Forse si amano proprio da quel tremendo momento in cui hanno sentito l'impossibilità del loro amore.

Si amano, ora, perché si sono già lasciati.

Pier Vittorio Tondelli

Vermillon

La stanza era un poco fredda, poco accogliente, appena lambita da lontano, dal mugghiare del mare contro le rocce e i bastioni che ancora difendevano la città da fantomatiche tribù di normanni e pirati.

E poi giù dabbasso, dal fastidioso rimestare di stoviglie.

Impercettibili e rozzi singulti di piacere raggiunsero i sensi che forse erano all'erta e dunque capaci di raccogliere ogni minimo suono nell'estraneità del luogo nero e sconosciuto.

L'unica nota chiara e un poco audace, il sentore della brace tiepida e accogliente, perché in fondo simile all'odore della brace in qualsiasi luogo e tempo del mondo conosciuto.

Anche di quella che ardeva nel camino di casa Jarjayes.

Troppe domande rotolavano nella testa e i corpi stavano impietriti, un poco gelati dal freddo della stanza, un poco rattrappiti, ciascuno nel proprio orgoglio, entrambi nell'incapacità d'essere diretti e chiedere e pretendere.

Le sue spiegazioni, lui, le aveva già date, e s'erano state così scarne e oscure, lei era troppo intelligente per non comprenderne il perché.

E se lei, Oscar François de Jarjayes era lì, doveva essere per altro genere d'affari, non certo perché si era messa in testa di cercare e trovare e poi prendere per il bavero della giacca il suo attendente d'un tempo e richiamarlo all'ordine.

No, Oscar François de Jarjayes adesso era lì e André Grandier d'improvviso si rese conto ch'erano settimane che non l'aveva più vista.

Ci aveva provato a mettere il tempo tra di loro, oltre che lo spazio.

E lei, in un solo istante, aveva divorato tutto.

Lo spazio…

E il tempo.

Perché era come se lui non se ne fosse mai andato e tutto avesse continuato a scorrere come se nulla fosse accaduto. Né la sua partenza, né la sua assenza, neppure quella sorda presenza, ingombrante e fonda capace di vanificare il ragionamento, sporcare la mente perduta in idiote congetture.

Quello dunque avrebbe potuto esser il salottino di casa Jarjayes, il camino acceso, le poltroncine avvicinate al tepore della fiamma e sul tavolo i soliti bicchieri che accompagnavano stanche chiacchiere o divertiti aneddoti sul finire del giorno.

Il fuoco, a modo suo, era familiare e chiunque, anche Oscar François de Jarjayes non sarebbe sfuggita al desiderio d'appagarsi d'un poco di calore conosciuto.

Tutto consueto ma tutto stonato.

No, André Grandier aveva stabilito di mettere un confine allo scenario.

Lei non avrebbe dovuto essere lì, non lì, nella stessa stanza, dietro gli stessi passi, perché nulla era più uguale.

Ma allora altro doveva essere accaduto.

Chissà forse una reazione, seppur debole e incerta, la partenza doveva averla suscitata nell'altra, che se ne stava lì, nella stessa stanza, dietro gli stessi passi, inspiegabilmente zitta – nota assai stonata - a osservare le lingue del fuoco aggredire le braci e innalzarsi in un gioco ora di fumo, ora di limpida distruzione capace di attirare i sensi.

Nel silenzio trovava spazio la paura o forse il disprezzo.

André osservò l'altra, avanti a sé, il profilo appena illuminato dal chiarore.

La schiena ritta e ampia, seppur le spalle erano quelle lievi e non imponenti d'una donna.

Come diavolo avevano fatto quegl'imbecilli dei compari non avvedersi che lei era una donna!?

Sì, certo, lui lo sapeva, lo sapeva già da un pezzo, anzi, a sua memoria l'aveva sempre saputo.

L'unico momento in cui aveva creduto d'avere a che fare con un maschio era stato quando sua nonna gli aveva detto che sarebbe venuto ad abitare nella casa dove lei da anni lavorava, la residenza del Generale Augustin Reynier Jarjayes, per diventare compagno di giochi del figlio del padrone.

Un maschio…

S'era immaginato André.

E siccome gli avevano detto che aveva un anno meno di lui, già s'era immaginato di fargli da fratello maggiore, proteggerlo sì, ma anche un poco comandarlo e farsi riverire, come si fa con i fratelli maggiori.

Ma poi l'aveva vista, mentre scendeva lo scalone dell'immensa casa, sguardo indagatore e orgoglioso.

Che smisurato orgoglio doveva aver innervato l'esistenza di quella bambina per sopravvivere alla vita che suo padre le aveva imposto?!

E come avrebbe fatto a comandarla, anche se lei era più piccola?!

Impossibile!

L'orgoglio insistente e caparbio mostrato con sfrontata fierezza.

Era stato per quello che s'era rialzata da terra ogni volta ch'era caduta da cavallo…

Era stato per quello ch'era sfilata via, ogni volta che la punta d'un fioretto aveva sfiorato la pelle lieve e candita o la polvere da sparo e il fuoco d'una miccia erano scorsi a lambirla e sfidarla.

Forse nemmeno lei si sarebbe mai immaginata che fosse stato proprio l'orgoglio ad averla sorretta per tutto quel tempo.

E adesso, ritrovarla lì!?

Gli parve che quell'orgoglio si fosse un poco oscurato, consumato quasi dal desiderio di rivelare un'altra natura, ricevere una carezza, un abbraccio, uno sguardo da colui che lei aveva scoperto di stimare e forse amare.

André Grandier aveva visto Oscar François de Jarjayes un passo dietro al Conte Hans Axel von Fersen.

Un passo indietro…

André Grandier non la voleva quella Oscar, un passo dietro al Conte di Fersen, che procedeva invece davanti a lei.

Mille volte avrebbe preferito l'altra, orgogliosa e fiera, intoccabile e distante, lieve e pura…

Non certo sua ma certo di nessun altro.

La volle dunque, ritrovare…

La volle…

Avrebbe coltivato proprio quel disprezzo che le aveva scorto in faccia, sfruttandolo così da mettere più distanza possibile tra sé e l'altra, così che l'altra non avrebbe mai avuto dubbi su ciò che era accaduto e su ciò che sarebbe potuto accadere.

E nel disprezzo sarebbe riemerso l'orgoglio che tanto lui anelava veder risorgere.

Un respiro fondo…

Le dita s'allungarono ad afferrare la bottiglia che stazionava fredda e un poco polverosa sul tavolo.

Era stata già aperta, dunque fu solamente necessario estrarre il sughero e versare il vino nei bicchieri.

Chissà come gli avanzi di galera erano riusciti a procurare due calici ampi e panciuti, capaci d'areare a dovere la mistura, che se fossero stati due bicchierucci per l'acqua sarebbe stato vano e inutile versare il vino e mediare l'attesa.

Il vetro accolse la tonalità vermiglia, meno liquorosa e paglierina del precedente assaggio.

L'attesa di poterne gustare appieno l'aroma scuro s'impose sul silenzio che ancora non era stato scacciato da nessuno dei due contendenti.

André raccolse i bicchieri, andando a posali a terra vicino al camino.

Le lingue di fuoco catturate dalla superficie vitrea e liscia s'incunearono mescolandosi alle note rossastre in una rara e sorprendente commistione, incendiando deboli saette d'acuto vermiglio.

Ancora silenzio…

André Grandier si disse che avrebbe dovuto agire, in fretta e bene.

L'avversaria era abbastanza scaltra, entrambi avevano ciascuno dell'altro una discreta conoscenza.

Lei non si sarebbe accontentata d'una spiegazione qualsiasi eppure sarebbe bastato davvero poco.

Tornare a essere quelli di un tempo…

I mocciosi di tanti anni prima.

Lui non aveva mai dimenticato, anche se tutti attorno a sé gliel'avevano imposto.

Chissà se anche lei non aveva dimenticato!?

"Che fai a Brest?" – chiese un poco distaccato, la voce impastata dall'alcool appena tracannato – "Se è lecito e ti è consentito rivelarlo?".

L'affondo tradì la sospensione della coscienza.

André Grandier avrebbe voluto sapere ma non poteva chiedere in maniera troppo diretta.

