I seem to have attracted a troll reviewer, please just ignore them!

Brouillard

Dove vai?!

Gridato dietro che lei pareva una furia…

I cavalli lanciati al galoppo…

Impossibile starle dietro, che lei quando ci si metteva…

No, non s'era nemmeno voltata!

Era corsa via, il cavallo spronato contro il vento…

Si sarebbe ammazzata!

Dove diavolo…

Ci avevi messo un po' a comprenderlo.

Forse l'incarico era troppo delicato per essere portato a termine alla vista di troppi spettatori.

Persino tu saresti stato di troppo!

Te l'eri detto e ripetuto!

Tu saresti stato di troppo a prescindere dal fatto che ormai sapevi tutto ciò che accade tra il conte e la regina. Lo sai tu, lo sanno tutti…

Strano segreto da mantenere che ormai lo sa tutta Parigi che la regina s'è perdutamente innamorata del conte svedese.

Dunque perché lei avrebbe evitato di spiegare la ragione di quell'incarico da svolgere da sola e impedirti d'accompagnarla?!

Domanda idiota!

Nonostante fosse prossima all'estate, la stagione bizzarra regalava strane albe, densamente fumose di nebbiolina che non si comprendeva se fosse davvero nebbia – sorprendente davvero a maggio inoltrato – oppure bruma di calore o chissà ancora vapore che saliva dalla terra arsa, irradiata dal sole di giorno e incapace di raffreddarsi del tutto durante la notte.

Forse quell'uomo venuto da quel paese così lontano – un uomo di scienza, così era corsa la voce tra i cortigiani – l'avrebbe saputo spiegare meglio di come stava tentando di spiegarselo lui.

André Grandier cavalcava lento, sull'argine del canale posto alla sinistra della strada che portava da Versailles alla caotica Parigi, gli occhi puntati ai folti ciuffi d'erba, verdastri e pieni, ancora fradici della pioggia scorsa incessante fin oltre la mezzanotte.

Ci avevi sperato…

Ti eri illuso che la sua debolezza verso Fersen fosse talmente inimmaginabile e assurda e dolorosa che lei non avrebbe avuto coraggio di perseguirla.

Non avrebbe avuto in animo di mostrarla a se stessa e dunque avrebbe finto indifferenza, consentendoti di stare al passo con lei, seguirla, ritrovarvi là, a casa del conte, recare il messaggio convenuto e poi andarvene come se nulla fosse accaduto.

No…

Non te l'ha consentito...

Non ha accettato di mostrare a nessuno, neppure a te, ciò che le passa per la testa, l'illusione in cui si è cacciata la sua anima.

Tu, da bravo arrogante, l'avevi già capito…

Forse lei no ed ha dubitato a tal punto di se stessa che ha temuto d'essere scoperta.

Non ci sarebbe stato nulla di male.

Il conte è persona amabile, signorile, educata…

Folle a tal punto da innamorarsi di una donna che nessuno, tranne il re, potrebbe degnarsi d'osservare se non con occhi di suddito, adoranti ed obbedienti…

Ma l'amore…

Finora ti eri immaginato che fosse sentimento avulso dalla sua coscienza, dalla sua esistenza.

Se dunque lei è giunta al punto d'esserne disorientata, figuriamoci se sarebbe mai stata in grado di rivelarlo ad altri, anche se quegli altri non sono altri che te.

Poi hai compreso.

La venuta di quello strano ometto dall'America, un ambasciatore in cerca di truppe, soldi ed avversione verso l'Inghilterra…

Dove trovare tutto ciò se non alla corte di Francia?

S'era messo a piovere a dirotto.

Dunque sulle sue spalle doveva esserci l'incarico d'avvertire il conte che sua maestà non avrebbe potuto trovarsi nel luogo convenuto per l'incontro segreto…

Dio…

Immaginare…

Attendere giorni, ore, istanti per rivedere un volto, toccare un corpo, ascoltare il respiro di sé, su di sé e…

E poi d'improvviso…

Tutto appeso a un filo e poi quello si spezza.

E lei, Oscar, doveva esser giunta ad ascoltare lo struggimento che rode il cuore e lo consuma.

Senza scampo…

Senza via d'uscita.

Un amore impossibile…

Forse era questo amore, solo un amore impossibile, capace di farsi strada nella sua testa?!

Dunque lei amava…

Che l'amore rende fragili e sciocchi…

Non riusciva a guardare se stessa, non riusciva ad accettarsi fragile…

Non ti avrebbe mai rivelato nulla di tutto ciò, non avrebbe mai ammesso d'esser così…

Ma tu l'avevi compreso.

Aveva preso a piovere a dirotto.

Nanny ti aveva preceduto d'un soffio, tu a calzare gli stivali e lei lì, sulla porta, a porgerti i mantelli al braccio.

Avevi sperato di trovarla a casa del conte…

Dannazione almeno non avrebbe rischiato di finire in un fosso…

No…

Avresti dovuto intuirlo.

Lei non avrebbe mai approfittato della presenza del conte per insinuarsi nella sua vita ed accettare la sua ospitalità.

O forse compromettersi, rivelandosi…

Dunque il messaggio era stato recapitato.

Dio…

L'avevi incrociata per un soffio.

L'hai vista spuntare dal solido muro di pioggia, sfuggente come l'ultimo raggio del tramonto.

Chissà se s'era stupita di vederti mentre le correvi incontro e poi ritornavi indietro e le cacciavi il mantello sulle spalle?

Dio…

Se lei non fosse stata Oscar, se lei non fosse stata così diversa da una qualsiasi altra donna, se lei avesse accettato l'ospitalità del conte…

Tu…

Forse tu l'avresti perduta per sempre!

Dannato idiota egoista!

E se anche fosse accaduto?

Ormai lo sai come procede la tua vita!

La tua vita è avvolta dalla nebbia, proprio come quest'alba!

La tua vita è rimessa al senso dell'onore della donna che ami.

La tua esistenza è lì, insinuata nelle pieghe della sua esitazione, della sua impossibilità di rivelarsi…

E allora…

Dannazione…

Quanto sarai disposto ad accettare tutto questo?

Quanto sarai disposto a cedere della tua vita per inseguire un amore di cui nessuno sa nulla?

Nessuno…

Nulla…

Se il tuo amore è nulla…

Nulla ti lega a questo luogo, nulla a lei…

Nulla…

Perché allora non sfidarlo quell'amore?!

Impartire ad esso una lezione indimenticabile?!

Anziché ravvivarlo, come si fa col fuoco d'un camino, ogni santo giorno, per godere del suo esiguo tepore ma col rischio di restare senz'aria, senza legna…

Col rischio che un banale alito di vento lo spenga irrimediabilmente…

Perché non esser tu quell'alito di rabbia a sfidare il tuo stesso orgoglio – il suo orgoglio - per provare a spegnerlo, quel dannato amore, e vedere così se davvero esso è ciò che ti si è sempre rivelato?

Infingardo e beffardo e senza scampo?!

Gli occhi s'aprirono di scatto…

Uno sbuffo di sollievo, André scese da cavallo, andando con la mano a rovistare tra l'erba.

Negò con la testa, dandosi dell'idiota.

Se non l'avesse persa per via di un uomo, l'avrebbe persa perché prima o poi, lei avrebbe finito per rompersi l'osso del collo.

§§§

I passi avanzavano sulla ghiaia bagnata.

Lo sguardo spaziava ai giardini, lungo la direttrice che andava da Le Bassine de Latone sino a Le Bassin d'Apollon, appena intravista.

Il percorso era sempre lo stesso, tutte le mattine.

Che quella notte non aveva praticamente chiuso occhio e allora, all'alba, si era alzata, vestita in fretta ed era tornata a Versailles, non prima di scendere nelle cucine e chiedere dove fosse finito…

"André…".

Lo sguardo l'aveva cercato, seppur immaginando che a quell'ora l'altro non si fosse ancora svegliato.

Nanny aveva negato, aggiungendo nervosamente legna nella stufa quasi che irrobustire la fiamma avesse corrisposto alla stizza che agitava l'animo.

"Ma è rientrato ieri sera?" – domanda ovvia…

La governante aveva negato ancora, troppo devota al ruolo e troppo desiderosa d'esser coerente e sincera. Nessun dovere esisteva in capo al nipote se non quello d'essere fedeli al proprio rango di servo, dunque non avrebbe avuto senso mentire, elaborare una qualunque scusa.

"Non lo so, mademoiselle, in tutta sincerità io mi sono ritirata…e non mi sono accertata se fosse rientrato. E questa mattina, non vedendolo in giro, ho bussato alla porta, nessuno ha risposto, così sono entrata ma lui non c'era…".

Lo scenario aveva punto…

Oscar aveva ammesso che non erano affari suoi dove André avrebbe potuto trascorrere la notte.

D'altra parte André serviva la famiglia Jarjayes da quando era un bambino ma nella famiglia Jarjayes vigeva, molto generosamente, il concetto che un servo non fosse proprietà del padrone.

