Dieci anni prima, Itachi racconta.
"Dai corri, polentone!"
Nonostante ce la mettesse tutta, Itachi non riusciva a raggiungerlo. A ogni passo l'acqua gelida gli zampillava sulle gambe arrivando a bagnargli i calzoncini.
Era appena iniziata l'estate, erano in vacanza da due giorni, gli schizzi donavano refrigerio sia dal sole che dalla fatica della corsa.
A Itachi piaceva la scuola, gli dispiaceva smettere di studiare intensamente per oltre due mesi, perciò non vedeva il motivo di quei festeggiamenti che il cugino Shisui lo aveva invitato a fare.
Ma poteva essere interessante, non si era mai spinto così lontano lungo il corso del Naka.
E distante dalla sua vita
Peccato non averlo scoperto prima quel luogo di pace. Abbandonato il frastuono del traffico, il fiume si immergeva in un bosco rilassante sempre più fitto.
Itachi si era lasciato alle spalle anche il giorno infernale a cui Sasuke era stato costretto ad assistere, ringraziava silenziosamente Shisui per averlo momentaneamente salvato. Se ci fosse stato solo lui, come sempre, non avrebbe avuto importanza, ma non poteva accettare che fosse rovinata anche la vita di Sasuke. Forse il suo Otouto avrebbe potuto superare un singolo episodio, non era necessario che sapesse del resto.
Itachi ormai riusciva a essere felice solo con Sasuke e Shisui, ma era in compagnia del cugino che riusciva a essere davvero sé stesso. Libero di esprimere desideri, preferenze, aspettative per il futuro. Se aveva bisogno di raccontare un incubo, Shisui lo stava a sentire sorridente.
Shisui lo ascoltava davvero. La luce che aveva negli occhi quando lo guardava lo faceva sentire speciale, sulla stessa lunghezza d'onda. Nessuno dei due dominava l'altro, si completavano e basta.
Era perfetto.
Non era una sensazione che Itachi aveva provato con tutti, anzi, era la prima volta. Talmente unica da far desiderare a Itachi di avere quegli occhi magnetici sempre addosso. Avrebbe voluto le mani di Shisui sulla pelle, ma delicate e non brutali come era stato chiunque lo avesse toccato.
Itachi avrebbe voluto che questo fantasticare potesse trasformasi in ricordi veri e propri.
Ma sbagliava, il mondo non era così. La poesia che aveva nella testa non poteva essere la realtà, avrebbe dovuto sforzarsi di stare di più con i piedi per terra da ora in poi.
Le scudisciate del sole erano smorzate dalle fronde, melodie di uccelli, l'acqua borbottava placida. Itachi ammirava le lunghe liane che pendevano dagli alberi di alto fusto, la luce filtrava solo attraverso piccoli bagliori.
Sorrideva, ma i pochi secondi che si era concesso per riprendere fiato gli erano costati cari. Shisui era scomparso dalla visuale, non si sentiva più nemmeno la sua allegra risata.
Itachi aveva teso le orecchie nel tentativo di cogliere passi o altri suoni, invano. Una leggera inquietudine lo aveva attanagliato, si erano spinti abbastanza lontano, a occhio e croce un paio di chilometri. Ma, mentre lui era capace di orientarsi alla perfezione, non era certo di poter affermare la stessa cosa per Shisui. Il cugino era un abile combattente, soprattutto nelle arti marziali e con la katana, dava lezioni anche a Sasuke, ma orientarsi in un paesaggio che sembra tutto uguale era un'altra storia.
Forse sì, Shisui lo sapeva fare, oppure esisteva la possibilità che il cugino conoscesse alla perfezione quei luoghi. A ogni modo, non ne avevano mai parlato e Itachi a undici anni era abbastanza saggio da prevedere l'eventualità peggiore. Risolta questa, anche solo con l'immaginazione, tutte le altre sarebbero state un gioco da ragazzi.
Shisui poteva essersi perduto.
Sasuke poteva averli seguiti di nascosto. Avrebbe dovuto essere in palestra, ma era talmente birichino che avrebbero potuto aspettarsi di tutto. Itachi era tranquillo, la mamma era a casa quel giorno, Sasuke non avrebbe corso nessun rischio. Al ritorno dalla palestra si sarebbe messo a combinare disastri in cucina, si divertiva a preparare i dango per il suo adorato Nii – san.
Comunque non era una buona idea separarsi così nel bel mezzo di un bosco. Ma che diavolo era saltato in mente a Shisui? Il maggiore ma il più irresponsabile.
"Shisui?" gli era uscito appena un pigolio.
Itachi non era certo che sarebbe riuscito di nuovo ad alzare la voce oltre un certo livello. Non lo faceva da una settimana e forse non sarebbe successo mai più. Shisui non si era accorto del cambiamento, meno male, aveva paura di perderlo. Non poteva permettersi di turbarlo, tanto ormai non c'era rimedio. Nessuno aveva le macchine del tempo per tornare a cancellare il passato.