Aver scorto l'altra in compagnia del Conte di Fersen non lasciava molti dubbi sul motivo della presenza del Colonnello delle Guardie Reali a Brest, se non perché lei c'era venuta per incontrare Fersen.

A Brest, Oscar François de Jarjayes non conosceva nessuno.

C'era che lei era lì adesso.

Non gli era parso che lei si fosse voltata al passaggio dei soldati nel vicolo. Se anche era accaduto, era certo che lei non avesse accennato a riconoscerlo.

Un passo dietro al Conte di Fersen...

Perché meravigliarsi?

Eppure...

Lei era lì...

Il silenzio spezzato…

Come al solito…

"Cosa faccio io a Brest!?" – ironica – "Tu piuttosto!? Che razza di idea…" - un respiro fondo…- "Arruolarti!? Tua nonna è disperata! Non l'ha detto apertamente ma teme che tu ti sia cacciato in un guaio e che per rimediarlo, tu ti stia cacciando in un guaio ancor più serio!".

Oscar François de Jarjayes era davvero brava. Se lo disse André Grandier.

Sapeva già tutto.

Lo aveva dedotto dal becero teatrino inscenato nella bettola dai compari che avevano ben dimostrato di essere soldati in procinto d'imbarcarsi per l'America.

O forse qualcuno doveva averglielo raccontato. Chissà, forse era stato proprio Fersen...

Inutile negare.

Tre scarne frasette riassumevano il senso degli eventi, senza esporre giudizi, senza sbilanciarsi, né a dar a intendere se anche a lei la questione fosse apparsa così sorprendente.

André Grandier, anche lui, tirò un respiro fondo. Si risolse a muoversi piuttosto che rispondere.

O meglio avrebbe concesso anche lui di rispondere all'essenziale.

Scorse al letto…

Sbilenco e cigolante…

Le lenzuolacce ruvide e fredde.

Andò a sedersi sul bordo, prendendo a sfilarsi gli stivali, un poco a fatica.

"Che fai?" – incise l'alta, stizzita dalla mancanza di rispetto indotta dal silenzio – "Non rispondi? Sei così ubriaco o a corto di parole che non hai nemmeno il coraggio di dare una spiegazione a quello che sta accadendo!?".

Nulla…

André Grandier si sfilò anche il secondo stivale e prese a sgusciare i bottoni della giacca dagli sgraziati occhielli. Sua nonna, l'avesse visto conciato così, gliel'avrebbe levata di dosso per ripassarli tutti i dannati occhielli, fermando i fili e dando alle aperture una geometrica rifinitura.

L'ordine innanzi tutto...

"Io sarò ubriaco…ma anche tu…" – si voltò André a squadrarla, l'indice roteò in aria come a dire che neppure l'altra pareva molto in sé, se aveva finito per stare al gioco della stramba invenzione del damerino in cerca di clientela - "Comunque…siccome hai avuto questa brillante idea di farmi passare per uno a cui piacciono gli uomini e l'altrettanto assurda idea di farti passare, tu stessa, per un uomo…mi metto comodo…dato che non potremo uscire da questa stanza alla svelta o troppo in fretta. Io almeno ho una reputazione da difendere…che sia per colpa di una donna o di un uomo…e tu…invece…se quelli là fuori s'accorgessero che sei una donna…non so che accadrebbe…rischieresti parecchio! Primo per averli ingannati…e poi...anche per altro…".

La mano destra allargò il colletto della camicia, la sinistra batté piano sul bordo del letto…

"Vieni a sederti!".

Lo sguardò s'aprì all'invito irriguardoso, se quello non fosse stato André Grandier, sarebbe stato da prenderlo a calci nel sedere.

"Che…".

"Avanti!" – l'invito ripetuto – "E' inutile che tu stia lì in piedi…tanto per un po' nessuno dei due potrà andare da nessuna parte. Anzi, se proprio vuoi saperlo secondo me quegli avanzi di galera stanno proprio fuori dalla porta…chissà…".

L'indice indicò l'uscio…

Il dubbio che davvero le orecchie dei compari fossero poggiate al legno, a origliare e catturare respiri e sussulti…

Che idioti…

Ecco perché s'erano dati tanto da fare per pagare la dannata stanza!

Avrebbe anche proseguito André ma si disse ch'era meglio tenersi per sé ciò che aveva appreso in quelle settimane.

Costumi e consuetudini che difficilmente l'altra avrebbe potuto accettare e apprezzare.

La giacca gettata verso una sedia, la camicia aperta...

Chissà se sarebbe stato tutto come un tempo, quando a lei non importava ritrovarsi gomito a gomito, mezzi svestiti per via d'un bagno nello stagno o un acquazzone che li aveva sorpresi sulla via del ritorno da una cavalcata.

Non gl'importava…

André Grandier non era più l'attendente di Oscar François de Jarjayes. O meglio, lo sarebbe stato per tutto il resto della vita ma alle proprie condizioni.

Oscar abbassò lo sguardo, intuì il frusciare della stoffa, il pagliericcio che gemeva soffocato allo scorrere del corpo.

Fu costretta a sollevare gli occhi di nuovo e si ritrovò l'altro mezzo svestito, la pelle chiara appena lambita dal chiarore delle fiamme, i muscoli torniti dal lavoro e dall'addestramento che gli era toccato in sorte nelle settimane di lontananza, che anche se André conosceva le armi, non era un soldato, non avrebbe potuto arruolarsi senza un minimo di dimestichezza con colubrine e polvere da sparo e ordini connessi a dispiegare attacchi o imboscate.

La visione implose i sensi…

La visione indusse insolito tremore, stizza, e contemporaneo timore per la scelta che l'altro stava per compiere, mista alla sorprendente effige dell'altro, che non era più il moccioso d'un tempo e in un istante Oscar se lo raffigurò com'era stato e com'era diventato adesso.

André che parla di amanti…

André che esce di notte…

André…

La visione colpì ma il tremito ebbe vita breve.

La visione ricacciata giù, accantonata, in qualche recondito angolo.

Non era il momento di lasciarsi vincere dalle strane gesta di André. Erano settimane che s'era messa alla ricerca dell'altro, di un pertugio, di un granello di sabbia che avesse inceppato l'assurdo meccanismo della lontananza, e adesso che l'aveva trovato non sarebbe arretrata d'un pollice e avrebbe preteso le sue sante spiegazioni.

C'era che in quel momento le settimane trascorse si rovesciarono addosso come un'onda gigantesca, una frana inevitabile, una tempesta capace di spezzare rami e stroncare fusti.

Si ritrovò presa da una sorta di stanchezza ancestrale, incapace di mantenersi fredda e distante, le viscere in subbuglio.

Lo vedeva lì, l'altro, a pochi passi da sé e il fatto di non averlo visto per tante settimane, induceva una sorta di mestizia lieve, una tiepida ammissione che in fondo, contrariamente a quanto aveva appena confidato al conte, lei, in quel momento, era sorprendentemente furiosa e stranita, della furia indotta dal sollievo d'aver ritrovato ciò che credeva d'aver perduto.

L'altro o forse quella parte di sé custodita dall'altro.

Che fosse quella la felicità?

Nulla di costruito, nulla di elaborato, semplicemente un pensiero, una goccia d'acqua s'un filo d'erba, una pozza asciutta, la nota uscita dalla corda di violino, il volo d'un uccello che sfida il vento...

Oppure proprio il pensiero d'aver ritrovato lui, André, nella progressiva comprensione che l'altro aveva preso sempre più spazio nella propria vita.

André Grandier s'appoggiò allo schienale del letto, seduto, i piedi scalzi tirati su, la gamba sinistra stesa, la destra piegata, così da consentire all'altra di sedersi, dato che la sedia era stata sapientemente ingombrata dalla giacca.

Chiuse gli occhi André Grandier e Oscar François de Jarjayes potè finalmente osservarlo, in silenzio, lontano dalla folla, da sola.

I lineamenti lievi ma asciutti, il viso forse un poco più scavato di quando era partito, le guance di barba non rasata, i capelli raccolti con il consueto nastro.

Se ne avvide…

"Strano…sapevo che i soldati non possono tenere i capelli lunghi…" – abbozzò per smorzare la tensione.

L'accenno scadde nella curiosità, André mantenne gli occhi chiusi, la mano destra si sollevò a sistemarsi il fiocco dietro la nuca.

