Chi di voi ha indovinato chi è il misterioso uomo che incontra Sherlock? Credo che sia abbastanza facile da indovinare, vero? Per ora torniamo sulla terra, ci sarà tempo per rivedere quell'incontro.

Padmini

2. La verità

Erano trascorsi pochi secondi, Greg e John si erano mossi subito ma, sfortunatamente, erano arrivati troppo tardi, quando erano riusciti ad allontanare l'uomo da Sherlock il suo petto era già scarlatto per il sangue fuoriuscito e, a giudicare dalle ferite, doveva essere già morto. Greg disarmò l'uomo e lo ammanettò mentre John si chinò su Sherlock.

"NO! NO!" gridò, cercando di farlo stendere, pur consapevole che non ci fosse più nulla da fare "SHERLOCK! SHERLOCK!"

Le grida di John avevano attirato l'attenzione di alcuni agenti, ma Greg li fece stare fuori dall'ufficio, spingendo fuori anche l'uomo.

"Portatelo via! Fate in modo che non scappi e non si muova … e chiamate un'ambulanza!"

Gli agenti se ne andarono e Greg chiuse la porta per lasciare a John un po' di intimità, sapeva che non c'era fretta, purtroppo.

"No … ti prego … non ancora …"

John piangeva, i ricordi della morte, seppur finta, di Sherlock erano ancora vivi nella sua memoria e si mischiavano a quella di Mary, in un turbinio di emozioni devastanti. Anche Greg, che si era affacciato alla finestra per attendere l'arrivo dell'ambulanza, aveva gli occhi rigati di lacrime.

Quanto tempo era trascorso? Un minuto? Forse due? Nella stanza il silenzio era rotto solo dal pianto di John, inconsolabile, ma un rumore improvviso lo fece gridare per la sorpresa.

Sherlock respirò, un profondo respiro, qualche colpo di tosse e si mise a sedere, tra le braccia di John, che gridò.

"M-ma cosa …" mormorò "Tu … tu … eri morto!"

Sherlock si guardò attorno, sentiva l'odore del sangue, del suo sangue, la sensazione della camicia bagnata e appiccicaticcia sulla pelle, ma i suoi polmoni e il suo cuore funzionavano regolarmente.

"H-ho sognato … o è tutto vero?" chiese con voce roca.

"Sherlock …" sussurrò ancora "Ma …"

John si ricompose e, riacquistata lucidità, esaminò il petto di Sherlock. La camicia era lacerata e inzuppata di sangue, ma quando l'aprì vide che la pelle era intatta, macchiata di sangue ma priva di qualsiasi graffio.

"Non è possibile …" disse ancora "Quell'uomo ti ha pugnalato al petto, dovresti essere morto!"

"Allora è tutto vero …" rispose Sherlock "è tutto vero …" disse ancora, prima di svenire.

John guardò Greg, che ricambiò lo stesso sguardo stupefatto e i due rimasero in silenzio fino a quando non arrivò l'ambulanza.

"Cosa è successo?" chiese uno dei paramedici "è ricoperto di sangue!"

"Ha perso i sensi" spiegò Lestrade "Noi verremo con voi."

L'uomo annuì e, aiutato dal collega, caricò Sherlock nella barella.

John, che ancora tremava, si fece aiutare da Greg ed entrambi uscirono dalla stanza.

"Sally" gridò Lestrade, rivolto alla Donovan "Vado in ospedale. Appena avrò notizie chiamerò."

La donna annuì mentre li osservava uscire dalla stanza, convinta, vedendo Sherlock, che fosse morto.

Erano trascorse quasi due ore, Sherlock era stato visitato accuratamente, ma non c'era niente in lui che non andasse: gli avevano sfilato gli abiti rotti e sporchi e rivestito con un camice dell'ospedale e lo avevano fatto stendere in un comodo letto. Tutti i valori erano regolari e non aveva ferite visibili né interne, sembrava che fosse svenuto per un forte shock perché, nonostante non avesse febbre, tremava come una foglia e non sembrava intenzionato a parlare.

John aveva messo in un sacchetto gli abiti macchiati di sangue ed era rimasti al suo fianco tutto il tempo, fino a quando i medici non avevano deciso di dimetterlo e allora lo aveva riportato a Baker Street. Sherlock lo aveva seguito docilmente, senza protestare, come se fosse in trance, perso tra i suoi pensieri, sembrava che il mondo gli fosse crollato sotto i piedi. John lo guidava come un bambino spaventato, e in effetti Sherlock era proprio quello.

Arrivato a Baker Street John lo accompagnò nella sua stanza e lo lasciò solo per farlo riposare.

