La mia notte è senza luna.
La mia notte ha grandi occhi che guadano fissi una luna grigia che filtra dalle finestre.
La mia notte piange e il cuscino diventa umido e freddo.
La mia notte è lunga e sembra tesa verso una fine incerta.
La mia notte mi precipita nella tua assenza.
Ti cerco, cerco il tuo corpo immenso vicino al mio, il tuo respiro, il tuo odore.
La mia notte mi risponde: vuoto; la mia notte mi dà freddo e solitudine.
Cerco un punto di contatto: la tua pelle.
Estratto da Lettera di Frida Kahlo a Diego Rivera
Città del Messico 12 settembre 1939
Adagio…
Océan Atlantique, vingt-quatre juillet 1778
Ma chère grand-mère…
Dopo giorni di mare calmo, vento lieve e dunque assolutamente deleterio perché inutile, la navigazione è ripresa con sollievo dei marinai che pure sono abituati a tali frangenti.
Confido nella tua buona salute e che la mia assenza non t'imporrà di svolgere anche le mansioni che un tempo spettavano a me.
Lo spero e prego che tu non dia sfogo alla tua intransigenza verso te stessa, impedendo alla famiglia Jarjayes di venirti in aiuto, così che la mia assenza non ti sia di peso.
E ti chiedo se l'hai veduta oggi?
Hai ascoltato il tepore della sua stanza ancora chiusa al mattino?
Silenziosa magnolia mescolata al Marsiglia.
Metallico acciaio intessuto di lino.
E l'hai scorta, alla sera, mentre assorta osserva le ortensie fiorite al di là delle finestre?
I pensieri alla giornata scorsa, i dubbi d'aver composto al meglio i doveri e poi la scelta delle incombenze per la giornata che verrà?
Abbi cura di te e di lei.
Se lo farai sarà come aver cura di me!
Tuo nipote André Grandier
Era buio pesto…
Una folata di vento strappò foga e luce al debole moccolo.
La stanza era piombata nell'oscurità, ma tanto Madame Glacé aveva già letto avidamente le poche righe che le erano state recapitate quella mattina da Monsieur Le Tenent Victor Girodel, che, in attesa di mademoiselle, s'era avventurato nelle cucine e lei, Madame Glacé, che aveva contato i giorni e poi le settimane e poi i mesi, e aveva evidentemente calcolato bene lo scorrere muto ma insidioso del tempo, aveva ascoltato i passi quasi con l'anima, quasi senza sentirli e allora s'era precipitata fuori dalla cucina e gli era giunta incontro all'altro, altrettanto muta, in attesa, perché lei non poteva sapere se l'altro portasse una lettera oppure chissà quale nefasta notizia.
Era trascorso ormai un anno dalla partenza di André e in quel lasso di tempo non erano giunte che due misere lettere, poche parole custodite in ciascuna di esse.
Parole lievi destinate a lei, nanny, e poi, altre parole dedicate a un'altra persona.
Magnolia e Marsiglia…
Acciaio e lino…
Chi sei?
Se lo chiese nanny, lì, seduta, al buio…
Lei…
Assorta, alla sera, mentre osserva le ortensie fiorite al di là delle finestre…
Lei…
I pensieri alla giornata scorsa, i dubbi d'aver composto al meglio i doveri e poi la scelta delle incombenze per la giornata che verrà…
Era troppo distante André, troppo fondo l'oceano che li separava, troppo vera la paura di perderlo e tutto…
Tutto troppo complicato perché gli spunti liberassero la mente dall'oscura foschia del terrore di non veder più il volto del nipote, facendo luce e chiarezza sul volto dell'altra, colei che André descriveva.
O forse, l'immagine era già chiara e limpida nell'anticamera del cervello.
Solo, talmente feroce, talmente impossibile, che non poteva essere così.
Non poteva esser lei…
Nanny richiuse la lettera, stavolta con un gesto secco, ficcandola nel grembiule da cucina, un poco grigio e unto, che quella busta l'aveva tenuta nella tasca per tutto il giorno, che quel giorno Madame Jarjayes era tornata da Versailles perché il Generale Jarjayes era finalmente rientrato dopo un lungo viaggio e le stanze dovevano essere riassettate e le colazioni servite puntuali e…
Insomma, non aveva trovato un istante per sé, per restare sola con il suo André, che però lui era lì, con lei, nella tasca, che un poco le era parso - ogni volta che riceveva una lettera – come se lui fosse ancora lì, accanto a lei, i passi per casa, la voce dal corridoio, le risate, gli spizzichi afferrati di nascosto dal forno, i complimenti alla sua cucina, gli sguardi alla finestra come se lui, di tanto in tanto, pur apprezzando quella vita, in realtà ne desiderasse un'altra e la cercasse chissà dove, sicuramente lontano da lì.
Adesso lo rammentava nanny d'averlo visto spesso il suo André osservare fuori dalla finestra, un punto sperduto chissà dove…
Madame Glacé s'aggiustò gli occhialetti sul naso.
La destra afferrò lo spiedino da legna, la sinistra aprì con foga lo sportello del forno, quello che dava sulla celletta ove riposava un poco stanco il fuoco della giornata.
Era buio, faceva freddo e la donna prese a rimestare le ceneri così da liberare le braci che gemendo rilasciarono tiepide lingue rossastre.
La foga sollevò polvere sottile che assieme al fumo sgusciò fuori, beffarda, a offendere occhi e gola.
Prese a tossire nanny e gli occhi lacrimarono un poco. Fu costretta ad arretrare e se non fosse stato per la mano che l'afferrava svelta, sarebbe inciampata e sarebbe caduta a terra.
La vista velata scorse mademoiselle che la guardava con aria severa, sottilmente stupita nell'osservare così poca attenzione da parte della governante.
"Perdonate…".
"Stai bene?" – chiese l'altra un poco fredda sollevando il candelabro a illuminare il volto di nanny che prontamente voltò la testa sia per il riverbero, sia perché aveva il viso umido.
"Si…perdonate mademoiselle…stavo finendo di pulire il fuoco…oggi…c'è stato tanto da fare e se la brace non è sistemata poi rischia di far troppo fumo domattina…".
"Già…" – convenne Oscar un poco dolente, accovacciandosi e prendendo a sistemare a sua volta la brace.
Nanny intuì una nota di rimprovero nella voce…
"Non dovete…faccio io…".
"Non preoccuparti…il fuoco nella mia stanza è quasi spento…non avevo voglia di ravvivarlo così sono scesa a cercare qualche brace già accesa…ti spiace?".
"Oscar…che dici...certo che no…ma non è tuo compito…lascia fare a me…".
L'altra continuò a rimescolare la brace fin quando quella non assunse un timbro più acceso, un poco più feroce, com'era ferocemente imploso in quel momento il cuore.
Poi, anziché cercare la paletta per raccoglierla e il secchio per trasportarla, ripose il ferro e le ginocchia lentamente s'appoggiarono a terra, il corpo si curvò un poco, così come la testa cedette fino a chinarsi anch'essa.
Pareva una vergine in adorazione del proprio Dio che però era morto e il sepolcro era vuoto.
Nulla in cui credere, nulla in cui sperare.
"Oscar…che hai…ti senti male?".
"No…avevo solo freddo…te l'ho detto…".
"Bambina…".
Nanny non riuscì a trattenersi, anche se l'altra non era più una bambina, non lo era ormai da molto tempo. Le poggiò una mano sulla testa, accarezzando lieve i capelli, chiudendo le dita, come a infondere quel calore a cui l'altra sembrava anelare davanti alla misera celletta del forno della cucina.
Come se in tutta la casa non avrebbe mai trovato un altro luogo capace di sedurla e scaldarla, se non quello, se non lì.
Come un tempo si disse nanny, quando nei mesi freddi, tutti e due, suo nipote e mademoiselle, terminate le lezioni nello studiolo, anziché andare nella grande sala ch'era fredda e si riscaldava con fatica, preferivano rifugiarsi lì, seduti accanto alla celletta del forno, che di tanto in tanto nanny apriva per controllare la cottura dei biscotti, adagiati sulla placca riposta nella stanzetta bronzea immediatamente sopra.
Così che non era solo il calore del forno a scaldare le mani delle due pesti, ma il profumo immacolato della vaniglia mescolata all'impasto di cioccolata e uvetta induceva una lenta discesa nel tiepido abbraccio d'una casa che altrove, nelle mille stanze istoriate, era vuota e tristemente solitaria e che dunque finiva per raccogliersi e bastare lì, nella scarsa quadratura irradiata dalla legna che ardeva nel forno.