"Ci è stato consentito…a patto di tenerceli in ordine…nessuno li vuole i pidocchi a bordo…".

"E dunque…".

"Dunque mi sono impegnato a tenerli puliti…mi piacciono i capelli lunghi…dovresti saperlo…".

La conversazione era idiota.

Oscar finì per cedere. Due passi e fu accanto al letto.

Si voltò e si sedette, dando le spalle all'amico d'un tempo.

André che parla di amanti…

André che esce di notte…

Che sia per colpa di una donna o di un uomo...

La questione della reputazione messa in dubbio per colpa d'una donna ronzò nella testa come una mosca molesta.

"Che cosa è accaduto André!? Parlo seriamente. Perché hai deciso di arruolarti…è…per via…" – balbettò e sobbalzò, che l'altro con un balzo s'era scostato, scendendo dalla parte opposta del letto, girandoci attorno…

Lo vide con la coda dell'occhio…

André si tolse la camicia gettando anche quella sulla sedia…

Fece per slacciarsi la cintura…

"Che…" – strozzato in gola, i pugni stretti a stringere la povera coperta strattonata e quasi stracciata – "Fai?".

Ingoiò stupore…

Smise di respirare…

André non si risentì, anzi ammise che forse anche per l'altra non era poi tutto come un tempo.

La visione di sé mezzi nudi era ormai relegata nei ricordi di loro, fanciulli, i mocciosi d'un tempo erano cresciuti.

Raggiunse il camino, afferrò i due calici e poi si avvicinò porgendone uno a lei.

Un espediente per sorprenderla, evitare d'addentrarsi in chissà quali discorsi e al tempo stesso stranire gl'intenti…

"Di che hai paura?"- punse cinico.

Che riversare addosso all'altra la propria condizione – che era lui in fondo che aveva paura, di tradirsi, di cedere, di mostrarsi troppo o troppo poco risoluto, vai a capire che cosa avrebbe dovuto fare o non fare, chiedere o tacere - non era poi strategia così accorta.

Era semplicemente disarmato.

Tutto il castello di granitiche difese che si era via via costruito nella testa durante le settimane di lontananza, con la nostalgia a fungere da malta per tenerne assieme i mattoni, i sogni, a mo' di bastioni ad arginare senso di colpa e parimenti disprezzo di sé, e infine i solidi camminamenti entro cui lasciar vagare la mente, così da cogliere il suo arrivo e rifuggirla come il peggior nemico, come la pestilenza più acuta, stava crollando miseramente, pezzo dopo pezzo, e c'era che lei nemmeno faceva nulla per dissacrare quella dannata costruzione.

Lei era lì, semplicemente lì...

Una difensiva inutile, persino ridicola.

Lei se ne sarebbe avveduta subito.

"Paura!? Non ho paura! Ma tu…" – però arrossì un poco Oscar che adesso non riusciva più a tenere gli occhi addosso all'altro.

Ci provò, scorse di nuovo il torso nudo, la pelle morbida, i muscoli levigati e asciutti.

Che non seppe più dove guardare, perché non era possibile che l'altro inducesse un simile groviglio di pulsioni.

Stizza, rabbia…

E…

"Ti consiglio di assaggiarlo!" – propose André – "Se si scalda troppo dopo è impossibile mandarlo giù…".

L'altra allungò le dita per stringere il gambo del calice. La mano di André invece lo sorreggeva nel palmo, il gambo incuneato tra indice e medio.

Per un soffio le dita non si sfiorarono…

Si guardarono a quel punto, immaginandosi se non fosse accaduto solo per rispetto innato o per spasmodica e ruvida attenzione.

André bevve un sorso poi ne mandò giù un altro, il calice rudemente spalleggiato tra una mano e l'altra, nessuna grazia, nessun rispetto per la bevanda degli dei.

Indescrivibile…

Oscar François de Jarjayes si chiese chi fosse colui che si trovava davanti e s'erano state quelle poche settimane di separazione a mutare l'indole dell'altro oppure se l'altro era sempre stato così, solo che adesso poteva finalmente rivelarsi come realmente era.

Ma non poteva essere lui, davvero, l'altro…

Che André tornò ad appollaiarsi nel letto, stavolta la posizione era invertita. Le dava le spalle…

Dunque André sapeva che a far domande dirette lei non ci sarebbe riuscita.

Dunque André aveva deciso di lasciarle campo libero…

"Hai parlato di reputazione…" – esordì dunque lei, dopo aver mandato giù un altro sorso di vino, che quello prese a fare effetto e ad annebbiare l'orgoglio e a sollevare la stizza, quella che l'aveva condotta sin lì, e dunque fu costretta a ricacciarla in gola, perché aveva il vago sospetto che tutto fosse solo una messinscena – "C'entra dunque una donna?".

"Potrebbe anche c'entrare un uomo!" – ghignò André ridacchiando…

Che lei fu costretta a voltarsi, stanca di quel rimbalzo puerile e insolente.

"Smettila! Sembri un bambino che vuole nascondere il guaio che ha combinato!".

André s'irrigidì, l'aveva portata dove voleva, stizzita a dovere.

"Sì!" – rispose gelido questa volta, l'ebrezza sapientemente ammansita dalla volontà di recidere il legame. Non c'era nulla tra loro, perché dunque dilungarsi in tali e tante smancerie o convenienze?!

"Sì…cosa?!" – replicò un poco sorpresa, quasi balbettando, tremando, intimorita che ora la conversazione stava prendendo la piega sorprendentemente sperata – "Che sembri un bambino!? Che hai combinato un guaio?!".

"Come cosa!? Sì! C'entra una donna. Non era forse questo che ti premeva sapere? Adesso lo sai!".

Erano di spalle, ognuno osservava una parete vuota di fronte a sé, ciascuno immerso nella propria rarefatta battaglia, lui mentire, lei sapere.

Sussultò Oscar…

Dunque era vero…

Implose la coscienza...

S'illiquidì il sangue...

Si ritrovò quasi senza capacità di muoversi...

"Chi è?" – chiese, respiro quasi sospeso...

"Non ha importanza!" – secco, quasi rabbioso.

"Chi è? André…ha importanza invece…se questa giovane…ti ha…in qualche modo…illuso…".

Dio…

Oscar pensava che lui fosse la vittima…

O così insomma si riassumeva la questione.

Davvero lei era giunta a immaginare che lui fosse stato ingannato e messo in mezzo e…

Davvero lei lo vedeva così ingenuo oppure, più semplicemente, non accettava ciò che era accaduto, non accettava che lui avesse ascoltato dentro di sé il lieve incedere dello sguardo di una donna e allora aveva preferito imputare all'altra quella sorta di sensualità sottile, capace d'irretirlo e ammaliarlo…

Al diavolo…

Inutile girarci attorno.

Inutile spiegare perché non avrebbe avuto senso rivelare il nome dell'altra a lei…

Se fuggire fosse la soluzione…

Forse…

No, fuggire non serve...

Ma avere la forza di fuggire...

E' possibile, da qualche parte, trovare quella forza e provarci, a fuggire!?

"Non sa nulla!" – tagliò corto André…

Che Oscar tentò di scorgere il viso dell'altro, ch'era ancora di spalle, per vedere se l'espressione corrispondesse alla verità di quanto sgusciato dalle labbra.

Per vedere se l'altro era serio, oppure semplicemente voleva apparir serio!

"Come…non sa niente!? Vuoi dire…" – stupefatta.

"Non ha senso che nessuno sappia di lei perché nemmeno lei sa nulla!".

"Vorresti dire che lei non sa…".

Giunse infine il momento.

Si voltò André sul serio, ritrovandosi viso a viso con l'altra. La torsione del busto gli consentì d'avvicinarsi, toccarla, respingerla, le mani afferrarono le braccia e strinsero.

André guardò Oscar, in faccia, ripetendo le parole, così, per capire che effetto avrebbero avuto, visto che lei era lì e pareva davvero incredula di tutta la faccenda.

Cosa la stupiva…

Cosa la infastidiva…

Tutto o niente?

"Non sa nulla di me!" – scandì piano, il torso piegato sull'altra che un poco finì per sfiorare il petto e il contatto divenne frustata capace di schioccare terribile entro le viscere…

Si ritrovò stranito André, che voleva andare fino in fondo, ma adesso non sapeva più se sarebbe riuscito a fermarsi in tempo.

