I hope
life treats you kind
And I hope
you have all you've dreamed of
And I wish you joy
and happiness
But above all this
I wish you love
And I Will always love you
I Will always love you
"I will always love you" – Whitney Houston
Se sentire voci significava diventare pazzi, Hashirama era felice di esserlo. Aveva fatto un passo avanti, poi un altro ancora, lassù il vento sibilava anche quando non era forte.
"Dobbiamo allenarci se vogliamo realizzare il nostro sogno, Hashirama."
Non avrebbe mai dimenticato quel sorriso impertinente, da bambino era andato ogni giorno al fiume per aspettarlo con il cuore in gola.
Sebbene ormai non vedesse quasi niente, Hashirama frenava l'istinto di scostarsi i capelli dal viso, era lieto che nascondessero le lacrime ormai inarrestabili. Un altro passo, Konoha ancora non si vedeva.
"Ci siamo riusciti, Madara. Considera tutto questo come la tua famiglia. E naturalmente… ci sono io. Ti voglio come mio braccio destro, come fratello."
Avrebbe dovuto dire altre parole.
Si può piangere di gioia e sorridere di amarezza, Hashirama aveva spremuto altre lacrime. Le prime case erano apparse sotto di lui, lì, dove lui e Madara avevano deciso il nome e il futuro del loro sogno. Cosa ne era rimasto? Niente.
Eppure quella doveva essere la perfezione. Grazie a lui tutta quella gente viveva in pace, i bambini lo abbracciavano, Tobirama era finalmente sereno dopo anni senza un sorriso per causa sua. Stava per diventare padre, Mito era all'ottavo mese. Non aveva il diritto di lamentarsi, era fortunato.
La punta dei suoi piedi sporgeva nel vuoto, qualche sassolino si era staccato rotolando lungo il pendio. Konoha era tutta nel suo campo visivo.
"Hashirama…"
Il vento sembrava ancora parlargli. Irresistibile ruffiano, adorabile egoista mentre gli ansimava in faccia tenendolo prigioniero finché non aveva fatto i suoi comodi. Non lo avrebbe mai dimenticato.
"Dove sei?"
La domanda si era persa nel vento, erano passati tre anni.
"Una volta sognavamo di cambiare il mondo, ma ora non sai sottrartene."
"Come stai?"
Determinato, orgoglioso, idealista. Poteva essere morto e lo aveva ucciso lui, lo aveva deluso trasformandosi in quello che la gente si aspettava, non in quello che era davvero. L'ultima volta che si erano parlati Madara non era in sé, aveva sbagliato a invitarlo al matrimonio, Hashirama non aveva calcolato quanto poteva essere devastante il dolore.
La gabbia dorata scelta come dimora lo aveva schiacciato un giorno dopo l'altro e adesso non ce la faceva più, era stato vigliacco, non era riuscito a sottrarsi all'ingranaggio che gli aveva rubato la vita, la sua e quella di Madara. Eppure bastava così poco per farlo sorridere, una carezza, una porzione di Inarizushi, un piccolo dono. Hashirama aveva sempre saputo domare la sua irriverenza. Portava sempre l'aquila al collo, l'ala mancante nella tasca più vicina al cuore, pronta a tornare al proprietario nel caso lo avesse incontrato.
Un altro passo e forse lo avrebbe rivisto. Se Madara era ancora in questo mondo rassegnato a vivere senza amore, pazienza, almeno Hashirama sarebbe potuto uscire dalla gabbia. Bastava un passo, il piede si era già sollevato.
"Signor Hokage!"
Qualcuno reclamava il suo aiuto. Hashirama si era asciugato le lacrime nei capelli prima di voltarsi verso la guardia trafelata.
"Madara è tornato!"
L'uomo era allarmato mentre lui sorrideva.
Madara è tornato!
Parole, 503
