(…La nebbia di sangue è ora dentro di me e si nutre dei miei ricordi.
So di trovarmi in bilico sull'orlo di un abisso senza fondo…)
Sono di nuovo davanti a lui, ancora una volta inginocchiato a baciare l'orlo della sua veste di tenebra. Ogni volta tutto si prospetta sempre più difficile. Ma questa volta la difficoltà è massima: non solo lui sospetta di nuovo di me… ma ora sa anche che sono in grado di nascondergli i miei pensieri. E questo fa di me l'unica persona capace di mentire in sua presenza. Eppure oggi io non intendo mentirgli: non solo gli fornirò l'indirizzo babbano del giovane Potter, che per altro lui già conosce, ma gli racconterò anche dell'incantesimo che protegge Potter in quel luogo. L'unico modo, forse, per impedirgli di andarlo a cercare in mezzo ai babbani, l'unica possibilità per cercare di evitare una strage fra di loro. La mia ultima, ridotta opportunità di convincerlo della mia fedeltà.
Mi preparo allo scontro ed alzo lentamente il viso, ancora una volta sfidando le rosse scintille dei suoi occhi.
- Privet Drive, 4 – Little Whinging, Surrey –
La mia voce è fredda, calma e distaccata: esattamente come dovrebbe essere.
Il viso piatto e bianco dell'Oscuro rimane senza alcuna espressione. Non sta neppure tentando di penetrare nella mia mente. E' in tranquilla attesa.
Continuo a parlare con voce atona:
- Ma il ragazzo è assolutamente inattaccabile in quel luogo: il potente incantesimo che lo nasconde ai tuoi occhi è anche in grado di proteggerlo da ogni tuo attacco, Oscuro Signore. -
Una scintilla di una tonalità rossa appena più intensa brilla per un istante nei suoi occhi… poi si spegne nel sibilo tagliente delle sue parole:
- Un sortilegio di Silente? –
- No… più potente ed antico. Lo stesso che lo ha protetto dalla tua maledizione mortale quindici anni fa. Il sangue di sua madre protegge il ragazzo finché continua a vivere nella casa di una persona che condivide con lui quello stesso sangue. –
- Sangue babbano! –
Il sibilo sottile della sua voce raggela l'aria intorno a noi e lacera il silenzio. L'oscurità è calata pesante nei suoi occhi, ogni scintilla di vita è spenta. Non lo ho mai visto così: ho paura.
Una risata terrificante riempie improvvisamente il vuoto, vibra potente nell'aria fino a far tremare i possenti muri della fortezza. Poi si dissolve nel nulla.
- Non sarà il sangue di una babbana a fermarmi, Severus Piton! –
Il fuoco dell'Inferno imperversa di nuovo nei suoi occhi e gli fa leggere il tradimento nelle mie parole. Che beffarda, crudele ironia del destino: quante volte ha creduto al mendace suono delle mie parole… ed ora, l'unica volta che sono sincero, vede in me l'inganno!
- E neppure tu mi fermerai, servo infedele. Nessuno può opporsi al potere dell'Oscuro Signore, nessuno può intralciare la sua strada! Nessuno mi può MENTIRE IMPUNEMENTE! –
La sua voce cresce minacciosa d'intensità fino a saturare le alte volte del salone e le tenebre si fanno più cupe e fredde intorno a lui, mentre alza il suo braccio verso di me, la bacchetta saldamente in pugno.
Sapevo che questo momento sarebbe infine arrivato e so anche che, se quella profezia narra il vero, io non ho speranza alcuna di sconfiggerlo. Ma non intendo fuggire, non lascerò che la sua ultima maledizione mi colga inerme alle spalle.
Estraggo fulmineo la bacchetta ed esclamo, forte della mia verità:
- Non ti sto mentendo… non oggi… non ora! –
Ho un'unica possibilità di sfuggire alla morte: attirarlo in un campo in cui, fino a questo momento, mi sono dimostrato alla sua altezza. Se la sua potenza di mago è ineguagliabile, la sua mente finora non è mai riuscita a dominare la mia. E' lì che intendo combattere la mia ultima battaglia.