Prima di cedere a se stesso, parlare all'altra, rivelare ciò che né lui, né nessuno, nemmeno l'altra, avrebbe dovuto sapere.

"E questo credo le faccia onore…" – sibilò, continuando a parlare perché così il silenzio non avrebbe rischiato di incidere talmente a fondo i sensi da gettarlo davvero nel fondo del baratro.

Meglio comporre parole dunque, ricamare una scena, instupidire l'avversaria attraverso un melodramma da quattro soldi.

Che scese verso il viso, parlando piano, la voce impastata, i sensi ammaliati dallo sguardo aperto ma spaventato alle parole severe ma tutto sommato quasi di circostanza.

"Una donna che non sa d'essere amata da un uomo, non avrà di che temere per la sua virtù e il suo onore. Nulla comprometterà la sua anima e il suo nome. Nulla di lei sarà calpestato dall'amore di un plebeo o…meglio…dallo sfacciato amore di un uomo che a questo punto non ha più nemmeno importanza che sia nobile o plebeo! Lei è e resterà pura…".

"André…" – che lei si ritrovò stretta nelle mani dell'altro – "Che stai dicendo? Da quando l'amore dovrebbe incutere timore? Che significa che tu sei un plebeo?".

Era tanto tempo che non si ritrovavano così vicini.

Lo sguardo severo stillava disprezzo verso di lei adesso e al tempo stesso inusitata dolcezza.

Come poteva il disprezzo mescolarsi all'affetto…

"Ma chi è…" – chiese di nuovo Oscar, il vino soverchiava l'intento di restare lucida…

Un amore immenso oppure un amore che non vale nulla!?

Plebeo…

Plebeo…

Plebeo…

Nobile o plebeo…

Le parole rimbombarono nella testa, André s'era tradito, dunque c'entrava lo status di entrambi.

Se il plebeo era André, allora l'altra…

Lo spunto era talmente assurdo che cadde nel disprezzo vuoto del non senso.

Oscar non seppe o non volle coglierlo.

"Se non sa nulla di te…perché lasciare la Francia…" – domandò diretta, che la questione saliente in fondo era quella – "Dunque…perché?".

"Perché io so di lei…sono io che l'amo!" – rispose André, il tono basso e lieve, di contro alla stretta delle dita che strinsero i polsi, come a tenere lì l'altra, non lì, sotto di sé, ma lì, le parole rovesciate addosso.

"Tu…" - l'appellativo plebeo si perse ingoiato dalla ben più fonda rivelazione – "L'ami?".

La domanda balbettata, che non rispose André ma sorrise.

L'inusitata dolcezza si fece beffe del disprezzo, Oscar intuì nel volto dell'altro lo struggimento che accompagnava le parole appena pronunciate.

Nulla di eclatante o terribile.

La banalità dell'amore gelò il sangue.

L'amore, affermazione sorprendente e lieve al tempo stesso.

"Tu l'ami? Chi è? Andrè…se…io…" – tentò di proseguire, ammettendo che di fronte alla verità, quella verità, ben poco avrebbe potuto far lei, che fino a quel momento s'era armata dei migliori propositi, s'era arrovellata nei meandri d'evanescenti congetture sì da trovare una via d'uscita.

Chi era l'altra….

Una donnetta da poco…

Una dama di compagnia…

Una principessina annoiata…

Un istante...

Come donna s'immaginò a disprezzarsi, che pur di salvare la faccia all'amico, avrebbe provato a mediare...

Come donna si domandò, com'era accaduto di non essersene accorta…

Plebeo…

Plebeo…

Plebeo…

A che serve mediare se le parti sono in una situazione differente…

Forse si sarebbe potuto trovare scampo dalla propria condizione sociale…

Ma si può trovare scampo dall'amore?

"Te l'ho detto…non ha importanza…nessuno sa di lei…e così lei sarà al sicuro…persino da me!" – farneticò André, testardo, la testa iniziava a pesare, i sensi annebbiati dalla mistura infernale.

Così doveva essere, essere talmente confusi da finire per confondere l'avversaria.

"Ma che diavolo…" – s'irrigidì Oscar e l'altro ascoltò la tensione innervare i muscoli.

Strinse di più le braccia, prese a spingerla un poco, affondando contro di lei.

Negli occhi il desiderio di averla, avere di nuovo su di sé l'orgoglio dell'altra, unico ricordo che avrebbe portato con sé sino all'Inferno.

"Perché vuoi sapere chi è? Che cosa t'importa?" – ribatté disperato e furioso – "Chiunque lei sia… non potresti fare niente!".

La voce s'innalzò, il corpo piegato su quello dell'altra, sovrastato adesso e tenuto lì, sotto di sé.

"André…sei ubriaco!".

"Anche tu! A chi mai sarebbe venuto in testa di venire sin qui a cercarmi se non a chi ha perso il senno!? Nei panni d'un damerino che tutti hanno veduto camminare dietro a un conte e che poi ha ammesso di volersi vendere a un qualsiasi avventore? Sei stata furba! Oppure sei davvero ubriaca anche tu!" – affondò, avvicinandosi al viso – "Vuoi sapere chi è? Vuoi sapere che viso ha? E se è bella!?".

La grandinata di sciocchezze piovve giù, abilmente mescolata alla rabbiosa gelosia, all'impossibile visione dell'effige dell'altra, che, come folata di vento, scompaginò per un istante lo scroscio imponente.

Lo domandava a lei, se le interessava conoscere l'aspetto dell'altra, come se la risposta le fosse interessata davvero.

Oscar s'ammutolì anche se poteva osservare André, su di sé, che lei s'era ritrovata distesa sulla schiena, le mani conficcate nelle braccia di lui, ma lui pareva così forte che non riusciva a scostarlo.

Eppure c'era sempre riuscita…

Dannazione…

Oppure era andata ch'era sempre stato lui a scostarsi, lasciandole intendere ch'era lei ad essere forte…

"Lasciami!".

"No! Sei venuta sin qui…".

"Chi diavolo è allora?" – fu lei a gridare, per tornare ad averlo lucido, che almeno pensasse all'altra così forse sarebbe rinsavito – "E' bella? E' nobile? E' una giovane del popolo? Affermi d'essere un plebeo…dunque…".

André spinse ancora più giù, affondarono entrambi nel letto scricchiolante e ruvido…

"Si…" – disse piano, al culmine dello strazio.

"Sì…cosa!?" – che lei invece avrebbe voluto saltargli al collo e strozzarlo, cacciargli un ginocchio nella pancia o peggio ancora...

Ma lui era vicino, così vicino…

"Sì! E' bella! E' davvero..." – un sussurro come ad acquietare i sensi, chissà di chi, i suoi o quelli dell'altra, la chiosa eruppe gelando la contrapposizione di forze – "E'...".

Tacque persino il respiro...

Lui la ama!

Lei è bella…

Tornò a guardarla, occhi ficcati negli occhi.

Oscar si sentì passare da parte a parte, come l'acciaio trafigge la carne…

Una fitta al cuore…

E' bella…

La premonizione divinatoria del sogno che anticipa la realtà risalì a galla.

L'avevi cercato...

Non era mai accaduto, che André non aveva mai mancato d'essere nel luogo designato, quasi anticipando i passi!

L'avevi scrutato, la mente colpita dal silenzio e dall'immagine dell'altro.

Ti eri avvicinata, nella luce lilla che ammantava le cime dei pioppi poco più in là, le betulle agitate dal vento, i getti ormai morenti delle fontane, le condotte chiuse dal mastro fontaniere, in previsione della notte, il selciato di mattoni rossi, screziati di sole morente, gli schizzi d'acqua asciugati dal calore, dissolti in un istante...

"E che sia nobile o meno…sai che per me non avrebbe importanza" - concluse André, avvicinandosi ancora di più – "Ma non per lei. No…non è una giovane del popolo. In questo, la mia volontà potrebbe poco. Dunque comprendi perché non ho speranza!?".

L'appellativo plebeo aveva un senso allora.

La misera consolazione sapientemente diluita nelle altrettanto misere parole – è davvero misero che sia l'avversario a spiegare la verità che sta davanti agli occhi ma per ingenuità o ignoranza non è data scorgerla – rimase schiacciata, compressa tra i due corpi chiusi.

