I seem to have attracted a troll reviewer, please just ignore them!

Io sono nomade, son nato nella sabbia sotto il sole

come gli animali

sono libero come il vento, come le carovane che rompono l'immensità,

sono libero, figlio della terra e della sua grandezza

Me ne andrò

Saleh Abdalahi Hamudi

Quanto tempo è per sempre?!

Frinire di cicale…

E' quasi estate…

L'estate dell'anno 1778.

17 giugno…

La Francia ha formalmente dichiarato guerra all'Inghilterra, stringendo alleanza con i coloni americani Monsieur George Washington e Monsieur Benjamin Franklin, per l'invio di truppe e denaro e armi a sostegno dell'esercito che combatte per sottrarsi al giogo di Re Giorgio III.

Hai scovato alcune mele conservate dall'anno precedente.

Ne hai assaggiate un paio negli ultimi giorni, la fame inghiottita dalla decisione e non c'è stato più verso, da quel momento, di mandar giù altro.

Mele morbide, il sentore zuccherino concesso dal sole alla polpa…

Poi corre voce che mele, arance, limoni portino beneficio…

Non t'importa…

Pochi abiti sistemati in una borsa.

Accarezzi il tessuto, lisci una camicia, quella più leggera che tua nonna si è ostinata a stirare e stirare ancora, sino a notte fonda, ma non c'è stato verso.

La stoffa è piuttosto ribelle, seppur molto sottile…

Forse c'è della seta in mezzo.

Non lo sai, non t'importa, non sarebbe stato nemmeno necessario portarla con te, ma lei ha insistito, spaventata e tremante dalle parole che le hai riservato.

Avrebbe voluto chiedere, sapere, comprendere…

Avrebbe voluto rivendicare il proprio ruolo di unica parente, unica depositaria dei tuoi pensieri e delle tue decisioni.

Ti ha fatto una domanda…

Non t'aveva mai chiesto nulla su ciò che facevi lontano da casa Jarjayes…

Lontano da lei!

Vigliacco…

Hai colto al volo la domanda di nanny.

Dunque ti sei servito anche di lei.

Poco male, in fondo, nel fondo della melma in cui sei finito, la verità è quella.

Scosti la tela, le dita lisciano la buccia dura e rossa…

Nanny ha insistito…

Così, riposte con cura, in un sacco di tela spessa, ti ha offerto altre mele, dieci per l'esattezza.

Per il viaggio, ha detto, per i giorni in cui saresti stato lontano.

Basterà questo tempo per indurre la resa del cuore?

Dieci mele…

Non basteranno!

Dieci mele…

Buccia rossa e liscia e dura…

Come quel giorno…

Ne avevi scovata una in cucina e te l'eri portata fuori, lì, seduto sul bordo della fontana, ad osservare lei impegnata in un allenamento, un duello con in Conte di Fersen, giunto in visita a casa Jarjayes.

Avevi osservato le consuete movenze, il corpo snello, per nulla sgraziato per esser quello d'una donna che impugna un'arma, impegnata in spostamenti repentini per attaccare o sottrarsi agli affondi dell'avversario.

Sì…

Affondi e parate…

Eppure pareva più cauta del solito, come non avesse voluto forzare, come non avesse avuto coraggio di chiudere lo scontro prima del tempo.

E' brava, ci sarebbe anche riuscita.

Anche il Conte di Fersen è abile, ma non ha mai goduto della preparazione a cui si è sottoposta lei, che si allena tutti i santi giorni, che maneggia una spada come se fosse una penna.

Chissà, forse il tempo dello scontro è divenuto tempo per avere su di sé il conte.

Lui lì, gli occhi ficcati agli spostamenti di lei, alle cavazioni di cui lei è capace con un semplice movimento delle dita, che dunque l'avversario non ha modo d'intuire nulla, né dall'inclinazione del braccio, né da quello della spalla…

Era troppo rigida, indisposta, stupita, forse proprio da se stessa.

L'avevi compreso ed eri rimasto lì, a mangiarti quella dannata mela, impotente.

Morsi di calma rabbia, la polpa assaporata, il sentore zuccherino come veleno capace d'uccidere all'istante.

Si era sottratta alla fine…

Nessuno dei due aveva vinto, troppo stanchi o troppo distratti entrambi.

Fersen aveva desiderato solo questo, allenarsi, mettersi alla prova, forse scovare un luogo in cui lasciar riposare il dolore, lasciarsi guardare da un volto che non l'avesse guardato con disprezzo.

In realtà, seppure per un istante, t'era parso davvero che anche lei l'avesse veduto così, il conte, con lo stesso disprezzo indotto dalla rabbia, dall'azzardo dell'altro verso un amore impossibile, dall'impotenza di lei verso il medesimo impossibile amore, quello di sé verso il conte.

O forse, a sua volta, s'era ritrovata a disprezzare se stessa, a combattere tra l'ossequio alla propria regina e l'amore verso lo stesso uomo amato dalla regina.

Uno strenuo combattimento, che l'amore difficilmente si riesce a sopire o addirittura annientare dalla devozione al ruolo inculcato dal padre al figlio, come cicatrice a marchiare cuore e intelletto.

Il cuore è pavido alla vista dell'amore e l'onore diviene il più feroce dei nemici d'ammansire e tenere a bada ed al contempo egregio scudo con cui difendersi.

Dunque anche lei aveva compreso che significa amare senza essere amati.

Errare per il mondo, sperando di scovare un luogo o un tempo capace d'acquietare il continuo tormento ficcato nel cuore, la smania di ritrovarsi sempre a mani vuote, il terrore di perdere non la speranza d'essere amati un giorno ma almeno la speranza di non ritrovarsi soli.

O forse sarebbe meglio essere soli, che nella solitudine almeno non c'è il rischio d'esser cacciati fuori, respinti, rifiutati…

Una locanda a buon mercato…*

Fersen ti aveva chiesto se ti sarebbe stato bene d'accompagnarlo…

A Parigi…

Chissà se intendeva quella dannata locanda!

Proprio quella…

Dio…

E rischiare di ritrovarvi nello stesso luogo dov'eri finito tu, tante volte, per sfuggire al disprezzo verso te stesso e verso di lei che neppure ti guarda?

E rischiare di rivelare, annebbiato dall'alcool, lo strazio che t'annienta le viscere?

Che a forza di amarla avresti finito per odiarla?!

Chissà perché l'aveva chiesto proprio a te?

Forse perché sei solo un servo e i servi sono avvezzi a sapere dove andare a Parigi, a nascondersi per smaltire la rabbia d'esser servi o la smania d'immaginarsi a restare tali per il resto della propria vita…

O forse perché anche tu avevi tutta l'aria di uno che non avrebbe avuto alcuna speranza nella vita e allora il conte aveva immaginato fosse accaduto anche a te di scivolare tra le braccia di Parigi, lasciarti inghiottire dal suo tempo, dal suo olezzo, dalle sue viscere tisiche e perdute!?

Avevi rifiutato. Non era il caso…

Tanto anche Fersen aveva ben chiaro quali fossero i migliori postriboli della città.

Una volta che quello se n'era andato, avevi ammesso che uno come Fersen sarebbe stato buttato fuori da una bettola del genere in poco meno di cinque minuti.

