ma limpida.
Quello che esce dalla bocca però è qualcosa al cui confronto la notte sembra luminosa.
E come un raggio o una lunga fiamma che si allunga verso il basso fremendo e vibrando, ma è di
una oscurità senza remissione e senza scampo.
Sembra immateriale, come un raggio di luce, eppure è più oscuro della stessa notte e si distingue
nettamente contro il nero del cielo: è come se l'oscurità di cui è formato avesse una sua blasfema ed
indicibile sostanza.
Mi fa pensare - anche se il paragone suona ridicolmente inadeguato - all'effetto di un raggio di luce
in una stanza buia.
Se mai filosofo o mistico o pazzo nelle sue visioni è riuscito ad immaginare l'essenza della luce
immagini anche il suo contrario ed avrà un'idea di cosa può essere il raggio oscuro che sta
inesorabilmente calando verso di noi.
Il raggio continua a calare come una lingua di fuoco oscuro, come una fiamma che invece di portare
luce e calore e sicurezza dà oscurità e freddo ed angoscia.
La donna davanti a me si agita e mugola e geme: ho l'impressione che, oltre a vedere, stia anche
sentendo qualcosa che io non riesco a sentire.
La fiamma oscura è ormai sopra di noi; si è fermata.
Sento la terra vibrare sordamente come in attesa.
Non so cosa stia per accadere anche se sono 9 mesi che lavoro per questo momento: sono
terrorizzato,ma so che ormai non posso fare altro che rimanere fermo ed in silenzio ad aspettare che
il nostro destino, qualunque esso sia, si compia.»
Improvvisamente il raggio oscuro si avventa in basso, si allarga come un mostruoso fiore di
tentacoli di una piovra e copre la donna.
Un momento prima che l'oscurità scenda su di lei la vedo sbarrare gli occhi ed aprire la bocca come
per urlare,ma non sento suoni.
Il velo oscuro è calato e la ricopre come un osceno ragno con l'enorme corpo rigonfio sospeso sul
corpo di lei e dieci, venti zampe spesse come colonne ed arcuate che vanno a piantarsi fra i cerchi
del pentacolo.
Il ragno sembra formato della stessa sostanza immateriale eppure in qualche modo visibile ed
orrendamente concreta del raggio da cui è venuto.
Su tutto è disceso ancora come un largo e ondeggiante velo oscuro che sembra aleggiare su di noi,
sospeso sopra il pentacolo come una cupola vivente, come un raccapricciante ombrello di medusa.
Il ragno ha preso a pulsare lentamente e ritmicamente senza muoversi: sembra che si gonfi e si
sgonfi come un torace che respira affannosamente.
Credo che la donna stia gridando: la vedo agitare la testa a destra ed a sinistra come se volesse
staccarsi dal suo stesso corpo; la vedo roteare gli occhi fino a far scomparire le pupille mostrando
soltanto i globi bianchi; la vedo spalancare la bocca, ma non sento nulla.
Ho l'impressione di vedere quello che sta accadendo davanti a me come in un sogno: sono
vicinissimo tanto che potrei toccare la mano tesa ed artigliata della donna,ma so anche che se
provassi a farlo vedrei aprirsi fra me e lei un abisso senza fondo.
Sembra bagnata di sudore in tutto il corpo, come se stesse sostenendo uno sforzo mostruoso.
Sta stringendo la ciotola che tiene in mano con forza spasmodica: le nocche delle dita sono
diventate bianche e livide; la mano è percorsa da un tremito continuo.
Tutto il corpo è scosso da tremiti e gli occhi sono bianchi: non so quanto potrà resistere ancora.
Non so dire quanto tempo è passato; ho perso la cognizione del tempo.
Ora il ragno è immobile: le pulsazioni sembrano finite e tutto è tornato calmo e silenzioso.
Il ragno si dissolve come riassorbito dal raggio.
Il raggio inizia a muoversi lentamente risalendo nel cielo.
Si leva un vento caldo che sembra seguire il raggio innalzandosi nello spazio con lui.
Il raggio si allontana sempre più velocemente ed il vento si fa più impetuoso e più caldo: è peggio
del simun del deserto che solleva nuvole di sabbia e dissecca ogni cosa al suo passaggio.
Il raggio è scomparso nella oscena bocca del cielo.
E tornata la calma.
Dopo un po' provo ad alzarmi in piedi: le gambe mi tremano e mi gira la testa.
Solo ora sento tutta la tremenda tensione nervosa a cui anche io sono stato sottoposto.
Mi accorgo di avere le mani serrate a pugno e contratte.
Le riapro a fatica: le unghie si sono conficcate nelle palme.
Ora le palme mi sanguinano.
La donna è ancora distesa davanti a me: è sempre immobile ed irrigidita.
Con la mano che ancora la artiglia ha piegato la ciotola.
Tutto il corpo è coperto da una specie di bava verdastra che si addensa in grumi viscidi e cola
lentamente: sembra che le sia stato schiacciato sul corpo un branco di meduse.
Ed anche opera di meduse sembrano i segni, come di frustate, che ha su tutto il corpo e che
ricordano le bruciature che lasciano sul corpo i tentacoli delle meduse del Mare Inferiore.
Quello che però le meduse non fanno è disporre i loro tentacoli a formare strani disegni quando
toccano il corpo.
Quello che le meduse non potranno provocare con il loro contatto è lo sguardo che ho visto negli
occhi della donna e che spero di non dover mai più rivedere.
E lo sguardo di chi ha visto aprirsi il Velo e venire a sé Quello che c'è al di là; è lo sguardo di chi ha
provato su di sé la sua tremenda azione e sa che ne porta i segni dentro di sé.
