(…L'istinto dell'assassino è radicato troppo profondamente in te…
tu sei un mio Mangiamorte fino al midollo, Severus.
Che tu lo voglia oppure no… lo sei e sempre lo sarai…)
La voce di Voldemort era gelido metallo che strideva stizzosamente nella notte silenziosa:
- Ti stavo attendendo. –
Piton s'inchinò rispettosamente al suo cospetto, fino a baciare l'orlo della veste nera:
- Ti chiedo perdono Oscuro Signore. La ferita si è rivelata più grave di quanto avevo stimato… L'avete ripreso? – chiese guardandosi intorno, irrequieto.
- Non c'è traccia di Lupin. Sembra essersi volatilizzato. – rispose Voldemort seccamente.
- Maledizione! Potevo estorcergli importanti informazioni! Sono certo che qualcuno, al Ministero, ha creduto alla versione di Silente e di Potter sul tuo ritorno, Signore. –
Voldemort lo fissò a lungo, intensamente, mentre lui ne sosteneva lo sguardo con fredda sicurezza. Infine disse, molto lentamente:
- Lucius afferma che è impossibile. –
Piton inarcò un sopracciglio, guardandosi intorno alla ricerca di Malfoy:
- Forse… Lucius si sbaglia. – rispose altrettanto lentamente, fissando la vivida luce rossa degli occhi di Voldemort – Vuoi forse correre il rischio di sottovalutare questa informazione? –
Voldemort continuò a scrutarlo, avvolto in un gelido silenzio. Un acuminato sguardo di sangue che sapeva sbaragliare quasi ogni difesa. Ma nel viso pallido di Piton, i suoi occhi erano solo lucidi specchi neri che riflettevano la crudeltà dell'altro.
- C'è dell'altro, Oscuro Signore. Lupin ha resistito al Veritaserum, ciò che farebbe supporre che al Ministero abbiano scoperto un antidoto. –
Piton sollevò lentamente il mantello ed estrasse un'ampolla contenente un liquido trasparente:
- Questo è un Siero della Verità, potente come e più di quello del Ministero. Lo ho distillato io, personalmente, molto tempo fa… ed ora te ne faccio dono. – disse tendendo la mano con l'ampolla verso Voldemort – A questo siero… nessuno saprà trovare rimedio. – sussurrò, mentre un perfido sorriso distendeva le sue labbra.
Voldemort allungò una lunga mano sottile, diafana e rapace, ad afferrare l'ampolla.
- Una goccia, una sola goccia, per quindici minuti di verità purissima. – spiegò orgoglioso.
Voldemort strinse l'ampolla tra le mani, poi inclinò un poco la testa di lato, ancora ad osservare Piton. Infine avvicinò il volto a quello del mago, finché i suoi occhi sanguigni non furono che a pochi centimetri da quelli dell'altro:
- Bevila! – sibilò con voce appena intelligibile, mentre i suoi occhi frugavano nella mente del mago.
Piton impallidì e si ritrasse di scatto di lato, sottraendo i suoi occhi all'incursione dello sguardo invasivo di Voldemort. Afferrò quindi il siero e ne trangugiò una goccia. Dolori lancinanti allo stomaco lo fecero ripiegare per un istante su se stesso. Poi si rialzò, sempre più pallido, a fissare nuovamente gli occhi di rubino di Voldemort, mentre gli rendeva l'ampolla.
- Cos'è successo tra te e Lupin, nel passato? –
Piton raccontò il terribile scherzo architettato ai suoi danni da Sirius Black quando erano ragazzi. La spaventosa notte di luna piena in cui aveva scoperto la vera natura di Remus Lupin e si era così ritrovato davanti ad un Lupo Mannaro completamente trasformato. Raccontò il suo terrore di ragazzo, la selvaggia ferocia del Lupo, il dolore lancinante delle profonde ferite infertegli… l'intervento provvidenziale di James Potter che, sotto forma di Cervo, aveva tenuto occupato il Mannaro permettendogli infine di fuggire, pur gravemente ferito, salvandogli quindi la vita.
Piton ancora ansimava, mentre raccontava, gli occhi persi nei ricordi del passato.
- Cos'è successo tra te e Lupin, ieri? – incalzò Voldemort.
Il mago non ebbe alcuna esitazione e ripeté la stessa versione precedentemente fornita a Malfoy.