Parigi non perdona…

Parigi annusa la nobiltà a miglia di distanza…

Parigi l'accoglie la nobiltà tra le sue braccia, proprio come una puttana tisica che s'incipria la faccia per nascondere il giallastro pallore della morte.

La ammalia la nobiltà, la stringe a sé in un mortale abbraccio…

E poi vorrebbe risputarla nel suo letamaio ma non può farne a meno perché con la nobiltà piovono regalie, mance, appoggi…

Parigi l'abbraccia la nobiltà, solo per cavarle il portafogli dalle tasche e poi rispedirla con un calcio nelle palle tra le luci dorate di Versailles.

Invece il conte era stato bravo…

Anche lui era riuscito a prendere per i fondelli la città e a fottersela per bene.

Le sue brave soddisfazioni se l'era levate…

Come te del resto…

Però almeno il conte aveva la consolazione d'essere amato…

Che cosa può esserci dunque di così doloroso nell'amare ed essere amati?!

Nulla a confronto dell'amare e non esserlo!

E non poterlo neppure rivelare…

No…

Se fuggire fosse la soluzione…

No…

Fuggire non risolverà nulla.

Ma lo farai ugualmente.

Siete rientrati che l'alba era sorta da diverse ore.

Oscar è scomparsa nuovamente, inghiottita dalla resa attonita del cuore di fronte all'ultimo volteggio di danza d'addio del Conte Hans Axel von Fersen alla corte di Francia.

Lei è abituata alla stanchezza…

Ma questa volta…

Credo non lascerà la sua stanza molto presto. E neppure scenderà.

Forse non starà neppure dormendo…

Poco male.

In che modo le avresti detto addio?

Una mano tesa come pare accada tra i popolani?

Oppure sull'attenti come fossi un soldato che va in congedo…

Oppure accidioso e furente, come un attendente licenziato…

Oppure come un amante, gli occhi pieni di rancorose lacrime?

In ogni caso avresti dovuto spiegare.

Non c'è nulla da spiegare…

La sacca cacciata in spalla…

Mia nonna ha appreso quanto basta.

Sarà lei, involontaria tessitrice, ad ordire la trama necessaria a dare conto del tuo gesto.

§§§

I passi si diressero verso la cucina.

Nanny era lì, sguardo sbarrato, il piccolo ceppo di legno in mano, indecisa se tirarlo a terra, che lo schianto avrebbe forse svegliato l'intera casa, oppure gettarlo nella stufa.

Che si fossero svegliati tutti dunque, che nessuno avesse osato dormire, riposare, mentre il cuore di lei era a pezzi.

Ma non ci sarebbe stato nulla da fare e dunque il fuoco era da ravvivare, come ogni giorno, ogni santissimo e dannatissimo giorno.

Tutto all'improvviso…

Il nipote doveva averla studiata bene la cosa e doveva aver evitato di raccontarla troppo presto così che lei avesse avuto tempo di redarguirlo, torcergli il collo, estorcere una spiegazione…

Troppo poco tempo.

E poi la questione era da subito parsa seria, grave.

Inevitabile la scelta di André.

Evitare uno scandalo, coinvolgere il buon nome dei Jarjayes, gettare fango sul generale, che sarebbe stato additato come un pessimo padrone che non sa tenere in riga i propri servi ed anzi consente loro di finire nei guai e soprattutto di metterci…

Oh…

Non ci aveva creduto lì per lì, nanny…

Tutto nuovo, incredibile, sconvolgente…

Da uno come André poi…

Il nipote abbracciò la nonna, tenendola stretta e all'altra non rimase che stringersi al giovane, tirando su col naso.

I risvolti severi della questione ancora rimbombavano in testa, suscitando una stretta allo stomaco, un insolito capogiro all'idea schiacciante che non vi sarebbe stata via d'uscita.

La domanda buttata là, al nipote…

Lo spunto offerto proprio da mademoiselle…

Il tarlo senz'ali aveva ronzato nella testa per giorni e alla fine nanny, nell'apprendere la decisione del nipote, s'era aggrappata a quello.

Una storia assurda…

Credeva che il nipote scherzasse e invece…

Che se fosse stato solo lui a subire le conseguenze forse qualcosa si sarebbe potuto fare ma così…

"Non vuoi salutarla? Ci resterà male!" – chiese nanny per allontanare il momento della separazione.

"Anch'io nonna…anch'io ci resterei male…".

"Ma come…te ne vai…e sei tu che ci resti male?!" - il dubbio che la risolutezza del nipote fosse stata troppo frettolosa e che dunque anche lui in fondo non avesse in animo di recidere il legame per via del guaio.

"Certo…in fondo sai che le voglio bene! Non è un mistero questo!".

Un bene puro quello che legava André a mademoiselle…

Limpido ed incontaminato…

Eppure…

"André anche lei te ne vuole! Vado a chiamarla…si risentirà di più che tu non l'abbia salutata che non d'alzarsi un po' prima! Strano che non sia ancora scesa!".

"Non è strano, siamo rientrati poche ore fa. Sarà stanca…".

"Ma…e se l'aspetti?".

"No…".

La corda della sacca stretta in pugno…

André si diede del vigliacco.

Ma non ci sarebbero state parole adatte, non c'erano ragioni plausibili al gesto.

O meglio non ce ne sarebbero state da spiegare ad Oscar, che quella poi, col suo intuito…

Non c'era nulla da dire e dunque sarebbe stato bene non dire nulla.

"Ma che dovrò dirle!? Io glielo dico subito sai! Appena la vedo! – le domande eruppero accorate, quasi a chiedere al nipote di sollevare la nonna dalla colpa d'infliggere un duro colpo – "Glielo dico e son sicura che lei…si arrabbierà! E se non ti trova!?".

"Le dirai la verità!" – rispose André, ammettendo che mai quella verità sarebbe stata menzogna più grande – "Fallo quando sarà lei a chiedertelo! Non la infastidire con queste sciocchezze! Sì…forse resterà stupita…ma vedrai…alla fine comprenderà!".

§§§

Forse aveva bevuto. Ossia…

Sì, aveva bevuto ma non nel senso che s'era concessa un bicchiere di vino…

Rammentò che aveva danzato con Sua Maestà, una donna d'una lievità e grazia senza paragoni.

L'aveva abbracciata, lei, il Colonnello delle Guardie Reali, giunta in alta uniforme a Versailles per danzare con la donna più bella di Francia…

E lei, la Regina di Francia s'era lasciata abbracciare come fosse stata davvero una semplice dama.

Tutto pur di attirare l'attenzione su di sé, così da distoglierla dal Conte di Fersen.

Tutto pur di mettere a tacere le maldicenze sull'amore del conte per la regina…

Tutto pur di mostrare fedeltà…

Tutto pur di recidere quel sentimento d'inusitata pena che lei aveva provato per se stessa.

Se lei avesse davvero amato Fersen…

L'aveva pensato mentre danzava con Sua Maestà.

Se avesse davvero amato Fersen, avrebbe rivolto i propri sguardi a lui, avrebbe sollevato gli occhi sull'altro, imprigionandolo alle proprie responsabilità, offrendo un sostegno.

Avrebbe forse appoggiato la mano sul braccio dell'altro e gli avrebbe confidato che lei…

Una mano passata tra i capelli…

Visione infausta…

Lei che confidava ad un uomo di provare un sentimento d'affetto…

Ecco perché il ricordo venne scacciato dall'altro, quello dei bicchieri di vino che s'era concessa.