Forse era stato il dolore fisico a impedirgli di correre veloce, ma sarebbe passato. Se Shisui avesse saputo non sarebbe cambiato niente.
"Shisui?" Itachi si sentiva una briciola in mezzo all'Universo.
Inghiottito dal bosco, ma non poteva farsi prendere dal panico, non se lo era mai potuto permettere.
"Shisui?" era paralizzato. Non riusciva a muovere un passo e non solo per il timore di coprire gli eventuali suoni emessi dal cugino.
Il tremolio della voce lo aveva tradito, Itachi fu grato di essere solo. Mai avrebbe voluto apparire codardo davanti a Shisui.
Cercava di ricomporsi, si fissava i piedi ancora bagnati stretti nei sandali. Non era freddo, ormai aveva imparato da tempo a distinguere il gelo interno dall'effettiva temperatura.
Un soffio di vento forte, strano, eppure l'aria era stata praticamente statica tutto il giorno. Quel tornado, a quanto pare, era dotato di mani, gliene aveva passata una sotto le ginocchia e l'altra dietro la schiena per sollevarlo. Una presa decisa e gentile.
Itachi aveva soffocato un grido trovandosi sospeso diversi metri sopra il fiume, stava volando. La brezza gli faceva presa sulle ciglia, le aveva già molto lunghe. Si era voltato a destra trovandosi davanti il viso sorridente di Shisui. Il cugino aveva ricominciato a ridere mentre lui era terrorizzato.
Si aggrappava istintivamente al collo di Shisui. Finalmente Itachi aveva capito la dinamica del movimento, il cugino si manteneva con le gambe a una liana e gli stava facendo attraversare il fiume.
Itachi, tranquillizzato, sorrise a Shisui. L'abbraccio era passato da spasmodico a dolce, Itachi pensava che non ci fosse niente di male a posare la testa sulla spalla del cugino. E nemmeno a insinuargli le dita tra i boccoli soffici come una nuvola.
Raggiunta la riva, Shisui era balzato a terra, aveva fatto ancora qualche passo per raggiungere la meta che aveva in mente, poi aveva steso Itachi di schiena su un tappeto di erba.
Itachi si guardava intorno estasiato, margherite gialle e bianche dai lunghi steli si ergevano diversi centimetri dal terreno donando al prato un effetto tridimensionale. Itachi aveva visto un effetto simile solo in un'illustrazione di una vecchia copia di Alice nel Paese della Meraviglie.
Itachi guardava su illuminato da sole, Shisui gli stava chinato sopra e gli sorrideva. Il maggiore aveva staccato una delle mani con cui si sorreggeva ai lati della testa di Itachi per togliergli la lunga frangia dagli occhi, era un pretesto per accarezzarlo.
Itachi chiudeva gli occhi per godersi il momento. Sospirava, nessuno lo aveva mai fatto e certamente Shisui era l'unica persona al mondo capace di toccargli il cuore così.
L'unico al mondo, il solo in questa vita.
Shisui si era ritirato sulle ginocchia, la distanza tra i loro corpi era diminuita ma aveva iniziato a sfiorare il volto di Itachi. Le mani scivolavano lievi sulle guance di Itachi. Sul mento, sul collo, con la punta dell'indice gli toccava le labbra vellutate. Si guardavano negli occhi, neri uguali ma dal taglio molto diverso. Intanto le mani di Shisui scendevano sul torace di Itachi, si era unite davanti per andargli sul ventre.
Itachi non avrebbe mai voluto farsi scappare quel gemito di dolore, ma purtroppo il cugino aveva premuto troppo forte. Una pressione normale per un essere umano, anzi, piuttosto delicata, ma purtroppo quel maledetto ematoma faticava a guarire, probabilmente a causa della scarsa nutrizione. A Itachi dispiaceva deludere la mamma che, appena poteva, preparava solo per lui cibi gustosi e nutrienti, ma ogni volta gli veniva la nausea dopo pochi bocconi. La mamma non sapeva della ferita e nemmeno Shisui, ne era al corrente solo Sasuke perché aveva visto in diretta come se l'era procurata.
Itachi aveva chiuso gli occhi demoralizzato, si morse l'indice destro voltando la testa per fuggire allo sguardo interrogativo di Shisui. Tremava come se fosse davanti a una catastrofe.
"Itachi, che ti succede?" Shisui lo accarezzava sulla testa per tranquillizzarlo "Fammi vedere."
"No!" Itachi aveva bloccato le mani del cugino già nel gesto di sollevargli la maglietta.
Shisui aveva aggrottato le sopracciglia preoccupato, era diventato più pallido, si vedeva che una consapevolezza nuova lo aveva appena schiacciato. Si era liberato senza fatica dalla stretta di Itachi, la maglietta era salita senza più chiedere il permesso.
Il viso di Shisui si era trasformato da allarmato a furioso, il lato della medaglia che si cela dietro all'amore e che esce allo coperto quando viene leso l'oggetto dello sconfinato affetto.
Itachi piangeva, si era già rassegnato a perdere carezze e comprensione. La felicità non ci sarebbe stata mai più, non a quel livello.