Si doveva obbedienza dunque ma il servo era libero di coltivarsi la propria vita.

Lo scenario però era rimasto lì, a galleggiare nella mente, mentre i passi conducevano un poco raminghi ad esplorare i viali dei giardini della reggia, a caso, immaginando fantomatici avversari appiattiti dietro siepi o nascosti nei boschetti, pronti a saltar fuori per attentare alla vita del re e della regina.

André che disquisiva di amanti…

André che spariva di notte…

S'arrestò, il Colonnello Oscar François de Jarjayes, all'altezza de Le Bosquet de L'Obelique, al rimestare d'acqua troppo inusuale per via di un'anatra finita lontano dall'imponente specchio del Gran Canal.

I pensieri s'acquietarono, i passi imposero d'avanzare un poco più cauti.

Da lontano intravide la figura d'un uomo, giaccone scuro un poco ruvido gettato sulle spalle, calzoni legati al ginocchio con una fettuccia, niente tasche, che quello portava un borsello a tracolla e teneva in mano un compasso ed alcuni fogli.

Basso e piuttosto tarchiato se ne stava affaccendato a osservare la direttiva dell'ombra dell'obelisco proiettata sull'acqua, in considerazione dell'orario mattutino.

Un passo in avanti e uno indietro e poi con la mano frugava tra l'edera alla ricerca di chissà che…

Non portava parrucca in testa, né emanava sentore di cipria sul viso.

Poco più in là una figuretta sottile, anche quella chinata a terra, con gli occhi ficcati all'edera fitta e le mani a tastare diligentemente il bordo di marmo della fontana.

Anche quello pareva in cerca di qualcosa.

Il viso del moccioso si sollevò in direzione di quello dell'uomo.

Il sole un poco più alto illuminò il volto dalla pelle scura ma non così scura come quella degli uomini che giungevano dall'Africa al seguito dei mercanti dell'Oriente.

Una lunga treccia nera e lucente ondeggiava, dietro le spalle, adeguandosi morbida ai cambi di posizione del capo.

Oscar avanzò.

Il passo cadenzato produsse un suono più intenso sulla ghiaia.

I due però erano intensamente protratti ad osservare il luogo.

Un altro passo…

Il moccioso sobbalzò per primo, intuendo la presenza di qualcuno che proveniva alle spalle.

Si voltò. Si ritrasse, seppur riservando allo sconosciuto uno sguardo scuro, indagatore, quasi feroce.

S'immobilizzò, correndo con un cenno muto all'uomo più vecchio che a quel punto si accorse d'essere osservato. Anche quello si risollevò in piedi, le mani strinsero i fogli, di contro al compasso che scivolò a terra.

Oscar François de Jarjayes squadrò l'uomo che quello, alla visione dell'uniforme s'irrigidì ma solo un poco.

"Monsieur…" – balbettò preso in contropiede.

L'altra rimase in silenzio.

La sicurezza della reggia e dei giardini era affidata alle Guardie Reali.

Se quell'uomo era giunto sin lì o doveva esser già dentro la reggia oppure…

"Pardonnez-moi monsieur…ehm…sorry…I do not speack French…very well…".

"Come siete giunto sin qui?".

"Sono…Monsieur…Benjamin Franklin…".

Il tempo di squadrare l'uomo e rammentare il nome altisonante ma buffo…

Franklin…Benjamin Franklin…

Era al corrente che alla reggia erano giunte personalità importanti dalla terra chiamata America.

Era la seconda volta ma quell'uomo, prima di allora, non s'era mai spinto ad arrivare fin lì.

Il luogo era terreno di competenza di guardie e soldati, non di dame e cortigiani e ministri.

"Si…adesso ho compreso…mi avevano avvertito del vostro arrivo. Perdonate se vi ho spaventato…".

"Non fa nulla…sono io che mi sono avventurato di buon mattino nei vostri giardini…davvero…wonderful…Mother Nature has been trained…an exellent way!".

"La…natura…".

"Sì!".

L'uomo allargò le braccia facendo intendere di riferirsi alla perfezione delle geometrie che suddividevano spazi verdi e specchi d'acqua, sapientemente amalgamati a siepi, bordure, roseti, arbusti che s'inserivano a declinare un arazzo sorprendente e vivo.

Statue in pietra e bronzo e bracieri e fontane e spruzzi gocciolanti o proiettati in altezza completavano il quadro dei quattro elementi soggiogati a servire ed intrattenere l'animo umano.

La natura al servizio dell'arte e dell'uomo.

"Ho compreso…" – annuì Oscar – "Perdonate…il mio nome è Oscar François de Jarjayes…sono…".

"Oui! Oui! Monsieur…lo so chi siete!" – gorgheggiò l'altro facendo un passo, porgendo la mano, anzi, andando letteralmente a prendere quella di lei e stringendola in una presa sincera ma vigorosa, in barba a qualsiasi etichetta - "M'hanno informato che questo luogo è controllato da guardie scelte…e direi…se permettete e non v'offendete…al pari di questi giardini…anche gli uomini e le donne che vi abitano paiono esser stati scelti da una mano assai intelligente ed astutamente capace! E' tutto d'una bellezza così sconvolgente…".

Oscar tentò di comprendere, seppur lo sguardo si rabbuiò un poco.

Non era abituata a ricever apprezzamenti sulla bellezza, la bellezza in generale, né tanto meno la sua o quella del luogo in cui si svolgeva la sua vita.

Non disprezzava la bellezza, sapeva bene però che quella bellezza recava con sé un prezzo davvero alto per esser considerata pura ed incontaminata e libera.

Fuori da quei giardini un'umanità dolente strisciava nella miseria e nella servitù, per quanto in tanti si sarebbero affrettati a smentire che in realtà fosse solo l'ignoranza e l'astuzia e la pigrizia a farla da padrona.

"Vi chiedo scusa…" – s'affrettò a precisare Monsieur Franklin – "Vedrò di spiegarmi meglio…a proposito…perdonate ma vorrei chiedervi un favore…".

L'altra non rispose, impassibile si limitò ad attendere…

"Ecco…se non vi spiace…io ed il mio allievo…a proposito…chiedo venia, ve lo presento… Lua…vieni…".

Il moccioso fece un passo, lo sguardo si spianò a quello dell'ospite.

Gli occhi brillarono incrociando un raggio di sole che intagliò sul viso un'espressione morbida ma severa. I tratti del volto erano asciutti ma gentili, la massa di capelli adeguatamente intrecciati e tenuti a bada nella lunga treccia. Il corpo era magro, ficcato dentro un abito che a quel punto fu chiaro era di foggia occidentale di contro all'origine del moccioso.

"Lua…vieni…Monsieur de Jarjayes…vi presento Lua…ecco…per una sorprendente coincidenza… Lua era anche la dea a cui il popolo dell'antica Roma dedicava le spoglie dei loro nemici…e Lua…beh…diciamo che la sua storia è abbastanza complicata…".

Il moccioso non fece inchini. Solo la testa accennò ad abbassarsi ma lo sguardo rimase a seguire l'altra…

"Lua…" – ripeté Oscar per imparare il nome.

"Lua…Pietra Incandescente…" – precisò Monsieur Franklin – "Secondo la mitologia il suo nome indica anche la capacità del fuoco di fondere gli elementi…discende dalla popolazione indigena dei Mohawk…avete mai sentito parlare di Kateri Tekakwitha?".

Negò l'altra…

"No…immaginavo…beh…è davvero una storia troppo…complicata…e forse…".

Lo sguardo dell'interlocutrice indusse a virare il discorso…

"Vi dicevo…sarei curioso di comprendere com'è composto il sistema idraulico che convoglia le acque sino alle fontane…chiedevo…se non vi fosse d'impiccio…potrei accedere alle condotte che conducono le acque sin ai giardini?".

"Per questo dovrete chiedere al Mastro Fontaniere Monsier Le Rime…credo che a quest'ora sia già al lavoro…se volete vi accompagno…".

"Non vi sarà di disturbo? Voi sarete impegnato…pardonnez – moi…impegnata…".

Davvero stavolta lo sguardo si sollevò sull'altro, inghiottendo tutta la smania dell'ometto di proseguire.

"Perdonate…vedete…mi hanno detto chi siete. Quand'ero appena arrivato vi ho intravisto da lontano…ecco…mi sono permesso di comprendere chi eravate…e quando l'ho saputo…beh un po' mi ha sorpreso la faccenda…".

"Vi sorprende che io sia una donna e che una donna sia un soldato?!".

"Oh…no…certo…un soldato un poco sì…ma sapete…a voi posso dirlo…non sono meravigliato di tutto ciò…vedete…anche Lua qui accanto a me…pur vestita a questo modo…che ne pensate di Lua?".

Domanda strana…

Oscar corse allo sguardo del moccioso ed al suo aspetto singolare.