Vedo scintillare i suoi occhi e so che il nero specchio dei miei riflette quella luce sanguigna: è pronto a sferrare il suo formidabile attacco. Questa volta è disposto a tutto pur di riuscire nel suo intento e soggiogare per sempre la mia mente. E se non riuscirà a domarla… cercherà di annientarla!
La prima sensazione che mi colpisce è la rabbia: percepisco con forza la Sua collera ardente e sono travolto dalla Sua immane furia. Poi esplode improvviso il dolore. Un violento dolore, un immenso dolore, un insopportabile dolore. Un urlo inumano sfugge dalle mie labbra e mi piego su me stesso, in preda a tremende convulsioni. Ondate d'insopportabile dolore si abbattono su di me: tentano di disgregare e smembrare il mio corpo, separandolo dalla mente e dai pensieri.
Ma ormai ho imparato come affrontare e sopportare il dolore che la sua mente sa infliggermi. Ed anche lui lo sa. Recupero faticosamente e caparbiamente il controllo del mio corpo e mi concentro su Alhyssa, lasciandomi pervadere dall'amore per lei. Controllo e respingo il dolore.
Un silenzio profondo incombe intorno a me, più denso delle tenebre.
Assordante, improvvisa, lacerante… la paura mi assale come un brivido potente che percorre rapido la mia spina dorsale, ondate di panico totale ed assoluto si abbattono continuamente e prepotentemente su di me travolgendomi. Sto nuotando tra onde di angoscia, al limite della mia resistenza, quasi sul punto di affogare. Sto andando alla deriva ed una sensazione crescente di terrore devasta la mia mente, in modo dolorosamente incontrollabile. Percepisco che la potente Magia Nera di Voldemort è riuscita a stanare la paura dal fondo del mio animo ed ora sta annientando il mio coraggio, facendo crollare ogni residua difesa razionale. Sto perdendo la capacità di ragionare in modo cosciente, trasportato da emozioni troppo primarie per riuscire a dominarle. La mia mente si sta ripiegando su se stessa, ormai fragile ed indifesa, costretta in quest'insostenibile morsa di terrore. Sento il sangue pulsare violentemente nelle tempie, come se le vene, sottoposte ad un'intollerabile pressione, fossero sul punto di esplodere. Sento che sto tradendo me stesso… non riesco più a lottare… ho la spaventosa consapevolezza di non aver neppure provato a lottare.
E nel silenzio gelido delle tenebre… la disperazione mi avvolge nelle sue dolci braccia materne… sussurra il mio nome con voce soave… m'induce ad abbandonarmi al suo gentile abbraccio mortale. Ed io scivolo lentamente a terra mentre la disperazione mi sommerge come un imponente fiume ghiacciato, mi trascina via lontano… ed io annaspo, mi sento affogare. Un tremito violento percorre il mio corpo, trascinato dall'impetuosa marea di ghiaccio. Ho completamente rinunciato a lottare… non esiste nulla per cui valga la pena di lottare in questo mare infinito di disperazione cupa. Non esiste un domani… si è spenta la speranza… non ha senso la vita… la vita non esiste…
Chiudo gli occhi ed attendo: anelo alla morte, la fine d'ogni mia sofferenza. Da sedici anni attendo di morire, mia piccola Beryll, di tornare da te… amore mio.
Amore.
Amore, amore, amore.
L'amore esiste… la mia vita ha ancora un senso… devo mantenere una promessa, devo tornare dalla mia adorata Alhyssa.
Mi aggrappo al tuo ricordo, mio dolce amore, come ad una corda gettata da una mano pietosa in mezzo al mare della mia infinita disperazione… e la stringo, la stringo forsennatamente, finché le nocche diventano bianche, finché le unghie penetrano nella carne.
Finalmente comincio a combattere per controllare la paura, per respingere il panico, per arginare il terrore, per sfuggire alla disperazione. Riesco finalmente a muovermi per affrontare e superare la barriera di terrore e disperazione che mi circonda. Ogni fibra del mio essere combatte questa strenua battaglia, è troppo importante il premio in palio: ridare vita alla speranza di rivederti, di averti di nuovo tra le braccia, di continuare ad amarti.