Sei…

Forse sette…

Dovevano esser tanti ma poi non così tanti.

Anche Sua Maestà alla fine aveva ceduto alla stanchezza e si era ritirata.

Forse era da poco trascorsa la mezzanotte.

Dunque il vino s'era insinuato lì, a chiudere il cerchio di quell'insulsa notte, per capire se almeno da lì si sarebbe potuto cavar fuori un briciolo d'annientamento.

La luce ovattata che filtrava dalle tende ancora chiuse infastidiva.

Dunque dovevano essere stati otto…

Sì otto bicchieri, perché se era già pomeriggio inoltrato, come aveva poco prima udito dai rintocchi scanditi dalla pendola e ancora i sensi erano ghermiti dall'effetto dell'alcool, quello doveva essere stato d'una quantità non indifferente.

Ma l'aveva retto bene.

L'aveva sempre retto bene il vino, ch'esso non aveva mai avuto potere d'indurla a ridere a dismisura, diventare sgraziata o garrula, infastidire coloro che le erano accanto.

Nemmeno quello avrebbe mai potuto permetterselo.

Il vino stordiva, annebbiava un poco la vista, alleggeriva la morsa dell'incredulità della propria vita appesa al destino di altri...

E poi...

Alle spalle d'un uomo...

All'oceano scuro intravisto negli occhi...

E poi...

Alla visione di sé stretta all'altro, inchiodata lì, senza respiro e con la dannazione di volerlo lì, fissa lì, nelle viscere.

A rimarcare che lei era una donna…

Ora Fersen se n'era andato e lei era rimasta sola.

Ravvivò i capelli, aggiustandoli alla meno peggio con spazzola e mani.

Il vino aveva compiuto il dovuto scempio al volto, quasi smagrito e più pallido del solito.

Scese…

Era pomeriggio.

La casa immersa nel silenzio…

Frinire di cicale, più intenso del solito…

L'aria tiepida filtrava dalle finestre aperte, insetti molesti s'ostinavano a ronzare attorno alle ortensie fiorite, poco più in là…

Rimbombavano fastidiosi persino i suoi passi, intiepiditi dall'afa lieve.

Silenzio…

Cozzare di cocci dalla cucina…

Non il solito rimestare delle stoviglie nell'acquaio, ovattato dalla mistura di sapone e pezze bagnate necessarie a che le porcellane non finissero infrante l'una contro l'altra e gli amati servizi da tavola di Madame Georgette Marguerite Jarjayes** ridotti via via ad inutili accozzaglie di pezzi spaiati ed impossibili d'abbinare sulla tavola.

No…

Pareva proprio che le pezze nell'acquaio non ci fossero e non ci fosse neppure l'acqua.

Il rumore dei piatti era secco, diretto, porcellana contro porcellana, piatto contro piatto…

"Nanny!?".

La domanda eruppe a richiamare l'altra, il nome dolce della governante questa volta pronunciato col tono di chi chiede conto di ciò che sta accadendo e del motivo di tanto accanimento contro le malcapitate stoviglie.

Non si voltò la solerte governante, che in un altro frangente sarebbe trasalita, anzi forse neppure sarebbe mai esistito un altro frangente, che mai quella si sarebbe permessa di trattare in così malo modo le porcellane di Madame Georgette Marguerite Jarjayes.

"Che sta succedendo?" – fu costretta a spiegare la domanda Oscar, perché nanny invece non pareva intenzionata a cedere le proprie doverose spiegazioni sullo stato d'animo e sui gesti secchi.

Silenzio…

"Allora?" – la testa doleva ma i sensi s'erano inspiegabilmente sollevati.

Non era solita concedere troppa attenzione a ciò che accadeva nelle cucine, a come s'atteggiava la servitù, ma per nanny aveva sempre fatto un'eccezione.

Lei era la nonna di André…

Già, André…

Era pomeriggio inoltrato…

Il giorno volgeva alla sera ed il cielo si ornava di nuvole screziate di lilla e rosa e giallo…

Ad ovest avanzava il buio, appesantito dal lugubre intreccio di striature nere, pioggia che forse avrebbe di nuovo preso a scendere.

Il pensiero corse ad André.

Non l'aveva ancora veduto quel giorno, se si eccettuava lo scampolo di tempo necessario a rientrare a casa, poco dopo l'alba.

Probabilmente aveva dormito fino a tardi, forse era nelle scuderie a prendersi cura dei cavalli…

"Perdonate mademoiselle…".

Le scuse uscirono asciutte…

Oscar era mademoiselle...

Una contessa, nobile…

Ma pur sempre ancora una bambina per nanny.

Avanzò l'altra ma no, nanny ancora non intese mostrare il viso.

"Perdonarti…e per cosa? Piuttosto…che accade…".

"Nulla…vostro padre…vostro padre mi ha appena annunciato che rientrerà questa sera…mi ha detto che avremo un ospite…mi sono accertata che tutto sia pronto per la cena…".

"Un ospite…".

"Non mi ha detto chi è…io sarò impegnata con i preparativi…".

Frinire di cicale…

E' quasi estate…

La Francia ha dichiarato guerra all'Inghilterra…

Tutto collegato…

André…

Dov'era finito quello sciagurato?

André che parla di amanti…

André che sparisce di notte!

Però era pomeriggio e nessun suono, neppure un soffio di paglia spiegazzata giungeva da fuori.

Le ante della scuderia erano chiuse.

"Probabilmente dovrà discutere con qualche ufficiale…sai…c'è una guerra di là dall'oceano…" – ammise Oscar, le parole uscirono lente, negli occhi l'immagine di Fersen che diceva addio alla corte di Francia.

Forse c'era un collegamento…

Cadde stavolta il piatto di porcellana…

S'infranse a terra mentre nanny s'inginocchiava giù…

"Che cosa succede?".

S'inginocchiò Oscar per sorreggere l'altra, spaventata…

Prese a piangere nanny, il coccio più grande accarezzato dispiaciuta…

"Nanny…ti senti male? Ma…".

"Davvero c'è la guerra di là dall'oceano? E' vero ciò che avete detto?".

"Si…ma…".

S'asciugò gli occhi nanny, puntando una mano a terra, tentando di rialzarsi. Gli occhi corsero a quelli della padrona, le mani si staccarono dal braccio di Oscar a cui s'era aggrappata per rialzarsi.

Il distacco fu greve, quasi la spinse via…

"Perdonate mademoiselle…vostro padre…m'ha chiesto che tutto fosse pronto per questa sera. M'ha lasciato detto di dirvi che gradirebbe che anche voi foste presente…".

"Mio padre vuole che partecipi alla cena?".

Si rialzò Oscar…

Si rialzò nanny, aiutata dalla prima.

Nanny volse lo sguardo alla stufa: "Così m'ha lasciato detto…ora scusate…ho molto da fare…".

Oscar rimase lì…

Improvvisamente il silenzio della casa venne rotto dal rimestare delle stoviglie.

Innervosiva il cozzo delle porcellane, così si risolse ad uscire dalla cucina, i sensi ripiombarono nel silenzio.

I corridoi inondati dal tepore del tardo pomeriggio…

Tutto insolitamente vuoto e calmo.

