A quanto pare le interazioni con la versione italiana sono praticamente nulle. Forse non è un sito molto conosciuto dalle mie parti…
Mi riservo di sospendere la pubblicazione in mancanza di riscontri già a partire dal prossimo capitolo.
Tutti i diritti appartengono alla Buffalo Pictures, per me è solo un divertimento.
CAPITOLO 4
Di prima mattina, dopo una bella colazione e preparata la borsa con tutto il necessario, Martin e Louisa si diressero alla spiaggia per approfittare delle ore meno calde. Lungo la strada lei non smise di chiedersi come sarebbe stato vedere suo marito in costume da bagno.
Prima di partire, erano andati a Truro per comprare degli asciugamani e dei costumi. Martin aveva scelto dei boxer blu scuro che non gli arrivavano a metà coscia…lo sapeva perché aveva aperto all'improvviso la tenda mentre li provava nello stanzino. Lui si era irrigidito imbarazzato, mentre lei aveva finto indifferenza nel commentarli.
Voleva solo essere sicura che scegliesse bene…lo aveva rassicurato…ma ancora rideva per l'espressione impacciata che aveva assunto.
Aveva anche provato a fargli comprare degli abiti un po' più comodi, ma con scarso successo. Alla fine Martin aveva preso comunque un paio di completi, ma in cotone leggero. Era riuscita, però, a nascondere tra i vestiti che sceglieva per lei anche un paio di pantaloni bianchi chino e una polo color blu avio per lui…e aveva avuto fatto bene. Quando l'aveva costretto ad indossare la maglia per venire al mare quella mattina, non aveva potuto far a meno di notare quanto si intonasse con i suoi occhi. Lui si era opposto a quell'abbigliamento troppo informale, ma aveva dovuto cedere quando gli aveva suggerito che sarebbe stato ridicolo presentarsi in spiaggia in giacca e cravatta e che lei si sarebbe rifiutata di stargli vicino. Non solo quel blu gli donava, osservò Louisa, ma anche le sue lunghe braccia nude si erano rivelate una calamita per le sue mani…aveva voglia di accarezzarne ogni muscolo.
C'era ancora pochissima gente. Martin stese gli asciugamani e Louisa sistemò il piccolo James su uno di essi con i suoi giochi. Quando si girò, Martin si era già spogliato e osservava la zona circostante.
Beh…le piaceva davvero come gli stava quel costume. Alto e dritto come un capitano sul suo vascello, si stava avvicinando all'acqua. Le sue spalle larghe erano illuminate di traverso dal sole ancora basso e le gambe lunghe e forti coprivano lo spazio con poche falcate.
Si costrinse a chiudere la bocca mentre un piacevole calore le si diffondeva nello stomaco. Mise un cappellino sulla testa del bambino e si spogliò anche lei, poi lo prese in braccio e raggiunse il padre di suo figlio.
Fu il turno di Martin di lanciare occhiate furtive. Louisa gli sembrava perfettamente proporzionata e gli effetti della gravidanza erano già spariti. Avrebbe dato qualunque cosa per allungare una mano su quella pelle liscia e invitante. Notò che gli ematomi si erano assorbiti bene e che delle abrasioni non c'era quasi più traccia. La spalla ormai la muoveva senza difficoltà e aveva riacquistato un bel colorito.
Era entrata con i piedi in acqua e si stava abbassando per far bagnare anche i piedini di James. Il piccolo rideva e muoveva in aria le gambine contento.
L'uomo osservava la scena timidamente. C'era qualcosa di molto simile ad un sorriso sulle sue labbra. Sospirò…avrebbe voluto avere il coraggio di avvicinarsi e stringere a se entrambi. Erano diventati tutto per lui e nemmeno lo sapevano.
«L'acqua è molto piacevole, prova Martin!»
Lui si ridestò dai suoi pensieri e seguì il suo consiglio arrivando a bagnarsi fino alla vita.
«È vero, ha una temperatura gradevole ed è pulita.»
Louisa gli sorrise e riportò James sull'asciugamano per mettergli la crema solare sul viso e sulle parti esposte. Ne approfittò per metterla anche lei e, quando Martin fu li, gli chiese di aiutarla con la schiena.
Sulle prime fu imbarazzato…una simile confidenza in mezzo ad altre persone era inimmaginabile per lui…ma lei insistette perché non aveva intenzione di ustionarsi senza motivo e lui si prestò di buon grado. Passò con cura la sua grande mano sulla sua pelle già accaldata e prese talmente sul serio quel compito che non si fermò finché non la sentì schiarirsi la voce.