Chissà forse mademoiselle non cercava solo quel luogo ma anche quel tempo…
Nanny ritrasse la mano e la infilò nella tasca del grembiule. Le dita accarezzarono il pezzetto di carta. La mente ebbe un tremito sollecitata dal dubbio di rivelare a mademoiselle che André aveva scritto e che lui era lì, adesso, con loro, anche se non c'era e chissà dov'era…
"Accetterei volentieri un tè…" - sussurrò Oscar incapace di alzarsi – "Lo prepareresti? Mi faresti compagnia…".
Nanny ebbe un tuffo al cuore.
Intuì un estraneo dolore nella richiesta dell'altra.
Dimenticò in fretta la lettera e le parole del nipote.
Lei…
Assorta, alla sera, mentre osserva le ortensie fiorite al di là delle finestre…
Lei…
I pensieri alla giornata scorsa, i dubbi d'aver composto al meglio i doveri e poi la scelta delle incombenze per la giornata che verrà…
Dimenticò di chiedersi chi era quella donna, chi fosse stata.
Ammise che André aveva fatto male a partire perché mademoiselle, da quando lui era partito, era divenuta triste e cupa, insolitamente ripiegata su se stessa e chissà che doveva essere accaduto per convincersi a scendere così, ormai a notte inoltrata, per cercare il tepore della celletta del forno e una tazza di tè.
C'era che il tempo era scorso, adagio e ritmato.
Le giornate si erano susseguite tutte più o meno simili, tra gli impegni di corte e le trasferte per raggiungere Le Petit Trianon più o meno quotidiane, con Maria Antonietta che precedeva Luigi e Luigi che voleva assolutamente trascorrere un poco di tempo accanto a sua moglie e a Madame Royale che diventava ogni giorno più bella e vivace.
Forse era un bene quel continuo via vai.
Era un impasto nuovo, una vita diversa da quella che Oscar aveva condotto ormai fino a un anno prima.
Un groviglio di viaggi da organizzare, turni per la salvaguardia dei sovrani, percorsi da studiare meticolosamente, passeggiate su e giù per i sentieri erbosi attorno alla fattoria, qualche volta forzatamente distanziate dalla famigliola reale, Maria Antonietta, la piccina e le poche dame di compagnia che la regina aveva ammesso nel suo piccolo regno, così che tutto apparisse intensamente reale, e non semplicemente un ameno rifugio composto da un piccolo palazzo e da una casetta col tetto di paglia costruita di sana pianta all'interno dell'immenso parco della reggia, alla stregua d'una identica masseria della più sperduta campagna francese, dove s'allevavano capre e cavallini e galline per la gioia ed il divertimento della sovrana.
Era tutto così finto d'apparir quasi vero…
Le aiuole curate, persino quelle in cui crescevano erbe di campo e papaveri rossi…
I piccoli alberi di peschi e limoni…
I salici e le betulle ancora giovani…
E poi i percorsi dell'acqua, che Mastro Le Rime aveva appositamente rielaborato e ricostruito così da fornirne gli edifici e le piccole fontane che deliziavano gli occhi e le risate di Madame Royale quando maman reine e papà le roi le avvicinavano le manine agli zampilli.
Il tempo era scorso, adagio…
A febbraio dell'anno 1779, il Generale Lafayette era rientrato a Brest dall'America, trionfante, nonostante le battaglie vinte e quelle perse, nonostante gli uomini che non erano più tornati, e quelli che invece erano tornati senza una gamba, senza un braccio, la faccia o il cranio deturpati da pallottole oppure da frecce.
Le Isole Saint-Martin e Saint-Barthélemy erano cadute per mano delle flotte dell'Ammiraglio de Grasse e del Marchese de Vandreuil, giunte in aiuto del Conte Charles d'Estaing, già promosso vice ammiraglio nel 1777.
Il corpo implodeva…
Il tempo era scorso, adagio…
Adagio ma poi no, che invece era davvero trascorso quasi un anno da quando la Francia aveva riconosciuto formalmente l'indipendenza americana.
Era trascorso un anno, ormai da quando la separazione era divenuta inevitabile e definitiva.
Possibile che nanny non avesse chiesto più nulla di André, possibile non le importasse più…
Oscar si sedette, l'udito prese a rincorrere i silenziosi movimenti della governante che metteva a bollire il paiolino d'acqua, sceglieva il barattolo del tè più adatto per quell'ora tarda, svitava il tappo di latta e prendeva a piluccare le foglioline, appoggiandole nel fondo della teiera, con gesti quasi venerati, che il materiale era prezioso e meritava rispetto.
Sì, il tempo era scorso, adagio…
A poco a poco, adagio ma inesorabilmente, la Francia, accecata dal desiderio di conquista e votata a perseguire ideali di libertà contro il giogo oppressivo del monarca con cui s'era gareggiato da sempre, s'avviava a entrare nel vivo d'una severa partita, giocare d'azzardo con la Storia, ove la posta sarebbe stata la sconfitta…
Finanche la bancarotta…
E infine, per assurdo, proprio la contaminazione da parte delle mortali idee rivoluzionarie che animavano il Nuovo Mondo.
Ma il tempo era scorso…
Adagio.
A maggio, la Spagna, sciogliendo la riserva sul patto segreto ch'era stato firmato a Versailles nel febbraio dell'anno precedente, ove la s'invitava a unirsi all'alleanza, era entrata in guerra, contro l'Inghilterra.
Alla fine Re Luigi XVI era riuscito a portare dalla parte dei coloni americani anche il re di Spagna, merito suo ma forse anche di quell'ometto, Monsieur Benjamin Franklin, che non era mai rientrato in America e che aveva preferito restare in Francia e da lì, tra lo studio di carte geografiche, statue greche, miniature, leggi di idraulica, conduzione delle forze della Natura, non da ultime quelle che legavano tra loro metalli e finanza, aveva tessuto la sua trama di promesse, terre e ricchezze, da sottrarre all'avido monopolio del Re d'Inghilterra per essere affidate in primo luogo a coloro che avevano preso ad abitare le terre d'America.
No…
Non ai popoli che ci abitavano da secoli ma all'altro popolo, quello dei coloni ch'erano giunti ormai da diversi anni e che non accettavano più d'essere considerati estranei o invasori o sudditi della corona d'oltremare ma a tutti gli effetti un popolo, il popolo americano.
E i nativi?
Quelli che ci abitavano forse da secoli?
Monsieur Benjamin Franklin aveva declinato la propria ammirazione per quelle genti, aveva salvato la giovane Lua Pietra Incandescente, ma ne aveva di fatto mutato l'aspetto, l'aveva ammaestrata per renderla simile a coloro che abitavano nella vecchia e decadente Europa.
Provava rispetto certo, Monsieur Benjamin Franklin, per quelle che lui chiamava tribù indigene – che molti di quelli avevano ormai smesso pelli e piume e colorazioni guerriere per indossare abiti più consoni alla nuova era che si stava facendo strada tra i sentieri, le valli, i dirupi, le foreste, le praterie del loro paese – ma nella misura in cui quelle avessero apprezzato e accettato gli ideali ch'erano scelti e filtrati e migliori e giusti.
Dunque proprio come lo erano le misere foglioline di tè, messe a macerare nell'acqua bollente, a sprigionare il loro aroma, a tingere l'insulsa acqua, regalando un inconfondibile e prezioso timbro esotico ma pur sempre conosciuto, paterno e rassicurante.
Francia e Spagna s'erano dunque alleate…
L'Inghilterra invece aveva fatto alleanze con quelle tribù, con gl'indigeni che volevano restare fedeli a se stessi, così come gl'Inglesi, che non avevano mai ceduto alle istanze dei coloni e avevano continuato a combattere opponendosi all'avanzata, alleandosi con i nativi, facendo strage di coloni e di avversari, francesi o spagnoli che fossero.
Le battaglie s'erano susseguite per mare e per terra…
Ai primi di luglio era caduta anche Grenada e il Marchese de Vandreuil aveva tentato di riprendersi Savannah in Georgia, che gli inglesi avevano occupato già da mesi, ma quelli avevano resistito e nello scontro Vandreuil aveva perduto oltre millecinquecento uomini ed era rimasto ferito, costretto a rientrare in Francia, mortificato per la sconfitta e moralmente distrutto per via di non poter continuare a essere un soldato.
Millecinquecento uomini…
Quando s'era saputo…
La voce era corsa tra i corridoi della reggia, di bocca in bocca, dal Gabinetto del Re fin su sulle mansarde occupate dai servitori più importanti, maggiordomi, guardarobieri…
La voce era volata in fretta.
Non era riuscita a restare ferma, a passeggiare nei viali più lontani dalla fattoria, a piantare lo sguardo tra le fronde alla ricerca di mendicanti, sicari, ladri…
Così aveva chiesto a Victor Girodel di assumere la vigilanza della reggia e del Trianon e di tutto quel che c'era da sorvegliare e difendere…
Era corsa via, che quel tempo che scorreva così adagio ora sferzava come fosse stato un pugno da schivare.