All'improvviso il muro di paura si frantuma davanti ai miei occhi. Mi rialzo faticosamente da terra, barcollante, nella silenziosa oscurità della grande sala: sono tornato vivo dal Regno della Disperazione… ed ho perfino la forza di sorridere.
Nelle tenebre brillano solitarie due scintille rosse, che diventano sempre più intense:
- Neppure la speranza, ora, potrà più salvarti. Non c'è speranza nel tuo Passato, Severus Piton. Ed io ti relegherò nel tuo personale Inferno, per tutto il tuo Futuro… nell'Inferno del tuo tradimento! –
L'eco agghiacciante delle sue parole risuona per un tempo infinito nel silenzio immobile. Poi le tenebre si mutano in ombra, lentamente. Una tenue bruma rossa pervade ogni cosa, come se un manto di sangue avesse oscurato il cielo ed ogni stella fosse una ferita infetta che inonda di sangue la terra. Sono completamente immerso in quest'ombra rossa che avvolge sempre più strettamente il mio corpo… come un sudario insanguinato.
Poi qualcosa d'immane e sconosciuto mi colpisce ed il velo scarlatto che mi circonda improvvisamente invade la mia mente. La nebbia di sangue è ora dentro di me e si nutre dei miei ricordi. So di trovarmi in bilico sull'orlo di un abisso senza fondo. All'improvviso il velo rosso si squarcia e le immagini della mia vita scorrono veloci a ritroso davanti agli occhi: provo un impeto d'orrore mentre precipito nel mio Passato.
La mia ultima percezione razionale mi rivela che Voldemort sta lasciando la fortezza mentre io intraprendo il mio viaggio all'Inferno. Bastano i miei Demoni ad imprigionarmi… non è necessaria la presenza del Carceriere.
Ho miseramente fallito: non sono riuscito a trattenere Voldemort… e la mia mente sta correndo incontro alla sua perdizione!
Sono avviluppato in questa cortina purpurea, che mi opprime sempre più e mi risucchia in se stessa, mentre tutta la realtà, intorno a me, si dissolve. Una strana corrente mi trascina ed io sono impotente, completamente in balia delle onde, non posso opporre alcuna resistenza. Lentamente ed inesorabilmente sto penetrando nei recessi più intimi del mio essere, mentre l'ombra del sangue si fa nera e la gelida oscurità torna a calare intorno a me. Le tenebre strisciano subdole nella mia mente, penetrano come veleno tra le mie labbra, s'insinuano nell'aria che respiro intossicandomi… finché solo un sangue nero di tenebra scorre nelle mie vene.
All'improvviso, lampi accecanti squarciano l'oscurità profonda ed un impetuoso vortice di vento strazia il silenzio immobile. Sento esplodere in me un turbine d'immagini, di emozioni, di percezioni sensoriali… quasi fino ad esserne sopraffatto e travolto.
L'istante successivo tutto si smorza in una quiete totale.
Solo il Nulla… il Tempo si è fermato… ed io fluttuo nel Vuoto.
Un vuoto senza fondo, vasto, immenso, sconfinato.
Vuoto.
Non ci sono neppure più le tenebre, non c'è luce, non c'è buio, non ci sono ombre.
Non sento alcun suono… ma non odo neppure il silenzio.
Mi rendo conto di non aver più alcuna percezione fisica. Non c'è assolutamente nulla da vedere in questo pozzo senza pareti e senza fondo: sono inutili i miei occhi. Cerco di gridare… ma la voce non esce: non c'è proprio nulla da sentire e le mie orecchie sono superflue. Le mie mani stringono spasmodicamente la mia carne… ma non ho più mani… non ho più corpo!
Solo il Vuoto, il vuoto più totale: la completa, assoluta, suprema mancanza di tutto ciò che potrebbe esistere… e che non è più.
Anch'io non esisto più, sono solo un essere incorporeo. E' rimasta solo la mia anima e l'intima essenza del mio essere, il mio io più recondito. Sopravvive solo la mia coscienza, con i pensieri ed i ricordi.