Frinire insistente di cicale…

Ormai era estate, il calore del giorno gonfiava l'aria, a tratti incendiandola, a tratti infondendo alle immagini la curiosa capacità di galleggiare in prospettive sghembe, un poco storte.

La testa doleva, non avrebbe dunque ceduto alla richiesta del padre.

Una cena proprio quella sera…

Al diavolo…

Chissà di che diavolo avrebbero dovuto parlare?

Un ospite poi…

Forse uno dei soliti costruttori di armi o moschetti a cui chiedere pareri sulle forniture di cui sarebbero stati equipaggiati i soldati da spedire al fronte oltreoceano!?

Il silenzio prese il sopravvento.

Sarebbe dunque tornata in camera, avrebbe scelto un buon libro da leggere, o forse no, forse un qualsiasi libro capace di distrarre i sensi, la mente, dal ricordo ancora vivo del conte che la ringraziava ed annunciava che sarebbe dovuto andare lontano.

Dove?

Una lieve folata d'aria più fresca raggiunse la pelle accaldata.

Doveva venire da sotto, forse s'era insinuata dalle stanze in fondo al corridoio, quelle che davano verso est, ormai buie e dunque libere dall'afa.

Dove c'era la camera di André.

Chissà, forse anche lui era ancora là, a riprendersi dalle mancate ore di sonno…

Si ritrovò esausta.

I sensi colpiti dalla sua stessa incapacità di arginare la marea di suoni impercettibili, ronzii d'api, voli di mosche, frusciare di foglie, zoccoli pestati a terra, ghiaia scostata, zampillare stanco della fontana un poco asciutta.

Non comprendeva s'erano i rumori ad essersi ingigantiti e dunque lei ne restava infastidita più del solito per colpa degli effetti del vino che ancora s'agitava nelle viscere, oppure s'era davvero lei divenuta capace di percepirli più a fondo, come se adesso, nel silenzio greve di quel pomeriggio afoso, solo loro, nella loro quotidiana ed annoiata consuetudine, avessero pregio di riempire i sensi più del solito.

Non le era mai parso così grave un tale concerto di fastidiosi intermezzi…

O forse era lei che anelava a colmare i sensi immersi nel silenzio con i rumori più diversi, almeno quelli noti e quotidiani.

Perché se ne stava lì ad ascoltare ogni dannato guizzo di quella giornata che pareva essere interminabile?

Perché dunque non aveva più controllo di ciò di cui aveva sempre avuto controllo, fino a quel momento?

Perchè il brandello di sogno continuava a riservare disprezzo per l'incauto volo compiuto dalla mente?

Il tempo di sporgersi e catturare le labbra…

Il tempo di scorrere alla nuca e tenere lì la testa, mentre il corpo, senza peso, s'adagiava su quello di lui, attirato dalla presa, tenuto fermo dal bacio…

Che tempo era quello dei sogni?

Un tempo misurabile?

Un tempo indefinito?

Non ci fu verso…

Non ci fu libro sufficientemente interessante…

La testa doleva di meno.

Avrebbe riferito a suo padre che non avrebbe cenato con lui…

Una scortesia verso l'ospite certo, chiunque fosse stato.

§§§

Sul selciato dello stradello che conduceva all'ingresso della residenza Jarjayes s'intensificò l'incedere degli zoccoli.

Il freno tirato…

La carrozza s'arrestò.

Il Generale Jarjayes non attese che il cocchiere scendesse per aprire lo sportellino. Fece da sé…

Lo seguì Oscar con lo sguardo, dalle vetrate della grande sala, anche se ormai fuori aleggiava la luce del tramonto, quella più scura e fonda.

Si scostò dalla finestra per anticipare le mosse del padre…

L'udito riportò le voci che facevano ingresso nel palazzo.

Due voci.

Si bloccò…

Riconobbe il timbro familiare del suo sottoposto, il Tenente Victor Clement de Girodel.

Dunque era lui l'ospite. Raramente era venuto in visita…

Oscar tentò d'incrociare il padre e dato che l'ospite non era uno sconosciuto sarebbe stato ancora più facile declinare l'invito e chiudersi in camera e…

"Tuo padre desidera averti a cena questa sera…non è un semplice invito ma un ordine…" – chiosò il Generale Jarjayes non appena lei s'apprestò ad aprir bocca per giustificare l'assenza – "Anche se ammetto non si può ordinare a qualcuno di cenare…".

Il timbro ruvido del padre fu ancora più rapido a troncare sul nascere qualsiasi tentativo di rimarcare le scuse già presentate per declinare l'invito ma che erano servite solo a sollevare la stizza del genitore ed un mezzo sorriso compiaciuto del Tenente Girodel che dunque doveva essere al corrente della questione e dunque sapeva che nessuna scusa avrebbe consentito a Mademoiselle Oscar François de Jarjayes di sottrarsi alla cena.

"Vai a renderti un poco presentabile!" – si stizzì il Generale Jarjayes - "E vedi di non farmi attendere! Sono molto stanco…i preparativi per le truppe e gli armamenti da inviare nelle Americhe sono ormai terminati. Un paio di settimane e i nostri soldati partiranno…non ho intenzione di perdere altro tempo per causa tua!".

La chiosa colpì…

Oscar avrebbe voluto ribattere e sottrarsi al rito. Intuì che la cena non era solo un momento conviviale. Il padre aveva necessità di conferire con lei ed evidentemente questo coinvolgeva anche il Tenente Girodel.

"Presentabile!" – ripeté fissando la propria immagine allo specchio...

S'aggiustò il colletto della camicia, s'infilò il gilet, quello leggero, abbottonò solo tre bottoni.

Faceva ancora caldo e anche la testa non ne voleva sapere d'allentare la morsa dell'annebbiamento.

Avrebbe voluto stare sola quella sera…

Avrebbe voluto ripensare alle ore del giorno precedente.

Restare ancora un po' al viso di Fersen…

Immaginarsi se lei…

Se lei gli avesse rivelato…

§§§

L'esordio, vista l'ora, impose pochi convenevoli.

Oscar ammise che suo padre, il Generale Jarjayes doveva conoscerla a fondo, perché quello attese che fossero servite le pietanze e che le cameriere, governante compresa, particolarmente tesa e quasi sul punto di svenire da un istante all'altro, si fossero ritirate.

Pochi convenevoli davvero…

Il tempo d'ingoiare un boccone di carne…

Masticarlo piano che lo stomaco era un po' chiuso.

Ultimamente le era accaduto spesso, forse era addirittura dimagrita ma di certo la questione non aveva avuto effetti sulla scioltezza dei movimenti, la velocità degli affondi, i riflessi…

"Ho invitato a cena il Tenente Girodel questa sera perché c'è una questione che riguarda entrambi…".

Oscar sollevò lo sguardo al padre.

L'ospite invece pensò bene di posare coltello e forchetta per non essere scortese mentre il padrone di casa esponeva la questione.

"D'ora in avanti…" – una pausa, che però già Oscar aveva smesso di respirare, inspiegabilmente, perché Jarjayes ancora non aveva spiegato un accidente di niente, eppure le pareva che quel che sarebbe accaduto fosse già stato deciso, non da lei ma da altri, e che lei di quella faccenda sarebbe stata, al solito, mera destinataria di decisioni appunto già prese.