Passavano le ore ma Sherlock non parlava, John attendeva qualche segno di vita da parte sua mentre stava in salotto con Rosie, ma dalla sua stanza non giungeva alcun rumore. Solo una volta gli era sembrato di sentire un fruscio e aveva pensato che si fosse alzato, ma quando era andato a controllare lo aveva trovato ancora a letto.

Il giorno dopo aveva chiamato Mycroft.

"Come sta?" chiese.

"Non ne ho idea. Fisicamente sta bene ma mentalmente … mi sembra di vedere Eurus, è completamente scollegato dalla realtà. Respira, il suo cuore batte, ma è immobile, mi chiedo quali pensieri lo stiano tormentando.

"Non lo so. Non lo so. Sembrava che stesse andando tutto bene, ma … mi racconti meglio cosa è successo a Scotland Yard?"

John osservò Rosie, che giocava seduta sul tappeto poco distante, quindi iniziò a parlare sottovoce e rapidamente gli narrò cosa era accaduto.

"Ne sei certo?" chiese Mycroft, sbalordito "Nemmeno un graffio?"

"Nemmeno uno" confermò John "Eppure la camicia era squarciata, i tagli erano enormi, non erano compatibili con dei graffi, inoltre era letteralmente inzuppata di sangue! Se vuoi posso fartela vedere."

"No, grazie, passo" rispose Mycroft "Eppure Sherlock è vivo."

"Credevo che fosse morto! Doveva esserlo! Non ho neppure provato a rianimarlo! Le ferite erano evidenti, il sangue aveva iniziato ad uscire all'altezza del cuore e dei polmoni, eppure quando ha ricominciato a respirare sembrava tutto un grande scherzo, una finzione!"

"Potrebbero essere stati dei sacchetti pieni di sangue …" ipotizzò Mycroft "... come non detto" rispose, guardando l'espressione di John.

"Se fosse stato così li avrei visti. Se fosse stato così avrebbe significato che Sherlock sapeva ed era d'accordo con l'assalitore, ma non è possibile! Sono corso da Sherlock subito dopo l'aggressione, come ti ho detto, mentre Greg afferrava il tizio. Anche se non ho provato a rianimarlo ho visto le ferite, non c'era traccia di sacchetti nè sopra nè sotto gli abiti, né da nessun'altra parte. C'erano le ferite, Mycroft, le ho intraviste attraverso il tessuto! Poi … puf, non c'erano più. Inoltre io so quando Sherlock mente, so quando mi dice che ha comprato il latte e non è vero, adesso invece è in camera sua, immobile e muto, sotto shock anche più di noi e io non so cosa fare per smuoverlo!"

Calò il silenzio, l'unico rumore era quello dei giochi di Rosie.

"Non è che per caso ha risvegliato qualche ricordo sopito?" azzardò John "Insomma, fino a un anno fa non ricordava nemmeno chi fosse Barbarossa …"

"No, che io sappia no" rispose Mycroft "Inoltre un semplice ricordo che torna a galla non giustificherebbe tutto il resto. No, ci deve essere qualcos'altro sotto."

"Allora è tutto vero …" mormorò John.
"Cosa? Cosa sarebbe vero"? chiese Mycroft.
"Non ne ho idea. Sherlock lo ha detto subito dopo essere rinvenuto e un istante dopo di perdere di nuovo conoscenza. Ha detto "Allora è tutto vero".

"Ha senso, per te?" chiese Mycroft.

"Magari si riferiva alle parole del tizio che lo ha pugnalato"

"John … vaneggiava! Parlava del Diavolo! Ti rendi conto?"

"Se fosse vero?"

"Lo è".

Mycroft e John si voltarono di scatto. Sherlock si era alzato e li fissava.

"Ho bisogno di parlare con mamma e papà." disse, rivolgendosi a Mycroft, quindi si voltò e tornò in camera.

Mycroft sospirò, quindi prese il telefono.

"Mamma … sì, mamma. Ascolta, Sherlock ha bisogno di parlarvi … adesso. Sì, siamo a Baker Street. Quando potete venire? … Ottimo. A domani."

Mycroft si sedette nella poltrona del fratello.

"Si devono organizzare, saranno qui domani mattina presto. Per ora non possiamo fare altro. Io vado a casa, tornerò domani."

John annuì, lo accompagnò alla porta e poi si dedicò a Rosie.

Più tardi, mentre la bimba dormiva, John tornò in salotto e sistemò giochi e vestiti sparsi in giro. Aveva appena finito e stava andando a dormire, quando vide qualcosa di bianco accanto alla porta di Sherlock. Si avvicinò, dalla stanza non si sentivano suoni, così si chinò e trovo una piuma bianca.

"Da dov'è entrata?" si chiese, poi la mise in tasca e andò a dormire.