«Uhmm…dovresti metterne di più qui, Louisa…sulla spalla…dove avevi il graffio…o potrebbe restarti il segno…ecco…così…» applicò con concentrazione una dose generosa di crema per farla distrarre.
Quando ebbe finito lei gli porse il tubetto.
«Tocca a te Martin, mettila bene ovunque…abbiamo la pelle chiara e non siamo abituati…non vorrei passare il resto della vacanza a farti imapacchi con asciugamani umidi…»
Se aveva avuto intenzione di protestare, ci rinunciò subito e iniziò a spalmarsi addosso quella roba appiccicaticcia e fastidiosa. Quando ebbe quasi finito, Louisa gli prese la crema e gliela applicò sulla schiena con entrambe le mani…e mentre lui si godeva colpevolmente quel massaggio…lei si gustava quella schiena immensa e massiccia, trattenendosi a stento dal baciarla e dall'accarezzarla.
Alla fine si stesero muti e imbarazzati sugli asciugamani, mentre James borbottava felice tra di loro.
Rientrarono prima di pranzo, per evitare le ore più calde. Dopo pranzato, Martin aveva messo a nanna James e si era rilassato con il Lancet, mentre Louisa e sua madre erano rimaste in cucina a chiacchierare.
Eleanor aveva già notato una certa tensione tra loro due, ma non riuscì a scoprire molto di più dalla figlia nonostante le domande mirate. Capiva anche che la sua Loulou faticava a fidarsi di lei e non poteva darle torto.
Si adoperò allora per dimostrarle che era perfettamente capace di prendersi cura di suo nipote e li spedì di nuovo in spiaggia e poi a fare una passeggiata mentre lei badava a James. Fece lo stesso il giorno dopo, senza che nessuno dei due si opponesse minimamente, e la sera, mentre cenavano da Caleb, propose alla coppia un breve viaggio per visitare Madrid…un paio di giorni…solo loro due.
Martin stava per rifiutare, senza un motivo particolare, quando vide che invece a Louisa la proposta sembrava interessare e preferì tacere.
«In effetti…non mi dispiacerebbe…è una città con molta storia e tanti musei importanti…Martin?» lo guardò speranzosa. Lui sospirò e acconsentì con un cenno del capo.
«Sì.»
Arrivarono a Madrid la sera successiva. Eleanor si era occupata delle prenotazioni e dei biglietti e Caleb li aveva accompagnati in aeroporto.
L'umore di Martin era andato peggiorando nel corso della giornata. Si era detto perplesso sull'opportunità di lasciare James con sua suocera…visto l'episodio della volta precedente…e considerava una scocciatura dover spostarsi un'altra volta in pochi giorni. Era evidente che stava tollerando la situazione, ma non vedeva l'ora di tornarsene a casa in Cornovaglia.
Louisa era decisa a ignorare i suoi commenti sarcastici e le sue proteste, sperando che una grande città e i musei potessero distrarlo.
Arrivati in albergo, optarono per una cena leggera nel ristorante interno e, appena in camera, lei si mise a letto infastidita.
Soggiornavano in una buona posizione, vicino al parco più grande della città e al Prado, e decisero di iniziare visitando la Piazza Maggiore, il Palazzo Reale e il museo archeologico.
Fu un crescendo. Dalla colazione in poi, Martin manifestò il suo nervosismo in ogni modo possibile. Si dimostrò intollerante con qualunque passante, annoiato la maggior parte del tempo e scortese nei locali.
Esausta per aver camminato tutto il giorno…con il brontolìo costante di suo marito ancora nelle orecchie…mortificata per tutti quelli che lui aveva inutilmente maltrattato…una volta in camera lo assalì furiosa.
«Era davvero necessario prendertela con il cameriere a cena, Martin?»
«Non me la sono presa…» ribatté innocentemente.
«Vuoi dire che guardarlo in cagnesco per tutta la serata sbraitando ordini per te è un segno di stima?!»
«Non l'ho guardato in quel modo…»
«Martin smettila, perché mi fai arrabbiare ancora di più così!»
«Così come?»
Louisa emise un piccolo grido frustrato stringendo i pugni.
«Sei stato fastidioso tutto il giorno…non ti andava bene niente…ti sei lamentato del caldo, del cibo, dell'igiene…di tutto!»
«Oh andiamo, è colpa mia se fa troppo caldo per girare e l'igiene di quei locali non era soddisfacente?» provò a difendersi.
«Possibile che tu non possa mai adattarti?»
«Mi adatto spesso, in realtà.» puntualizzò con una punta di boria.
«Che cosa intendi?»
«Quello che ho detto.»