La solita trafila…
Era corsa a casa, s'era cambiata e poi via verso Parigi che mancavano poche ore al tramonto.
Così, di sbieco, era arrivata appena in tempo, prima che le porte dell'Hotel de Ville venissero sprangare.
L'usciere l'aveva riconosciuta pur non sapendo chi fosse, e aveva accettato d'accogliere quell'ospite che osservava severo i corridoi scuri del palazzo, il sole ormai tramontato, come cunicoli d'un infernale sentiero capace d'ingoiato e far scomparire chiunque non fosse stato esperto.
S'era scusata dicendo che avrebbe fatto in fretta e che avrebbe fatto da sé, tanto sapeva cosa cercare e dove.
Il senso di nausea era salito, che quella corsa era inutile, quella ricerca altrettanto inutile.
Gli elenchi dei soldati caduti avrebbero potuto non essere completi.
Di certo non erano aggiornati, ci sarebbero voluti mesi prima che i nomi finissero nei dannati registri.
Inutile…
La vista s'era intestardita a scorrere alle righe, come fosse stato un esorcismo contro il Demonio che rodeva il cuore, a leggere i nomi ch'erano stati apposti per ultimi.
Inutile…
La vista s'era appellata alle residue forze e, a uno a uno, aveva controllato i nomi, accorgendosi che forse, nella fretta, l'elenco non era stato compilato in ordine alfabetico, dunque alcuni di essi non erano al posto giusto e dunque era stato necessario ripercorrerli tutti.
I sensi erano implosi perché il nome non c'era, anche se la dannazione era scorsa, sibilata mentre il buio carico dell'odore molle di carta e ferroso d'inchiostro era salito invadendo gli spazi e gli antri delle stanze così come i meandri più ignobili della mente.
Il nome non c'era.
Ma nessuna lettera era giunta dall'America.
"Nanny…" – esordì dopo il primo sorso di tè mandato giù ancora caldo, così da scaldare i sensi e lenire la sospensione della voce – "Come stai?".
"Mademoiselle…siete gentile…ma…perché me lo chiedete? Comunque sto bene…".
"A me non sembra…".
"Bambina…non vorrei farti preoccupare…non ce n'è motivo…sto bene davvero…".
"Non abbiamo saputo nulla di André…" – soffiò Oscar andando con lo sguardo alla vecchia governante, così, per cogliere al volo la reazione, una qualsivoglia reazione.
Forse non era nanny a stare male, forse era lei stessa a non stare bene.
Ma era difficile per Oscar François de Jarjayes ammettere di stare male. Le era stato insegnato a tenere per sé le proprie emozioni, le proprie incertezze.
Così, chiedere ad altri se stessero bene poteva in fondo essere la via per chiederlo a se stessa.
Perché il punto era quello…
"No…".
"Intendo dire…rammenti che ti avevo detto che avrebbe scritto!? Non hai ricevuto…nulla?".
Nanny abbassò il capo, le parole del Tenente Girodel vibrarono come fruste d'acciaio, con la stessa lenta colpevolezza d'una sorda nenia infernale. Era stato fatto uno strappo alle regole per venire incontro alla nonna d'un soldato, alla nonna d'un servo.
Se si fosse saputo che la famiglia Jarjayes aveva ricevuto un tale trattamento di favore, mademoiselle ne sarebbe rimasta colpita e dispiaciuta e…
"No…" – sussurrò piano, controvoglia, di nuovo.
"Si…capisco…" – ammise Oscar che sapeva bene che una simile domanda non avrebbe fatto altro che incidere la ferita, che forse nanny stava già male per conto suo e non sarebbe stato necessario che qualcuno le rammentasse che di André non s'era saputo più nulla – "Se avessi ricevuto altro…".
Parole sospese…
Il senso era che mai nanny si sarebbe tenuta per sé una simile notizia.
La governante mantenne bassi occhi e capo. La vergogna per quella risposta tradusse inconsapevolmente lo stato d'animo affranto per la mancanza di notizie.
Mademoiselle Oscar François de Jarjayes quello s'immaginò e preferì non indugiare in altre domande.
Un respiro fondo…
Il tè era giunto a scaldare un poco le mani.
Il cuore no, quello era ancora freddo.
"Mademoiselle…vedrete che scriverà…se l'ha detto, lo farà" – pigolò la vecchia un poco disorientata – "E' sempre stato di parola il mio André ma forse…ecco…m'avete fatto vedere dov'è finito. Mi pare un luogo così lontano…".
Come a dire, le lettere ci metteranno un po' ma alla fine arriveranno.
Le pareva d'esser tornata una mocciosa, lì, nella penombra della cucina, a farsi consolare da nanny, proprio come un tempo, quando accadeva magari qualche bisticcio con André oppure una parola di troppo contro il padre che sapeva essere a tratti insensibilmente severo e intensamente crudele.
Mademoiselle Oscar François de Jarjayes era una fanciulla educata ma severamente ripiegata su se stessa. Era stata messa al centro della famiglia come erede del Generale Augustin Reynier de Jarjayes e lì dunque, in quel centro, avrebbe dovuto essere e restare.
In quel centro avrebbe coltivato se stessa come fulcro, senza mai permettersi di ondeggiare o pendere da una parte o dall'altra, senza mai rischiare di spezzare l'equilibrio della propria famiglia.
Aveva accusato spesso la solitudine in passato Mademoiselle Oscar François de Jarjayes, ma dal momento in cui aveva conosciuto André, lei aveva cominciato a ritrovarsi le giornate intensamente colme della presenza dell'altro.
Spesso in passato, quando l'altra ea ancora una bambina, nanny aveva ascoltato una domanda…
Sempre la stessa…
Non è che André se ne andrà via un giorno?
E se lui mi dimenticasse?
Se lo rammentò nanny in quel momento.
Forse per pudore Mademoiselle Oscar François de Jarjayes, ch'era ormai cresciuta, una fanciulla di ventitré anni, non avrebbe mai formulato quelle domande. Non più.
Nanny s'immaginò che Oscar invece, in quel momento, pensasse proprio quello.
Comprese nanny…
Lo comprese mentre Oscar appoggiò la tazza e si voltò dalla parte della finestra a osservare il buio del giardino.
E ti chiedo se l'hai veduta oggi?
Hai ascoltato il tepore della sua stanza ancora chiusa al mattino?
Silenziosa magnolia mescolata al Marsiglia.
Metallico acciaio intessuto di lino.
E l'hai scorta, alla sera, mentre assorta osserva le ortensie fiorite al di là delle finestre?
I pensieri alla giornata scorsa, i dubbi d'aver composto al meglio i doveri e poi la scelta delle incombenze per la giornata che verrà?
Sussultò nanny, muta.
Non è che André se ne andrà via un giorno?
E se lui mi dimenticasse?
Il corpo ebbe un tremito e la donna si rattrappì ancora più sulla sedia.
Non poteva essere vero, non poteva esser lei…
André non avrebbe mai potuto spingersi verso quel baratro.
Stridevano dunque le parole lette, l'accenno suadente ma colmo di tenerezza da una parte e l'immagine della donna che le stava di fronte.
Una descrizione sobria ma perfetta.
Non poteva esser lei…
André era un servo…
André non avrebbe mai potuto infangare il nome della famiglia Jarjayes…
Forse lui l'aveva presa in giro con quella descrizione.
Forse anche l'altra donna era bella e silenziosa come il sentore di magnolia che penetra intenso e prepotente, portato dal vento dell'estate e dal calore capace di disfare il fiore bianco e carnoso, fin sulle tele disposte in ordine ad asciugare sui fili del bucato che odorano parimenti di Marsiglia!?
Forse anche l'altra donna si dilettava a usare l'acciaio dei coltelli e gli asciugamani di lino per avvolgere le pietanze o il pane appena sfornato…
Diavolo d'un nipote…
Stava per estrarre la lettera nanny, perché la visione di mademoiselle era troppo dolorosa.
Se quella donna fosse stata lei?
Se la donna descritta da André fosse stata davvero…
Oscar François de Jarjayes l'avrebbe compreso. Fin anche a riconoscersi nell'affettuosa descrizione.
E allora sarebbe stata la fine.
Oscar François de Jarjayes si sarebbe vista riflessa in quelle poche righe e chissà che avrebbe mai potuto pensare d'un servo che forse s'era innamorato di lei e che allora se n'era andato, a quel punto, per causa sua.
La coscienza e la morale presero a ribellarsi.
Nanny tolse la mano dalla tasca, abbandonando il proposito di rivelare d'aver ricevuto le due lettere.