Ecco, ora che sono qui, so di essere alfine giunto nel mio Inferno.
Sono solo con me stesso, a fronteggiare il mio Passato, con tutte le sue terribili verità, nude e ormai definitivamente scevre da ogni illusione, verità brucianti, taglienti. Vedo la realtà della mia vita… e inorridisco. Rivedo ogni scelta che ho fatto, tutte le azioni che ho compiuto, ogni colpa che ho commesso. L'orrore mi attanaglia e non riesco più a trovare alcuna giustificazione, neppure un'attenuante… nessuna difesa.
Posso solo assistere impotente a tutti gli errori che ho compiuto, percepire di nuovo l'odio che ha pervaso il mio animo, rivivere la mia crudele e spietata determinazione. Rivedo le mie azioni, infinitamente rallentate, affinché non ne vada perso nessun singolo, piccolo, insignificante particolare… e la mia sofferenza possa essere così infinitamente più completa. Vedo sfilare lentamente, davanti agli occhi della mente, tutte le mie vittime. Emergono dal vuoto, come fantasmi terrorizzati, e si avvicinano a me finché riesco ad avvertire chiaramente la loro impotenza, la loro paura, fino a quando posso sentire nella mia carne il loro estremo dolore. Finché il loro terrore diviene il mio e la loro disperazione entra nella mia mente… mentre il giovane Severus del Passato torna inesorabilmente a replicare la loro orribile morte… ancora e ancora e ancora… all'infinito… Quei poveri esseri contorti e striscianti si avvinghiano a me, supplicano pietà… ma io non posso fare nulla, posso solo assistere impotente alla reiterazione infinita della loro morte.
La consapevolezza delle mie colpe è ormai incisa a fuoco nella mia mente e la mia anima ne è interamente dilaniata.
Sono qui, nell'Inferno del mio Passato, solo con il mio orrore… l'orrore di me stesso.
Ho paura… paura di me.
Ma questa volta non posso fuggire.
La mia mente è distrutta, la mia anima è perduta… ed io non posso neppure urlare il mio sconfinato orrore.
*
Una cappa di afa stagnava quella notte su Privet Drive. Harry era affacciato alla finestra della sua camera e guardava le stelle che brillavano, un po' appannate, nel cielo scuro. Sapeva che intorno alla casa molti Auror stavano montando la guardia: Lupin lo aveva avvertito che Voldemort poteva attaccare da un momento all'altro e lo aveva diffidato dall'uscire di casa, per qualsivoglia ragione. Avevano anche escogitato un piano per allontanare da casa i Dursley, almeno per alcuni giorni, nel tentativo estremo di salvare loro la vita.
Così, ora, lui era lì, nell'attesa spasmodica di quell'ultima sfida cui la profezia l'aveva destinato. Ancora una volta si chiese cosa avrebbe fatto quando il momento sarebbe realmente arrivato: sarebbe stato capace di uccidere Voldemort? Avrebbe avuto il coraggio di togliere la vita ad un essere umano? Ma Voldemort era ancora un essere umano? E se all'ultimo istante la sua mano fosse tremata ed il raggio mortale avesse mancato il suo obiettivo? Se fosse stato Voldemort ad uccidere lui, invece? Cosa ne sarebbe stato del suo mondo, se le cose fossero finite così?
Si vide a terra, immobile, morto… mentre Voldemort rideva, quella sua terribile risata penetrante, acuta. Scrosci di risate che si rovesciavano su di lui, seppellendo il suo corpo nello scherno. Una risata macabra, crudele, infinita… che cercava di coprire le urla disperate di sua madre.
All'improvviso Harry capì chi aveva indotto la risata e le urla nella sua testa. Alzò gli occhi al cielo, nera distesa ghiacciata senza stelle. Poi li vide arrivare, a decine, accerchiare gli Auror di guardia, portando con loro il gelo della morte. Gli Auror indietreggiavano lentamente, scagliando a raffica i loro Patronus. Ma nuovi Dissennatori comparivano in continuazione, sostituendo quelli che ogni Patronus riusciva a scacciare, e stavano costringendo gli Auror ad arretrare e ad allontanarsi dal numero 4 di Privet Drive in direzione del parco giochi, dietro a Magnolia Road.