Eppure il corpo non pesava.

Eppure Oscar si sentì in trappola.

Nei meandri della coscienza quella sorta di messinscena, quell'assurda prova di forza che loro avevano dispiegato solo quando erano stati fanciulli - un poco tonti e smargiassi - per sapere chi dei due era più bravo o più forte, come fossero stati due cuccioli di animali selvatici, come fratelli che si proteggono sfidandosi a immaginare fantomatiche lotte, così che se poi si fossero trovati in quelle vere avrebbero saputo come reagire, lì, in quel momento, apparve quasi ricreata su misura per tenersi lì ma altrettanto lontani dalla verità.

"Se accadesse a lei ciò che sta accadendo qui adesso…" – riprese André piano – "Se mi accadesse di perdere il senno come sta accadendo…la sua vita sarebbe finita…e se la sua vita finisce…anche la mia è perduta…".

"Chi è?" – gridò Oscar, tentando di scaraventarlo via da sé – "Stai davvero perdendo il senno André Grandier!".

Dunque quella non era una messinscena…

André stava perdendo il senno…

André, gentile, educato come la pioggia fina di primavera…

André silenzioso e oscuro come l'ultimo raggio di sole che muore all'orizzonte…

No…

L'orgoglio crebbe, riemergendo…

Istintivo, come quello di un animale che non fa calcoli, perché non li sa fare e l'unica cosa che sa è difendersi attaccando…

L'orgoglio offuscò gli sprazzi di luce che l'altro aveva inavvertitamente regalato prima di tornare ad essere sole morente all'orizzonte…

L'aggressione, vera o finta che fosse, indusse una reazione…

Quel che voleva André, quel che non comprese lei.

Oscar forzò la presa, oppose il fianco destro, tentando di spostare il peso dell'altro.

André ondeggiò…

L'equilibrio minato dal vino e dal disprezzo di sé e dalla disperazione…

L'equilibrio vinto dall'orgoglio dell'altra che tanto lo affascinava…

Quasi caddero…

Cadde però un bicchiere, frantumandosi a terra…

Lo schianto lieve, per nulla fastidioso, ebbe pregio di sollevare un inusitato chiacchiericcio.

Da fuori, forse dal corridoio, s'udì un contemporaneo strillo, come se davvero chissà quante orecchie fossero rimaste appiccicate alla porta di legno consunta, a carpire un respiro, un sospiro, un bisticcio…

Il grido scomposto gelò il sangue ad entrambi…

Avversari sì ma non a favore del rozzo divertimento di orecchie indiscrete.

Ritrovarono l'equilibrio…

André si strinse a lei, ch'era distesa adesso, immobile, dentro l'abbraccio.

La mano sinistra del soldato aperta e pigiata contro la bocca…

"Shhh…non fiatare! Quegli idioti sono là fuori…sono davvero degli imbecilli…avrei dovuto immaginarlo…".

La voce impastata, l'eloquio affannato…

La considerazione sputata lì, proprio al momento giusto, sì d'abbracciare lo sfortunato orgoglio di lei e farsi beffe di esso, così che l'altro orgoglio, quello dettato dall'educazione e dal riserbo imposto dal rango, ebbe la meglio.

La bocca smorfiosa, le mani piantate entrambe al braccio sinistro a spingerlo via, l'indussero a lasciare la presa.

In fondo era questo che voleva fin dal principio.

Rivelarsi un gaglioffo, rendersi talmente irriconoscibile d'allontanarla a sé…

Che idiozia!

Le era sempre stato accanto come il più devoto dei compagni…

L'aveva rimproverata, accudita, ammansita…

E adesso gli pareva avrebbe faticato persino a sorreggerla se fosse stata ubriaca, non ci sarebbe mai riuscito, tanto valeva rivelarlo quel disprezzo così che lei si sarebbe fatta una ragione del buio che inondava la vista.

Non le diede il tempo di muoversi però, la mano sinistra sollevata a un pollice dal petto di lei, le dita di lei sempre lì, ficcate nella carne…

Un sussurro impercepibile...

André disteso sul lato destro di lei, accanto a lei, ubriaco ma sorprendentemente attento a non sfiorarla neppure per sbaglio...

Un respiro fondo…

Un istante di silenzio…

André attese la resa dell'altra, l'orgoglio piegato dall'affetto…

"Non per via di quegli idioti là fuori...ma..." – un brandello lacero di rozza giustificazione.

Impossibile lasciarla andare...

Non così...

Perché tra poche ore non ci vedremo più…

Per molto tempo…

Forse per sempre.

Il respiro affannato per via della scomposta reazione ch'era stata costretta a inscenare…

Il corpo irrigidito, colpito dall'arroganza dell'altro, disperso nell'incomprensione indotta dalla furia silenziosa e poi dall'accorata richiesta, si ritrovò a poco a poco come ammorbidito, accarezzato, ammansito dall'unica richiesta avanzata da André.

Oscar annuì, in silenzio.

Nessuna concessione, nessun cedimento, nessun accoglimento dell'arroganza seppure i sensi si ritrovarono attinti da ancestrali ricordi.

Corse, lotte, pugni finti e veri, boccacce, risate, pianti, biscotti al cioccolato, fioretti d'acciaio, cravatte fastidiose, rouches svolazzanti, manti setosi di cavalli, odore di fieno, erba bagnata, corolle spezzate da improvvisati fendenti…

Tutto lì, raccolto lì, nelle sillabe mute, disegnate dalle labbra dell'altro, che lei s'era voltata per guardarlo, a carpire un respiro…

"André…non…" – avrebbe voluto chiedere, supplicare, le parole imprigionate nella gola, l'orgoglio soggiogato dal silenzio.

"Non posso…" – continuò André che aveva chiuso gli occhi, la guancia destra appoggiata al cuscino, il volto piegato, rivolto a lei – "Credo sia giusto così…".

"Ma…perché?" – insistette lei, senza più timore d'affondare nella tiepida ubriachezza dell'altro.

"Perché così ho deciso…perché lei è bellissima…perché non sarebbe giusto che un amore, questo amore, il mio, finisse per importunare e corrompere una persona come lei. Nessun amore che si definisca tale potrebbe mai imporre un simile sacrificio a colei che si ama…".

"André…" – si sollevò un poco Oscar, si voltò, i volti erano vicinissimi – "Ma come può…ma che persona è…una giovane che non si sarebbe mai accorta di te?".

André, occhi chiusi, si beò dell'effimera sorpresa, una sorta di rivincita oscura e misteriosa da prendersi sull'altra.

"Sai…sono stato molto bravo!".

"Ma arrivare a tanto!?" – che batteva il cuore adesso, perché davvero Oscar si ritrovò ad ascoltare le proprie parole, a desiderare inconsciamente d'essere lei quella donna, quell'altra, per sapere come fosse amare al punto da non lasciar trapelare nulla dei propri sentimenti ed essere amati al punto da piegare l'amore alla follia di una separazione che avrebbe anche potuto essere definitiva.

"Si…si può…".

"Che cosa posso fare io…intendo dire…" – che balbettava adesso, intuendosi a poco a poco scoperta ed incerta…

"Tu…" – André aprì gli occhi, il verde terso ma velato dal torpore del vino scorse su di lei, cupo e fondo, imperlato di vacue venature argentate e respiri vermigli.

La testa si sollevò un poco…

Oscar rimase lì, immersa nello sguardo dell'altro…

Le pareva di vederlo nello sguardo di André, l'amore per l'altra, quasi che lui ce l'avesse davvero di fronte quell'amore…

Quasi che…

Che quell'amore colpì…

Vacillò l'orgoglio, si sollevò la gelosia, sconosciuta…

Si strinsero i pugni come a volerlo afferrare l'altro e tenerlo lì e dirgli di non lasciarla…

Balbettò l'ennesima scusa: "Io…ossia…se tu…se tu mi dicessi chi è…magari…perché non me l'hai mai detto?!".

Una domanda e un rimprovero.

La prima attesa, il secondo no.

Quando mai un servo avrebbe avuto dovere o diritto di confidarsi...

André non ci aveva mai pensato.

Glissò miseramente...

"Che potresti fare tu? Vorresti parlarle di me!? Non ti pare un poco presuntuoso da parte tua!? E io…che figura ci farei al punto da farmi annunciare dalla figlia del mio padrone!?".