Il ragionamento corse veloce a trovare un riparo.
Avrebbe atteso sì, avrebbe atteso di riceverne altre, di lettere, e avrebbe letto e avrebbe stabilito se ciò che quelle poche righe, assieme a tutti i tasselli che a poco a poco prendevano ad avvicinarsi nella testa, davvero fossero stati specchio d'un riflesso, d'un dipinto appena abbozzato che in quel momento lei giudicava assurdo e senza senso e soprattutto privo di speranza.
Una vita senza speranza quella di suo nipote, un amore senza speranza…
Nel silenzio, fu Oscar a parlare e a chiedere.
"Ho potuto notare che Victor…Monsieur Girodel si intrattiene spesso con te…".
Oscar François de Jarjayes in realtà non poneva quasi mai domande dirette. Esponeva considerazioni, in attesa che l'interlocutore rispondesse a quella che però aveva pregio d'essere una vera e propria domanda.
La faccenda era ormai evidente e anche nanny si era stupita che mademoiselle non ne avesse ancora fatto alcun cenno.
E poi…
Madame Glacé era combattuta…
Aveva ricevuto quella seconda lettera accompagnata da un sorriso affettuoso da parte del latore della stessa.
E al sorriso era seguita una domanda…
Madame Glacé era combattuta.
Come sta mademoiselle?
Abbastanza bene…ma perché me lo chiedete?
Certo, eppure a me sembra un poco triste…
Ah…Monsieur Girodel…allora ve ne siete accorto anche voi…che dite…sarà il caso di dirle delle lettere?
Ancora no. Vedete, non voglio allarmarvi ma i dispacci danno conto di furiose battaglie nelle colonie del Sud. Mi spiace dirvelo così, col rischio di farvi preoccupare. Lo dico anche perché se la vedete triste dev'essere senz'altro per quello. Allora…vedete…le lettere che avete ricevuto sono indubbiamente molto datate…io mi sono permesso di leggere i timbri di spedizione…solo quelli credetemi…
Certo…vi credo monsieur…ci mancherebbe…
I timbri sono vecchi…lo dico a voi…credo si riferiscano al viaggio…giusto?
Eh…si…avete ragione…
Ebbene…allora quando ne giungeranno altre di più attuali…perché sono certo che vostro nipote sta bene…allora potremo finalmente mettere al corrente mademoiselle di tutte le lettere. Sarò io stesso a spiegarle perché non avete avuto in animo di rivelare che le aveva ricevute…
Si arrabbierà!
Ne convengo…ma il sollievo di sapere che vostro nipote sta bene…vedrete…la rabbia le passerà e ci sarà grati di non averla oltremodo inquietata per questa faccenda. E poi c'è sempre la questione che queste lettere vengono tenute da parte. Ho dato ordine, io stesso, all'ufficiale dell'Hotel de Ville di accomodare la faccenda in questo modo, così che possano giungere a voi più in fretta.
Mademoiselle non sarebbe fiera di questo favoritismo…
Nanny aveva udito compassione nella voce dell'altro e aveva tremato e aveva convenuto che l'altro avesse davvero a cuore la sorte del nipote e che fosse persona deliziosa, altruista, addirittura a immaginarsi le probabili preoccupazioni di una povera vecchia governante, da gestire con assoluto riserbo, attraverso la verifica dei timbri di spedizione delle lettere e la conta dei giorni ch'erano trascorsi.
Finanche a rischiare chissà quali punizioni se si fosse scoperto che Monsieur Victor Girodel si faceva tenere da parte le missive di André Grandier…
Un servo…
S'era fatta il segno della croce nanny e aveva chinato il capo.
Così non le era rimasto da far altro che attendente.
Rivolgere più attenzione possibile alle faccende di casa, con cura e concentrazione…
Appellarsi al tempo che da adagio si fosse spicciato a scorrere più in fretta e poi…
Quella domanda, un'altra domanda, con una premessa, un'altra premessa…
Non fraintendetemi….madame…non posso che essere in pensiero per vostro nipote ma come vi ho già spiegato è stato solo grazie al suo gesto che ora posso finalmente prestare i miei servigi al più valente degli ufficiali al servizio di Sua Maestà il Re di Francia. E' un onore per me e questo onore diviene ogni giorno più grande e fondo e…
Nanny aveva stretto le spalle perché le parole le erano arrivate addosso come una pioggia fina, incapace di ferire ma al tempo stesso inusitatamente e inspiegabilmente fredda…
Se voi…potreste dirmi se mademoiselle vi parla di me?
Di voi…monsieur?
L'altro era rimasto in silenzio, lo sguardo rivolto altrove, per pudore forse…
Nanny aveva intuito affetto crescente, come non dar torto al tenente che aveva accanto a sé una fanciulla oltremodo impavida, silenziosamente sagace, testarda nel perseguire ideali che per la maggior parte delle persone sarebbero stati solo d'impaccio alla carriera, al raggiungimento di posizioni di potere e prestigio.
Persino nanny s'era scandalizzata spesso di fronte all'avversione di mademoiselle a qualsiasi atteggiamento che fosse strumentale a ottenere benefici per sé e per la propria famiglia, ma poi, nello scorrere agitato degli anni, aveva osservato la figura dell'altra rifulgere e stagliarsi sulla marmaglia avida e sporca che s'agitava spasmodicamente attorno alle figure dei sovrani, dei potenti che reggevano le sorti di Versailles e aveva convenuto che Oscar François de Jarjayes fosse stata nel giusto.
Lei e i suoi silenzi…
Lei e la sua sottile capacità di schierarsi muta dalla parte del giusto…
Lei incapace d'elargire ossequi a chicchessia per ottenere in cambio altrettanti favori…
Disgustoso se fosse stata diversa da com'era…
Come non dar torto a Monsieur Victor Girodel…
Ma se così fosse stato…
La domanda aveva aperto uno scenario alquanto fosco, quasi spaventoso.
Se Andrè era partito per via dell'affetto che nutriva per Mademoiselle Oscar François de Jarjayes…
E se parimenti Monsieur Victor Girodel aveva visto crescere dento sé quel medesimo affetto…
Ecco…
Siate sincera! Temo di più un falso affetto che una sincera avversione…
Che sincerità sia allora!
Prima di tutto!
Allora sarò sincera…mademoiselle è triste è vero…ma io leggo nel suo sguardo una sorta di silenziosa serenità quando le annuncio che siete giunto e che l'attendete. Mademoiselle non ha mai voluto esser di peso a nessuno e per quanto mio nipote fosse suo attendente, anche con lui s'è sempre comportata con generosità, non imponendo mai alcun ordine che non fossero quelli legati al suo incarico. Ebbene…
Ebbene questo le fa onore, non ne avrei mai dubitato, ma non avete risposto alla mia domanda…
Ebbene mi pare come…come…come se adesso non avesse più pensiero di doversi appoggiare ad altri, bensì desiderio…
Desiderio?
Che nanny aveva usato parole sfumate ma anche quell'accezione, colta dall'altro, aveva aperto il cuore indubbiamente, che dunque mademoiselle non vedeva più Victor Girodel come qualcuno accanto a sé ma qualcuno di cui desiderava la presenza.
Desiderio? Ne siete sicura? Mi fido…il cuore si apre…vi sono grata madame!
Anche per me questo è un sollievo! Sapervi accanto a lei, per quel che può valere l'angoscia d'una modesta governante, ecco, quell'angoscia voi l'avete respinta e l'avete sollevata così che io sono più tranquilla perché so che mademoiselle apprezza la vostra compagnia. Non ne faccio una questione solo d'affetto…
Ebbene, la sequenza ora si riproponeva, e parimenti all'affetto che André pareva aver speso e velatamente spiegato nella lettera, da tener segreto, così che mademoiselle non avesse a subire il torto d'effigiarsi amata da un servo, così, quello stesso affetto manifestato da Monsieur Victor Girodel, avrebbe dovuto esser tenuto in conto e caro e curato come una pianticina che ha appena messo radici, così che il vento forte o l'aria secca o le piogge torrenziali non avessero rischiato di strapparla dalla terra e farla morire.
Se quella piantina fosse cresciuta salda…
Mademoiselle forse avrebbe potuto esser felice accanto ad un uomo come Monsieur Victor Girodel…
Dunque questo era tutto quanto ciò che legava Madame Marron Glacé a Monsieur Victor Girodel.
Tutto trasparente e lieve si sarebbe detto all'apparenza.
Tutto intensamente pieno e fondo e importante avrebbero detto i protagonisti.
Madame Glacé aggiustò la voce, lisciò il grembiule, le dita inciamparono nella consistenza squadrata della letterina nascosta nella tasca.