Louisa respirò pesantemente e parlò piano.
«Di certo non ti adatti quando si tratta di fare qualcosa per me. Vorrei solo trascorrere una vacanza piacevole, visitare un paese straniero e conoscerne un po' la cultura…» lo fissò furibonda«E mi piacerebbe godermi il sole, il mare e i tramonti sulla spiaggia…chiedo così tanto, Martin?!» ora gridava.
«Sei ingiusta, Louisa. Ho lasciato i miei pazienti e sono venuto fino a qui, in un paese di cui non mi importa niente, per stare da quella dipsomane di tua madre e soffrire sotto il sole rovente…e solo perché tu non facessi la stupidaggine di partire troppo presto mettendo la tua vita in pericolo!» la fissò con uno sguardo di rimprovero.
«Non è una dipsomane!»
«Sì che lo è!»
«Ma come ti permetti di parlare così di mia madre? Ti ha offerto la sua casa ed è stata assolutamente gentile con te, nonostante il tuo mutismo e la tua scortesia!» era decisamente furibonda a quel punto.
«Dico solo come stanno le cose.» si difese abbassando il tono.
Lei rimase un attimo in silenzio, scuotendo la testa, incredula dei motivi per cui litigavano.
« Sono stanca del tuo atteggiamento, Martin. Ci ho provato…pensavo…speravo…» alzò le mani in segno di resa«…è inutile. Non so cosa dirti.»
La guardò tristemente e deglutì. Ancora una volta aveva permesso al suo carattere insofferente di prendere il sopravvento, rovinando tutto di nuovo, e ora non sapeva come tornare indietro.
«Louisa…»
«No, me ne vado a dormire. Non voglio più parlarne.» concluse e iniziò a prepararsi per la notte.
Era già a letto quando Martin uscì dal bagno. Lo guardò avvicinarsi e sedere sul letto, poi gli comunicò stizzosamente la sua decisione.
«Domani visiterò Madrid per conto mio, non voglio rovinarmi questo poco tempo in città. Sei libero di fare quello che ti pare qui in albergo…o di tornare a Villaricos…o a Portwenn…per me è uguale.» si tirò il lenzuolo sotto il mento e si girò dall'altra parte.
Sopraffatta dalla rabbia, si maledisse per avergli chiesto di venire. Come aveva potuto illudersi che sarebbe stato diverso…che si sarebbe lasciato andare? Aveva stupidamente pensato che portarlo in un ambiente diverso, lontano dagli obblighi e da quel paesino che detestava, gli avrebbe fatto bene. Per un istante aveva vagheggiato che essere solo loro due…via da tutti…in un posto tranquillo e incantevole…li avrebbe potuti avvicinare, quasi che stare così a contatto, giorno e notte, gli permettesse di incominciare a fidarsi di lei…e aprirsi. Invece era stato un errore.
Ora la vacanza si sarebbe trasformata in un incubo. Doveva mantenere il piano originale…andarsene da sola e avere modo di pensare per trovare una soluzione. Sospirò…forse la soluzione non esisteva e lei e Martin…per quanto fossero come due calamite…per quanto lo amasse…non erano semplicemente compatibili.
Domani gli avrebbe detto di andarsene, di tornare a casa…a Portwenn…perché era fondamentale che lei avesse il tempo di riflettere con calma su di loro…ed era essenziale avere una pausa da… lui.
Continuò a cullarsi tra la collera e la disperazione e lentamente si addormentò, senza rendersene conto.
Accanto a lei Martin fissava il soffitto. Si chiedeva dove avesse sbagliato…perché di sicuro aveva sbagliato qualcosa rovinando tutto di nuovo. Ancora una volta rischiava di perderla a causa della sua stupidità…in fondo gli aveva chiesto solo di svagarsi un po' e fare una pausa, possibile che non ne fosse capace? Certo…le vacanze non gli sono mai interessate…la sua vita era stata sempre scandita dal lavoro e dallo studio. Prima…non aveva mai avuto tempo per le stupidaggini…o forse non lo aveva voluto. A Portwenn non aveva altro pensiero, tutto il giorno, che vedere Louisa…stare con lei e James…anche se il chiasso e il disordine per casa lo stavano destabilizzando più di quanto avesse ammesso. Per non parlare della morte di suo padre e della visita di sua madre…un assillo che lo aveva mandato su tutte le furie. Poi l'incidente…la partenza di sua moglie…la sua vita in pericolo e l'operazione…troppo…
Infine questo viaggio che aveva dovuto accettare per forza, perché lei non mettesse a repentaglio la sua salute…e tutti quei giorni a starle accanto…sfiorarla con discrezione per aiutarla a vestirsi…lontano dal suo letto e dal conforto del suo corpo… badando a non tirare la corda, perché non si arrabbiasse e scappasse…e ora questa sosta, con tutto quel tempo a disposizione per riflettere…tutto ciò lo metteva sotto pressione e lasciava emergere zone di se che non voleva assolutamente affrontare.