Presente.
"È successo tutto a causa mia, Naruto. Per questo avevo lottato così tanto affinché Shisui non sapesse niente" era ormai il crepuscolo, Itachi era tornato a fissare le irrequiete acque del Naka "Lo conoscevo bene e sapevo in che modo avrebbe reagito, sperare di fermarlo sarebbe stato come provare a colpire un meteorite con una racchetta da tennis."
Naruto sapeva che avrebbe dovuto dire qualcosa, ma non ci riusciva, le dita gli erano scese in tasca per cercare l'ennesima sigaretta ma si erano scontrate con il pacchetto ormai vuoto. Aveva deglutito a fatica, per placare l'angoscia non aveva trovato niente di meglio che accartocciare il pacchetto e lanciarlo di sotto.
"Le stesse ragioni che hanno reso violento me hanno distrutto Itachi."
Ecco a cosa si era riferito Sasuke la notte in cui erano andati a prenderlo da Orochimaru.
"Itachi… io…" cosa c'era da dire in circostanze come quelle? Esistevano delle parole giuste? Naruto sapeva che non le avrebbe mai trovate nemmeno cercando mille anni, perciò non gli era restato che seguire l'istinto mentre con la mano afferrava delicatamente quella del moro: "Ora so perché non volevi tornare a casa la prima volta che ci siamo incontrati. Mi dispiace, ho compreso soltanto adesso."
Itachi non aveva risposto, non si era mosso, ma nemmeno si era sottratto al contatto delle mani. Non si era irrigidito.
"Hai fatto di tutto per proteggere Sasuke, non sentirti sbagliato. Ho capito quanto lo ami."
"No, Naruto" Itachi aveva alzato il viso, un sospiro gli era uscito dal naso. Probabilmente ormai vedeva poco e niente, ma si ostinava a tenere gli occhiali da sole "È lui che ha protetto me. È stato per me che è andato da Orochimaru e si è allenato ogni giorno. Sono un mostro, guarda cosa l'ho costretto a diventare."
"Non è colpa tua!" Naruto era balzato sull'impeto dell'esclamazione. Aveva voluto interrompere Itachi prima che percorresse fino in fondo la via di autodistruzione che aveva iniziato a prendere.
Itachi aveva saputo di Orochimaru nonostante le comunicazioni tra i due fossero interrotte da giorni, ma non era importante sapere come adesso.
"Dimmi la verità, Itachi, ho bisogno di saperlo" nonostante il tono concitato, Naruto gli massaggiava delicatamente il dorso della mano con il pollice "Quel giorno al pronto soccorso era stata una tua scelta o ti hanno fatto del male?"
"Zabuza non c'entrava niente" estremo strazio nella voce di Itachi, e senso di fallimento "E io non volevo morire, non potrei mai abbandonare Sasuke. Lui non sa niente di come ci siamo ritrovati, ne morirebbe. Però, Naruto, a volte il dolore urla talmente forte che faresti di tutto per metterlo a tacere senza pensare alle conseguenze."
"Itachi…" le lacrime solcavano lente e silenziose le guance rosa del biondo.
Naruto aveva dovuto resistere all'impulso di abbracciarlo. Doveva essere stata una sofferenza inaudita per aver spinto a tanto uno intelligente come Itachi.
"Itachi, avresti bisogno di parlare con qualcuno" Naruto aveva inghiottito per contenere le lacrime.
"Lo sto già facendo. Sei un ragazzo gentile, Naruto, l'ho sempre saputo" ancora un lieve sorriso amaro, un immenso ringraziamento nella voce di Itachi.
"Oh, no. Io intendevo qualcuno più esperto di me" Naruto grattava la nuca per l'ennesima volta, era arrossito. Quanto gli aveva appena detto Itachi lo lusingava "Posso indirizzarti, se vuoi."
"Grazie, Naruto, mi stai già aiutando tanto. Davvero."
Itachi aveva più bisogno di affetto che di un dottore, lo gridava da ogni centimetro della pelle, da ogni gesto e parola. Naruto era disposto a darglielo, ma il moro non era ancora pronto a vederlo.
Itachi aveva bisogno di essere ascoltato.
"Ma allora, la katana di Sasuke…"
"Era di Shisui."
Naruto si era fermato ancora, ogni volta che apriva bocca balbettava così tanto da non riuscire a finire la frase. Doveva salvare Itachi e non solo da Juugo, il problema più grosso era nel suo passato. Zabuza, Juugo e tutti gli altri erano solo un effetto di quanto Itachi aveva vissuto, delle dinamiche tossiche che aveva imparato.
Nonostante Naruto non avesse mai imparato a gestire bene le emozioni a causa della prolungata solitudine, aveva compreso che quel ragazzo fragile glielo stava insegnando meglio di tutta l'intera vita.
Per rompere il ghiaccio servivano domande.
"Tu hai detto che la tua vita è finta qui, dove siamo adesso. Se vuoi parlarne ti ascolto."
"È successo qualche giorno dopo il nostro primo incontro."