Bello e altezzoso a dispetto dei vestiti semplici e del corpo magro, i lineamenti dolci e lievi raffinati per essere quelli di un bambino, seppur molto giovane e seppure lei non avesse mai osservato da vicino alcun rappresentante delle popolazioni indigene che abitavano le Americhe.

"Ebbene…vi presento Mademoiselle Lua Pietra Incandescente. Gli abiti maschili sono più consoni a quelli che la gente di Lua usa per vestirsi. Se le avessi proposto di viaggiare per il mondo indossando panier e gonna e sottogonna…" – ridacchiò Monsieur Frankiln – "Sarebbe fuggita in un lampo! Le saette catturate dalle mie punte si sarebbero rivelate lente a confronto! E poi così si può ragionevolmente stare tranquilli che nessuno le mancherà di rispetto! Almeno lo spero…sapete è molto intelligente ed impara in fretta e di questi tempi c'è davvero bisogno di donne che mettano mano alla scienza!".

S'irrigidì l'interlocutrice.

Ammise che sì, quella era senz'altro una mocciosa.

C'era che, da che mondo è mondo, i francesi s'erano sempre reputati molto aperti e di larghe vedute…

Lei era diventata un soldato ma in effetti solo per esaudire un personale sogno del padre ed anche uno sfizio del defunto re.

Ma lei, chi era davvero?

La mano strinse l'elsa della spada, gesto inconscio come ad aggrapparsi alla sensazione certa e severa ricavata dal contatto con l'altrettanto freddo acciaio.

Una spada per difendere anima e coscienza…

Ammise Oscar François de Jarjayes che la questione scadeva nel ridicolo.

"Dunque mi pareva lecito declinare correttamente la vostra persona…" – proseguì Franklin – "Nonostante l'uniforme che portate – a quel che mi dicono con molto onore - ecco voi…".

Oscar fece un passo indietro…

"Monsieur…non sarà di disturbo per me accompagnarvi da Mastro Le Rime. E no…non è necessario che vi scusiate per aver affermato che sono una donna. Ne sono consapevole e se ne sono consapevoli anche gli altri, non credo ci siano questioni. Se già sapete chi sono non penso sarà necessario indugiare oltre sulla mia persona. Il mio compito è attendere alla sicurezza della reggia…".

"Lo so…".

Rimarcare chi era…

Una donna a guardia d'una reggia orgoglio e dannazione della Francia…

"Dunque sapete quanto basta…".

Un altro passo indietro, la destra fece cenno che potevano avviarsi.

L'uomo raccolse il compasso ed i fogli, porgendoli alla mocciosa che l'insaccò delicatamente in un portadocumenti.

S'ammutolì però l'ambasciatore, intuendo d'aver forse mostrato troppa confidenza.

Veniva dal nuovo mondo. L'etichetta era conosciuta ma non sino al punto d'indicare come parlare ed atteggiarsi e comportarsi con una donna che vestiva l'uniforme e svolgeva un incarico che sarebbe stato, in qualsiasi altra parte del mondo, affidato ad un uomo.

E l'ometto aveva ammesso d'esser rimasto sorpreso alla scoperta ma poi non così tanto sorpreso che – per quel che gli constava – la corte francese era altresì nota per le bizzarrie e gli eccessi oltre che per il desiderio spasmodico di sorprendere le personalità che avevano la fortuna d'avvicendarsi per le sue trame.

Certo in quel caso non si trattava solo della splendente visione del gruppo di pavoni ch'era stato fatto orgogliosamente ammirare all'ambasciatore…

La questione era evidentemente molto più complessa ed incuriosiva ed allettava ma le voci sul conto di quella donna avevano sgombrato il campo su qualsiasi maldicenza o stramberia si sarebbe potuta mai avanzare sul suo ruolo e sul suo impegno.

Quella era una donna…

Gli pareva d'una purezza disarmante.

Nel cuore, nell'animo e nell'orgoglio…

Inusitatamente e spietatamente pura.

I tre s'avviarono.

Oscar François de Jarjayes convenne d'esser stata particolarmente dura.

I pensieri che arrovellavano le viscere la innervosivano e la sensazione d'esser lontana da una qualsivoglia soluzione gettava nella stizza d'esser finita in balia di sentimenti forieri di caos.

Non pareva esserci soluzione.

Amare senza neppure poter rivelare i propri sentimenti…

I pugni si strinsero, così come le labbra soffiarono un poco, quasi a cacciar via l'inerzia del cuore.

Preferì riprendere a parlare con il visitatore. Forse la conversazione avrebbe distratto…

"Perdonate…monsieur…che intendevate con la questione della natura…".

Che però ammise si sarebbe cacciata in un altro guaio.

L'uomo pareva sveglio e per nulla intimorito dall'etichetta.

Doveva solo esser capace di trovare la strada ma quel che aveva da dire l'avrebbe detto e senza tanti giri di parole.

"Monsieu…colonnello…ho potuto apprezzare già durante la mia prima visita la bellezza e lo sfarzo di questa corte e come vi dicevo lo splendore di questi giardini. La natura – che sempre si pone di fronte all'uomo a sfidarlo – è stata sapientemente imbrigliata dalle architetture degli edifici, dagl'ingegneri idraulici, dai fabbri capaci di forgiare statue d'oro e di bronzo e da scultori che hanno tratto dall'informe e fredda pietra volti capaci di far innamorare…e poi dai giardinieri…un luogo come pochi al mondo! Eppure…".

Oscar mantenne lo sguardo fisso, avanti a sé. Osservava il dispiegarsi dei nastri beige dei vialetti, insolitamente tersi e compatti per via della pioggia battente.

L'aria era chiara, piena, asciutta, lieve…

D'istinto chiese aria…

Un respiro fondo per contenere la smania nelle dita, per imbrigliare - quasi lei stessa fosse stata una sorta di forza della natura oltremodo oscura e sconosciuta - la smania, la stizza, l'irriverenza e lo scotto dell'inspiegabile groviglio di sentimenti.

Amava un uomo che amava un'altra donna…

Amava un uomo amato da quella stessa donna.

Un'eresia immaginarsi lì, sguardo all'altro…

Un'eresia ammettere che lei avrebbe voluto ascoltare il lieve incedere dell'altro su di sé.

Le dita…

La mano di Fersen, osservata tante volte, di sbieco…

Le movenze caute e morbide, non sgraziate.

Gli occhi chiari e fondi, come oceano puro, agitati, in perenne movimento, come se d'improvviso la libertà, come tempesta, sarebbe apparsa, sconvolgendo le acque, rivelandosi agli amanti e lui, loro, sarebbero stati liberi di amare.

Dannazione non si può amare a questo modo…

E' scandaloso…

Ingiusto…

Si riebbe, richiamata dal tono soave dell'uomo di scienza…

"Eppure…se questa natura volgesse il suo sguardo altrove…se la natura recuperasse il suo incedere selvaggio, ribellandosi all'imposizione dell'uomo…lacci per trattenere le viti e corde per trattenere le zampe di quei poveri pavoni…e poi condotte per instradare l'acqua ed obbligarla a sgorgare dalle vostre fontane…".

Franklin s'arrestò…

"Panier e corsetti e stecche di balena per abbellire il corpo d'una donna…o…com'è accaduto a voi…un'uniforme…capace forse ancor più di merletti e sottogonne e raso e broccato d'esaltare una bellezza pura, non rivelandola, ma celandola agli occhi e costringendo dunque la mente a scovarla nel gesto, nello sguardo, nel respiro…".

Un respiro…

"Ho già condotto nel mio paese lo scultore Houdon che mi ha gentilmente ritratto…me ed il mio caro amico George Washington…ma vedete…per quanto mi sforzi d'immaginare il volto d'un uomo ritratto in un busto…ecco…mi sovviene sempre lo stesso scrupolo…che quel busto non è quell'uomo…che un uomo è altro che dalla sua fredda rappresentazione. Prendete il mio paese…distese di boschi così fitti di larici, querce, pini, che sarebbe praticamente impossibile uscirne vivi senza una guida. E poi fiumi e cascate e laghi immensi…nessuno potrebbe mai azzardarsi a fare ciò che voi gente dell'Europa avete fatto! Quella natura non la si potrebbe imbrigliare o controllare…se non ad un prezzo altissimo! Rischiare di distruggerla! Ecco vedete…temo che anche qui… potrebbe accadere lo stesso…".

"Che intendete?".

"L'uomo non potrebbe esprimere la sua arte se non avesse a disposizione la natura che glielo permette! Senz'acqua, senza terra, senza cielo…dove mai si rifugerebbero i sentimenti dell'uomo…e senza libertà, dove mai l'uomo avrebbe modo di realizzare se stesso?".

Oscar fissò l'ometto. Non comprendeva o no, forse aveva compreso bene e la piega della concezione esaltava ed al tempo stesso impensieriva.

Lo stato delle cose in quel luogo non era sempre stato così.