Un lampo vermiglio scaturì per un istante dagli occhi di Voldemort, poi un sorriso crudele distese le sue labbra sottili, portando una parvenza di vita su quel viso cadaverico:
- Non ho ancora punito quei due Mangiamorte per l'errore commesso. – sibilò piano – Vuoi che ti chieda ora, che sei sotto l'effetto del siero, quale sarebbe per te la punizione adeguata? O preferisci rispondere quando sarai libero dall'effetto del siero? –
Piton ridusse gli occhi ad una fessura mentre fissava intensamente Voldemort:
- E' molto sottile questa tua domanda, Oscuro Signore. Veramente degna di te. – sussurrò piano, scandendo lentamente ogni parola – Chiedere ad un uomo che non può mentire… se è sua intenzione mentirti quando potrà di nuovo farlo. –
Sul volto pallido e teso di Piton vi era un impercettibile sorriso di sfida:
- Domandamelo ora… oppure più tardi. Come tu vuoi. – disse freddamente, con lentezza - La mia risposta sarà sempre la stessa. –
Il gelido sorriso, sul volto di Voldemort, ora esprimeva la sua intima soddisfazione:
- Sei un mago intelligente, Severus. Sempre perfettamente lucido e totalmente controllato. – asserì con un sibilo tagliente – Assolutamente imperscrutabile… -
- Devo intendere queste tue parole come un complimento, Lord Voldemort… o come una minaccia? – chiese Piton piano, inarcando lievemente un sopracciglio.
Voldemort ignorò la sua domanda e annunciò:
- Non li ho ancora puniti perché volevo lasciare a te il verdetto. –
Gli occhi di Voldemort lo scrutavano attentamente, ostinati rubini scintillanti nella notte, alla ricerca del suo punto debole, del varco che poteva permettergli di insinuarsi nella sua mente.
- C'è solo un verdetto possibile… - affermò Piton.
Alzò ancora una volta gli occhi ad affrontare lo sguardo penetrante di Voldemort… ma sapeva di essere perfettamente in grado di sostenerlo. Sentiva quegli occhi acuti spaziare nella sua mente, la loro spietata luce purpurea lo abbacinava, percepiva il loro potere infiltrarsi tra i pensieri e le emozioni per decifrarli. Ma tutto era perfettamente sotto il suo controllo… e Voldemort avrebbe letto solo ciò che lui avrebbe voluto. Ancora una volta… come sempre.
- La morte è l'unica punizione. – statuì lentamente, con voce del tutto distaccata.
Voldemort interruppe il contatto con i suoi occhi ed un gelido sorriso increspò le labbra esangui:
- Bene Severus. Allora divertirti e chiama gli altri. Puoi dare inizio alla Cerimonia. –
- No! Nessun'altra Cerimonia di Tortura e di Morte per me. Te lo dissi già molto tempo fa. – esclamò Piton con secca determinazione.
- Severus! – lo richiamò Voldemort con ira.
- No! – ripeté il mago, senza la minima esitazione.
- Tu hai emesso il verdetto… e tu lo eseguirai! –
- Il mio era un verdetto di morte… e quello eseguirò! – sibilò, sollevando alta la fronte, gli occhi fiammeggianti – Ma non li torturerò! Non lo farò mai più… te lo ho già detto! –
Ancora una volta gli occhi di Voldemort furono improvvisamente e furiosamente dentro di lui, questa volta come se volessero strappargli via l'anima per leggerla poi alla luce rosseggiante del grande fuoco che ardeva alto vicino a loro.
- Noto che l'effetto del tuo Siero è ancora attivo… - sibilò piano, senza smettere di premere rabbiosamente sulla sua anima e sulla sua mente.