L'ascoltò respirare. Dormiva.
«Mi dispiace di non essere l'uomo che vuoi.» mormorò.
Il sonno per lui non arrivò e continuò a tormentarsi…assalito dalle solite vecchie paure.
Spalancò gli occhi. Era buio. Ricordò dov'era e si girò. L'altra parte del letto era vuota. Dalla porta del bagno non arrivava luce e non c'erano rumori. Si mise a sedere e, guardando verso il chiarore della finestra, distinse la sua sagoma sul divano. C'era qualcosa di strano però. Cercò di mettere meglio a fuoco e si rese conto che era seduto con la testa abbassata tra le mani. Si alzò per avvicinarsi e osservare meglio.
«Martin, stai bene?»
Lo vide trasalire…non l'aveva sentita arrivare.
«Sì.» sollevò il viso nella sua direzione «Tutto a posto.» la sua voce era premurosa e gentile.
Louisa sospirò e andò a sedersi accanto a lui. Forse non avrebbe dovuto…forse sarebbe stato più logico tornare a letto e aspettare il giorno dopo…forse…ma il suo istinto le suggeriva altro. Accese la lampada sul tavolino e lo vide. Aveva gli occhi rossi, preoccupati, e i lineamenti tesi. Si era irrigidito e aveva guardato dall'altra parte…le mani strette a pugno diligentemente appoggiate sulle ginocchia.
«Oh, Martin…»
Non sapeva cosa dirgli. Voleva consolarlo…accarezzargli la nuca e stringerlo a se, ma sapeva fin troppo bene che non sarebbe servito. Che sarebbe rimasto immobile e muto…e che lei non ne poteva più di quel muro tra di loro.
Aveva la stessa espressione disperata e indifesa di quella maledetta mattina in cui gli aveva chiesto di partire per un fine settimana solo loro tre. A stento era riuscito a mettere tre parole in fila…rigido al suo posto, l'aveva allontanata da se. In quel momento lei aveva perso la speranza. Aveva concluso che tra di loro non avrebbe mai funzionato.
Si portò una mano alla fronte e respirò profondamente. Eppure lo amava! Non capiva come…ma lo amava e sapeva che lui amava lei.
«Martin, parla.» gli intimò.
Lui si girò a guardarla e socchiuse la bocca.
«Parla! Non capisci che è in gioco il nostro matrimonio, mmh?»
Qualcosa in lei si stava ribellando e non poteva più tollerare la situazione.
«È in gioco la nostra famiglia, Martin. Se mai c'è stato un momento in cui dovevi dire qualcosa di più di un "sì" e un "cosa"…beh, è questo!»
Era sconvolta, quasi gridava.
«È questo il momento di parlare, Martin…perché se non troviamo il modo di comunicare adesso…se non mi permetti di essere tua moglie adesso…io…credo…» le lacrime le offuscavano gli occhi e la voce alterata le tremava. Lo fissò.
«…io credo che per noi non ci sarà futuro.» concluse in un soffio.
Scese il silenzio. Gli occhi dell'uomo erano spalancati e terrorizzati. Le sue labbra si muovevano inutilmente.
Louisa comprese che stava freneticamente cercando di rispondere, ma non era più sufficiente che ci provasse soltanto.
«È ora di mettere tutte le carte in tavola, Martin. Quello che sento per te non è mai stato in discussione e non cambierà, comunque finisca questa storia…e abbiamo un figlio, che ci legherà per sempre…» decise di insistere ancora una volta…una sola altra volta…poi avrebbe lasciato perdere definitivamente e sarebbe andata avanti.
«…ma non basta. Fai di tutto per farti odiare da chiunque…sei scontroso, irascibile, intransigente…e va bene…hai un carattere difficile…l'ho sempre saputo…sbaglio a pretendere di cambiarti…»
Lui continuava a fissarla senza parole, sconfitto e rassegnato.
«…ma con me…almeno con me…possibile che tu non riesca a lasciarti andare solo un po'?» lo guardava disperata.
«Parla Martin!» gridò e lui sussultò.
