Lutto

Regina si avvolse in uno scialle scuro che la faceva sembrare ancora più alta e magra; se lo legò in vita con una lunga cintura di seta blu. I capelli raccolti dietro la nuca, trattenuti da due aghi di legno come era tradizione. 3D1, accanto a lei, le reggeva la stola. L'appartamento era deserto e silenzioso, immerso nella penombra delle luci notturne che filtravano dalle vetrate oscurate. La donna sembrava pallida e vecchia, mostruosa nel suo dolore. Gli angoli della bocca curvi verso il basso, gli occhi rivolti al pavimento, come scivolati lì dove nessuno li aveva più raccolti.

Tese le braccia, lasciando che il droide le coprisse le spalle con la stola, che ricadde subito lungo la schiena fino ai gomiti. I piedi nascosti sotto la lunga gonna nera si mossero impercettibilmente mentre Regina si volse all'ingresso, pronta per uscire. Senza bisogno di dire una parola, il droide la precedette alla porta, la aprì e la guardò allontanarsi nel corridoio verso gli ascensori.

Rimase solo nell'appartamento, i suoi cigolii riecheggiavano in ogni angolo, in ogni piega scura. La sua corazza argentata rifletté brevemente il lampo di uno speeder che attraversava il cielo in quell'istante. Quindi scomparve nella porta che dava sulla cucina.

«Non posso credere che tu appoggi Mon Mothma in questa assurdità!» Nonostante Abner si stesse trattenendo, la sua voce risultò urlata nel silenzio dell'abitacolo.

«Smettila Gal, o ti faccio scendere alla prossima piattaforma!» sibilò Regina, frenando a stento la collera.

Abner mosse lo sguardo colpevole sugli altri occupanti l'aviotaxi. Quando i suoi occhi si posarono su Ves, il viso rivolto ai palazzi, sentì una morsa allo stomaco e si zittì all'istante.

Nessuno disse più nulla finché il velivolo non atterrò presso la cappella di famiglia.

Era stata allestita una catasta di legno e paglia intrisi di un olio profumato. Ai quattro angoli aste reggevano torce accese che rimanevano fisse nella atmosfera immobile della cripta. Un lungo tappeto scuro era stato steso davanti all'ingresso e conduceva fino alla pira. Ves con dolore bruciante alzò lo sguardo sul giaciglio allestito tra i rami secchi. Fu sollevata di non comprendere immediatamente le forme che gli stavano davanti. La luce calda, ma incerta delle torce rendeva poco visibile quello che la circondava. Velocemente abbassò lo sguardo, affogandolo nelle lacrime che ancora le riempivano gli occhi e le guance. Non faceva alcun rumore. Piangeva in silenzio con il capo abbassato, il velo nero le copriva il viso da sguardi indiscreti. E finalmente si sentiva al sicuro. Finché il suo dolore fosse rimasto muto.

Comprese poco della cerimonia, comunque semplice e breve. Ora che gli occhi si erano abituati alla luce del fuoco, vedeva la tenera e fragile sagoma del suo bambino adagiata in quel giaciglio di sterpaglie e rami secchi, avvolto in una toga Jedi che lo faceva sembrare più grande. Gli occhi chiusi, come se dormisse, le tenere, piccole dita rosee intrecciate sul petto inerte. La treccia di padawan stesa mollemente sulla spalla destra. Durante la cerimonia, prima che il suo corpicino venisse coperto con il telo rituale, le fu concesso di avvicinarsi per l'ultimo saluto. Ves tremava da capo a piedi e non respinse sua madre che si offrì di sorreggerla. Posò un bacio sulla fronte e sulle labbra del suo bambino, gli sfiorò le guance e i corti capelli scuri con le dita, desiderando con tutta se stessa che quegli occhi, li stessi del padre, si aprissero su di lei per chiamarla mamma. Quando capì che questo non sarebbe mai avvenuto, Ves soffocò un singhiozzo nel seno della madre e si lasciò trascinare via.

Non fu più nulla per molti giorni. Dimenticò quanti, perse se stessa e il trascorrere del tempo. E a quanti chiedevano come stava, Regina non rispondeva, ma scuoteva il capo, abbassava lo sguardo, domandandosi quando tutto questo avrebbe potuto avere una fine.