- Sì, ma ti rimane pochissimo tempo. Rivolgimi ora la domanda che ti brucia, Oscuro Signore. – esclamò il mago levando fieramente il viso pallido, coi lunghi capelli corvini che ondeggiarono lievemente a quel movimento deciso - Quella domanda che da troppo tempo, ormai, intuisco nei tuoi occhi… e che mi offende! –
Piton si chiese se fosse veramente in grado di affrontare quella domanda…
- No! Non te lo chiederò. Ho tanti altri modi per avere la risposta ai miei dubbi. – spiegò Voldemort in un sibilo acuto - Ora fa di quei due ciò che vuoi. Anche se io avrei preferito che tu permettessi ai miei "ragazzi" di divertirsi un po'… – mormorò stizzito, volgendogli le spalle – … un divertimento così raro ultimamente! –
- Sono sotto l'effetto di un Siero della Verità, Oscuro Signore… non sotto il tuo Imperius. – esclamò Piton altrettanto stizzito – Che, tra l'altro, sai bene che non ha mai avuto effetto su di me! –
Voldemort si voltò per incenerirlo con la brace rovente dei suoi occhi:
- Ti ho detto di fare ciò che "vuoi"! –
- Farò ciò che "devo"! –
Piton si diresse con passo deciso verso i due giovani Mangiamorte, che erano incatenati nell'angolo in fondo del grande salone ed avevano ascoltato tutta la conversazione. Si accorse subito che stavano tremando: sapevano perfettamente cosa stava per accadere loro. Leggeva chiaramente nei loro occhi il terrore muto e disperato, l'orrore delirante e paralizzante di chi sa che il suo destino è immutabilmente segnato e che nulla più potrà salvarlo. Di chi conosce l'inutilità di implorare una pietà che non può esistere. Era stato lui a segnare il destino di quei due ragazzi…solo lui a decretare la loro inutile morte. Per salvare Lupin, per salvare se stesso… per salvare il suo mondo…
Il mondo in cambio della vita di due ragazzi di diciassette anni o poco più.
Giovani ed ingenui Mangiamorte, forse guidati da ideali impossibili… colpevoli solo di una scelta sbagliata dalla quale non potevano più tornare indietro.
Per un istante rivide se stesso, il giovane ed insicuro Severus Piton di vent'anni prima, traboccante di voglia di vivere. Quando i suoi occhi erano ancora carichi di sogni, di ideali e di fiducia.
Una terribile domanda si formò nella sua mente e si chiese chi era più fortunato. Lui, ancora vivo dopo vent'anni, o loro che stavano per morire? Loro, tremanti di paura nell'ultimo istante della loro breve vita… o lui, freddo ed inumano esecutore di quello spietato verdetto di morte? E si ritrovò quasi ad invidiare quei ragazzi.
Se Voldemort avesse potuto scrutare in lui in quell'istante… avrebbe potuto capire ogni cosa… avrebbe risolto ogni suo residuo dubbio.
Alzò la bacchetta su uno dei due ragazzi… gli occhi sgranati dal terrore, i riccioli castani appiccicati al viso sudato, la bocca spalancata in un agghiacciante urlo senza voce. Due ragazzi innocenti della colpa per la quale morivano… probabilmente ancora innocenti di ogni altra colpa, se non quella di portare il marchio infernale di Voldemort. Erano troppo giovani per avere già ucciso, erano solo i nuovi Mangiamorte arrivati a lui dopo il suo ritorno… forse figli d'altri Mangiamorte. Erano solo ragazzi innocenti, come tanti altri che aveva ucciso in passato, per cambiare il mondo seguendo l'oscuro ideale di Voldemort… Come quelli che avrebbe ancora ucciso in futuro… per salvare il mondo dal ritorno di Voldemort!
E se si fosse improvvisamente girato? Se avesse diretto la sua potente maledizione mortale su Voldemort? L'Oscuro Signore sarebbe potuto morire per mano sua anche se quella dannata Profezia lo negava? Ma qual'era il vero valore di quella Profezia?
Erano rapidi e terribili i suoi pensieri, gli turbinavano nella mente tormentandolo con il rimorso angoscioso di un nuovo ed imperdonabile crimine che ancora non aveva commesso.
Eppure la sua mano era perfettamente ferma mentre puntava la bacchetta.
La sua voce, gelida, dura ed inumana pronunciò senza alcuna emozione ed esitazione quelle due fatali parole:
- Avada Kedavra! –
Il giovane dai riccioli castani crollò silenziosamente a terra… l'altro gemette sottovoce, stringendo convulsamente le mani tremanti sul mantello.
Solo una frazione di secondo ed un altro lampo verde scaturì dalla sua bacchetta di implacabile assassino, seguendo l'ordine impartito da quella sua voce, sempre più glaciale, sempre più tagliente, sempre più disperatamente disumana.
Chiuse gli occhi per un singolo istante mentre abbassava la bacchetta. Come aveva potuto… anche solo osare pensare… di poter amare di nuovo… ed essere amato… Lui, lui che sapeva solo uccidere senza pietà dei ragazzi… due suoi giovani allievi…
Il suo cuore era straziato, la sua anima ormai distrutta, ma il suo passo era veloce e deciso mentre tornava da Voldemort e sentiva la propria gelida voce indifferente pronunciare:
- Il verdetto è stato eseguito. –
Voldemort scrutò con attenzione il suo viso pallido e senza espressione, la sua mano che riponeva con cura la bacchetta all'interno del mantello, i suoi occhi privi d'alcuna luce, le sue labbra sottili fermamente serrate.