Lo stato delle cose era stato mutato e sarebbe potuto mutare…

La natura non si può imbrigliare, non per sempre almeno, e così neppure la natura dell'uomo…

Si strinsero i pugni, gli occhi s'assottigliarono in un istintivo gesto di rifiuto.

Lo stato delle cose…

"Voi ad esempio!" – saltò su Franklin – "Invece che ammaestrare la vostra bellezza ed il vostro intelletto attraverso l'etichetta più rigida e le buone maniere e la musica ed il canto e la danza e la lettura…ed il vostro corpo abbellito da sottane e merletti e broccati…proprio come è stato fatto con questi giardini…voi siete finita dentro un'uniforme…forse un'ambigua scelta per chi l'ha ideata…".

Lo sguardo squadrò l'ometto.

"Perdonate…so che la decisione è stata di vostro padre…non vorrei vi foste offesa…ma ciò che intendevo…la vostra natura adesso è chiusa dentro questa uniforme…fino a quando…".

"Basta così!" – l'invito eruppe severo. S'era passati dalla disquisizione sui giardini di Versailles alla vita del Colonnello Oscar François de Jarjayes.

"Perdonate mademoiselle…fino a quando la vostra vera natura interverrà per ribellarsi e rivelarvi chi siete?! Perdonate…conosco le buone maniere ma non sono solito evitare di concludere un discorso solo perché il mio contraddittore risulta infastidito!".

Ora era il tono dell'altro ad esser scivolato nell'eloquio più severo.

"Perdonate davvero…potrete non essere d'accordo con questo pensiero… sarà un vero piacere se vorrete espormi la vostra…".

"Monsieur…Franklin…laggiù…quell'uomo è Mastro Le Rime…il fontaniere della reggia…" – lo sguardo corse al fondo del viale, sul limitare dei cancelli che consentivano l'ingresso al Grand Trianon, Monsieur Le Rime intento a protestare vivacemente contro due ragazzotti che sbuffavano nel tentativo di sbloccare una condotta forse intasata dal fango trascinato dentro dall'eccessiva pioggia – "Dite pure che vi ho condotto io sin qui e chiedete ciò che v'aggrada. Tutti coloro che lavorano alla reggia sanno di dover esaudire le richieste degli ospiti di Sua Maestà. Non sarà un problema trovare il modo di farvi comprendere. Io non posso proseguire oltre. Ho altri impegni…se volete scusarmi…".

L'ometto rimase lì, le dita a stringere il borsello a tracolla, le labbra dischiuse come se avesse voluto richiamare l'altra e scusarsi ed ammettere che forse aveva parlato troppo.

Si sarebbe dovuto scusare d'aver fatto una domanda di troppo?

Una domanda quasi retorica?

Si sarebbe dovuto scusare d'aver scorto nello sguardo dell'altra la furia selvaggia d'uno spirito ribelle, imbrigliato ed ammansito dentro quell'uniforme, proprio come un pavone tenuto al laccio per una zampa?!

La tua vera natura?

Chi sei?

Oltre a chiamarti Oscar François de Jarjayes…

Chi sei davvero?

Lo sguardo corse velocemente all'orizzonte.

Oscar s'immaginò la struttura delicata ed aerea del Tempietto dell'Amore nascosto tra le fronde degli alberi piegati dalla pioggia, in linea d'aria non troppo distante, seppur all'estremità più solitaria dei Giardini del Petit Trianon.

Non più tardi della notta appena trascorsa, in quell'etereo scrigno di marmo si sarebbero dovuti incontrare Sua Maestà la Regina Maria Antonietta ed il Conte di Fersen.

Lontano dagli sguardi di tutti, capaci d'infrangere qualsiasi regola e qualsiasi ragione…

La tua vera natura…

La parte più fonda e pura ed incontaminata quanto sarà capace di restare costretta dentro questa uniforme?

E' davvero questa uniforme che t'impedisce di prendere ciò che desideri?

E' davvero il tuo orgoglio, il tuo senso dell'onore ad aver ammaestrato così bene la tua natura che mai sarai in grado di ribellarti ad essi?!

"Monsieur Franklin…" – Oscar rallentò il passo, dando le spalle all'altro.

"Dite…monsieur…".

Si voltò a quel punto Oscar osservando l'uomo e poi la mocciosa accanto a quello.

Un respiro fondo…

L'indice puntato alla bambina.

"Mi avete spiegato che lei non avrebbe accettato i nostri abiti…abiti femminili. Perché dunque avete scelto per lei abiti maschili e non semplicemente consentirle d'indossare gli abiti del paese in cui è nata? Dunque anche voi forse…dall'alto della vostra sapienza non sapete accettare la natura dell'essere umano così come forgiata dai suoi simili. Ho avuto modo di scorgere qualcuno di questi abiti nei volumi della biblioteca della Reggia. Non sono né irriguardosi né volgari. Voi concedete a questa giovane la vostra sapienza ed in cambio la esibite come un vostro successo. Una sorta di trofeo…la vostra scienza capace di ammansirla…".

"Monsier…Lua…".

"Temo monsieur…e davvero non vorrei foste voi ad offendervi…che in realtà state facendo con lei ciò che i mastri giardinieri fanno con questo giardino. Educare la natura, piegarla a ciò che può essere più consono ed utile…e possibilmente meno scomodo agli occhi dei suoi simili. Non siete voi che avete stabilito il principio di uguaglianza tra gli esseri umani?!".

Monsieur Franklin serrò lo sguardo. La destra corse nervosa ad aggiustare gli occhialetti sul naso, mentre la sinistra strinse i fogli.

Il compasso cadde di nuovo…

"Perdonate monsier…a presto…".

§§§

Sarà necessario discuterne con il Generale Jarjayes.

Questo cordame ed i finimenti…

Questa volta paiono d'una durezza inusitata.

Troppo rigidi…

Finiranno per creare problemi al morso del cavallo e anche…

Un gesto secco…

I finimenti finirono nel secchio colmo d'acqua calda.

André si tirò accanto uno sgabello, si sedette, arrotolò le maniche della camicia, afferrando il pezzo di sapone giallo, un poco consumato. L'immerse nel secchio fino a creare una morbida schiuma…

Prese a strofinare il finimento…

Anche alle sue mani…

Inaspettatamente le sue mani ed i suoi movimenti asciutti e severi e sempre misurati e corretti, s'affacciarono alla mente.

Non ci fu verso.

La mente si cacciò lì ad interpretare la stizza delle dita che avrebbero stretto le redini.

Seppur coperte dai guanti, quei finimenti così rigidi avrebbe potuto arrivare a tagliare la pelle dei palmi.

I suoi palmi…

Le sue mani…

Sei un pazzo…

Le dita lunghe e flessuose presero a torturare i sensi, insinuandosi attraverso il suono ovattato e schiumoso del sapone che accarezzava il cuoio.

Lisciare il finimento ed immergerlo nell'acqua…

Ammorbidirlo così da renderlo più flessibile e meno teso e duro.

La mente si concentrò al gesto ripetitivo, capace di catturare i sensi così da sollevare, almeno per qualche tempo, dalla smania indotta dalla visione dell'altra.

E poi dal baratro di sé annullato dalla visione dell'altra.

Le dita sfregarono la consistenza coriacea del cuoio.

Il finimento pareva avere la stessa consistenza coriacea del cuore dell'altra.

Il finimento mutava a poco a poco, ammorbidito, proprio come la mente ammansita dal medesimo gesto.

Ammansire la rabbia dell'altra, ammansire la propria rabbia, riversando sul povero materiale gesti secchi e ripetuti…

André sfregò più intensamente…

Le sue mani…

Lei…

Non s'accorse André che lei era entrata, arrivandogli alle spalle.

Non s'accorse subito che Oscar era lì…

Che lei si permise d'osservare le spalle dell'altro, fissarsi ad esse, mentre esse si muovevano appena ed ogni tanto il busto si piegava ad immergere il finimento nel secchio.

L'aria carica del sentore fresco del sapone…

Il silenzio imperversava nonostante i nitriti dei cavalli ricoverati negli stalli.

"Dove sei stato…ieri?" – la domanda eruppe secca, la posa dell'altro, apparentemente calma, infastidiva dunque, oltre l'immaginabile.

Il fatto che l'altro avesse fatto di testa propria…

André non aveva disobbedito ad alcun ordine. Semplicemente era uscito senza spiegare né dove era andato, né perché.

André non si scompose, come preso davvero dal rituale, mantenendosi chino sul secchio. Il braccio destro si sollevò, l'indice andò a due ferri appesi ad un gancio…

"Se ti riferisci a ieri notte…mi sono accorto che avevi perso due ferri e così sono uscito per provare a recuperarli…avevo appena fatto ferrare il cavallo…certo che se continuerai a correre a quel modo prima o poi ci rimetterai l'osso del collo…".

Era pomeriggio inoltrato…

Le ombre s'allungavano sulle pareti scure della scuderia.