"Monsieur Victor Girodel è una persona che mi è divenuta cara!" – esordì seria, che Oscar davvero si stupì della franchezza dell'altra, ch'era sempre stata molto rispettosa dei ruoli e non aveva mai mancato di sottolineare che lei era serva – con rispetto parlando delle proprie importantissime mansioni al servizio della famiglia del padre – e che non avrebbe mai potuto azzardarsi a gareggiare con alcuna personalità nobile che avesse avuto acceso alla casa del Generale Jarjayes o ambire a esserne apprezzata da una qualunque di quelle.
Per questione di rango e di devozione verso i suoi padroni.
"Ha chiesto della mia salute non per caso ma perché ha sempre saputo che io m'appoggiavo a mio nipote ed ora che lui non c'è…".
"Ho capito…Victor è una persona saggia…".
Gli occhi ficcati al bicchiere, la mano a cercare la bottiglia per riempirlo di nuovo…
La mano, a mezz'aria…
Victor l'aveva afferrata, ch'era scorso un tremito…un istante a pensare se ritirarla e staccarsi…
L'altro l'aveva tenuta stretta…
Fiammeggiarono brandelli di luce…
Oscuri e vaghi…
Nell'istante anche le dita dell'altro erano scorse a sistemare i lacci e dunque le mani s'erano sfiorate a cogliere il lieve battito della pelle, muto, serico, tiepido.
Nulla era scorso nella mente, né che avrebbe dovuto ritrarre la mano, né che avrebbe voluto indugiare e lasciarla lì.
Era rimasta lì…
Grazie…
D'improvviso era stato come se la roccia fosse stata scossa da un tremore fondo, capace di correre per tutta la sua lunghezza e fenderla e insinuarsi giù, nel cuore fondo e nero della sua genesi, fino a spezzarla di netto e frantumarla.
Nanny si alzò dalla sedia…
"Oserei dire un vero nobile, un giovane dall'aspetto gradevolissimo ed è gentile e…".
Sorrise Oscar, allungando lo sguardo a nanny…
"Ma non sarà che la sua gentilezza ti ha conquistato!? Non ne sarei così sorpresa…".
E invece che arrossire, abbozzare, indietreggiare, rifuggire la blanda insinuazione, Madame Marron Glacé la colse al balzo.
"Ebbene…bambina…che cosa ci sarebbe di male!?".
Che l'altra ci rimase di sasso…
"Che intendi?" – chiese Oscar un poco sorpresa stavolta.
"Oh…non mi fraintendere…sono vecchia…ma non sono insensibile al fascino dei giovani nobili…ne ho conosciuti alcuni giunti in questa casa al seguito delle madri, quando c'erano da maritare le tue sorelle…ebbene Monsieur Victor Girodel è un giovane affascinante…non ha nulla da invidiare ad alcuno di quelli! E' saggio, arguto, non certo d'indole svenevole come certi cicisbei…non accetta di farsi servire finanche a farsi pulire la bocca…è premuroso e galante e tu stessa ora ammetti che non saresti sorpresa se ne fossi rimasta affascinata?! Dunque anche tu ammetti che Monsieur Victor Girodel è un giovane che sa il fatto suo e…".
Sorrise Oscar, ma il sorriso si spense sul viso…
Un elenco esemplare mentre il volto di Victor Girodel si fece strada nella mente in un istante lungo e fondo e il volto rimase lì a cullare il pensiero e, seppur per pochi istanti, ebbe pregio di scansare l'altro pensiero, l'altro volto, l'altra sorte.
"Ebbene, anche tu dunque bambina mia…".
"Ora basta!" – sussurrò Oscar alzandosi, anche lei – "Sono stanca…ti ringrazio per il tè…mi ritiro…".
"Come vuoi…" – concluse nanny assolutamente ligia al volere della padrona, della sua bambina, che conosceva bene.
E forzare i discorsi non era bene, ma quando uno di essi fosse stato concluso così, all'improvviso, allora era verosimile che la questione fosse seria.
Per assurdo era proprio quando mademoiselle misurava le parole, quelle poche parole erano un po' come acqua in mezzo al deserto.
Nanny lisciò il grembiule di nuovo.
Lo sguardo si ficcò al buio del corridoio che attraversò con l'aiuto della sola luce dell'unica candela.
La conversazione asciutta rimase lì a galleggiare nella mente e a rinfrancare un poco i sensi afflitti dalla mancanza del nipote lontano.
§§§
Adagio…
La giovane s'era voltata, adagio, gli occhi chiusi, il cuore che usciva dal petto, stretto ora in un corsetto soffocante ma ch'esaltava la vita asciutta, la schiena ritta e morbida, i fianchi stretti, troppo forse, così che s'era pensato d'adagiare su di essi un panier di ossa di balena a sorreggere la mussola trapuntata d'azzurro e bianco, istoriata dalla passamaneria oro e argento.
Lua Pietra Incandescente l'aveva implorato, muta, un poco capricciosa, Monsieur Benjamin Franklin, di portarla con sé, nel giorno in cui l'ambasciatore, assieme a Sua Maestà Re Luigi XVI, si sarebbe recato a Le Petit Trianon, per una colazione offerta da Sua Maestà la Regina Maria Antonietta, in onore di Monsieur Franklin e altri ospiti di riguardo.
Il Ministro della Guerra, il Ministro delle Poste che, assieme al primo, gestiva il flusso delle notizie che giungevano dall'America.
E poi il Ministro della Giustizia…
Le rispettive consorti…
Lua Pietra Incandescente, discendente dalla popolazione indigena dei Mohwak, aveva aperto gli occhi, osservando la propria immagine riflessa nello specchio.
Aveva implorato Monsieur Benjamin Franklin di poter essere ospite della colazione, anche senza parteciparvi, forse nemmeno avrebbe potuto star seduta allo stesso tavolo dell'ambasciatore, in ogni caso, presentarsi a Le Petit Trianon indossando i consueti abiti rigidi e maschili, assolutamente inadatti, sarebbe stata scortesia estrema, dunque era stato deciso di confezionarle e cucirle addosso un abito più adatto.
Lua Pietra incandescente, aveva implorato Monsieur Benjamin Franklin di poter andare assieme a lui, che in quel tragitto forse avrebbe rivisto quel giovane…
Lua Pietra incandescente, secondo la mitologia capace di fondere gli elementi, era divenuta come il fuoco, lì, ferma sull'altro, il viso spaventato, i capelli scuri, nerissimi, stranamente increspati, come quando le dame tenevano acconciature intrecciate per giorni e giorni e poi d'improvviso le ciocche libere mantenevano geometriche onde capaci di gonfiare i capelli, come spighe di grano accarezzate dal vento…
Brace negli occhi…
Nero pece nei capelli…
Lua aveva appoggiato la mano sul volto dell'altro, la voce debole e l'altro gliel'aveva stretta intuendo però in un istante, che quella mano non avrebbe inferto altro colpo e in un istante, l'uomo l'aveva tenuta lì, stretta ma non forzando la presa.
E poi…
Il gesto era stato assecondato e la mano s'era appoggiata al volto, s'era immersa nei capelli…
Il nome pronunciato piano…
Il nome sillabato, muto…
Vic-tor…
A Lua era parso, in quell'istante, che le sillabe fossero risuonate così nitide nella penombra vuota della stanzetta di mattoni crudi e ruvidi, così come le sillabe erano risuonate nella testa dell'altro, generando sollievo, come quando, dopo un furioso temporale, giorni di pioggia fina e infinita, il raggio di luce torna a farsi strada, compiendo un percorso che traccia un sentiero immaginario, a ricongiungere l'uggia del passato di pioggia al rinnovato calore irradiato dall'astro.
Vic-tor…
S'era scusata…
Gli aveva morso la mano a quell'altro…
Ma poi, aveva intrecciato le dita alle dita, forse per tenerlo lì, sulle scuse un poco sciocche, così come doveva esser apparso sciocco al giovane ufficiale il commento ch'era seguito…
Non avevo mai veduto un uomo così bello…sapete Monsieur Franklin mi ha spiegato che quell'altro…anche se ha un abito come il vostro…un'uniforme…lui non è un uomo…ma una donna…e anche lei è molto bella…
Non aveva rammentato altro Lua Pietra incandescente, se non che dopo essersi svegliata, dopo la sferzante ramanzina di Monsieur Franklin, il cuore aveva preso a battere in modo diverso, disarticolato, a sobbalzi, come se il cuore avesse preso a seguire un altro timbro, un altro accordo, quello dettato dalla mente, dal contatto, dal commento sciocco e dal sorriso lieve che Lua Pietra incandescente era certa d'aver scorto sul volto del Tenente Victor Girodel.