Il giorno seguente iniziò come tutti gli altri, se non fosse stato che Sherlock era ancora chiuso in camera sua e si rifiutava di parlare o mangiare. John accompagnò Rosie al nido e tornò a casa, giusto in tempo per l'arrivo di Mycroft.

"Tra poco arriveranno i nostri genitori" disse "Non so perché Sherlock abbia chiesto che venissero, non ho idea di cosa debba parlare."

"Perché sei stato tu, fino ad ora, il detentore di tutti i segreti, giusto?" chiese John, senza riuscire a celare una certa ironia.

"Sai benissimo che le mie intenzioni erano buone!" protestò lui "Ho sempre voluto il bene di mio fratello."

John annuì.

"Perdonami" disse "Solo non sopporto di vederlo così. Non ancora. Non è stato facile superare ciò che è successo con Eurus, e ora che pensavamo di esserne usciti …"

Qualcuno bussò alla porta, così John andò ad aprire.

"Bentrovato, John." disse la signora Holmes, entrando "La vostra padrona di casa ci ha fatto entrare."

"Bene. Venite. Vado ad avvertire Sherlock che …"

"Non servirà. Sono qui."

Sherlock era apparso all'improvviso, pallido in volto.

"Sherlock, tesoro …" disse la signora Holmes, avvicinandosi.

"Mamma. Papà." disse lui "Ho bisogno di parlare con voi."

"In privato?" chiese Mycroft, che già gioiva all'idea di uscire da quella stanza.

"No." rispose Sherlock con decisione "Vorrei che rimaneste qui."

I presenti si guardarono, quindi si accomodarono, i signori Holmes sul divano, John sulla sua poltrona, Sherlock invitò Mycroft a sedersi sulla sua mentre lui restò in piedi.

"Almeno sembri più tranquillo" commentò John "Ieri sembravi come in trance …"

"Tranquillo?" chiese Sherlock "Tranquillo è l'ultima parola che userei per definirmi, ora. Ho pensato, ho ragionato, ma sono ben lontano dalla tranquillità."

I signori Holmes si guardarono negli occhi e lei prese la mano di lui.

"Sherlock …"

"Non so se è peggio" la interruppe lui "il fatto che mi abbiate mentito o la bugia in sè."

Mycroft sembrava confuso, guardò prima i suoi genitori, quindi Sherlock.

"So cosa sapete." continuò lui "So tutto."

"Si può sapere cosa è successo?" chiese il signor Holmes, che sembrava invece aver capito.

"Qualche giorno fa sono stato ucciso." disse Sherlock con un tono talmente calmo da fare impressione.

"U-ucciso?" chiese sua madre "M-ma …"

"Un tizio è entrato nell'ufficio di Lestrade a Scotland Yard, mi ha accusato di essere il figlio del Diavolo e mi ha pugnalato con un tagliacarte."

La signora Holmes trattenne il fiato.

"Il nome Lucifer Morningstar vi dice niente?"

Mycroft sospirò.

"Lucifer Morningstar è uno dei tanti nomi del Diavolo. Non vorrai credere alle parole di quel tizio, Sherlock? Eri sotto shock! Avrai avuto un'allucinazione! Ti sei fatto condizionare!"

Sherlock rise, i signori Holmes invece sembravano a disagio.

"L'ho pensato anch'io" rispose Sherlock "L'ho pensato a lungo, poi ho dovuto scontrarmi con i fatti. Gli squarci sulla camicia, il sangue, l'assenza di ferite sul mio petto …"

"Sherlock, non essere ridicolo!"

"Non lo sono. Sono realista." rispose lui, iniziando a sbottonarsi la camicia.

"Per favore, datti un contegno!" lo rimproverò Mycroft "Non vorrai spogliarti adesso!"

Sherlock non rispose, continuò ad aprire la camicia per mostrare il petto intatto, privo di qualsiasi segno.

"Vi ho sentiti, ieri sera, mentre parlavate di me. So che anche voi non capite come posso essere vivo. Volete la risposta?"

"Sherlock …" iniziò sua madre, senza troppa convinzione.
"La risposta" continuò lui, ignorandola ancora "è che sono andato davvero all'Inferno e ho davvero incontrato Lucifer Morningstar."

"Sherlock …" intervenne suo padre.

"Non dire idiozie!" gridò Mycroft "Avrai sognato!"

"L'ho pensato anch'io" rispose Sherlock, sfilandosi del tutto la camicia e rimanendo a petto nudo "Se pensi che sia andata così dovrai spiegarmi ciò che ho detto prima e … queste."

Sherlock si voltò, scrollò le spalle e comparvero, con un fruscio che John riconobbe come quello che aveva sentito il giorno precedente, due enormi ali bianche.