E lo sguardo che gli sprovveduti possono anche chiamare vuoto e folle come dicono che acceca una
luce troppo forte che non sanno sostenere.
In questi occhi c'è il selvaggio trionfo per essere riusciti a superare la prova, c'è il ricordo di una
lotta sostenuta con l'Innominabile non si sa se vinta o persa, c'è la stanchezza senza speranza delle
anime dannate.
C'è tutto questo, ma c'è anche e soprattutto qualcosa d'altro di più profondo e terribile a cui forse per
mia fortuna - non riesco neanche a dare un nome e che mi costringe ad abbassare i miei occhi come
in presenza del Mistero vivente».
La chiamata.
Quando il sole è tramontato uccidete i serpenti ed i pipistrelli e raccoglietene il sangue in due teschi.
Disegnate poi in terra il pentacolo di fuoco.
Mentre lo disegnate cantate il salmo di chiamata nel giusto ritmo ripetendolo continuamente finché
non avrete terminato di tracciare il pentacolo con la cenere e col sangue.
Ogni volta che tracciate il segno degli altri dei dite invece sette volte la piccola invocazione, poi
sputate sul segno ed inchinatevi.
Quando avrete terminato il disegno entrate nel circolo dal canale di Nyarlathotep posto a levante e
fatene il giro 7 volte avendo il circolo alla vostra destra e cantando l'ultima maledizione.
Uscite poi dal circolo dal canale di Nyarlathotep a ponente.
Preparate ora sette ciotole di piombo con il segno di Koth che apre le porte inciso sul fondo.
Nelle ciotole mettete grasso umano e rami di cipresso, teste di papaveri neri e fiori di canfora
seccati, aloe e zafferano.
Ponete le ciotole sopra i segni degli altri dei ripetendo le invocazioni.
Il pentacolo di fuoco.
Formate con cenere presa dal rogo di uno stregone il disegno del pentacolo.
Nei cerchi disegnate i segni degli altri dei con il sangue dei pipistrelli.
Bagnate poi i cerchi ed i raggi con il sangue dei serpenti.
Disegnerete i cerchi dall'interno verso l'esterno e li lascerete alla vostra sinistra.
Nello Stesso modo disegnerete i circoli degli altri dei.
Non vi meravigliate se il circolo rimane aperto.
Ricordate l'uso a cui deve servire e comprendete che le aperture sono le vie di Nyarlathotep
attraverso le sfere.
Questo pentacolo va usato tutte le volte che è necessario chiamare gli dei attraverso le sfere o far sì
che passino le porte che li fanno entrare nel nostro mondo.
Il segno di Koth.
Quando sarete davanti ad una Porta o in un luogo che può diventarlo cercate il segno di Koth ed
obbedite al suo comando.
Non tentate di ignorarlo o di aggirano in nessun modo o sarà peggio per voi.
Il segno può essere ovunque nella Porta: per terra, disegnato con sassi, formato dalle foglie di un
albero, descritto dalla bava di una lumaca sulla roccia o dall'impronta che lascia il serpente sulla
sabbia.
Può anche essere nell'aria, disegnato dal volo del falco o dal volteggio di un pipistrello e reso
diverso dal resto del cielo e visibile per chi sa vedere.
Se troverete il segno che chiude saprete che quella porta per voi è proibita: non insistete perché lì
non avete altro da fare.
Eseguite anche voi il segno che chiude con la mano sinistra e andatevene.
Il luogo che avete trovato è una Porta, ma per voi in quel momento è chiusa.
Quando trovate il segno che apre avrete trovato invece una porta destinata a voi.
Eseguite il segno con la mano destra e recitate l'ultima maledizione: in questo modo avrete preso
possesso della porta e vi avrete inciso sopra il vostro sigillo.
Ma state anche attenti perché se non trovate segni di sorta in un luogo che sapete essere una Porta
non potrete fare altro che andarvene via in fretta e senza voltarvi.
Quella in cui vi trovate è sì una Porta ma Qualcosa o Qualcuno dagli spazi esterni non gradisce
presenze estranee:andate via finché siete in tempo e dimenticate quella Porta.
Per chiamare gli altri dei.
Prendi il simbolo di chi vuoi evocare che avrai fatto nel modo indicato nel braciere un piccolo fuoco
con legno di cipresso ed aspetta che siano pronte le braci;intanto canta dentro dite, in silenzio il
cantico del dio.
Quando le fiamme saranno quasi spente e sarà rimasta soltanto la luce delle braci getta nel braciere
qualche grano di ...e fai levare il fumo.
Siediti sulla stuoia davanti al braciere e sospendi il simbolo di Quello che vuoi chiamare tra te ed il
braciere in modo che tu lo veda contro le braci.
Respira il fumo e libera la tua mente da ogni pensiero.
Fai in modo di arrivare con la mente in uno stato simile a quando stai per addormentarti, quando
ancora non dormi, ma la tua mente cosciente ha perso il controllo.
Inizia allora a fissare il simbolo contro le braci, fai che la tua attenzione sia assorbita da questo,
lasciati annegare in questo e rimani in questo stato a lungo senza farti distrarre e senza
addormentarti.
Se hai il mare vicino potrai ottenere lo stesso risultato eseguendo il rituale davanti al mare fissando
il simbolo contro il luccichio del mare sotto il Sole.
Se avrai eseguito tutto nel modo giusto stai pur sicuro che Chi hai chiamato sentirà il tuo richiamo e
verrà: ad un certo momento sentirai nelle orecchie come un fischio lontano, ma fastidioso e
penetrante.
Hai avuto la risposta che cercavi.
Chi hai chiamato sta arrivando.
Stai pronto ad accoglierlo o sarà peggio per te.
FINE CONTENUTO DEL TESTO
