Cucina

Regina non riusciva a dormire. Gli eventi stavano correndo troppo in fretta e lei non riusciva a tenere il passo con quanto accadeva. Non avere il controllo della situazione le metteva addosso una sensazione di inadeguatezza, di inettitudine a cui non era abituata. Non conoscere tutti gli esiti possibili le insinuava il dubbio, un dolore quasi fisico alla tempia sinistra, un fastidio sordo e martellante. Troppe cose le sgusciavano via tra le dita come uova di snee, ed erano altrettanto fragili. Decise di andare in cucina: forse con un bicchiere di latte e una pillola sarebbe riuscita a riprendere sonno.

Vide che la fioca luce della cappa era accesa e per un secondo pensò di raccogliere il pesante vaso di pietra lavica di Mustafar che campeggiava nel salone e di usarlo per aggredire l'intruso. Poi ricordò che la figlia aveva dormito da lei quella notte.

Fu sul punto di fare dietro-front e ritornare nella propria stanza: non se la sentiva di parlare con nessuno, tantomeno con Solaves che aveva passato le ore dopo il funerale del figlio a piangere nella camera degli ospiti.

«Madre, sei tu?»

La voce era impastata. Forse aveva esagerato con le pillole.

Fece due passi, raggiunse la porta della cucina.

«Dovresti dormire.» disse alla figlia, mascherando con la freddezza il mal di testa e l'ansia che la stavano divorando.

«Ho dormito anche troppo.» fu la risposta farfugliata della ragazza.

Regina si versò un bicchiere di latte e si sedette sul tavolo davanti alla figlia. Ves teneva la testa tra le mani, davanti a lei una bottiglia aperta di liquore.

«Hai in mente di finirlo prima di domani mattina?» chiese.

Ves sollevò la testa e la fissò con gli occhi rossi e gonfi.

«Forse.»

«Pillole e alcol non sono proprio una combinazione ideale, Solaves.»

«Mi sembrano invece la risposta a tutti i miei problemi attuali.»

Regina non voleva infierire, non quel giorno. Era stanca di piangere, arrabbiarsi, litigare, e piangere ancora.

Erano quattro anni che non vedeva la figlia e le sembrava ancora una bambina, ma anche vecchia allo stesso tempo; era sicura di aver visto un paio di capelli bianchi che quella mattina non c'erano.

Ves aveva appoggiato la fronte sul tavolo. Regina iniziò ad accarezzarle la frangia, Ves non respinse la sua mano.

Ad un tratto la luce aumentò di intensità e 3D1 entrò nella stanza, annunciato dallo sferragliare dei suoi arti.

«Oh, scusate. Non pensavo foste entrambe in piedi.»

Ves e Regina strizzarono gli occhi e alzarono le mani, riparandosi dalla luce.

«La luce è troppo intensa?» chiese il droide.

«Sì, 3D1, ti prego: abbassala.»

Senza che il droide si muovesse, la luce calò di intensità.

Ves guardò la madre.

«Non ti fai mancare proprio nulla.»

«Un upgrade che ho acquistato con l'appartamento.»

«Già. Proprio un bel posticino.» osservò Ves, bevendo un altro sorso dalla bottiglia.

«Non aveva senso rimanere in quella enorme casa vuota, ti pare?» disse Regina, togliendole il liquore dalle mani e cedendolo a 3D1.

Ves non protestò, anzi, sembrò non accorgersene nemmeno.

«Sei ubriaca, Solaves. Lascia che ti accompagni in camera.»

Ves scosse la testa.

«Non ho sonno. E non sono neanche lontanamente ubriaca quanto vorrei.»

«Se posso, miss, conosco una serie di movimenti e punti di pressione per indurre il rilassamento e la sonnolenza.»

«Scusami, 3D1. Sei gentile, ma sinceramente non sono in vena di coccole in questo momento.»

Il droide scosse la testa un paio di volte a destra e sinistra.

«Le coccole non rientrano nella mia programmazione, miss.»

Ves emise una risata liquida.

«Cosa sei venuto a fare qui, 3D1?» chiese Regina.

«I miei sensori mi hanno avvertito che eravate sveglia, madame, per cui sono venuto a vedere se avevate bisogno della mia assistenza.»

«Dei tuoi massaggi, magari?» disse Ves, ma la frase era diretta alla madre.

«Grazie 3D1, ma stiamo bene così. Torna pure al tuo posto.»

«Certo signora. Con permesso.»

Il droide uscì dalla cucina e la luce si affievolì. Rimase solo quella della cappa.

Ves si alzò e recuperò la bottiglia di liquore dalla dispensa.

«Credo tu ne abbia avuto abbastanza.» fece Regina che si alzò e tentò di afferrarle di nuovo la bottiglia.

Ves si scostò da lei e tornò a sedersi.

«Io credo di no. Anzi, credo che la berrò tutta. Voglio ubriacarmi al punto di dimenticare chi sono. Potrei anche arrivare al punto di dirti che ti voglio bene, madre. Pensa, quanto ubriaca voglio essere!»

Regina la fissò triste, la mente affollata da mille parole da dire. Ma ammise che non c'era nulla nel suo vasto repertorio che fosse adatto a una madre che aveva perso il suo unico figlio. Per un attimo immaginò che Solaves non ne avrebbe avuti altri, che sarebbe stata sola per il resto della vita. La immaginò così come la vedeva ora, tra dieci anni, venti. O forse sarebbe morta domani. Chissà? Forse sarebbero morte entrambe entro pochi mesi.

«Mi dispiace, Solaves.»

Regina riportò il suo mal di testa a letto, più pulsante che mai.