Lua aveva deglutito stupefatta quando la mano aveva preso a lisciare la stoffa serica e morbida mentre gli occhi si erano soffermati ai ricami deliziosi, piccoli, ai ricci di pizzo, ai bouquet di roselline…
Se fosse bastato un vestito…
Ma almeno in quel modo sarebbe stata uguale alle altre dame.
Non perché volesse esserlo, semmai tutto il contrario.
Anziché spiccare ed essere riconosciuta, aveva imparato a nascondersi, a camuffare l'esistenza.
Un tempo era accaduto nelle foreste nere del Lago Ontario…
Ora accadeva lì, nel delizioso villaggetto finto che pareva davvero una ricostruzione perfetta dei villaggi in cui lei era cresciuta quand'era bambina.
Solo tutto più piccolo e tutto più finto.
L'avrebbe osservato da lontano e…
"Lua…non dovresti restare al finestrino…" – tossicchiò Monsieur Benjamin Franklin, naso ficcato a un libercolo sulla gestione delle misurazioni dei tempi di percorrenza tra le stazioni di posta, materia che affliggeva il Ministro delle Poste che non comprendeva come mai le distanze in linea d'aria fossero così semplici da calcolare, attraverso le Cassini, ma poi, di fatto, i corrieri e i postali c'impiegavano sempre un quarto d'ora in più che, viste certe distanze, s'accumulavano fino a raggiungere il ragguardevole scempio di oltre quattro o cinque ore di ritardo sulle consegne delle missive.
E siccome Monsieur Benjamin Franklin aveva in fondo lo stesso problema oltre l'oceano che lo divideva dalla sua madre patria, appena appreso del cruccio del povero ministro, s'era dato da fare per recuperare carte e goniometro e compasso e aveva in effetti trovato che sulla carta tutto è semplice ma nessuno potrà mai sapere con certezza quanto tempo c'impiega un cavallo a percorrere una strada ch'è in salita, un'altra ch'è in discesa, ad attraversare campi piatti o foreste intricate che sulla carta sembrano tutte della stessa specie.
"Lua…" – la richiamò l'ometto nel costatare che l'altra non aveva dato seguito al consiglio – "Non è educato restare a fissare le persone…".
Negò l'altra, lo sguardo limpido e nero all'effigie dell'uomo che cavalcava accanto alla carrozza, assieme a quella che lei stessa aveva appreso essere una donna e ch'era anch'essa bella d'una bellezza intensa e fonda.
Intuì il passaggio di sguardi tra gli accompagnatori a cavallo, scovò l'intesa sorprendente e il cuore ebbe un altro tuffo mentre Victor Girodel annuiva, come a dare consenso all'altra a partire al galoppo per raggiungere l'ingresso della tenuta di campagna e annunciare l'arrivo degli ospiti.
"Rammenta che sei al cospetto di una regina…" – l'ammonì Franklin – "La regina di Francia!".
Lua s'inchinò come le era stato insegnato.
Solo che l'inchino racchiudeva in sé un misto di deferenza e fierezza, la testa era rimasta ritta, così come il busto, lo sguardo fisso alla figura di Maria Antonietta.
Lua, Pietra incandescente omaggiava così, testa e busto ritti, Sua Maestà la Regina di Francia, perché nulla e nessuno le avrebbero mai imposto di chinare il capo, chiudere gli occhi, restare in balia, seppur per un solo istante, del buio e dell'insicurezza che un gesto tanto plateale, una flessione così irrituale del corpo, le avrebbero arrecato.
La posa altera e impassibile, seppur aggraziata dal lieve inchino accentuato dalla movenza delicata delle stoffe che avvolgevano il corpo magro ma suadente, teso ma all'erta, venne scambiata per inusitata e splendida coerenza e Lua accolse i complimenti che le vennero riservati dalla sovrana e dalle dame che non si scandalizzarono e anzi apprezzarono la fierezza della mocciosa, lodandone lo sguardo acceso e vivo…
O forse, più banalmente, gli sforzi di Monsieur Franklin, ch'era riuscito a domare e rendere aggraziata e quasi europea una creatura così lontana e distante dai palcoscenici del vecchio e sacro continente.
Lua non sorrise.
I francesi, per quel che le era stato raccontato, lottavano contro i coloni americani, quelli che avevano distrutto le terre del suo popolo. Era stata salvata da Monsieur Franklin, doveva a lui dunque, e soltanto a lui, la devozione di chi ha la vita salva per mano di altri.
A lui e a nessun altro.
Anche se Monsieur Benjamin Franklin l'aveva cresciuta e educata per renderla simile a quello stesso popolo che aveva distrutto il suo.
Anche se Monsieur Benjamin Franklin l'aveva istruita attraverso le proprie conoscenze, di fatto, minando fino a distruggere quello ch'era stato il sapere della sua gente.
Lua Pietra incandescente era ancora pura?
Pura nell'animo?
Lua Pietra incandescente attese in silenzio che tutti si dimenticassero di lei.
Il vestito delicato e morbido impacciava un poco i movimenti ma la rendeva sorprendentemente simile alle persone che passeggiavano per il piccolo parco, dunque irriconoscibile se non per la pelle delicatamente ambrata e il passo generoso e fiero.
Prese a cercare…
Si ritrovò puntati addosso gli occhi di alcune guardie e poi di maggiordomi e dame e…
Un respiro fondo…
Il passo impacciato…
La mano scacciò severa l'arbusto pungente d'una rosa…
La corolla, forse ormai prossima ad appassire, andò miseramente sfaldandosi, cadendo scompostamente in una mirabolante sequenza di petali carnosi e rossi, rivelando la spina che trafisse la carne con malefica insidia.
Il rantolo muto…
Lua si prese la mano destra nella mano sinista, poi se la portò alla bocca, mordendosi piano la ferita, succhiando il fiele amaro del sangue.
"Vi siete fatta male?".
La voce alle spalle la fece trasalire.
Non era da lei ritrovarsi impacciata, in balia d'una voce, che però era la voce che aveva cercato, quella che aveva atteso di ascoltare di nuovo in tutti i mesi ch'erano seguiti all'incidente accaduto alla reggia di Versailles, alla sera del ricevimento in cui lei, Lua Pietra incandescente, aveva osato salire al piano nobile e sbirciare i trionfali saloni di specchi e candelabri, miriade di riflessi artificiosi d'una mirabolante scenografia d'effetto.
Da quella sera non aveva più rivisto, Monsieur Victor Clement de Girodel…
Come s'era appellato l'altro…
Come l'aveva chiamato lei…
Vic-tor…
S'avvicinò Victor…
Lua, sovrappensiero, stizzita d'esser stata scorta per prima anziché scorgere lei stessa, come le era stato insegnato, la preda, trasalì e portò le mani dietro la schiena, abbozzando al tempo stesso un inchino un poco più goffo del precedente, le gambe appena flesse e il vestito che strisciava a terra, spazzando la polvere del sentierino.
Rise Victor Girodel e Lua si risentì d'aver forse omaggiato l'uomo nella maniera sbagliata.
Il viso della giovane si rabbuiò, che l'altro invece s'avvicinò, annuì con la testa, ammise d'essere stato scortese.
"Perdonate…" - respirò piano allungando la mano in attesa che l'altra la porgesse.
Un istante d'indecisione, Lua rimase ferma, mani dietro la schiena, immaginando che il gesto fosse quello consueto che un gentiluomo offre alla dama, ossia la mano da porgere in segno di saluto. la mano appena sfiorata dalla mano dell'altro, e poi appena sfiorata dalle labbra…
Nella testa il gesto appreso, perché spiegato da Monsieur Benjamin Franklin e poi perché intravisto spesso nei corridoi meno frequentati della reggia, quando Lua sbirciava e osservava avidamente i sorprendenti rituali, appellati galateo.
Moine e cenni con ventagli piumati, dita abbozzate in maniera da consentire di indicare qualcuno ma senza che quello se ne accorgesse, collane e diademi e gioielli esibiti molto spesso come specchio esteriore, testimonianza del grado di nobiltà a cui si apparteneva.
Ovviamente la grandezza delle pietre e la maestosità dei tagli e degli intarsi deponeva per un rango maggiore, forse come accadeva quando certi guerrieri s'agghindavano con vestigia di pelli, ossi intagliati, pitture colorate, perline e piume…
Il rituale si sgretolò nell'istante successivo.
Lua allungò la mano sinistra…
Victor Girodel ritrasse leggermente la propria negando.
L'altra non comprendeva e l'uomo accennò a un sorriso, per orientare la scelta.
Lua dunque comprese e porse la mano, ch'era quella offesa dalla spina, appoggiandola su quella di Girodel.