Giù in fondo sul legno più buio e lontano, il vecchio graffito con il taglio inciso ad indicare le loro altezze, quando s'erano appena conosciuti, per comprendere chi dei due fosse più alto.

Nonostante André avesse un anno in più di lei, era poco più basso della mocciosa.

Non erano trascorsi molti anni che la proporzione si era invertita.

Lo sguardo di Oscar corse ai due ferri.

Uno era vistosamente piegato, impossibile riadattarlo allo zoccolo.

La smania di conoscere la verità improvvisamente si smorzò, seppur inspiegabilmente non ammansita dalla spiegazione.

Non le importava forse una qualsiasi spiegazione, quanto le sarebbe importato scovare un qualsivoglia terreno di scontro.

Aveva necessità di provocare dunque, forse per essere provocata.

Nessuno si sarebbe mai azzardato a farlo.

Nessuno tranne André…

Anche se lei non lo sapeva ch'era così, lo intuiva e lo voleva, ma non lo sapeva in tutta coscienza ch'era così.

"Non era necessario…" – tagliò Oscar, una nota di supponente disprezzo – "Pioveva a dirotto…come hai fatto a trovarli?".

Contestazione lecita…

Che le importava?

"Pensavo si fossero staccati nei pressi di casa…così sono uscito subito a cercarli…ma perché t'interessa poi?! Li ho recuperati! Questo è tutto! Uno è ancora buono…però dovrò discutere con tuo padre sul fabbro che ha ferrato i cavalli. Per il denaro che pretende direi che il lavoro non è ottimale…vedrò di rimediare io…".

"André, non sei tenuto! Non era tuo compito!".

S'alzò l'altro, il finimento stretto nella mano.

L'altezza superava di svariati pollici quella di lei, André si avvicinò parecchio, fin quasi a trovarsi viso a viso.

Non era inusuale, anche se non era più accaduto da tempo.

Così vicino, André abbassò lo sguardo. Non molto, quel tanto che bastò ad incutere una sorta di disprezzo, che andava a cozzare contro quello di lei.

Disprezzo per un ruolo che stonava adesso in quel timbro asciutto riservato allo scambio, ficcato dentro un'inutile critica.

Che t'importa se sono uscito ieri sera?

Che t'importa se l'ho fatto per recuperare due ferri persi?!

Dunque una chiosa acida sputata addosso a lui, che veniva da chissà quale recondita battaglia che s'agitava nelle viscere di lei.

Le mani bagnate ed ammorbidite dal sapone strinsero la briglia, a sua volta ormai distesa ed elastica.

André alzò il braccio allungando il finimento alla vista di lei.

"Invece mi riguarda! Se ti facessi male o dovessi cadere da cavallo per colpa d'un ferro mal messo…la responsabilità sarebbe la mia!".

Un sorrisetto nervoso accompagnò la chiosa: "Non sono mai caduta da cavallo!" – il labbro morso, che no, non era proprio così ma che importanza aveva ormai – "E se accadesse…non dovrai preoccuparti…nessuno potrà mai ritenerti colpevole!".

Un respiro fondo…

André non abbassò lo sguardo ficcato a quello dell'altra. Lo schiaffo morale colpì ma lui fece un passo.

Fronteggiò il disprezzo di lei, che, ne era certo, in quel momento vantava la superiorità di decidere per lui e per ciò che lui avrebbe dovuto fare o no. E persino per ciò di cui lui sarebbe stato responsabile o no.

E recuperare ferri perduti non era una priorità. Almeno non per lei…

Perché lei si mostrasse così sprezzante era abbastanza chiaro.

Nulla c'entravano finimenti, briglie, fabbri, ferri…

André rimase su di lei, lo sguardo trafisse la freddezza.

Allungò la sinistra per prendere la mano di Oscar.

L'afferrò con impostata delicatezza.

Una leggera forzatura per vincere la resistenza, che l'altra non comprendeva e quando non comprendeva non c'era verso che si lasciasse guidare.

La presa sarebbe sgusciata via, per colpa del sapone, se lui non avesse stretto un po'.

Strinse dunque la mano nella sua.

Non era inusuale che si fossero toccati in passato ma da quando erano cresciuti era accaduto più raramente. Non era più stato necessario e a poco a poco nessuno dei due aveva più badato al gesto che, seppur per pochi istanti, consentiva al palmo dell'uno di contenere il calore del palmo dell'altra.

Strinse la presa André, trattenne la mano girando il palmo.

Continuò a guardarla, fisso, imbastendo il filo sottile del disprezzo per lei e per la pochezza del dannato discorso, un filo capace di unire lo sguardo alla mano.

Siccome non avrebbe potuto cavarsela a parole e siccome non sarebbe mai sceso così in basso da pregarla di prendersi più cura di se stessa…

E siccome l'amava ma non poteva dirglielo e…

Dannazione…

Il gesto secco che seguì fu quello di cacciarle i finimenti ammorbiditi nel palmo.

Nessuna risposta all'acida constatazione precedente.

Attese solo che lei comprendesse.

Nell'istante in cui Oscar chiuse le dita, per tenere strette le redini, lui lasciò la presa.

Nessun'altra concessione ad indugiare nella stretta.

Avrebbe voluto…

"Comunque dovresti controllare le briglie!" – affondò André sprezzante – "Ho trovato il cuoio particolarmente coriaceo! Nemmeno questo sarebbe mio compito – ammorbidirle e rendere migliori - ma va da sé che briglie troppo rigide potrebbero infastidire il cavallo che ne risentirebbe! Mettiamola così…se non è un mio dovere preservare la tua vita…vorrà dire che lo farò per il tuo cavallo. Spero che almeno la bestia apprezzerà e non avrà di che risentirsene!".

"André!" – tono disgustato e gelido…

La provocazione era riuscita, l'altra se ne avvide, facendo valere il solito trucco della padrona e del servo.

A dir cose sensate l'altro era bravo, meglio evitare che si montasse la testa.

André si ritenne soddisfatto.

Le aveva fatto intendere che non era il caso d'indugiar troppo sulla questione della ricerca di due miseri ferri di cavallo.

Il tempo che lui avesse perduto in giro non era affare che l'avesse riguardata e lui sarebbe stato libero di lasciare quella casa quando voleva, se non impegnato in qualche incarico che gli fosse stato commissionato da suo padre o da lei stessa.

Lui era e voleva essere libero di tenere e preservare la vita di lei…

Fu lui a sorridere malamente.

L'affondo era giunto là dove doveva.

Non aveva mai esitato a colpirla, seppur a parole, s'era necessario sottolineare l'abuso del ruolo da parte di lei. Che lei non aveva mai fatto mistero che loro due erano uguali e così s'erano sempre atteggiati ma da qualche tempo i ruoli s'erano aggrovigliati ad istanze diverse.

Gli status sociali s'erano mescolati a quelli del cuore inerte e trafitto.

Il cuore ragionava a modo suo, difficilmente sottostava al calcolo dell'interesse o delle buone maniere, era per sua natura irriguardoso ed insensato, così che chi avesse avuto in animo di seguirlo, sarebbe apparso insensato e sciocco.

Lei aveva preso a seguire il cuore da qualche tempo e l'incapacità di stargli al passo, innervosiva, e l'incapacità di scovare una soluzione, imponeva di scaricare la rabbia altrove.

Un passo di lato, André sfilò velocemente via.

Fece attenzione a non sfiorarla, neppure per sbaglio, ma la distanza tra loro fu talmente esigua che scostandosi poté ben riservarle un'occhiata di compatimento.

Oscar sussultò…

S'immaginò che la storia dei finimenti fosse solo un tramite per arrivare a dirle che lui la compativa ma per altro, altro di ben diverso.

E s'immaginò parimenti che l'altro avesse comunque inteso ribadire che lui aveva diritto ad avere una vita, altra esistenza, altro tempo, che non comprendesse la sistematica adesione alla vita ed alle abitudini ed ai tempi ed alle regole della famiglia Jarjayes.

E aveva diritto di stabilire cosa fosse importante per lui, persino oltre i dettami che fossero usciti dalla bocca della padrona.

Nulla di male, ciò era consentito a tutta la servitù.

C'era che André non era solo un servo…

Anzi, non lo era mai stato. Non per lei…

André se ne andò, lasciandola lì, la briglia sgocciolante in mano, il vuoto avanti a sé, nessuna risposta decente alla domanda sferzata addosso.

Oscar udì la porta della scuderia chiudersi.

La sinistra strinse le redini bagnate. Le avrebbe gettate volentieri a terra.

Strinse ancora, intuì sotto le dita, il cuoio ammorbidito, liscio.

S'immaginò d'esser al galoppo e d'aver necessità d'arrestare il cavallo.

Se non avesse avuto i guanti, i palmi davvero si sarebbero lacerati ed anche il cavallo ne avrebbe risentito. Una briglia troppo rigida avrebbe potuto innervosirlo…

Un respiro fondo, un passo…

Si diresse alla parete, appendendo le redini ad un gancio, assieme alle altre ch'erano già state trattate.

