tanto per capire,

la signore Butte ha la fisionomia di

Phillida Law in THE TIME MACHINE

"Se non c'è altro signora Butte..."

"Oh certo mi scuso. Vi lascio, probabilmente stavate scrivendo alla signora Hughes"

"Come scusi?"

Il signor Carson era sgomento ma non poteva tradirsi.

Si drizzò in tutta la sua altezza, dritto come un fuso e la fissò, attendendo una risposta.

Quietamente, proprio come avrebbe fatto Elsie, la signora Butte sorrise e si sedette nuovamente.

"Signor Carson. Non arruffi le piume, non ce n'è bisogno"

"Avete insinuato..." ma si fermò. Cosa aveva insinuato? Nulla in realtà. E cercando di non essere scoperto, si era messo il cappio al collo da solo.

"Cosa signor Carson? Cosa ho insinuato? Ho detto solo che probabilmente stavate scrivendo alla signora Hughes. Non c'è assolutamente nessun insulto o presa in giro da parte mia, ve lo assicuro.

Ho semplicemente notato che spesso da anni vi rintanate qui dopo cena, e siccome non avete mai libri con voi dubito che siate tutto il tempo sui mastri del vino, anche se so quanto vi piaccia che siano in ordine. Non avete famiglia e l'unica da cui ricevete posta, almeno qui, è Elsie Hughes.

Spero che le rendiate la cortesia di una lettera ogni tanto.

So per certo che a me non scrivete, o per lo meno non così tanto quando siete all'abbazia, e finite spesso la vostra scorta di inchiostro.

Non dev'essere facile per voi che considerate Downton casa, essere qui per tre mesi ogni anno"

"È il mio lavoro. L'ho scelta io questa vita"

"Ma non siete una macchina signor Carson. E io, che ne siate consapevole o meno, sono una donna"

"Che volete dire?"

"Che siamo esseri umani e anche se siamo felici della nostra professione, lei ed io, può capitare di sentirci soli. È normale"

La signora Butte era una donna gradevole.

Aveva occhi azzurro cielo e gote rosee di chi è in salute.

Forse era un po troppo magra, per lo meno per i gusti del signor Carson.

Aveva tre anni più di Charles, il ché voleva dire 60.

Si poteva definire una donna piacente, forse anche bella da giovane.

Si conoscevano da 20 anni oramai ma, essendo diventato maggiordomo solo pochi mesi prima che arrivasse Elsie, all'epoca quando la donna aveva 40 anni e lui 37 non avevano mai fraternizzato.

Non che lo avrebbero fatto, per l'amor del cielo!

E comunque una volta arrivata la piccola rossa scozzese tutto sarebbe stato inutile.

Ma alla signora Butte Charles non interessava in quel modo.

Era stata fidanzata in procinto di sposarsi quando il suo promesso ebbe un incidente nei campi e la lasciò prematuramente.

Per mantenersi e poter rimanere zitella senza subire soprusi da nessuno, dato che lui era l'uomo della sua vita, decise di entrare a servizio.

"Deve credermi che, anche questa volta, non intendevo nulla di spiacevole signor Carson.

Dovrebbe calmarsi in presenza del gentil sesso sa? Comunque onde evitare ulteriori incidenti è meglio che me ne vada" disse alzandosi.

"Signora Butte mi dispiace io..."

"Lo so signor Carson tranquillo" e con questo lo lasciò.

La signora Hughes sedeva intanto nel salotto del maggiordomo.

Era sera inoltrata e, dato il pochissimo personale, non c'era pericolo che qualcuno fosse ancora in giro.

Sospirò guardandosi attorno.

Non poteva toccare niente e in cuor suo sapeva che non era corretto che lei fosse lì, ma era l'unico modo per sentirlo vicino. Aveva bisogno di respirare l'unguento per l'argento o la cera delle candele bruciate.

Sprofondò nella poltrona di Charles e chiuse gli occhi, fingendo che la stringesse in un abbraccio.

Quei pensieri facevano male.

Erano il male.

Era ovvio che non sarebbe mai potuta andare con Joe ma sarebbe stato così male allontanarsi dal signor Carson?

Dio si, certo che lo era! Facevano male tre mesi di stagione a Londra, con lettere, figuriamoci una vita in Scozia senza contatti.

Elsie era restia a scrivere al signor Burns perché non voleva dargli strane idee.

Già lui le aveva avute senza sentirla da anni, non era il caso di dare al pover'uomo impressioni contraddittorie.

Perché non poteva essere felice senza di LUI?

Perché non riusciva a mantenere la bussola sui suoi progetti quando LUI era vicino, o lontano come in questo caso?

Perché doveva amarlo e amarlo così tanto?

Le vennero in mente le parole del poeta, che dicono:

""Amami o odiami, entrambi sono a mio favore.

Se mi ami, sarò sempre nel tuo cuore,

se mi odi, sarò sempre nella tua mente.""

Purtroppo per lei c'era solo amore, ed riempiva entrambi gli organi.

Sospirò frustrata e si prese la testa tra le mani.

Non andava bene. Doveva fare qualcosa.

Tanto la presenza quanto l'assenza di Charles Carson erano un fardello per Elsie Hughes.

Aveva provato a tenere tutto dentro e non serviva.

Aveva provato a mettere per iscritto i suoi sentimenti ma diventavano solo più forti messi nero su bianco.

I sogni di una vita felice con lui erano distrutti ogni mattina dallo svegliarsi soli, in una soffitta, con un abito nero (e delle chiavi) appeso alla porta a ricordarle il tuo posto.

A volte in cuor suo apprezzava la stagione perché quando era tanto impegnata quasi si dimenticava di lui e questo le portava una brezza leggera di pace.

Forse il peggio era quando le sorrideva o trascorrevano insieme piacevoli giornate, perché aveva un assaggio di una vita impossibile. E sapeva che non doveva leggervi troppo nel suo comportamento.

Era solo gentile, educato, alla mano e bellissimo.

Spesso si ritrovava ad apprezzare quando bisticciavano proprio perché portava una separazione fra loro, ma durava poco. La voglia di baciarlo ferocemente quando erano furiosi l'uno con l'altra o il senso di vuoto e tristezza che la riempiva proprio per aver litigato era semplicemente troppo.

E se fosse andata via indipendentemente da Joe?

No, come avrebbe potuto.

'Elsie, non sei una giovane ragazza in preda alla prima cotta.

Puoi farcela. Devi farcela. Infondo ce l'hai fatta negli ultimi 18 anni...'