Silenzio…

"Il Tenente Girodel ti assisterà nel tuo ruolo di Colonnello della Guardia Reale. In quanto tuo sottoposto svolge già le sue mansioni in maniera eccellente ma qui non si tratta della sua carica…".

"Assistermi?" – la domanda uscì un poco soffocata, il termine era desueto persino per una come lei.

Non aveva mai avuto necessità che nessuno l'assistesse…

Non ci aveva mai pensato…

Non in quei termini…

"Che significa?" – chiese secca.

Non aveva neppure per un istante colto il senso dell'azione che era stata esposta.

Assisterla…

Un gesto che avrebbe dovuto snodarsi in maniera pressoché permanente nella sua vita.

Lei non aveva necessità che qualcuno l'assistesse…

Il guizzo…

André…

C'era già André al suo fianco, semmai suo padre si fosse riferito ad un incarico simile a quello ch'era già egregiamente svolto dal suo attendente.

Non aveva visto André per tutto il giorno…

André che spariva di notte…

André che parlava di amanti…

André…

Omise, Oscar, di nominare il proprio attendente, se non per una pura forma di rispetto nei confronti del Tenente Girodel e del rango che lo contraddistingueva.

Se non, addirittura, per una sorta d'intima e nascosta forma di rispetto nei confronti dello stesso André, per ciò che lui rappresentava nella sua vita.

Non era solo un attendente.

André non l'aveva mai…

Assistita!

"Padre…che intendete?" – tentò dunque di chiedere, che fu Jarjayes a sbrogliare la questione…

"E' presto detto! Ho avuto necessità urgente di servirmi di André per alcune faccende delicate! Dunque lui sarà lontano…per qualche tempo…".

Parlava Jarjayes…

Ascoltava Oscar…

Non comprendeva…

Tacque, perché se non comprendeva non avrebbe potuto replicare.

Aveva necessità d'apprendere il senso di tutta la questione…

"Ho ovviamente intenzione di trovare una persona che possa sostituirlo…" – proseguì il Generale Jarjayes – "Ma nel frattempo, conferendo con il Tenente Girodel, questi mi ha sollevato dalla preoccupazione e nell'immediato lui stesso s'è dichiarato disponibile ad assisterti appunto…da domani…".

"Padre!" – che no, Oscar non aveva ancora compreso e no, a quel punto non gliene importava un accidente di niente se Girodel se ne sarebbe risentito – "André…vi serve per alcune faccende? E da quando? Avete a disposizione numerosi sottoposti e sottufficiali per le vostre incombenze…da quando André sarebbe indispensabile per…e quando anche così fosse non vedo la necessità di affiancarmi qualcun altro…".

Si fece greve il respiro…

Oscar si volse verso l'ospite…

"Tenente…vi chiedo di scusarmi…non è una questione di mancanza di fiducia. Ho necessità di conferire con mio padre…da sola!".

Sorrise Girodel, quasi ammettendo che quella ferma opposizione lui se la sarebbe aspettata molto prima.

Si alzò…

Jarjayes fece cenno di non obbedire alla richiesta della figlia.

Il Tenente Girodel posò il tovagliolo sul tavolo: "Signor Generale, mi duole non acconsentire alla vostra richiesta ma mi sembra giusto che voi parliate con vostra figlia senza la mia presenza. Non prendetela come una mancanza di rispetto nei vostri confronti ma come una gentilezza che ho il dovere di esaudire nei confronti di mademoiselle…".

Mademoiselle…

Dannazione…

Che quando l'appellavano così non c'era verso…

Da quando in qua adesso lei era divenuta mademoiselle?

Oscar strinse i pugni.

L'atteggiamento eccessivamente ossequioso del tenente strideva con la questione che - neppure lei ci aveva mai riflettuto sopra - adesso non assumeva i contorni d'un semplice avvicendamento di mansioni.

Attese…

La porta si chiuse…

"Non ti smentisci mai!" – la redarguì il padre – "Sei senza speranza! Il tenente era mio ospite e tu gli hai chiesto di uscire…".

Riprese a mangiare Jarjayes, come se in realtà ciò che doveva dire – l'essenziale – fosse stato detto e dunque adesso lui stesso non avesse altro di cui rendere partecipe l'altra. Tanto era chiaro che la figlia, la si sarebbe dovuta lasciar sfogare, tanto lei non avrebbe potuto obiettare nulla sulla decisione ch'era già stata presa.

"Che storia sarebbe questa? André che prende parte ad un incarico che voi gli avreste affidato!?".

"Ho avuto necessità di trovare una persona fidata! Mi fido di André e dunque ho scelto lui…".

"Padre…siete un generale dell'esercito…André non è neppure un soldato…che razza d'incarico gli avreste affidato?!".

Stizza e rabbia…

Non comprendeva…

Tutto assurdo…

"Se ho detto che si stratta di una questione riservata…capirai tu stessa che non ho possibilità, né intenzione, di rivelartene i dettagli. André ha eseguito un mio ordine…tutto qui. Sarà assente per qualche tempo…dovrai affidarti al Tenente Girodel. Lui si curerà di farsi trovare a casa quando dovrai recarti a Versailles, per scortarti, così come quando rientrerai. Per il resto…già svolgete entrambi il vostro incarico in maniera egregia, dunque direi che lui è la persona più adatta a sostituire André…".

Sostituire André…

La chiosa eruppe…

Non aveva mai immaginato di ritrovarsi calata in un simile scenario…

Sostituire André…

Ma come si poteva pensare ad una simile visione…

Chi mai avrebbe potuto sostituire André?

"Padre…non…".

Jarjayes sollevò lo sguardo all'indirizzo della figlia: "Questo è un ordine! Non è rimessa alla tua discrezione scegliere chi ti affiancherà in questo incarico. Non dimenticare che fino ad ora c'era André con te. Non si tratta solo del fatto che sei mia figlia…e che sei una donna. Semplicemente una persona del tuo rango e della tua estrazione non se ne può andare in giro da sola! D'ora in avanti…il Tenente Girodel sarà al tuo fianco…dunque la questione si chiude qui!".

"Quando tornerà André? Dove l'avete…" - il pugno sul tavolo innalzò lo scontro.

Il padre mantenne una severa calma…

"Non ho altro da aggiungere! Faresti bene ad uscire e presentare le tue scuse al Tenente Girodel…da domani passerai molto tempo assieme a lui e non mi sembra il caso d'iniziare in questo modo. Il tenente è una persona ragionevole ma anche lui ha il suo orgoglio e per quanto sia un tuo sottoposto, è sempre necessario mostrarsi rispettosi persino nei confronti dei sottoposti! Esci adesso…oppure puoi farlo entrare così finiremo la cena…".

No, Oscar davvero non aveva più fame…

Stavolta il pugno batté sul tavolo assieme al tovagliolo spiegazzato, gettato lì, nella testa le misere spiegazioni che accompagnavano un severo capovolgimento della sua quotidianità. Non era una questione di incarichi, gesti, capacità…

André…

Sostituire André…

Ma come si poteva pensare ad una simile visione…

Chi mai avrebbe potuto sostituire André?

Non l'aveva visto per tutto il giorno…

E nanny era terrorizzata…

Sì, adesso, iniziava a comprendere ciò che aveva letto sul volto di nanny, poco prima.