La sequenza geometrica ed ordinata indusse calma…

Le mani di André…

Capaci di ordinare la rozzezza…

Capaci d'ammaestrare la selvaggia robustezza d'un cuoio mal lavorato.

E tutto per cosa?

Non era suo compito…

Crebbe la stizza…

Rimbombava nella testa, ormai dal mattino, quel dannato verbo: ammaestrare…

Non si può ammaestrare l'amore.

Non si può ammaestrare una storia scomoda.

Non s'ammaestrano le persone come fossero bestie tenute al guinzaglio dai saltimbanchi!

Rammentò il volto fiero e sprezzante della mocciosa.

Nonostante gl'intenti, nonostante le ferree conclusioni, Oscar ammise che il pubblico, i cortigiani, i ministri, le guardie…

Tutti avrebbero riso alla visione di quella fanciulla vestita nei suoi abiti tradizionali.

Quella doveva essere ammaestrata non solo per essere domata ma per essere salvata dal ludibrio della gente.

E così lei…

Ammaestrata e calata dentro un'uniforme, per consentire alla corte di Francia di considerarsi elevata, illuminata, saggia e lungimirante.

Una donna al comando della Guardia Reale, il corpo di guardia più prestigioso del paese.

Una donna ammaestrata…

La conclusione produsse rabbia.

La destra si sollevò per scorrere ai finimenti penzolanti, colpiti di scatto, un gesto di stizza e scherno…

Quelli ondeggiarono, le fibbie metalliche tintinnarono.

Moriva il sole già nascosto dietro gli alberi, gli angoli della scuderia presero a chiudersi. Aleggiava il pallido sentore del sapone.

Il silenzio s'impadronì di nuovo della mente.

I passi condussero fuori…

André…

§§§

L'attese, nel salottino.

Ma André non si fece vedere per il resto della serata.

Oscar prese ad intuire una sorta di distacco, uno sfuggente tentativo di sottrarsi.

André aveva preso ad allontanarsi dal proprio ruolo e, sorprendentemente, proprio a quel modo, il ruolo pareva evidenziarsi di più.

André che parlava di amanti e spariva di notte…

Scusa assurda quella di ritrovare due ferri perduti nella cavalcata in mezzo alla tempesta.

André che le rinfacciava di doversi occupare di lei e lei no, non lo voleva un servo che si sarebbe preso cura della sua vita.

André non era un servo…

André era libero…

André che chiosava ammettendo che sarebbe stato più semplice occuparsi d'un cavallo che di lei…

Ma così si tornava al punto di partenza.

André che parlava di amanti e spariva di notte.

André aveva la sua vita…

Amava forse qualcuno?

E amando, aveva forse compreso che anche lei…

Che André avesse compreso?

Cosa avrebbe mai potuto comprendere se nemmeno lei l'aveva compreso?

L'ennesimo bicchiere di vino, trangugiato in sprezzo al sentore, al bouquet, e a tutte quelle chiose bizzarre sulla grassezza della terra, dei venti che spiravano ad arieggiare i vigneti, del legno di quercia o betulla a custodire ed invecchiare il vino, per stabilirne la soavità o la prelibatezza…

Al diavolo!

Che importanza poteva avere l'annata, il colore…

Ch'esso facesse l'effetto sperato!

Ch'esso, vermiglio e mobile, avesse finalmente potere d'offuscare la dannata immagine di Fersen e della regina che lui amava.

Oscar ammise che se avessero avuto la possibilità di amarsi, Fersen e Maria Antonietta, sarebbero stati una coppia splendida.

Nessuna invidia, solo la banale ammissione che il destino si diverte a torturare gli animi e a tenere slegati gli amanti, in mille modi.

Alle volte sublimi e severi come la ragione di stato ed un matrimonio davanti a Dio, alle volte banali e stupidi come il semplice fatto d'esser – uno dei due amanti – ficcato dentro un'uniforme, ammaestrato a reggere un ruolo che, per sua natura, gl'impedisce di concedere sé stesso all'altro amante.

Si alzò, barcollò un poco.

Il vino aveva fatto il suo dovere.

Un passo indietro, si lasciò cadere sul letto, le braccia aperte, le gambe un poco dischiuse.

Il tallone puntato, si tirò un poco più su, scostando malamente la coperta, avvolgendosi in essa, in spregio a tutte le dannate regole che avevano ordinato la sua vita. Riporre gli abiti, muoversi attraverso gesti composti, pettinarsi prima di coricarsi così che almeno la capigliatura all'alba non sarebbe stata così sgraziata da risultare impresentabile.

Un'uniforme sulle spalle non doveva impedire d'essere ordinata.

Lo doveva al rango, alla famiglia, al titolo, a sé stessa…

L'alcool compose visioni sgraziate e torbide.

Le mani erano fredde. Le unì, intrecciando le dita, e le ficcò tra le gambe per godere un poco dell'insano calore che pareva infuocare le viscere.

Chiuse gli occhi…

Le immagini continuarono a danzare, forse indotte dal vino, forse tenute lì, adesso, a forza…

Amanti…

Notte…

Il vento odoroso di rose pronte a sbocciare fischiava tra gl'infissi…

Il cavaliere errante sotto la pioggia, gli occhi ficcati ai cespugli d'erba ad inseguire fangose orme di zoccoli di cavallo…

André…

Di nuovo lo cercò con gli occhi.

Lo vide, appoggiato al muro della scuderia, braccia consente, aria severa, in attesa, come al solito.

Aggrappato alla vita di lei, ai suoi ordini, alle sue balzane pensate.

Stavolta i passi la portarono ad avvicinarsi.

Non udiva rumori, nessun rimestare di ferri o nitriti di cavalli o grida di fabbri od inservienti…

Nessun andirivieni nonostante fosse quasi il tramonto.

Luce lilla ammantava le cime dei pioppi poco più in là, le betulle agitavano al vento le tenere foglie, le fontane zampillavano esigui getti, le condotte chiuse dal mastro fontaniere, in previsione della notte.

Il mastro fontaniere…

Chissà se ci aveva parlato lo strano scienziato…

Perle liquide schizzate sul selciato di mattoni rossi, asciugate dal calore della pietra e dissolte in un istante.

Le dita si strinsero attorno al bavero della giacca dell'altro…

André aprì gli occhi e la guardò severo. Era ad un pollice da lei ma lei non sentiva nessun odore di sapone, nulla…

Intravide disprezzo, quello sì, lo stesso disprezzo che lui le aveva riservato nella scuderia.

Salì il proprio sprezzante intento di cavargli dalla faccia quell'espressione…

Il tempo di sporgersi e catturare le labbra…

Il tempo di scorrere alla nuca e tenere lì la testa, mentre il corpo, senza peso, s'adagiava su quello di lui, attirato dalla presa, tenuto fermo dal bacio…

Il corpo tremò, tendendosi e schioccando quasi…

Gli occhi si spalancarono aperti e fissi alla grande finestra illuminata a giorno.

S'era dimenticata di chiudere le tende la notte precedente così l'alba aveva fatto irruzione nella stanza con tutta la sua infingarda e luminosa potenza.

Le mani erano ancora lì, tra le gambe, l'odioso pulsare del sesso a richiamare i sensi all'essere dannatamente donna, dannatamente prigioniera, dannatamente pura…

Il respiro sussultò mentre brandelli dello strano sogno si spargevano, scivolando via, asciugati dal selciato di mattoni rossi, proprio come le perle liquide della fontana.

Che razza di sogno…

Le coperte scostate in malo modo. I piedi a terra, s'accorse che non si era neppure tolta la camicia…

Le mani sempre lì, sempre fredde, a snidare un afflato di vita e poi a calmarlo per scansarlo via.

Le mani sapevano ancora del sentore morbido del sapone.

Le mani erano tiepide, del tepore del sesso a mala pena accarezzato e scansato…

Rammentò i finimenti ammorbiditi…

Rammentò l'insolente affondo di André.

Se ritieni che non debba prendermi cura di te allora mi prenderò cura del tuo cavallo…

"Ti ha paragonata al tuo cavallo! Anzi…forse a questo punto il tuo cavallo è più importante di te!" - le venne quasi da ridere - "Dannato André! Mi stai sempre alle spalle…".

Non riuscì a pronunciare una sola parola sull'altrettanto dannato sogno.

Tentò di spiegarsi la questione per via dei discorsi un poco strani di André…

André che parla di amanti…

André che sparisce di notte…

André sprezzante che non risponde alle tue domande!

Chissà forse André ha davvero trovato una donna…

Dove diavolo sei stato l'altra notte?!

Si rivestì in fretta, quel giorno sarebbe rimasta a casa, di riposo.

La reggia era stata sorvegliata per giorni, per via degli incontri tra i ministri e il sovrano e l'ambasciatore Franklin. L'accordo sulla fornitura di armi e soldati era praticamente concluso.

