Il signor Carson quella mattina era stanco.

Aveva dormito stranamente bene ma le parole della signora Hughes della sera prima gli ronzarono nuovamente in testa appena fu sveglio.

Si alzò, indossò la livrea e scese.

La colazione fu un chiacchiericcio di ipotesi su cosa si trattasse il misterioso incontro all'ospedale fin quando Thomas non aprì bocca.

Lui invece rimase in silenzio.

Abbozzò solo un timido sorriso alla signora Hughes quando gli passò dell'altro pane con la marmellata, facendole cenno con la testa in segno di ringraziamento.

Appena finì di mangiare, si rinchiuse a lucidare l'argento.

Non poteva stare in presenza della signora Hughes. Era il suo più grande desiderio passare ogni momento con lei ma non poteva soccombere.

Doveva concentrarsi.

L'idea era che le avrebbe chiesto di accompagnarlo (se avesse trovato il coraggio) e, se lei avesse detto sì, doveva pensare in anticipo di cosa parlare.

A una certa ora andò a cambiarsi.

Quando scese non era preparato alla vista che lo attendeva.

Lì, nel di lei salottino, a dargli le spalle, c'era la sua musa. La sua dea. La sua ispirazione.

Era così bella, come sempre d'altronde.

Indossava una gonna e una camicetta, a differenza dei soliti abiti neri, e un cappello.

Sembrava stesse armeggiando con la sua solita spilla alla base del collo rigorosamente coperto, cosicché non si accorse subito di lui e questo gli permise di guardarla.

Si decise a parlare solo perché non voleva spaventarla o sembrarle un maniaco.

Il loro scambio, come molti nel corso dei tempi, fu breve ma conciso.

Denso di significato.

Ogni parola, da parte di entrambi, era sudata e sentita.

Decisero di andare insieme ma il viaggio non fu proprio come se lo erano aspettati.

Avevano parlato poco, godendosi più che altro la vicinanza dei loro corpi. Vicinanza che continuò anche nel salone delle conferenze visto che erano seduti vicini, come sempre.

L'unico momento in cui si separarono fu alle porte dell'ospedale dove il signor Carson scambiò due parole di ringraziamento per il suo silenzio col signor Bates in privato.

Alla fine della riunione stavano accingendosi ad uscire quando il maggiordomo disse:

"Signora Hughes.."

"Sì signor Carson?"

"Mi chiedevo..."

"Si..."

"Ecco... so che è con ben poco preavviso... e che abbiamo da fare alla casa.. e sentitevi libera di dirmi di no, anzi probabilmente sarebbe la cosa migliore ma..."

"Signor Carson si calmi... sono solo io!" gli sorrise.

'È proprio per quello che balbetto come un idiota' pensò l'uomo.

Prese una boccata d'aria profonda dal naso, si drizzò quanto la statura gli permise ed espirando chiese:

"Signora Hughes, ha voglia di prendere un tè con me? Adesso, approfittando della giornata?"

Dire che rimase interdetta è un eufemismo.

Era estatica.

Avrebbe potuto saltare come quando era ragazzina ma doveva darsi un contegno.

Così si limitò a imitare le sue mosse.

Prese fiato dal naso, si drizzò quanto poté e sospirando un sorriso rispose:

"Signor Carson... ne sarei lusingata"