Non era rabbia ma terrore.

Fu lei dunque a lasciare la saletta dov'era stato apparecchiato per la cena.

La testa immersa nelle congetture…

Lo sguardo incrociò quello del Tenente Girodel che si mise sull'attenti, seppur la posa parve più morbida, meno impostata del solito e gli occhi…

Victor la osservò, un cenno, ammettendo inevitabilmente che lui in quella faccenda aveva avuto la meglio, non così pareva dirsi dell'altra, fortemente contrariata.

"Mademoiselle…".

"Tenente…per quel che mi riguarda potrete recarvi direttamente a Versailles domani mattina! Non è necessario…".

Negò l'altro…

"Tenente…fino a prova contraria il mio grado…".

"Mi spiace! Perdonate se v'appaio insolente! Ammetto che il vostro grado al momento confligge con la vostra posizione di figlia. Ho preso un impegno con il generale vostro padre e non intendo abdicarvi…nemmeno se sarete voi ad ordinarmi di non eseguirlo. Dunque…".

"Dunque non intendete eseguire un mio ordine?!".

"No…mi spiace…comprendo che la vostra posizione non sia facile…ma…se fino ad oggi avete accettato la presenza di un attendente al vostro fianco e dunque il suo sostegno…immagino non ci saranno problemi ad accettare me…non penso d'essere da meno di lui…".

Un attendente…

Un uomo qualunque…

André…

Sostituire André…

Ma come si poteva pensare ad una simile visione…

Chi mai avrebbe potuto sostituire André?

"Questo non…" – si morse il labbro Oscar che la chiosa di Girodel punse sino all'inverosimile.

L'altro ne faceva una questione di capacità…

Addirittura le era parso che fosse lì a vantarsi, che avere un sottufficiale al posto d'un mero servo al fianco non doveva apparire una poi così meschina sostituzione.

"Certamente il vostro attendente avrà avuto maggior dimestichezza delle vostre necessità ma in poco tempo dovrei essere in grado di sostituirlo egregiamente…".

"Siete molto sicuro di voi!" – stavolta fu Oscar a lasciarsi sfuggire la chiosa a dir poco tagliente, che lei non l'aveva mai notato ma solo ora che André veniva preso in considerazione per il suo ruolo di attendente…

Solo ora, pareva prendere coscienza che André non era e non sarebbe mai stato solo un attendente.

Girodel avrebbe ambito ad essere come André…

Ma André non era…

"Mademoiselle…" – accennò Girodel per replicare…

"Colonnello!" – sibilò Oscar per rimarcare la distanza, anzi per impedire all'altro di colmare altrimenti quella distanza.

"Perdonate Colonnello…non intendevo certo sminuire il prezioso operato del vostro attendente…ma…al di là dell'amicizia che vi lega e che - non temo d'essere smentito - ci lega…credo d'esser dotato di sufficiente acume e presunzione per ammettere che i compiti che svolgeva lui potrebbero essere svolti da chiunque…".

Un attendente…

Un uomo qualunque…

Un attendente qualunque…

André…

Sostituire André…

Ma come si poteva pensare ad una simile visione…

Chi mai avrebbe potuto sostituire André?

"Dunque…qualsiasi persona potrebbe prendere il posto di André!?" – ruggì Oscar rabbiosa – "E questo non v'indispone!? Finireste per svolgere le mansioni d'un mero attendente…non lo trovo certamente un ruolo a cui ambire! Per voi…si tratterebbe in effetti d'una deminutio…".

Rise alla fine Girodel, conscio del gioco al ribasso che l'altra stava tentando di proporre.

No, non si sarebbe sminuito sino a quel punto…

"Ho sempre considerato la posizione del vostro attendente più che invidiabile!" – ammise il tenente candido ma un poco cinico – "Essere al vostro fianco, condividere con voi le ansie di proteggere la famiglia reale! Sarà un onore per me…tutt'altro che un passo indietro! Siete voi che fate la differenza…madem…pardonnez- moi…colonnello! Tutto ruota attorno a voi e dunque io non avrò che da guadagnarci! Ora se volete scusarmi…saluterò come si conviene vostro padre. Ho preso qualche informazione sulle vostre abitudini…non temete…la mia presenza non vi sarà d'intralcio…".

"Tenente…".

"Ovviamente…non avrò possibilità di ferrare cavalli o preparare carrozze…a quello ci penseranno fabbri e maniscalchi…per tutto il resto contate su di me!".

Il suono secco dei tacchi, sull'attenti, la destra a porgere il saluto…

Nemmeno attese Girodel che l'altra gli avesse consentito d'allontanarsi.

Era buio ormai…

Dal padre non aveva cavato niente…

La governante era ancora impegnata a servire la cena…

§§§

D'istinto bussò alla porta della camera di André. Non attese che un istante, se l'altro fosse stato dentro non avrebbe avuto nemmeno il tempo di autorizzarla ad entrare.

Recondita speranza, stretta come il labbro tra i denti…

Se André fosse stato lì dentro…

Lo sperò, con tutta se stessa.

E non perché non avesse in animo d'accettare altri al proprio fianco.

Entrò, la porta era aperta…

La camera immersa nella penombra ovattata della sera. Lì il sole arrivava al mattino, da est, ma alla sera le pareti e i mobili scivolavano immersi in una fresca oscurità.

Lo sguardo prese a spaziare…

Oscar tentò d'intravedere l'altro.

Attese, che se André fosse stato dentro, di sicuro adesso l'avrebbe interpellata sulla sua presenza e…

Attese…

Guardò…

Scorse oltre il baldacchino…

Il letto rifatto e vuoto.

Pareva una camera abbandonata da un secolo, se non ch'era pulita.

Le lenzuola emanavano il dolce profumo di bucato. Nanny dunque doveva averla già riassettata da cima a fondo.

Nessun sentore dell'altro. Un misto d'aria fresca, fieno speziato, finimenti di cuoio, inchiostro...

Ciò che di più saldo e severo ed intenso avesse mai ascoltato.

"André…" – il nome uscì sussurrato, d'istinto.

Le sillabe pronunciate, strette tra le labbra, nella testa una sorta di muta preghiera che quello fosse stato lì, magari un poco nascosto dall'ombra calata sulle pareti e non si fosse reso conto che lei era entrata e…

Un passo…

La stanza era vuota.

Il letto rifatto…

La piccola scrivania libera da fogli, il pennino riposto nel calamaio, un paio di libri appoggiati con cura alla mensola appesa alla parete.

Lo sguardo si diresse al cassettone.

Il primo scomparto aperto con discrezione.

Osservò il contenuto. Poche camicie.

Troppo poche…

Erano anni che non entrava nella stanza di André, i ricordi erano vaghi ma il conteggio gridava feroce che quegli abiti erano troppo pochi.

Uno scatto, le mani afferrarono le maniglie dell'anta dell'armadio…

Anche lì lo sguardo si concentrò, sforzandosi di bucare il buio che grondava severo tra le poche giacche.

Ne aveva sempre rammentate almeno sette. Quella della domenica, quella estiva…

Due invernali, una per le ricorrenze importanti…

Ne mancavano solo due.

Dunque le giacche erano troppe...

Un passo indietro…

Lo scenario riassumeva il senso delle parole di suo padre.