L'ambasciatore non aveva dimostrato particolare attrattiva per i ricevimenti ma quella sera tutta la corte si sarebbe riunita per regalare all'uomo venuto dal nuovo mondo il più sontuoso ed ipocrita spettacolo di sé.

Le dame avrebbero esibito abiti dalle stoffe impreziosite da gemme e diamanti a cui si sarebbero aggiunge parure di collane e orecchini e persino tiare, rigorosamente meno importanti di quella che avrebbe indossato Sua Maestà la Regina.

Oscar strinse i pugni.

Al ricevimento avrebbero partecipato anche i ministri e i dignitari di corte, favorite della regina e cicisbei delle dame di compagnia.

Il re, dal canto suo, era uno dei pochi re della storia a non aver avuto amanti.

La Regina Maria Antonietta no…

Che Fersen fosse o meno il suo amante…

Ci sarebbe stato anche lui.

E di certo la scena sarebbe stata colmata dall'indecoroso gioco…

Inutile mettersi nel mezzo, rischiare di ritrovarsi ad osservare le dame sorridere amorevolmente alla sovrana e poi sparlarle dietro, le bocche sapientemente nascoste dietro i ventagli a sputare epiteti piccanti e volgari, chiose sulla moralità che di certo imperava solo a parole, essendo la maggior parte dei cortigiani invischiati in storie disonorevoli ben più luride d'un amore sincero e puro come quello del conte per la regina.

Le occhiate non avrebbero risparmiato nemmeno il conte, bello ed invidiato nella misura in cui chiunque avrebbe desiderato conoscere il suo segreto, e dunque ritrovarsi nelle grazie di Sua Maestà, immaginandosi che quello godesse, oltre che della compagnia della sovrana, anche di chissà quali inusitati privilegi, seppur al prezzo d'una vita stravolta dall'assenza di qualsiasi pertugio di felicità.

Ma chi anela ad ottenere solo potere e favori difficilmente concepisce la felicità al di fuori del denaro, delle terre, del numero dei servitori e delle carrozze da esibire come trofei e misura della propria importanza.

No, meglio restare lontano…

Le tempie massaggiate nervosamente, che il vino ora riservava i suoi più deleteri effetti, l'odiosa pesantezza alla testa e lo stomaco chiuso e le gambe e le braccia come imprigionate da una selva di rovi.

Avrebbe mandato un messo a dire che non stava bene.

Avrebbe delegato la farsa al buon Tenente Girodel, sempre impeccabile nell'eseguire ordini e direttive.

Chissà perché era toccato a lei nascere donna e ritrovarsi ficcata dentro un'uniforme?

Intestardirsi tutta la vita a comportarsi come un maschio e d'improvviso ritrovarsi il cuore a pezzi per via d'un uomo?!

La luce abbagliante dell'alba si spense d'improvviso, inghiottita da una nuvolaglia veloce e scura.

Il ticchettio delle prime gocce di pioggia prese ad torturare il silenzio che regnava nella casa.

Scese nelle cucine…

La solita domanda…

"André…".

"Uh…vieni bambina, siediti!" – la richiamò dolcemente nanny, seppure nella voce s'intuì una venatura d'angoscia – "André è stato da tuo padre fino a poco fa…sai non mi ha detto di cosa hanno discusso…".

Oscar tentò di tranquillizzare l'altra, che però neppure lei era dei tutto convinta della spiegazione: "Mi aveva già detto che secondo lui gli ultimi finimenti acquistati sono di scarsa qualità! E che il fabbro non ha eseguito il suo lavoro alla perfezione! Che vuoi che sia…due ferri perduti…".

"Ah…si tratta di quello allora!".

La chiosa colpì.

Di solito nonna e nipote si confidavano praticamente tutto.

Che poi nella vita della governante e dell'attendente della famiglia Jarjayes ci fossero segreti sarebbe stato poco plausibile.

Una vita semplice, quasi banale…

Una vita senza segreti...

"Perché? Siete preoccupata per André? Ha detto altro d'importante?".

Un sorso di tè, un sorriso forzato…

La domanda eruppe istintiva, che di solito padrona e servo s'erano sempre confidati tutto, da che s'erano conosciuti da piccoli.

Che poi nella vita d'una padrona e d'un servo ci fossero segreti sarebbe stato altrettanto poco plausibile.

André era sempre stato oltremodo adamantino…

Ma ciò che era accaduto il giorno precedente ed il sogno…

Oscar fissò la governante, intuendo che anche l'anziana nonna di André avesse preso a scorgere lo strisciante mutamento nell'animo del nipote, distratto da chissà quale accidente o semplicemente intenzionato a lasciarsi distrarre per sfogare chissà quale disarmonia del cuore.

Sorrise Oscar per tentare di calmare l'angoscia dell'altra: "Mi ha detto che l'altra sera è uscito a cercare due ferri che avrei perduto…si sarà lamentato anche di questo con mio padre!".

"Che dici bambina! André non potrebbe mai rinfacciarti una simile condotta!".

Rise più forte Oscar: "Sì infatti! Intendevo che avrebbe parlato con mio padre per via del fabbro che ferra i nostri cavalli! André ci tiene a loro! Molto più che a me!".

"Mademiselle…Oscar…ma…".

"Perdonami! Non volevo offenderti e neppure criticare André…sono stata insolente con lui…sai…ultimamente…".

"Vero?! L'avete notato anche voi?" – l'interruppe di getto la governante dimenticandosi di consentire alla sua padrona di concludere il discorso – "Non vorrei che avesse delle preoccupazioni! Non mi ha mai dato pensieri…ma…vedete mademoiselle…e se avesse conosciuto una giovane…a Parigi o chissà dove…".

L'ipotesi eruppe, gelando inaspettatamente il sangue.

La testa già percossa a dovere dal vino prese a dolere di più…

Lo sguardo s'incupì che persino nanny sussultò all'occhiata severa che l'altra riservò.

"Oh…perdonate…" – si corresse la governante, che però mantenne gli occhi sulla padrona, a cercare nell'altra un barlume di consenso allo scenario.

Oscar intuì che non fosse solo per avere il suo consenso.

Scorse una nota di rammarico nella voce dell'anziana, una sorta di rimprovero, come se lei, padrona, fosse responsabile della solitudine del nipote, certo per via dell'incarico che quello svolgeva con assoluta abnegazione nella famiglia Jarjayes.

Solo per quello…

"Perché...non c'è nulla di cui perdonarti…" – si schernì Oscar nervosamente, sentendosi tirata in causa – "Non lo so se André ha conosciuto una ragazza…a te farebbe piacere?".

Oscar si domandò se lo stesse chiedendo a nanny oppure a sé stessa.

Oscar ammise che quando nanny era particolarmente nervosa, il consueto voi lasciava luogo ad più confidenziale tu. A lei non dispiaceva, solo, temeva che a quel modo la povera governante avrebbe rischiato di fare confusione, magari davanti alle persone sbagliate, che non avrebbero compreso.

Fu nanny a sorridere stavolta: "Certo! Perché non dovrebbe! Quale madre e nel mio caso quale nonna non vorrebbe vedere il proprio figlio o nipote accasato con una brava giovane?! Così da metter la testa a posto e poter guardare al futuro con un poco più di felicità! Occuparsi di qualcuno che si occuperebbe a sua volta di lui! Certo…ecco però che il padrone potrebbe avere da ridire…".

"Perché?" – s'irrigidì Oscar, che anche lei si ritrovò sorpresa, intuendo il sorgere d'una contraddizione, seppur strisciante, dentro la testa.

André che parla di amanti…

André che se ne esce di notte…

André che forse ha conosciuto davvero una brava giovane…

"Vedete…immagino che se André avesse la possibilità di crearsi una sua famiglia…avrebbe necessità di lavorare…e forse non potrebbe restare al servizio della famiglia Jarjayes. Non così come ora…insomma…e questo potrebbe dispiacere al generale…" – spiegò mestamente nanny – "Spero dunque che non stiano discutendo per via d'una giovane! Ebbene mademoiselle io sarei felice se lui…insomma…ma sorgerebbe il problema di come conciliare il suo lavoro per la vostra famiglia. Ma…ecco…non lo sareste anche voi?! Felice intendo?!".

La domanda rivoltata contro di lei, ancora più fonda della precedente, affondò quasi come il filo d'acciaio d'una lama appena forgiata ed affilata riesce a tagliare semplicemente scostando l'aria accanto alla pelle.

Nanny non era mai stata un'ingenua…

Perché s'affannava a comprendere se la padrona avesse davvero a cuore la sorte del suo servo e se la padrona sarebbe stata felice di vederlo accasato?!

Lontano da lì, dunque, lontano da lei e da quel destino già segnato da tempo?!

Il destino d'esser servo d'una famiglia nobile…

O un altro destino?

Oscar rimase lì, la tazza di tè a mezz'aria, sorpresa di non esser in grado di dare una risposta o meglio di non poter dare quella che sarebbe stata la più ovvia ed inevitabile.