Harry decise che era giunto il momento di trasgredire anche agli ordini di Lupin: restare chiuso in casa non gli avrebbe evitato per sempre lo scontro con Voldemort… ma rischiava di avere sulla coscienza tutti quegli Auror. Inoltre era stanco di aspettare: ora che sapeva quale era il suo destino… preferiva affrontarlo una volta per tutte.
Afferrò la bacchetta e si gettò giù per le scale, saltando i gradini a quattro a quattro, rischiando di rompersi l'osso del collo. Attraversò come una furia il vestibolo pulito ed ordinato della casa, rovesciando l'attaccapanni ed accartocciando la passatoia. Spalancò con impeto la porta, che si richiuse poi alle sue spalle con uno schianto di vetri infranti e si precipitò in giardino, nel gelo oscuro della notte estiva. Continuò a correre a perdifiato per raggiungere il gruppo degli Auror, urlando l'invocazione del suo Patronus.
Il grande Cervo argenteo si librò veloce dalla punta della sua bacchetta e cominciò a galoppare nel cielo, unendosi poi al Patronus degli altri, quasi guidandoli in un attacco congiunto ai Dissennatori, premendo loro contro e sospingendoli indietro, dentro le tenebre della loro notte.
Mentre si schierava tra gli Auror, nel parco, Harry senti distintamente numerosi crac e nuove ombre scure si materializzarono all'improvviso di là del vicolo buio. Subito l'aria fu lacerata dai lampi degli incantesimi ed i Mangiamorte si gettarono compatti contro di loro. Ninfadora Tonks fu immediatamente al suo fianco e lo strattonò cercando di portarlo dietro le fila degli Auror, mentre Kingsley prendeva il suo posto ed i ranghi tornarono a chiudersi davanti a lui.
Vide la battaglia accendersi, furiosa e spietata, mentre gli incantesimi di morte illuminavano per brevi istanti il buio della notte. La Tonks continuava a trascinarlo lontano, urlandogli nelle orecchie:
- Remus ti aveva ordinato di non uscire da casa per nessun motivo! –
Harry cercava di liberarsi dalla ferrea stretta della metamorfomaga che, nella fretta dell'attacco dei Dissennatori aveva solo in parte cancellato il suo travestimento, cosicché diversi ciuffi di ispidi capelli bianchi spuntavano ancora tra i riccioli rosa della ragazza, mentre il suo viso, giovane e fresco, conservava una guancia grinzosa e cadente ed un naso bitorzoluto che strideva fortemente col resto, conferendo all'insieme un aspetto così assurdamente bizzarro… che il ragazzo non riuscì a trattenere le risate. La Tonks sorrise, comprese e… completò l'opera.
Altri crac risuonarono forti nella notte e nuovi Auror arrivarono. Harry non fece tempo ad alzare gli occhi che Lupin era di fianco a lui e lo squadrava con sguardo severo:
- Maledizione Harry… ma non riesci proprio a stare lontano dai guai?! –
- Sono i guai che non stanno lontani da me! – urlò il ragazzo per sovrastare gli scoppi ed i crepitii della lotta che infuriava a pochi passi da loro.
- Comincio a credere che il giudizio di Severus su di te sia completamente corretto… - esclamò Alhyssa che si era materializzata con Lupin e Moody - … dovevi restare in camera tua Harry! –
Raggi di colore diverso illuminavano a raffica la notte e le esplosioni e gli schianti saturavano l'aria, coprendo le urla di chi era colpito e si accasciava a terra, morto o gravemente ferito.
Tutti si gettarono nella mischia, davanti agli occhi impotenti di Harry, saldamente trattenuto da Lupin.
Nuovi crac si confusero al rumore dei sortilegi e dei malefici che fendevano l'aria e nuovi mantelli neri ondeggiarono nella notte, ingrossando le fila dei Mangiamorte.
Harry si portò improvvisamente la mano alla cicatrice, dove il dolore era nuovamente esploso: si guardò rapidamente intorno quindi indicò a Lupin un punto ben preciso.