André aveva lasciato casa Jarjayes, incaricato di chissà quale faccenda…

André non c'era.

Non era lì, nella sua stanza.

André non era lì, non c'era, non c'era più.

Scese di colpo il buio, addosso, una specie di cappa pesante e fonda, talmente greve e spessa che la bocca si sarebbe aperta, là sotto, spalancata a chiedere aria e gridare il nome, ma a quel grido nessuno avrebbe risposto.

Aria non ne sarebbe entrata nella gola…

Una coltre talmente scura e vuota che il corpo là sotto si sarebbe ritrovato nudo e percosso da sferzate gelide…

Le mani vuote, il cervello chiuso…

André non era lì, non c'era, non c'era più.

Si morse il labbro Oscar, prese a torturarsi le dita, che lei non ci credeva e soprattutto non ammetteva che André fosse sparito senza una parola, senza una spiegazione, neppure un saluto.

Una faccenda che l'avesse impegnato per pochi mesi non avrebbe avuto necessità d'esser gestita in modo così oscuro e dunque quella faccenda, evidentemente, non era una questione legata solo a suo padre.

Attese allora…

Non avrebbe lasciato scorrere neppure un istante.

Li contò gl'istanti…

§§§

Si sedette al tavolo della cucina, non prima d'aver invitato nanny a fare altrettanto.

La vecchina stava lì adesso, sguardo basso, mani nelle mani.

"Quando se n'è andato?" – l'esordio fu secco.

"Questa mattina presto…".

"Così…all'improvviso?" – la contestazione concesse poco tempo all'altra per rispondere e nanny annuì col capo.

"Non posso credere che se ne sia andato così!" – obiettò Oscar – "Non mi ha detto nulla! Perché avrebbe dovuto tacere ciò che stava per fare. Mio padre dice che è per una questione che lo riguarda…".

Nanny strinse la stoffa del vestito, la faccia cacciata ancora più giù…

"Gliel'ho chiesto anch'io…l'altro giorno…l'avevo visto un poco triste e lui…".

Un poco triste…

Andare ad eseguire un incarico per conto del Generale Jarjayes…

E André era triste…

Lo scenario non reggeva…

"Che cosa ti ha detto André?".

"Perdonate mademoiselle…anch'io sono rimasta sorpresa…".

"Dunque a te l'ha spiegato perché è partito? Che deve andare a fare…".

"No…quel che deve fare non me l'ha detto. Però…se ha deciso di andare via…vedete…".

La mano sbattuta piano sul tavolo…

Nemmeno lei avrebbe immaginato d'esser così tesa e vuota alla spasmodica ricerca d'una ragione plausibile per quella partenza.

"E' per via d'una giovane…" – pigolò nanny, che stavolta gli occhi grigi e piccoli ed un poco velati dalle lacrime si sollevarono a scrutare lo sguardo dell'altra.

Che Oscar rimase lì, stranita, alle parole…

Le ripeté piano…

"Una…giovane…che…".

Balbettio isterico, Oscar ritrasse la mano che andò a stringere la povera stoffa dei calzoni.

Che le importava…

Da quando…

André che parla di amanti…

André che sparisce di notte…

"Non ne so molto…una sera…stavamo cenando…e io…gliel'ho chiesto perché fosse triste…e lui non voleva dire nulla e allora ho provato. Rammentate mademoiselle? Siete stata proprio voi a dirmi che forse André poteva aver conosciuto una giovane fanciulla…pensavo che m'avrebbe detto di no e invece…".

"Che cosa gli hai chiesto?".

"Se per caso non avesse incontrato una giovane…qualcuno di cui s'era innamorato insomma…".

"E…".

"Subito è stato zitto…e questo m'ha impensierito…e poi…poi ha annuito…".

La stoffa stretta davvero stavolta…

Che nemmeno Oscar se lo seppe spiegare, perché la notizia ebbe pregio di sferzare i sensi.

Aveva semplicemente annuito André ad una congettura di nanny, senza entrare in altri meandri, senza offrire altri appigli. Tipico di André, silenzioso e discreto…

"André…".

"Vedete mademoiselle…".

"André avrebbe conosciuto una giovane…una fanciulla…".

"Sì! E si è innamorato…".

Oscar non sapeva più s'era confusa per via della notizia oppure per il senso della stessa.

Doleva più che l'altro l'avesse tenuta all'oscuro o che l'altro si fosse innamorato?

Strideva più il fatto che André avesse rivolto lo sguardo ad un'altra persona o che non avesse avuto coraggio di rivelarlo a lei?

Perché avrebbe dovuto farlo? Raccontare…

Perché non sarebbe potuto accadere? Innamorarsi…

"Si è innamorato…" – ripeté Oscar un poco stranita – "Perché non l'ha detto? Perché tenerlo nascosto? E cosa c'entra questo con la ragione della partenza?!".

Tante domande…

Nessuna risposta…

Sapere per colmare il vuoto?

Oppure sapere per calmare la smania?

"Che volete…io…" – nanny fu costretta a soffiarsi il naso – "Non lo so!".

"Come…non ha senso…non comprendi anche tu che conoscere una qualsiasi fanciulla non ha mai costretto nessuno a lasciare la propria casa…a meno che…".

Si guardarono Oscar e nanny e quella, poverina, sgranò gli occhi e s'alzò in piedi come a rimarcare con forza…

"No mademoiselle! Non dovete neppure pensare una simile maldicenza! André non sarebbe mai fuggito! Quanto è vero che l'ho cresciuto io e gli ho sempre imposto di assumersi la responsabilità dei suoi gesti! Ecco! Semmai…".

"Dunque se ne sarebbe andato perché avrebbe ricevuto un rifiuto!" – chiosò Oscar andando a tentoni in quella faccenda – "André…lui…".

"André non avrebbe mai messo in pericolo l'onore d'una fanciulla! Semmai…forse proprio per non farlo…ecco forse è per questo che ha deciso di andarsene!".

"Chi è?".

Sguardo allucinato…

Oscar chiese a nanny chi fosse la fanciulla…

Solo conoscendone l'identità forse si sarebbe potuti arrivare alla verità.

"Bambina…non lo so…André mi ha detto solo che…".

"Nanny…".

"Niente…lui era triste…non ha voluto dirmi altro e questa mattina dopo che siete rientrati…mi ha detto che sarebbe partito. Forse vostro padre ha solo colto l'occasione…ma è per quella fanciulla…è partito a causa sua…forse non vuole comprometterla…".

"O forse…".

"Mademoiselle Oscar…" – severa nanny si rivolse all'altra – "Voi siete la mia padrona…ma non posso permettervi d'insinuare questo sul conto di André! Se fosse accaduto altro, di certo lui avrebbe accettato le conseguenze dei suoi gesti. Non so chi sia questa fanciulla…".

"Va bene…perdonami…non volevo mancarti di rispetto! So che André è…".

"E' un bravo giovane! Io credo che lui sia partito per dimenticare. Non trovate che mio nipote non avrebbe potuto agire altro che a questo modo!? Dunque solo per via d'un intenso dolore?!".

Non sapeva più che pensare Oscar.

Non intese approfondire la questione con nanny. Non intese ferirla…

In fondo la sua versione era più che plausibile.

"Chissà se è bella?" – sussurrò Oscar a voce bassa, suscitando lo stupore di nanny.