- Vedi, Severus, avevo ragione io. Quella domanda era inutile. Non ha importanza sapere se tu mi hai tradito… – sussurrò piano, avvicinandosi a lui – L'istinto dell'assassino è radicato troppo profondamente in te… tu sei un mio Mangiamorte fino al midollo, Severus. Che tu lo voglia oppure no… lo sei e sempre lo sarai. Non potrai mai sottrarti a te stesso… mai. E non potrai neppure sottrarti a me! –
Ora Voldemort aveva accostato le lunghe e sottili mani al suo viso e le stava facendo scorrere leggere sulle guance, quasi a volere provare con quel gesto la sua potestà su di lui:
- Ho visto scagliare quella maledizione migliaia di volte, Severus. Chi tremava, chi sudava, chi doveva forzare se stesso, chi temeva, chi piangeva, chi all'ultimo istante rinunciava… Chi godeva, chi fremeva, chi rideva, chi si eccitava, chi la pregustava leccandosi le labbra, chi derideva, chi insultava la sua vittima… -
Il volto diafano di Voldemort era assolutamente impassibile e la sua voce acuta e metallica non tradiva alcuna emozione. Le sue braccia ora pendevano immobili lungo i fianchi.
- Ma non ho mai visto nessuno come te. Nessuno è mai stato così freddo, così distaccato, così insensibile ed inumano. Così indifferente ed impassibile. Solo io, Severus. Solo io. E tu sei esattamente come me. Anche se cerchi di negarlo a te stesso. –
Severus Piton guardò Voldemort dritto negli occhi. Un lungo, interminabile e profondo sguardo. Senza paura, senza sollievo, senza alcuna emozione. Solo una terribile determinazione sul suo viso… mentre affrontava se stesso ed i suoi pensieri. I suoi occhi brillavano come neri diamanti e riflettevano la malvagia luce sanguigna degli occhi di Voldemort, senza lasciare alcun varco scoperto che potesse condurre alla sua mente, al suo cuore o alla sua anima.
Un gelo buio e silenzioso avvolgeva la sfida tra i due potenti maghi, separandoli da ogni altro essere vivente.
Sono un assassino… un assassino. Lo sono sempre stato. Lo sarò per sempre?
Non c'è dunque salvezza alcuna per me? Proprio nessuna speranza?
Eppure io non sono come te… non lo sono mai stato. Io sono un essere umano, io ho un cuore che sa soffrire e che sa amare, io ho un'anima che sa distinguere ciò che giusto da ciò che è sbagliato. Io so quali atroci colpe ho commesso… io so con quanta sofferenza ho cercato di espiare quelle mie colpe.
Eppure dici che io faccio ciò che anche tu fai… nel tuo stesso modo. Apparentemente.
Ciò basta per ingannarti? O serve solo a continuare ad ingannare me stesso?
Alhyssa… Alhyssa, amore mio! Tu assisti, invisibile, a tutto ciò. Perderò anche il tuo amore dopo quello che mi hai visto fare? Anche tu hai visto solo l'apparenza? Solo la mia terribile finzione? O tu hai capito quanto mi è costato fare ciò che ho dovuto fare? Tu che hai saputo leggere nella mia anima… tu che hai saputo superare ogni mia barriera di protezione… tu comprendi il mio angoscioso tormento? Tu capisci il mio atterrito sgomento? Io non sono come Voldemort… io non voglio essere come lui!
Sento che ora sto per perdere il controllo, che le mie emozioni stanno per sommergermi, ma non posso lasciare che tornino a vagare liberamente in me. Sarei perduto… e tu con me, amore mio.
- Io non sono come te, Oscuro Signore… nessuno può esserlo. Ed io, certo, non avrei l'ardire di volermi considerare tuo pari! – disse freddamente Piton mentre si piegava fino a terra, in un sottomesso inchino che lo salvava dall'incursione degli occhi di Voldemort che, finalmente, stava trovando il modo di superare ogni sua difesa e penetrare nella sua mente proprio mentre le sue emozioni umane stavano nuovamente dilagando in lui senza più alcun controllo.
Prima ancora di essersi rialzato del tutto si era già smaterializzato.