Un'ombra alta ed immobile emergeva tra le altre, più scura della notte intorno a lui, spettralmente avvolta nel lungo mantello, il cappuccio calato sul volto. Solo due luminose scintille rosse ardevano in quella tenebra oscura.
Per un attimo il silenzio calò nel parco giochi, mentre, agli ultimi bagliori delle esplosioni degli incantesimi, Harry poté distintamente notare le altalene divelte, il cratere scavato nel recinto della sabbia, i residui fumanti dei cavalli a dondolo…
Poi la lotta esplose di nuovo, sempre più feroce, sempre più mortale, tra le grida di chi lanciava l'incantesimo e le urla di chi era colpito. Di nuovo fatali getti di luce illuminarono la notte.
All'improvviso Harry vide le stelle farsi tremule e lontane e la notte disgiungersi dalla battaglia. Ebbe la sorprendente impressione di ritrovarsi, con tutti gli altri, all'interno di un'enorme sfera di sottile cristallo che li separava dal mondo normale, dalla realtà dei babbani. Alzò gli occhi, stupito, mentre sentiva la stretta di Lupin farsi leggera sul suo braccio… ed incontrò il profondo sguardo azzurro di Silente, il sorriso rassicurante, la voce tranquilla che sussurrava:
- Qualcuno doveva ben pensare a proteggere i babbani, Harry. Le scie degli incantesimi possono arrivare fino alle loro case. Ma la mia cupola assorbirà tutto. –
Harry sorrise: ora che Silente era finalmente arrivato si sentiva molto più tranquillo. Non che la cosa avesse molto senso: sapeva che era solo sua la responsabilità di affrontare e sconfiggere Voldemort… ma la vicinanza di Silente gli dava il coraggio che gli mancava. Si frizionò la cicatrice con una mano: il dolore era sempre molto intenso e gli faceva lacrimare gli occhi, annebbiandogli la vista.
Lupin lo salutò con un breve cenno del capo, affidandolo a Silente, e si tuffò nella lotta a fianco di Alhyssa.
Harry notò che molti corpi giacevano a terra, qualcuno di loro si contorceva, ma la maggior parte erano completamente immobili. Cercò conforto nel sorriso di Silente, ma dietro agli occhiali a mezzaluna i suoi occhi scintillavano come ghiaccio e scandagliavano il parco alla ricerca di Voldemort.
Forse lo vide con un attimo di ritardo, o forse la presenza di Harry in mezzo a loro lo fece esitare quell'istante di troppo. Voldemort sollevò la bacchetta contro di lui, facendone eruttare un torrente di fuoco, e Silente riuscì solo ad erigere una barriera di protezione per Harry, non avvedendosi che, nel suo percorso, la palla di fuoco abbatteva diversi Auror. Per un lungo attimo lo scompiglio regnò nelle file dell'Ordine della Fenice, finché la bacchetta di Silente non inondò pietosamente alcuni Auror, mentre quella di Moody innescò un turbinio di vento che spense le residue fiamme.
Voldemort era ormai a pochi passi da Harry che, accecato dal dolore alla cicatrice, quasi non riusciva a ragionare e stringeva spasmodicamente la bacchetta fra le mani puntandola, tremante, sul potente mago.
- Addio Potter! –
La sua voce era solo un gelido ed acuto sibilo che fendeva l'aria tra loro. La bacchetta era diretta con fermezza sul ragazzo.
- Siamo finalmente giunti al nostro ultimo incontro! –
Harry sollevò il viso fino ad incrociare l'orrida faccia da rettile, bianca e scarna, con le labbra sottili stirate in uno spietato sorriso e gli occhi scarlatti che brillavano intensi nell'oscurità.
Harry mormorò qualcosa, che neppure lui stesso riuscì a decifrare, mentre le labbra di Voldemort pronunciavano minacciose:
- AVADA KEDAVRA! –
Un lampo verde esplose con inaudita violenza dalla bacchetta dell'Oscuro Signore, diretto al suo petto.
Harry chiuse gli occhi e si chiese cosa significava morire.