"Disgustoso!" – ammiccò Oscar, risoluta solo alla visione dell'onore dell'altro calpestato a quel modo ma ancora senza risposta alla seconda domanda.

"Brava! Sapevo avresti compreso!".

"Ma non era questo che intendevo…" – piccata, che le pareva di fare un passo in avanti e dieci a rovescio – "Se sapessi chi è potrei avvicinarla…".

"Impossibile!".

"Sei testardo!".

"No, tu lo sei! Queste domande…non ti fanno onore…".

"Lascia perdere l'onore!".

"Insisti…".

"Insisto!".

"Perché!?" – si spazientì André, sgranando lo sguardo, stavolta fu lui a sentirsi torturato dalla curiosità indotta dalla raffica di domande – "E' ridicolo…le ragioni le hai avute…se adesso non ti bastano…".

Un respiro fondo…

"Lei deve vivere...non merita di sopravvivere e basta...la sua luce...lei...tutto scomparirebbe...".

"Stai vaneggiando!".

"No! E' tutto così semplice invece! Ma allora, se proprio ci tieni...ti dico che non me ne andrei se...".

"Se?!" – un guizzo, che il cuore sussultò all'insperato scenario...

André sarebbe rimasto, non sarebbe partito, ma a quale condizione?

"Se fosse lei a chiedermelo!".

Implose il cuore allora...

Dunque non avrebbe potuto far nulla perché la sola che avrebbe potuto fermare quella follia sarebbe stata lei, l'altra...

Non sapeva chi fosse e per ogni istante che scorreva, la mente si ritrovava avvolta entro una specie di bosco nebbioso e scuro, il sentiero ormai perso, sepolto da montagne di foglie secce.

Un manto crepitante e morbido al tempo stesso…

Freddo e lieve…

"E solo se me lo chiedesse spontaneamente…senza che nessuno la obbligasse!" – precisò André, la testa di nuovo abbandonata sul cuscino, soddisfatto o forse terribilmente deluso da se stesso per aver messo lì, sul piatto della bilancia, una condizione così infausta e pesante e impossibile da mettere in pratica che un poco si vergognò del proprio cinismo.

Oscar rimase lì, basita, distrutta dalla visione. Incredula che a quel punto nulla le importava più dell'altra, chiunque ella fosse, ma solo che André non aveva mutato idea e non ci sarebbe stato alcun sistema per fargliela mutare.

Lui non aveva detto nulla perché nulla c'era da raccontare.

Un amore che esiste solo nel cuore di uno dei due amanti...

Un amore può dirsi tale se mai rivelato, se mai dichiarato, se mai coltivato!?

La rabbia scivolò nella visione infausta generata dalla prossima separazione.

Il respiro si perse…

Provò a ribattere, le dita s'allungarono per scuoterlo…

André era lì, occhi chiusi e respiro pesante, uno strano sorriso sulle labbra che poi si schiusero.

Oscar si ritrovò a osservarlo, occhi sgranati ma prossimi a perdere la battaglia contro vino e rassegnata stanchezza.

Lo chiamò di nuovo per chiedere conto dell'affermazione bizzarra e definitiva.

S'accorse che si era addormentato…

Che idiota…

"Non è possibile! Vergognati! Ti sei..." – tentò di scuoterlo, sentore d'alcool lì, ad ammorbare l'aria, a confondere i pensieri e da fuori nessun altro rumore, segno che il silenzio non era più spettacolo degno dei disgraziati spettatori che forse se n'erano ormai andati delusi e depressi – "Addormentato!?".

Il tempo infinito della ridicola constatazione...

"Svegliati!" – sussurrò, un respiro di stizza, che alla fine scese dal letto, piano, per non calpestare i cocci del vetro che prese a raccogliere andando a sistemarli sul tavolo.

La brace aveva iniziato a perdere colore e anche il chiarore della stanza a poco a poco forza di fronte alla sfrontatezza del buio.

Tornò sull'altro, le mani alle braccia, tentò di muoverlo...

"Svegliati!".

Nulla...

Inaudito!

Sarebbe partito e nemmeno si degnava di restar sveglio!

Chissà per quante ore quella stanza era stata pagata dagli avanzi di galera che André si ritrovava come compagni d'avventura. Quelli che avevano creduto che a lui piacessero gli uomini perché lui s'era voltato al passaggio di lei…

Lei che era una donna e che d'improvviso si ritrovava a sentire e pensare davvero come una donna, stupita e sconvolta di quanto fosse difficile comprendersi entro tale declinazione di genere.

O forse, tutto era sempre stato semplice e lei era sempre stata una donna e aveva sempre pensato e agito come una donna.

Erano stati gli altri a non vederla come tale e così anche lei s'era adagiata e adeguata a quella salvifica e rassicurante convinzione.

Ora si ritrovava lì…

Si tolse gli stivali, istintivamente, così come la giacca…

A terra c'era la borsa che s'era portata dietro.

Così alla fine, nanny aveva avuto ragione, anche non sapendolo, che sarebbe riuscita a lasciare al nipote le preziose camicie.

Ne mancava una. Quella che lei s'era risolta ad indossare.

Ce l'aveva addosso…

Tanto peggio di così non sarebbe potuto andare…

Si diresse verso la porta, l'aprì e si ritrovò lo sguardo colmo della figura d'un ragazzetto mezzo addormentato, seduto a terra, la schiena contro la parete.

S'inginocchiò a svegliarlo…

"Monsieur…" – chiese quello assonnato…

"Quanto possiamo restare?" – chiese Oscar severa e diretta, nemmeno sapeva se la questione funzionava così.

"Oh…les messieurs…di sotto…m'hanno detto quanto volete…stavo qui fuori per vedere se vi servisse altro…monsieur…".

"Si…" – ammise Oscar, un sospiro fondo – "Potresti procurarmi una camicia? Una qualsiasi…basta che sia pulita…e dell'acqua?".

"Sissignore!" – saltò su quello, neanche il tempo d'allungare la mano che tre monete sonanti ci scivolarono dentro, allungate dall'altra.

"Un'altra cosa…".

"Oui monsieur?".

"Non voglio che nessuno ci disturbi! Se farai buona guardia…domani ti spetterà un'altra moneta!".

Labbra strette e sguardo fiero, il ragazzino annuì e corse via come il vento.

Qualche istante…

L'acqua venne recuperata in fretta…

"Monsieur…per la camicia…mi ci vuole…un poco di tempo…".

"Va bene…lasciala pure qui fuori…per terra…".

"Monsieur…" – abbozzò il moccioso che temeva d'aver deluso il latore della richiesta.

Oscar allungò un'altra moneta: "Mi basta averla per domattina…non preoccuparti…".

"Sissignore!" – sorrise l'altro, gli occhi lucidi e bocca sdentata – "No…no…forse so dove trovarla…facciamo così…io la lascio qui fuori e busso…ma piano però…così i signori non li si disturba!".

Sorrise l'altra, immaginandosi che il lieve tocco alla porta non avrebbe disturbato proprio nulla e nessuno.

S'immaginò, il rossore infiammò un poco le guance al pensiero che davvero il moccioso avrebbe mai potuto disturbarli…

Che mai sarebbe mai potuto accadere tra lei e André!?

Rientrando e chiudendosi la porta alle spalle, Oscar François de Jarjayes si sorprese di ciò che le mani presero a fare e spiegare e…

Lei deve vivere...

Non merita di sopravvivere e basta...

La sua luce...lei...tutto scomparirebbe...

Che razza di discorsi?!

Si ritrovò di nuovo accanto al letto, André dormiente a faccia in su, le braccia lungo i fianchi, le mani aperte, la bocca dischiusa…

Pareva pesare oltre il dovuto, anche se a lei sembrava dimagrito, che ci mise del bello e del buono a sfilare da sotto il corpo del soldato che ora dormiva davvero, beato e silenzioso, la coperta di lana.

Era estate ormai ma la brezza di mare, sottile e suadente tra gl'infissi sbilenchi, soffiava dentro la stanza salmastra umidità, sentori di oceano cupo e luoghi lontani e istanti ignoti.