Che la povera governante sorrise…

"Che c'è?" – domandò Oscar stupita.

"Beh…io penserei di sì! Ho sempre immaginato che André un giorno si sarebbe innamorato di una fanciulla…e che lei sarebbe stata bella sì…così da…".

Inghiottì Oscar, il vuoto s'espanse…

"Così da?!".

"Nulla…mademoiselle…nulla…sono i pensieri e le speranze d'una povera vecchia! Ve l'ho già detto! Anche se André deve molto a questa famiglia non pensate che anche lui avrebbe diritto a vivere la propria vita, magari innamorarsi, sì insomma, così da poter essere felice?!".

"Tu credi che non lo fosse?".

"Lui è sempre stato molto riconoscente a voi…a vostro padre. Io stessa gli ho sempre rammentato i suoi doveri verso la vostra famiglia. E' stato accolto ch'era poco più che un bambino…io non avrei avuto abbastanza forze e denaro per crescerlo, ma qui…è vissuto con me…ha servito questa famiglia…gli è stato permesso di studiare…ha vissuto una vita dignitosa…la sua riconoscenza avrebbe potuto essere un ostacolo…e poi vi è stato vicino…".

Che s'arrestò nanny, di colpo.

Accadeva sempre, ogni volta che dalla visione generale ed ampia e fulgida della presenza di André in casa Jarjayes si giungeva alla visione più intima e stretta di lui, nipote della governante, e lei, la figlia del Generale Jarjayes.

Un'amicizia preziosa e potente…

Eppure chissà come, essa pareva una sorta di nodo altrettanto dolente ed incompiuto.

André era legato ad Oscar e nanny forse aveva visto altro…

Il dovere di servire di contro al diritto d'essere felice…

§§§

Chi è…

Chi…

Non aveva mai notato nulla, non aveva mai scorto un cedimento…

Solo quelle parole…

Cosa può esserci di così doloroso nell'amare e nell'essere amati!?

Ci sono molti amanti che non potranno mai confessarlo…

Dunque era questa la ragione di quelle parole…

Certo, André non aveva mai detto nulla senza un motivo.

Non aveva mai fatto nulla per cui non ci fosse stata una ragione più che plausibile…

Oscar osservò fuori dalla finestra.

Era buio ormai, la falce di luna adagiava la luce fredda sulle cime degli alberi, incapace di fendere le fronde e disegnare contorni più netti, a terra.

Era buio ma intravide, da sotto le fronde, sparute schegge luminose…

Lucciole di certo che s'aggiravano solitarie, forse impegnate in voli nuziali alla ricerca d'un compagno.

Infastidì anche quella scontata visione...

Oscar si ritrovò in trappola.

La gola chiusa, le mani strette, la mascella serrata.

Beffata dal servo, inchiodata alla propria ignoranza, appesa al sottile filo delle poche concessioni fatte dal padre ed alle ancora più scarse notizie scucite alla povera nanny.

Che André non si fosse confidato neppure con lei la diceva lunga sulla questione.

Non poteva essere dunque solo una faccenda legata a qualche incarico segreto, calato sulle spalle dell'attendente dalla sapiente mente del Generale Jarjayes.

Le due questioni dovevano essere collegate.

André dunque…

Sì…

Dev'essere stato lui a chiedere a tuo padre che gli venisse affidato un qualche incarico.

Se l'intento era quello di fuggire da un misfatto o proteggere qualcuno da un misfatto, fin anche un'altra persona, e forse addirittura se nessun misfatto ci fosse mai stato, non c'è sistema migliore che lasciare i luoghi ove quella persona vive e agisce e si muove.

Chi è…

Quella persona deve trovarsi a Versailles…

Oppure a Parigi…

Parigi…

Dannazione, quella città è troppo grande…

Lo sguardo rimase piantato fuori, al buio.

Le congetture si rimescolavano in testa e pareva che Oscar volesse tenerle lì, apposta per tenere lì la stizza contro il servo che l'aveva tenuta all'oscuro di tutto.

Dunque, mentre lei si struggeva per Fersen, André viveva la sua vita, amava forse…

André…

André non era lì, non c'era, non c'era più.

André amava una persona dunque…

Si era innamorato…

Non le aveva detto nulla…

Era questo che stizziva di più…

Chissà chi era…

Chissà s'era ricambiato…

Chissà se era bella…

E gentile…

E…

Oscar chiuse le ante della finestra. Non c'era altro sistema…

Avrebbe parlato con suo padre, avrebbe fatto leva sui sentimenti di nanny, spiegando al padre che non si poteva tenere la povera governante all'oscuro di tutto.

E se André era stato così scriteriato e abile e cinico al tempo stesso da pensare di passarla liscia, lei no, lei non glielo avrebbe permesso.

E poi avrebbe domandato…

Alla servitù di casa…

A quella della reggia…

Dannazione…

E se non fosse una persona della servitù?

E se fosse una persona d'un altro rango?

Avrebbe senso certo…

Perché se fosse stata sua pari, André non avrebbe avuto ragione di lasciarla, allontanarsi!

Magari ha già un marito…

Magari ha figli…

Magari è nobile…

Il pugno sbattuto contro il tavolo.

Il cerchio anziché restringersi, s'allargava, e quel ch'era peggio il Tenente Girodel aveva ricevuto il compito di affiancarla.

La stizza, d'improvviso, parve acuirsi e poi scemare…

Oscar si ritrovò improvvisamente svuotata, il cuore impazzito…

André non era lì…

Lui non era più in quella casa.

Da quando lo aveva conosciuto, non si erano più separati, se non per poche settimane, lei in viaggio con il padre, lui in visita di cortesia al villaggio in cui era nato.

Le estati erano trascorse lievi e rapide con lui accanto…

André…

André non era lì…

Lui non era più in quella casa.

D'improvviso Oscar percepì una specie di tremito indotto dall'assenza dell'altro.

Come se, adesso che André non c'era e soprattutto adesso che lei non avrebbe potuto rivederlo, l'altro si fosse manifestato in tutta la sua feroce presenza.

Non più servo discreto, mezzo passo dietro a lei, una parola ingoiata piuttosto che sputata in faccia…

Non più elegante compagno di duelli, ombra discreta che rivela la forma dell'esistenza…

La mente s'aggrappò alle parole del padre.

Dunque lui starà lontano per qualche tempo…

Quanto tempo…

Quello almeno sarebbe riuscita a farselo dire.

In fondo André era alle sue dipendenze. Che ne sapeva suo padre se lei, stavolta proprio lei, avesse avuto necessità d'averlo accanto, André e nessun altro?!

Non si poteva scambiare André con un qualsiasi altro attendente ed il Tenente Girodel non avrebbe potuto svolgere quell'incarico per sempre…

Per sempre…

Per qualche tempo…

Quanto tempo è per sempre?!

Cozzarono le due visioni…

Il tempo era dimensione tanto evanescente quanto sfuggente e beffarda.

Si misurava il tempo ma chi era in grado di vederlo…

Un respiro fondo…

"Quanto tempo?".

* Dialogo tradotto dai sottotitoli inglesi della versione giapponese dell'anime.

** Georgette è il nome da giovane di Madame Jarjayes, tradotto dal gaiden della Sensei Ikeda, sulla vita dei genitori di Oscar.

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