Erano distanti dai crocchi degli ospiti, quelli intenti a smembrarsi a vicenda le spoglie rappresentate dall'attenzione dei sovrani, a sprecare lodi amorevoli alla piccina reale, a decantare il buon gusto e la raffinatezza delle scelte amene di Sua Maestà nel ricreare un borgo oltremodo vivo e tranquillo, seppur a poche leghe dalla Reggia di Versailles.
Victor Girodel strinse un poco la mano, la sollevò al viso, poi il pollice prese a spingere sul polpastrello del dito anulare della mano piccola e magra della giovane.
La pelle ambrata era d'ostacolo ma alla fine, la stretta impedì al sangue d'affluire sulla punta del dito che prese a sbiancarsi un pochino, così, nella luce, la trasparenza della pelle rivelò il punto esatto ove era rimasta conficcata l'insidiosa punta dell'insidioso fiore.
"Mademoiselle…permettete?" – chiese Girodel velocemente andando agli occhi dell'altra.
Che quella era quasi senza respiro…
Era stata addestrata a cacciare nelle foreste, cavalcare cavalli mezzi selvatici, nuotare nelle acque fredde degli affluenti dell'Ontario, strappare corde con i denti, accendere fuochi, affilare coltelli, modellare punte da schegge di rocce…
Insomma…
Annuì, Lua Pietra incandescente, senza nemmeno sapere a cosa.
Un istante di sgomento seguì alla percezione del dito anulare, il proprio, graziosamente risucchiato dalla bocca dell'altro, così che i denti, delicatamente e senza offendere, raschiarono un poco la pelle, la lingua intuì il corpo estraneo, i denti strinsero così da costringere la punta della spina a sgusciare dalla pelle…
L'incedere della bocca s'incise nelle viscere come s'esse, tutte, fossero trattenute tra i denti, immobilizzate e risucchiate, fino a disgregare la coscienza, frantumare l'intelletto.
La morsa lieve s'impose trascinando via, in un istante, tutto l'istantaneo ribrezzo per l'assoluta mancanza di rispetto.
Lua pensò con orrore di stramazzare lì, al suolo, incredula dell'audacia.
Il gesto infinitesimo replicato tre volte…
Un tempo infinito…
Adagio…
Il dito succhiato piano, mentre l'altra ascoltava il riverbero incandescente dello scorrere che non aveva nulla di violento o vergognoso ma semplicemente sollevava vertigini nude e morbide da profondità recondite e mai esplorate.
Non aveva memoria o cognizione di ciò che stava accadendo.
Aveva subito altro nel passato e ciò che aveva subito aveva finito per indurire così a fondo il cuore che la pelle tutta e le gambe e le braccia e gli occhi s'erano induriti, della durezza indotta dal disprezzo di sé, per non esser stata capace di proteggersi, per non aver avuto il coraggio di porre fine alla propria vita, una volta che dal cuore le era stata strappata l'innocenza donatale dalla nascita.
Siccome quell'innocenza era ormai perduta, era stato giusto disprezzare tutto quanto avesse rammentato, ch'essa non c'era più, ch'essa era stata rubata.
Implosero le gambe quando le labbra indugiarono nell'ultimo affondo, perché la lingua aveva intuito d'aver vinto sulla malefica spina e quella era sfilata fuori, trattenuta poi saldamente dai denti ch'erano capaci di mordere finemente l'estranea punta, molto meglio delle dita grezze e rozze.
L'uomo l'estrasse dalla bocca.
Silenzio…
Victor Girodel osservò trionfante e cinico le spoglie ormai squassate della povera spina, offrendo alla visione dell'altra il trionfale premio.
"Sarebbe stato oltremodo sgradevole avere questa conficcata nel vostro povero dito…" – ammise sornione gettando via la spina con disprezzo.
Non lasciò la mano che parimenti restava lì, chiusa seppur in una stretta meno forzata.
Stavolta il viso dell'uomo si chinò e le labbra baciarono con inusitata dolcezza il dorso ancora un poco tremante.
Mademoiselle Lua, Pietra incandescente, avrebbe dovuto ritirare la mano scandalizzata…
Che però la giovane stava lì, ancora intenta a respirare, la mente risucchiata entro i tre miseri passaggi del proprio anulare, o meglio dell'ultima falange del proprio anulare, nella bocca dell'uomo.
Avrebbe dovuto rifilargli una sberla…
Chissà forse Victor Girodel se la sarebbe pure aspettata…
La mano invece s'aprì, dopo il bacio, come una specie di fiore che accoglie il primo raggio di sole al mattino e si schiude per catturare tutto il calore possibile.
Le dita magre, di cui l'anulare ancora un poco umido, corsero ad accarezzare il volto dell'uomo, orientandosi nella direzione del viso, modellandosi per adattarsi ad esso, così che Victor Girodel si ritrovò il viso catturato e chiuso lì, nella mano piccola e lieve di Lua Pietra Incandescente.
Se lui era stato estremamente sfacciato, lei adesso lo era in maniera spudorata e talmente intensa che trasalì, Victor Girodel, colpito dall'affascinante affondo.
Si ritrovò il viso ammansito dalla mano destra, le dita sull'orecchio a scorrere indietro, scostando i capelli…
Il gioco scorse sottile…
I corpi ondeggiarono come sospinti da corrente invisibile…
L'oscura purezza schioccò la sua nota più muta e sensuale…
L'attacco era stato parato…
Il contrattacco s'era rivelato ancora più insidioso…
Victor Girodel avanzò d'un passo e l'altra indietreggiò d'un passo.
I corpi, brillanti e fulgidi sotto il sole di mezzogiorno, scomparvero nel cono dell'ombra composto dalla verde foresta di salici e arbusti.
Le bocche s'aprirono ad assaggiare la reciproca arroganza, mentre le braccia strinsero a sé finalmente l'evanescente implosione appena accennata nell'atto di asportare l'arrogante spina.
La danza esplose senza parole, solo le mani s'attorcigliarono alle mani, che quelle dell'uomo avrebbero voluto scorrere sulla schiena della giovane, mentre lei avrebbe voluto attingere alla fonte del viso bello e sbarbato e levigare come il fuoco leviga il legno la mistica resa dell'altro.
Victor Girodel s'accorse di voci in lontananza…
Afferrò le mani di Lua e le strinse staccandole da sé.
La testa si voltò per scrutare dietro.
La giovane rincorse il profilo per avere di nuovo di fronte a sé il viso.
"No!" – Victor la spinse indietro - "Stai…buona!".
Il sibilò perforò la mente dell'altra…
Il passaggio repentino e senza consenso alla differente persona, imposero di slacciare la presa, le mani ricaddero ai fianchi.
Lua Pietra incandescente non aveva mai implorato nessuno e non sarebbe accaduto nemmeno quella volta.
Eppure…
Victor Girodel si voltò verso la giovane…
"Ci rivedremo…" - sussurrò con nota un poco cinica nella voce.
L'altra non profferì respiro o gesto mentre lo sguardo correva a quelli che si stavano avvicinando.
Un passo indietro, un altro passo, si nascose ancora più nell'ombra.
Così le era stato insegnato.
Nascondersi, divenire uguale a ciò che la circondava.
Quel vestito, per quanto sontuoso, sarebbe stato meno appariscente d'una casacchina di velluto con pantaloni al ginocchio tali da esaltare le gambette asciutte e nervose.
Quella pettinatura, per quanto vezzosa e poco pratica, sarebbe stata ancor meno appariscente della chioma nera, due misere trecce ad attorcigliarla o al più libera fin a coprire la schiena magra.
Lua scomparve tra le fronde, gli occhi rimasero lì, a osservare la scena, la riunione dei due personaggi, l'una, fiera ed alta e bella, i capelli, parimenti ai suoi seppur chiari e liberi, appoggiati un poco alle spalle, a riflettere schegge dorate di sole, catturate come onde di vento e trattenute come riflessi d'acqua.
L'altro, altrettanto impostato, asciutto, forse un poco nervoso, le spalle larghe i fianchi magri, i capelli, parimenti liberi sulle spalle, a incorniciare un volto sbarbato, liscio, come fosse stato intagliato da uno scultore greco, che Monsieur Benjamin Franklin le aveva mostrato in passato alcune immagini di uomini e donne drappeggiati di bianco, la tensione dei gesti impressa nei volti bianchi e immobili negli occhi vuoti e nelle labbra dischiuse.
Se Victor Girodel fosse stato una di quelle statue, Lua Pietra Incandescente non avrebbe potuto distogliergli gli occhi di dosso, l'avrebbe fissato, come in attesa d'un movimento impercettibile, un battito scorto da sotto il panneggio rigido, e quando avesse scorto il gesto, avrebbe lei stessa trattenuto il respiro, fino a farsi statua, fino a divenire lei stessa della stessa materia dell'altro.
