Bonnie

Bonnie la guardava con apprensione. Ves si strinse il fianco ferito.

«Non preoccuparti, riesco a reggere ancora un po'.»

L'amica si sollevò per guardare oltre il piccolo terrapieno.

«Hanno smesso di sparare, forse credono che siamo morte.»

Ves emise una risata liquida, interrotta da una crisi di tosse. La puzza di bruciato le dava la nausea, la ferita aveva iniziato a sanguinare sotto la camicia annerita intorno al foro del fulminatore.

«Fammi dare un'occhiata.» fece Bonnie e, senza aspettare la sua risposta, si chinò a studiare la lesione.

«Non c'è molto sangue.»

Ves scosse la testa.

«Il fulminatore cauterizza la ferita. Anche se fa male il doppio.»

«Come procediamo?» le chiese Bonnie dopo qualche istante di silenzio.

Ves non ne aveva idea. Il comlink era muto, non sentivano voci o rumori. Non c'era modo di capire se nelle altre trincee improvvisate i loro compagni fossero ancora vivi. Il loro nemico pure taceva.

«Siamo sole, direi. Potremmo stare qui e attendere rinforzi, che potrebbero non arrivare mai. Oppure aspettare che ci catturino, cosa che non credo accadrà.»

Vide la tristezza calare nello sguardo di Bonnie. Sorrise.

«La guarnigione è andata. L'avamposto è distrutto. Non rimane molto altro. Non hanno alcun bisogno di fare prigionieri.»

Bonnie abbassò lo sguardo e si morse il labbro.

Ves la lasciò sola con i suoi pensieri, chiuse gli occhi e cercò di pensare ad altro che non fosse il dolore.

La ferita era nell'addome, appena sotto il fegato. Non stava in effetti perdendo tanto sangue, forse sarebbe sopravvissuta. Non si sentiva nemmeno debole, solo stanca. E le bruciava la gola: tutto quel fumo intorno a loro le entrava nei polmoni a ogni respiro stentato. Respirare le faceva male. Stranamente il dolore era nella schiena e non dove era stata colpita. Allungò un braccio dietro di sé, tra la camicia lacera e la parete di roccia dietro cui si erano riparate; quando ritrasse la mano, era sporca di sangue. Tanto sangue.

Bonnie notò quello che stava facendo e, senza dire nulla, la fece girare. Si sentì lacerare. L'amica spostò lembi di camicia fradici, le tastò la schiena. Toccò un piccolo oggetto che le si era conficcato tra le costole e quasi svenne per il dolore. Fu assalita da violenti colpi di tosse. Si portò un braccio davanti alla bocca e quando lo guardò era macchiato di sangue.

Bonnie tornò a guardarla bianca in volto. Non c'era bisogno che dicesse nulla.

«Non tentare di toglierlo. In ogni caso, non cambierebbe molto le cose.» altri colpi di tosse, più deboli.

Bonnie era una maschera di orrore.

Chiuse di nuovo gli occhi e forse si addormentò. La voce di Bonnie le arrivò come attraverso un sogno.

«Non voglio farmi catturare.»

Aprì gli occhi e guardò la ragazza. Aveva trentatré anni, dieci meno di lei.

«Cosa facevi prima di entrare nella Ribellione?»

Bonnie parve confusa. La fissò a lungo prima di rispondere.

«Lavoravo in una rimessa su Derra IV. Il garage era di mio padre, ci lavoravo con lui e mio fratello.»

«Tua madre?»

«Ah, lei non amava sporcarsi le mani se non era in cucina! Non le piaceva mescolare le due cose.»

«Aveva ragione.»

«Non ero sposata o fidanzata.»

«Forse è meglio così. È difficile combattere quando potresti perdere qualcuno.»

«Quando un bombardamento ha raso al suolo il mio quartiere, ho deciso di unirmi alla Ribellione.»

«La tua famiglia?»

Bonnie scosse la testa.

«Li ho seppelliti prima di partire.»

Ves rimase in silenzio. Faceva fatica a parlare ora, faceva fatica a tenere gli occhi aperti. Il silenzio intorno a loro era assordante.

Quasi non riconobbe il suono della propria voce quando parlò.

«Il mio piccolo Goran era un apprendista Jedi. Era al tempio quando ci fu l'attacco. Ho lasciato Coruscant poche settimane dopo. Non ho più rivisto mia madre.»

«Mi spiace.»

«Anche a me. Forse se non lo avessi consegnato ai Jedi ora sarebbe ancora vivo. E forse io non sarei qui. Sarei fuggita con lui, lontano dall'Impero.»

«E tua madre?»

Ves provò a ridere, ma fu presa da violenti colpi di tosse.

«Lei sarebbe rimasta a Coruscant. Credo sia ancora là, non c'è nulla di più importante per lei del suo posto in Senato.»

Ci fu uno scoppio e il terrapieno fu scosso da una vibrazione violenta. Furono investite da alcuni sassolini e piccoli massi che si staccavano sopra di loro.

«Bombardano. Vogliono essere sicuri che non ci siano sopravvissuti prima di scendere.»

Ci furono altri due scoppi e altrettanti scossoni. Un grosso masso rotolò sopra di loro, dovettero spostarsi più indietro, a ridosso di un ammasso di detriti.

«Non resisteremo a lungo.» osservò Bonnie, asciutta.

Sentirono voci concitate oltre la coltre di fumo davanti a loro. Difficilmente erano membri della Ribellione.

Si guardarono. Bonnie era terribilmente seria, le labbra due sottili linee bianche sul viso appena visibile sotto strati di terra e polvere.

Ves imbracciò il suo fulminatore, sollevandosi sulle ginocchia, pronta a scattare.

Fece un cenno a Bonnie che annuì, mettendosi anche lei in posizione.

Chiamando a raccolta le ultime energie che le rimanevano, Ves si lanciò in campo aperto, seguita da Bonnie, urlavano e sparavano senza vedere nulla davanti a loro.

Qualcosa la colpì, inciampò, forse cadde. Non ricordava. Non ce ne fu il tempo.