Nei gesti un poco impacciati, rotolavano domande assurde…

Che diavolo gli è preso ad André di finire in quello stato…

Per una donna…

Una donna…

Nemmeno se lo chiese…

Nemmeno s'avventurò a soffermarsi sulla questione…

C'era una donna di mezzo, il senso di tutta la questione era sapere chi fosse…

Non aveva indizi…

Nemmeno per un istante le venne alcun dubbio sull'esistenza dell'altra…

D'istinto allora, come a scacciare la presenza evanescente e sconosciuta dell'altra, una donna misteriosa ma a tal punto importante d'aver indotto André a prendere una decisone così severa…

D'istinto le dita s'allungarono a scostare un ricciolo ribelle dal viso dell'altro, scomposto per via dello strano alterco che aveva contrapposto l'orgoglio di entrambi, sulla scia della necessità di sapere da parte di lei e lui no, lui non aveva ceduto questa volta.

Le dita rimasero lì, appoggiate alla guancia, in ascolto della pelle un poco ispida per via della barba incolta.

Davvero un pessimo soldato…

Capelli e barba lunghi…

Fosse stato uno dei suoi soldati, si sarebbe guadagnato uno stipendio decurtato e una nota di biasimo.

Ma André non era uno dei suoi soldati…

Non era più il suo attendente.

Non era più nulla per lei se non un amico…

L'essenza dell'altro dunque emergeva, depurata dalle convenzioni, dalle regole stabilite per distinguere gli essere umani a seconda che fossero nati in una reggia, in un castello, in una baracca o persino sotto le arcate di Pont Marie.

André era…

Non le doveva più nulla arrivati a quel punto.

Nemmeno sincerità.

Chi è quella donna?

Lei deve vivere...

Non merita di sopravvivere e basta...

La sua luce...lei...tutto scomparirebbe...

Nemmeno s'avvicinò a immaginare chi sarebbe potuta essere…

Una che aveva conosciuto André o per lo meno doveva averlo almeno veduto…

Eppure quella non s'era voltata, non s'era accorta di lui…

E lui, per non tradirsi e non tradire lei, aveva deciso di lasciare tutto.

Anche lei…

Lei, non l'altra, ma proprio lei…

Si ritrovò in preda a una strana sorta di repulsione avverso a tale visione.

E se l'altra non l'avesse nemmeno veduto André?

Se l'altra nemmeno sapesse chi era André…

André…

André…

Rimase a osservarlo…

Un istante…

Nel silenzio udì il mesto bussare alla porta.

Frusciare di qualcuno che rimestava dietro il sudicio legno.

S'avviò verso l'uscio…

Passetti veloci…

A terra, la porta aperta piano, s'afflosciò davvero una camiciola leggera.

La raccolse.

Era pulita, fredda, stoffa giallina seppur odorava di sapone lieve.

Rientrò e prese a spogliarsi per indossare l'indumento di fortuna, così da riporre la camicia che aveva addosso assieme alle altre, che André, se davvero era intenzionato a partire, ne avrebbe avuto necessità.

Il cambio fu rapido, la camicia indossata solo da alcune ore rimase appoggiata alla seggiola, la borsa in bella mostra, leggermente aperta, così da indurre a comprendere che quelli erano indumenti che appartenevano all'altro.

André avrebbe afferrato la borsa e se ne sarebbe andato.

I gesti, i propri, inspiegabilmente suscitarono rabbia, che lei non gli doveva nulla, lei avrebbe dovuto fermarlo.

Dunque perché rendergli così facile la questione?

La mente via via distrutta dalla visione delle assurde direzioni in cui si sarebbe incamminata l'esistenza, si ritrovò inondata dall'angoscia che spazzò via ogni residuo barlume di dannate congetture.

L'altro sentiero conduceva verso un luogo buio, selva oscura e fitta…

André sarebbe partito davvero e allora il vuoto e il silenzio sarebbero stati definitivi.

Un solo bicchiere era rimasto integro.

Oscar iniziò a sentire freddo. Si versò un altro sorso di vino, lo bevve in fretta così che quello sarebbe andato subito allo stomaco e poi alla testa e avrebbe davvero annebbiato i sensi.

Attese, qualche istante…

Attese…

Si voltò di nuovo dalla parte di André, lo vide…

Si sedette di nuovo e sgusciò sotto la coperta andando a sistemarsi accanto all'altro.

Vicino, non vicinissima…

Vicino, nemmeno troppo lontana…

Che chiuse gli occhi Oscar François de Jarjayes e rimase lì, in ascolto del respiro dell'altro, lieve adesso e non più affannato, come di chi ha ancora in corpo vino infausto capace di rimescolare sogni e incubi.

Rammentò le stanze vuote a Palazzo Jarjayes, la ricerca spasmodica e muta di un appiglio, un indizio capace di rivelare cosa era scorso nella testa dell'altro, cosa avesse incrinato il cuore e soprattutto loro...

Rammentò, la stanza vuota di André.

E ora, averlo lì, il respiro silenzioso e il corpo abbandonato…

S'avvicinò ancora…

Pungeva la vicinanza e poi s'allargava rimbalzandole addosso, inquietando i sensi, sprofondando nell'antica vicinanza all'amico, mai disturbata da nulla.

Eppure, a un certo punto della vita, l'amico era diventato attendente e non più fratello, servo e non più pari.

Convenzioni, regole, leggi s'erano abbattute addosso ma loro avevano finto di cucirsele addosso, di approvarle, come abiti troppo stretti per entrambi.

Erano andati oltre anche se lei ci aveva messo più tempo di André ad accorgersene.

Ora quelle convenzioni erano lì, schiacciate tra i due corpi, evanescenti come il respiro.

Pungevano le dita…

Pungeva il respiro…

Le parve d'avere sonno, di cadere entro la nebbia che il vino, buono o cattivo che fosse, aveva sollevato sugli occhi, sprofondando la mente nella rassegnazione colma della vicinanza dell'altro.

Le parve di cadere, così che fu costretta a chiudere gli occhi davvero e a farsi piccola, rannicchiarsi contro l'altro.

Sarebbe rimasta lì, così che quando l'altro si sarebbe svegliato, l'avrebbe chiamato di nuovo, gli avrebbe fatto sputare l'arcano, l'avrebbe convinto a...

Non partire...

Impossibile!

Le condizioni dettate da André erano impossibili!

Rammentò l'incedere di pochi istanti prima.

La forza di André, la sua rabbia, il disprezzo che gli aveva letto negli occhi. E allo stesso tempo la sensuale smania di essere lì, lui sopra di lei, quel tanto da impedirle di sgusciare via, ma non abbastanza da impedirglielo sul serio.

Pareva quasi, dunque, che lui l'avesse fatto apposta.

Forzare al punto la tensione fino a che lei, solo lei, sarebbe stata costretta a sottrarsi, tutto per via di quel dannatissimo orgoglio che pareva forgiato nella fucina del demonio.

Ma lì, in quel momento nulla e nessuno avrebbe forzato i gesti.

Nulla e nessuno, nemmeno André, le avrebbe impedito d'ascoltare la sinuosa dolcezza che spezzava il respiro, l'orgogliosa tenerezza che sollevava il desiderio.

Che la mano destra s'aprì appoggiandosi al petto lieve e tiepido dell'altro e di colpo il riverbero si fece intenso, nel silenzio il battito s'espanse, andando a colpire il proprio battito, allacciandosi entro una melodia un poco stonata, non uniforme, ritmicamente dissonante.

La mano rimase appoggiata, la frustata corse lungo i muscoli scivolando addosso, come fosse stata una creatura spuntata all'improvviso da un cespuglio, un essere innocuo ma pur sempre sorprendente, che, forse più spaventato dell'avversario estraneo, tenta di fuggire e incespica nell'ostacolo e gli striscia sopra, suscitando l'impulso di fuggire.

La mano si staccò appunto, sottoposta all'insolita reazione.

Poi no, la sensazione di cadere si dissolse e allora appoggiò di nuovo la mano, aperta, mentre la testa si fece contro l'altro e la fronte s'appoggiò alla spalla. Strisciò su di essa, come per massaggiare le tempie contro il corpo dell'altro.

La pressione s'innervò nelle viscere…

S'ingarbugliarono le pulsioni…

Risalirono alla testa i miasmi del vino assieme alla placida contrattura d'un immaginario orgasmo…

Sconosciuto ardore infiammò la coscienza…

Gli occhi rimasero chiusi.