«Continui a vivere come se io fossi solo una persona qualunque che per caso si trova nella tua stessa casa. Decidi, programmi e organizzi per tutti. Ti torna l'emofobia e non dici niente. Non dormi e non mangi e rispondi che è tutto a posto. Muore tuo padre, tua madre ti tormenta, io cerco di starti vicino e tu ti chiudi…ti chiudi…ti chiudi e mi tieni lontano!» piangeva e scuoteva la testa…se solo non lo avesse amato tanto.
Niente. Ancora silenzio.
Poi un debole suono varcò quelle labbra tormentate.
«Io…sono abituato a badare a me stesso praticamente da sempre.»
Louisa sollevò lentamente il viso.
«Sono abituato a fare quello che va fatto e a non dare fastidio.» parlava piano, come se avesse dovuto cavarsi a forza ogni parola.
La donna taceva. Percepiva la fatica che stava facendo.
«A che servirebbe avvelenare anche te, Louisa?»
Si guardarono. Avrebbe voluto allungare una mano e accarezzargli la guancia, ma si impose di stare ferma.
"Deve riuscirci, deve sbloccarsi lui…dopo lo aiuterò, ma deve farlo prima lui…" pensò.
«Non sono mai stato sposato prima e non mi sembra di essere molto capace come marito. Vorrei migliorare…vorrei fare di più…ma non so da dove cominciare.» Martin deglutì. Si sentiva molto stanco.
"Sì, amore, sì…continua, ti prego…"lo supplicava in silenzio.
«Ne ho parlato un po' con Ruth il giorno in cui dovevi partire…dopo che eri andata via. Lei dice che non ho un problema medico, ma se non è medico io non so assolutamente come trattarlo. Dice che ho fatto apposta a farti scappare, perché penso di non meritarti…perché non mi capacito di come una donna come te possa amare un uomo come me…» sospirò.
«Io penso…Tu sei davvero speciale, Louisa. Sei allegra e metti tutti a proprio agio. Sei sensibile e generosa, sempre pronta ad aiutare chiunque e a lottare per quello in cui credi…e sopporti le mie cattive maniere e il mio nervosismo…» abbassò lo sguardo per un momento. «Ho bisogno del tuo aiuto. Insegnami ad essere un buon marito.»
Fu Martin ad allungare la mano e ad appoggiarla sulla sua guancia.
«Sei tanto bella, Louisa, e io ho così bisogno di te…»
Piangeva di nuovo e lui non sapeva cosa fare, ma lei si buttò contro il suo petto e fu naturale circondarla con le braccia e stringerla forte.
«Ti amo, Louisa.»
Appoggiò le labbra sulla sua testa.
«Vorrei tanto essere capace di renderti felice, Martin.»
Lui sospirò.
«Io credo che la felicità sia la conseguenza di un momento difficile…non è una condizione permanente.»
Sentì le sue mani scivolare intorno a lui. Di questo aveva davvero bisogno…di averla con se e che non fosse arrabbiata. Se aveva lei, poteva accettare tutto.
«Ahmm…Louisa, io sto bene con te e James…voglio dire…se non ci siete, c'è ordine e c'è silenzio…ma non mi mancano quando ci siete.» deglutì impacciato. «Non mi manca niente della mia vita di prima. Certamente sono lento nell'adeguarmi a situazioni nuove, ma…ci sto lavorando.»
Lei sollevò il viso. Quel leggero sorriso gli dava speranza. Le scostò una ciocca e la baciò sulla fronte.
«Perché non dovresti meritarmi, Martin? Sei un uomo coraggioso, affidabile e molto intelligente…perché credi di non essere abbastanza per me?»
Lui sbuffò e contorse la bocca.
«Lo sai…io sono…non vado molto d'accordo con le persone e…non sono un granché nelle relazioni in generale…non ho una conversazione brillante e…non sono nemmeno più un chirurgo…» guardò via sconsolato.
Louisa allungò la mano e gli girò il viso di nuovo verso di lei.
«Credi che essere un famoso chirurgo ti renda un uomo migliore?»
Lui tentennò un secondo con la bocca aperta.
«Tu mi rendi un uomo migliore.» disse poi dolcemente tutto d'un fiato.
«Non sai quanto mi piacerebbe credere di avere un qualche effetto positivo su di te…» mormorò sconsolata.
«Ma ce l'hai!» la interruppe con enfasi.
Gli sorrise e appoggiò la testa sul suo petto.
«Ti amo anch'io, Martin. Dobbiamo solo trovare un modo…»
Rimasero così, stretti e abbracciati…nessuno dei due sembrava voler tornare a letto. Poi, quando si accorse che il respiro di sua moglie era diventato più regolare, si stese sul divano tenendola vicino a se, finché si addormentò anche lui.