Tirò un respiro, omettendo dunque di rispondere: "Non credo stiano discutendo di questo…".

"Va bene…mi fido di voi mademoiselle! Semmai André dovesse trovarsi una fidanzata…credo che me lo direbbe…e lo direbbe anche a voi!".

Un altro respiro fondo…

Oscar dubitò che le cose sarebbero andate così.

Che lei sarebbe stata felice se André avesse trovato una compagna?

O che lui si sarebbe affrettato a dirglielo?

E tu…

Semmai tu dovessi innamorarti…

Che accadrebbe?

La tazza di te appoggiata al tavolo, un gesto secco, Oscar si alzò.

"Vado a cercare André…questa sera…non andrò al ricevimento…è inutile che prepari la carrozza…".

"Cosa…ma perché? La famiglia Jarjayes ha ricevuto un invito ufficiale! Non potete…".

"Ho detto che non ci andrò! Non credo che un invito ad un ricevimento equivalga ad un ordine di Sua Maestà. E non credo che non eseguirlo verrà perseguito come insubordinazione!".

Oscar rammentò il volto di Fersen, così come l'aveva intravisto, dopo esser finita in un dannato agguato ed esserne uscita viva perché l'altro era giunto in tempo a disturbare gli assalitori.

L'aveva visto…

L'aveva riconosciuto…

Dopo tre anni era tornato in Francia.

Negli anni di lontananza, era accaduto spesso che quel volto si fosse affacciato alla mente, inspiegabilmente.

Dopo la sua scelta d'indossare l'uniforme tutti s'erano adeguati a considerarla alla stregua d'un uomo. Solamente Fersen era stato capace di domandarle se lei avrebbe davvero desiderato trascorrere tutta la sua vita con quell'uniforme addosso. Una domanda che neppure lei s'era mai fatta, forse perché quando si è giovani si pensa al futuro ma non ci s'immagina che quel futuro prima o poi arriverà.

La domanda l'aveva infastidita…

Il fastidio sgorgato dall'ammissione che la domanda, prima o poi, lei stessa se la sarebbe dovuta fare.

O forse perché quella domanda non avrebbe potuto avere che una sola risposta.

Quell'uniforme era come una pelle per lei…

Chi mai sarebbe stato in grado di strapparsi la pelle di dosso?!

A quale prezzo se non restarne orribilmente sfigurati ed irriconoscibili?

Chi era lei dunque se non ciò che era calata dentro quell'uniforme, che l'avrebbe preservata per sempre pura ed inviolata, integra ed integerrima persino se fosse caduta all'Inferno?!

Dunque Fersen non l'aveva mai veduta davvero come un uomo, a discapito dell'uniforme sulle spalle. Fersen aveva scavato e domandato e…

La visione dell'uomo eruppe nuovamente nelle viscere…

L'oceano profondo che aveva scorto nello sguardo.

Fersen amava la regina di Francia.

Tutta Parigi e tutta la Francia avrebbero sputato su quell'amore ed avrebbero sparso veleno e fango su di esso.

Che t'importa Oscar?

Questo non ti compete!

Era davvero disgusto verso le maldicenze che avrebbero imperversato a corte ad aver indotto a desistere dal partecipare al ballo…

Oppure sarebbe stata la visione dell'uomo, Fersen, e della donna Maria Antonietta, incapaci di mantenersi distanti, fin anche negli sguardi, e dunque rivelarsi amanti agli occhi di lei, Oscar François de Jarjayes, dimostrando un sentimento che stava distruggendo la sua coscienza, ad imporre d'arrendersi?!

Ad imporre di restare lontani?

Che sei stata proprio tu a tirar fuori quelle idiozie sull'amore!

Che sarebbe stato opportuno almeno conoscere l'indole o il carattere di colei o colui con cui ci si sposa!

Che ci si sposa per amore?!

Che ti è preso?

Oscar…dunque voi vi sposereste solo se foste innamorata?!

Vi sposereste solo per amore?!

Sì…

Dannazione…

Dannazione!

§§§

Dimentica Fersen!

Non voglio che tu pensi più a lui!

Dimenticalo…

"E' inutile che prepari la carrozza! Non andrò al ballo questa sera!".

La chiosa arrivò alle spalle mescolata alla pioggia scrosciante che aveva ripreso a scendere.

Pareva non fosse più nemmeno una coincidenza…

Nonostante fosse quasi estate, pioveva spesso, sempre verso sera.

Oscar s'era a mala pena affacciata alla scuderia, l'ordine esposto in maniera asciutta, André era rimasto zitto, accanto alla carrozza, di cui stava sistemando una ruota.

Tentò di comprendere…

E' così che vorresti dimenticarlo?!

Dunque vorresti fuggire?!

Se fuggire fosse la soluzione…

Dunque fino a questo punto sei giunta?

Non hai neppure il coraggio di guardare in faccia la realtà!

Guardare quell'uomo, osservarlo con i tuoi occhi mentre ama la donna di cui si è innamorato, disperatamente, senza neppure poterla toccare!

Una donna che non sei tu Oscar…

Dannazione…

Troppo facile!

"Dirò che non sto bene…è tutto!".

Si voltò Oscar, fece per uscire…

Sei un pazzo!

Non accetterai di vederla arretrare a questo modo!

Non accetterai la sua resa…

In fondo la tua pena…

Dovrà essere anche la sua!

Così forse comprenderà…

"Oscar!" – il nome gridato per fermarla, arrestare la sua discesa verso l'oblio.

"Non gridare! Spaventi i cavalli!".

Un passo, André s'avvicinò, lei lì, fuori, ad un passo dal finire di nuovo sotto la pioggia, di spalle, incapace di voltarsi.

"E' un ballo importante! La Francia ha dichiarato guerra all'Inghilterra! Gli accordi con gli ambasciatori americani sono conclusi e presto i soldati francesi partiranno…non è solo un ricevimento…ci saranno tutte le famiglie nobili più in vista di Versailles e…".

Pazzo…

"Della Francia! E tu…Oscar François de Jarjayes sei il Comandante della Guardia Reale…".

Dannato…

"Sei l'erede della famiglia Jarjayes…hai il dovere di essere presente…potrebbero esserci dei problemi e tu hai il dovere di essere là!".

Così lui, quell'uomo, ti vedrà, così come sei…

Un amico…

Una persona capace di sottrarsi al livore d'un amore impossibile per concedere il sostegno silenzioso d'una presenza a lui ed alla sua amante…

Che tu sia dannato André Grandier…

Che tu sia dannato!

"No! E' proprio per questo che non intendo andare!" – rinfacciò l'altra straziata – "Non sopporterei di vedere Sua Maestà osservata da sguardi di disprezzo…".

"Potrebbe essere così! E questa è la ragione per cui dovresti andare…Sua Maestà potrebbe avere necessità di averti accanto…si sentirà osservata e sarà sola e così…".

Pazzo e dannato….

Devi fuggire finché sei in tempo…

"E così sarà per il conte…" – affondò André quasi pazzo…

"No! Non voglio entrare in questa storia! Non mi riguarda!".

Dunque non ti riguarda?

Dunque se ami qualcuno e non sei ricambiato…

La storia non deve riguardarti?!

Bene…

La mia scelta allora avrà un senso e sarai proprio tu a confermarlo!

Ma non lascerò che tu ti sottragga alla tua responsabilità!

Se ami una persona dovrai farlo fino in fondo!

Anche a costo di patire le pene dell'Inferno!

Finisci all'Inferno Oscar François de Jarjayes!

Esattamente dove tu hai gettato me!

"Cosa dovrei fare?!" – sprezzante uscì la domanda che per un istante André si riebbe e pensò davvero di dirglielo…

Ti amo…

Dimentica Fersen!

Non potrebbe mai innamorarsi di te!

Ed io…

Ma se le dirai che l'ami…

Amare non è sacrificarsi…

"Minacciare con la spada tutti quelli che sparlano di loro?!" – sputò Oscar, sprezzante – "Accecare gli occhi di quelli che li fissano?!".

Rise André, piano, per ammansire il senso di compatimento.

Verso di sé e verso di lei…

Vai all'Inferno Oscar François de Jarjayes!

Se bastasse questo?!

Dovrei accecarti dunque per impedirti di continuare ad osservare Fersen?!

Dovrei rapirti per impedirti di continuare a pensare a lui?

Sai che non è così…

Sai che sarebbe inutile!

La risposta uscì netta e sarcastica: "Potrebbe essere una buona idea! Facciamo un tentativo?!".

Che davvero fu lui stavolta a strapparle una mezza risata…

Vai all'Inferno Oscar François de Jarjayes!

Guarderai quell'uomo, ti scontrerai con lui…

Sarò io a rischiare che tu cada ancora più a fondo dentro di lui…

Ti amo e rischierò e sarò maledetto per l'eternità ad amarti così tanto!

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