Il bacio impresso addosso…
Lo sguardo scorse alle due figure.
Le trovò entrambe belle, d'una bellezza fulgida e piena.
Nessun timore, anche se esse erano ufficiali della Guardi Reale di Sua Maestà il Re di Francia.
E parimenti nessuna deferenza verso di loro.
Lua rimase con gli occhi addosso al Tenente Victor Girodel, ch'era bello e l'aveva sfidata ma non disprezzata.
Lei s'era confusa con le dame che all'altro forse piacevano e lui l'aveva avvicinata così, come fosse stata una dama.
Puri…
Nella loro esistenza più pura.
Adagio…
Nanny aprì la lettera…
Il vento dell'estate soffiava pieno e denso, adagiandosi sul cuore contratto dai ricordi.
Per quanto in passato fosse stata affaccendata e poco attenta alle inezie rappresentate dai giorni che i due moccioso trascorrevano assieme, ora, nella lontananza e nell'assenza, tutto pareva ritornare a galla e riordinarsi come mosso da una mano invisibile e oscura.
Le corse nel giardino…
Le bocche sdentate…
I bisticci…
I musi lunghi…
Gli sguardi che crescevano e a poco a poco le espressioni che s'incupivano, intessute di desideri proibiti.
Nanny…
Le mani tremavano un poco…
Aveva cominciato a comprendere…
New York, janvier 1779…
Ma chère grand-mère…
Sono passati mesi da quando ci siamo lasciati. La nostalgia per tutti voi è grande, ancora di più il desiderio di tornare ad assaggiare i tuoi deliziosi manicaretti.
Spero che la tua salute sia ottima, spero che avrai perdonato questo nipote scapestrato che purtroppo ha poco tempo per scriverti.
Abbiamo atteso diverse settimane per sbarcare.
Anche se non è stato possibile in realtà. New York è ancora sotto il controllo degli inglesi. Siamo riusciti a mettere piede in terra a White Plains.
Ebbene, ti sorprenderai!
Qui inglesi e gente d'America fa e disfa la guerra quartiere per quartiere, la città si snoda entro strade ritte che s'incrociano con altrettante vie, edifici di tre o quattro piani, in legno, tutti uguali, semplici, gli uni di seguito agli altri, senza un albero o un giardino posto a confine.
La gente è abbigliata allo stesso modo, così che tutti sembrano appartenere a un unico popolo.
E siccome mi è stato consentito di abbigliarmi allo stesso modo, senza divisa, affinché non venissimo catturati, ti sono debitore per le camicie che mi hai fatto avere.
Chissà perché non portava l'uniforme?
Se lo chiese nanny. Se André s'era arruolato, perché scriveva di non indossarla spesso?
E' strano come quando non ci sono differenze tra gli esseri umani, ognuno di essi può vivere come più preferisce e dunque è diverso da tutti gli altri.
Altro per ora non ho da aggiungere…
Nanny si contrasse.
Che il nipote si fosse dimenticato di parlare di quella questione?
Di quella persona?
Sbuffò che non era possibile ritrovarsi in balia d'una tale apprensione…
Ci sono giorni in cui mi pare d'essere ancora in Francia.
Ecco, dunque…
Nanny trattenne il respiro…
Suo nipote ammetteva d'essere con la mente ancora lì, in Francia, con loro, dunque…
E dunque alla fine è come se l'avessi portata con me in fondo, ogni giorno.
Mentre cammino, mi sovviene d'osservare il cielo, da lontano si odono le strida dei gabbiani, lo sciacquio del mare e tornando con lo sguardo avanti a me, è come se lei fosse lì, soltanto che io sono mezzo passo dietro a lei.
Nanny sollevò lo sguardo, nel buio, che un misto di sorpresa e terrore colpì i sensi, che l'accenno era tanto scarno quanto intenso, così tanto degno di André, così tanto da portare a lei…
Mezzo passo dietro a lei…
Mezzo passo dietro a lei…
Mezzo passo dietro a lei…
Gli occhi scrutarono a ripercorrere l'immagine…
Lei che scendeva le scale, il buongiorno appena accennato, la spada aggiustata al fianco, il sospiro fondo, chissà se d'angoscia alla giornata che s'apriva o di rassegnazione alla notte che s'era appena conclusa.
Il cenno del capo…
André che faceva un passo e la seguiva…
Mezzo passo dietro a lei…
Mezzo passo dietro a lei…
Mezzo passo dietro a lei…
Adagio…
Nanny richiuse la lettera, senza coraggio di procedere oltre.
Altro non vi era che la riguardasse, altro non vi era da sapere.
Comprese chi era André, comprese perché fosse partito.
Impossibile da trattenere, una lacrima rigò il viso, un respiro fondo, l'ammissione che non vi sarebbe stato scampo per nessuno. Lo scenario era terribile.
Ammise che sarebbe stato meglio…
Si alzò, pestò un piede a terra nanny, quasi rimproverando se stessa per il pensiero blasfemo e ancora più nefasto della visione precedente.
Se André non fosse tornato…
Se non fosse tornato più…
Dunque era più importante il rispetto per la famiglia, la dedizione alle regole, la visione immacolata che imponeva la netta separazione di esistenze e sentimenti tra nobili e plebei…
Si fece il segno della croce nanny.
Corse in camera, dal cassettino accanto al letto estrasse il rosario, si sedette e cominciò a pregare, grano dopo grano, per allontanare da sé la visione, la prima, e l'altra visione, la seconda, perché non era possibile che la sua mente fosse giunta sin lì, sull'orlo del baratro, immaginando che se davvero la donna amata da suo nipote André Grandier, fosse stata Oscar François de Jarjayes, nulla li avrebbe salvati, lei, Madame Marron Glacé e lui, André Grandier, dalla dannazione eterna.
Si calmò un poco e al lume della candela riprese a leggere la lettera.
Riprenderemo presto il viaggio per i paesi interni.
Sarai stupita di ciò ma questo spero ti conforterà. Tuo nipote non imbraccerà fucili o baionette, almeno per qualche tempo.
Sono stato comandato di recarmi verso la regione dei Grandi Laghi, così viene chiamata in quanto si distendono specchi d'acqua degni di mari ampi e cristallini.
E' necessario portare aiuti e conforto ai soldati che stanno di presidio alle zone già strappate agli inglesi, perché le battaglie sono ormai combattute a sud.
Spero così di sollevare un poco il tuo cuore.
Sì, ammise nanny di sentirsi sollevata, perché bastava la distanza tra sé e André a incutere alla coscienza il sordo tremore che lui non sarebbe tornato. Non era necessario aggiungere altri timori.
Pregò allora che la strada fosse un'altra.
Pregò in silenzio.
Poi si avvide che aveva avvicinato la lettera un po' troppo alla fiamma e un alone scuro aveva segnato per sempre l'angolo superiore, a destra.
Si maledisse nanny, perché mai al mondo avrebbe immaginato di poter perdere André e così neppure un semplice scritto che giungeva da lui.
Scriverò ancora, appena possibile.
Sempre nel mio cuore
Tuo nipote André Grandier
Avrebbe atteso un'altra lettera nanny, un'altra lettera ancora…
Adagio…
Adagio scorse il tempo e un'altra lettera giunse.
Nanny decise che ne avrebbe attesa ancora una, prima di parlare a mademoiselle.
Ma prima o poi avrebbe dovuto parlare e fingere di chiedere e fingere d'essere in apprensione, ma per quello non sarebbe stato necessario fingere poi troppo, che in apprensione lo era e ormai da un pezzo.
Ammetteva ora che l'altra non avrebbe potuto che insospettirsi, di fronte al silenzio sulla sorte del nipote.
Non parlarne affatto con mademoiselle, sarebbe stato peggio che parlare di lui, almeno una volta.
Così, alla fine, il tempo venne speso per cercare le parole, per avanzare domande, non troppo dirette ma nemmeno evasive.
Scegliere come ammettere che lei aveva ricevuto svariate missive ma che le aveva tenute per sé, dapprima per il motivo speso da Monsieur Victor Girodel, lo strappo alla regola di quella specie di quarantena imposta a tutte le lettere che giungevano dal fronte e poi, dopo, perché quella regola infranta avrebbe indotto mademoiselle a prendersela proprio con Monsieur Girodel.
Nanny non sapeva come fare però per spiegare ciò che aveva compreso da sé.
O forse ciò che André Grandier aveva avuto coraggio di confessare solo così, solo attraverso quelle lettere lievi e stringate ma colme d'un affetto intenso e fondo che traspariva e rendeva tutto così dannatamente chiaro e terribile.
Fu così che il tempo continuò a scorrere.
Adagio…
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