Il corpo, frastornato dalla vicinanza, annebbiato dal vino, instupidito dall'assurda decisione di partire, non ebbe più capacità di restarsene in disparte, finendo per cadere davvero, che la bocca s'aprì piano per appoggiarsi sulla pelle dell'altro, lì, tra la spalla nuda e il collo libero.

Di colpo, all'unisono, la bocca colse il sentore minerale della pelle, un poco forte, potente, capace d'inebriare e distruggere al tempo stesso ogni brandello di residua vergogna, e le dita s'aprirono e graffiarono piano il petto, per cogliere anch'esse la consistenza morale dell'altro, il suo essere altro da sé.

Si stupì…

Per un istante, provò invidia per la famigerata donna che non aveva avuto in animo d'accorgersi del sangue dell'altro…

Sangue pulsante, lieve e potente, nelle vene, sotto la pelle bianca e altrettanto lieve.

La mano scorse sul petto, accarezzando astratte geometrie circolari.

Le dita si bearono del tocco che correva oltre, regalando l'intenso incedere nei sensi dell'altro.

A lei pareva che André dormisse…

Che no…

Prese a tossicchiare quello, che non le rimase che ritrarsi spaventata dall'idea che l'altro avesse intuito ciò che stava accadendo.

Attese, Oscar François de Jarjayes…

Attese, immobile, quasi senza respirare.

S'accorse che le labbra bruciavano….

Doveva essere stato il vino.

Tutto bruciava in realtà…

Le dita…

Le guance…

Eppure non era tepore…

Non era mancanza d'aria…

Era...

Calore gelido…

Brivido silenzioso…

Muscoli scossi…

Lampo oscuro…

Occhi sgranati…

S'accordarono di nuovo i respiri e lei tornò lieve a respirare piano mentre ascoltava il silenzioso respiro dell'altro.

Si sentì stanca, distrutta, frantumata dal pensiero che quell'istante a breve sarebbe stato inondato dalla luce del mattino, che avrebbe strappato l'altro a sé, alle proprie mani, alla propria vista, al proprio sentire…

Chi sei André Grandier?

Da quando sei così, come ti stai mostrando adesso?

Sprofondò giù, dentro di sé, dentro l'altro che sarebbe partito, che non sarebbe stato più lì…

André…

La sua stanza vuota…

La stalla silenziosa…

Il cavallo solo, impaziente d'essere ammansito di nuovo dalla stessa mano, dalla stessa voce…

I passi lievi sulla ghiaia…

Il sorriso accennato…

Tutto prese a inondare la mente...

Oscar François de Jarjayes chiuse di nuovo gli occhi, tentando di respirare piano, di non fare alcun rumore a intaccare e violare il mesto momento.

Ma fu André, a quel punto, nel sonno, a voltarsi davvero, che lei se lo ritrovò disteso di lato, il viso al viso, la bocca alla bocca.

Si stupì Oscar François de Jarjayes del proprio istinto di non arretrare ma di restare lì, a sfidare l'altro e la sua arroganza che non aveva avuto ritegno d'addormentarsi.

Chiuse gli occhi…

Lo sentì muoversi ancora…

Intese calore…

La mano allungata, scivolò oltre il braccio.

La cinse piano, di nuovo, senza alcun rumore, senza neppure una parola…

Le labbra si schiusero, la bocca s'aprì lentamente…

Il mugghiare del mare si perse nella muta nebbia della notte che scioglieva le sue ore come trecce libere dalla costrizione di una acconciatura imposta dalle convenzioni del giorno.

Quell'uomo s'era accesa la pipa…

Boccate fonde…

Volute silenziose…

Acre odore di tabacco…

Nessun altro rumore, se non che la porta alle spalle doveva essere rimasta aperta.

Chissà, forse quella mocciosa era là dietro, a origliare!?

Avevi stretto i pugni…

Gli occhi avevano scavato nella stanza sconosciuta, doveva essere lo studio del padrone di casa, il Generale Augustin Reynier Jarjayes.

Tutto era al suo posto, tutto in ordine, arredamento sobrio e scarno, l'uomo seduto alla scrivania, di fronte a te, e tu seduto di fronte a lui.

La sedia era troppo alta e non riuscivi a toccare terra con i piedi…

Nel silenzio avevi preso a muover le punte, ondeggiando i piedi, ammansendo così la rabbia dell'attesa, la paura del verdetto, a sfogare il nervoso delle domande come fossero chicchi di grandine.

Per via del timore e per via della speranza istintiva che saresti potuto restare, perché quella…

Quella là fuori…

Istinto infantile…

Sai leggere?

Il fumo aspirato e poi lasciato sfogare dalle narici…

Era un mostro marino quello seduto avanti a sé, non un uomo…

Un mugugno - Un poco…

E scrivere?

Un altro mugugno, sulle spine, labbra strette…

Mmmh - la testa aveva negato…

Non sai scrivere?! – il tono alterato…

No…si…un poco…lavoravo con mio padre…era un falegname…e ferrava i cavalli...anche...quand'era necessario...

Come a dire, quando mai avrei avuto tempo e modo d'imparare a leggere e scrivere come si deve?!

Ti esprimi correttamente però! Non sembri proprio il figlio di un falegname…

Maman mi ha insegnato! Diceva che anche se anche non si è signori…mica si dev'essere ignoranti...

Tua madre era saggia! Peccato sia morta….

Una voluta di fumo…

Una pausa…

Un tremito…

Maman era morta, si…

Perché ricordarmelo!?

La gola s'era chiusa…

Senti…è inutile piangere. Tua madre è morta. Potrai restare qui…aiuterai tua nonna…

Duplice sussulto soffocato…

Uno, imploso dentro le viscere…

L'altro alle tue spalle…

Che forse anche quella mocciosa era felice…

Grazie signore…

Sai cavalcare?

No…signore…

Tuo padre ferrava i cavalli e tu non sai cavalcare! Che razza di situazione! Va bene…imparerai al più presto! Ti affiderò mio figlio…

L'attenzione catturata…

Vostro…figlio...

Si…anzi…tua nonna ti avrà già spiegato quindi sarà meglio esser chiari. Oscar è mio figlio…ma è una femmina per intenderci. L'ho designata mio erede dunque un giorno sarà un soldato…Sua Maestà prenderà in considerazione la sua candidatura come Comandante delle Guardie Reale…ed anche se ciò non dovesse avverarsi, mio figlio dovrà comunque essere in grado di perpetrare il casato dei Jarjayes nelle gerarchie militari più vicine alla famiglia reale!

Il fiume di parole s'era abbattuto su di te…

Avevi compreso quasi tutto, se non che la tua impressione era stata corretta.

Quella là fuori era una mocciosa…

Una femmina…

Una bambina insomma…

E' tutto chiaro?

Avevi annuito, che a fare la figura dello sciocco non ci tenevi proprio e prima o poi l'avresti compreso che stava accadendo in quella casa.

Non dovrà mai accaderle nulla…ma di certo non avrai il compito di reggerle la sottana o cogliere fiori per lei…

La destra del generale era volteggiata in aria, come a scacciare simili visioni nefaste, fumo negli occhi immaginare la figlia vestita da damina intenta ad intrecciare ghirlande.

Nessuna replica…

La testa era rimasta ritta, l'attenzione piena dunque, ma t'eri sentito impietrito dentro, come se spire invisibili avessero preso ad avvolgerti.

Solo che non lo sapevi proprio da dove fossero arrivate…

Il dannato sogno mescolato al sogno...

L'avevi afferrato per il bavero della giacca...

Quando mai poteva essere accaduto, se non quando da mocciosi vi prendevate per la giacchetta?!

Quando mai?!

André aveva aperto gli occhi...

Ti aveva guardato e così...

A un pollice dalla faccia ma non c'era odore di sapone, nulla…

Il disprezzo, quello sì, lo stesso disprezzo che ti aveva riservato nella scuderia...

Ch'era salito il tuo sprezzante intento di cavargli dalla faccia quell'espressione…

Il tempo di sporgersi e catturare le labbra…

Il tempo di scorrere alla nuca e tenere lì la testa, mentre il corpo, senza peso, s'adagiava su quello di lui, attirato dalla presa, tenuto fermo dal bacio…

Liberamente...

Baciò la bocca…

Liberamente...

Accolse l'abbraccio dell'altro…

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