…With wide-embracing love
Thy spirit animates eternal years
Pervades and broods above,
Changes, sustains, dissolves, creates and rears
Though earth and moon were gone
And suns and universes ceased to be
And Thou wert left alone
Every Existence would exist in thee
There is not room for Death
Nor atom that his might could render void
Since thou art Being and Breath
And what thou art may never be destroyed.
No Coward Soul Is MineEmily Brontë
2 gennaio 1846
Lovely Billie Eilish
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Mezzo passo…
11 septembre 1780…
L'ultima lettera…
Ma chère grand-mère…
Spero che tu stia bene, spero che la vita scorra lieve, attraverso i giorni e le stagioni.
Ammetto che il tempo scorre veloce e mi mancano la tua voce e le tue attenzioni.
Quando alla sera cenavamo assieme, dopo le lunghe ore trascorse tra faccende e impegni.
Attorno allo stesso tavolo, a commentare quel che accade fuori, a Parigi o a Versailles.
Mi accade sempre più spesso.
Dunque debbo, ancora una volta, domandati perdono, per averti inflitto questa preoccupazione enorme.
Ammetto che giorno dopo giorno la distanza imposta dalla mia scelta mi porta a pensare a lei, a immaginarla, a correre ai suoi gesti che forse saranno sempre gli stessi.
Così testarda nella sua idea di mantenere il controllo su tutto e a voler prevedere tutto.
Ma al tempo stesso imprevedibile e assolutamente straordinaria.
Continua ad avere cura di lei.
Con immenso affetto…
Tuo nipote André Grandier
André Grandier…
André Grandier…
André Grandier…
Impossibile sostenere il peso della sequenza…
Le mani tentarono di aprire le altre lettere…
Frasi lette alla rinfusa, gli occhi asciutti tornavano a colmarsi, annebbiando la visione.
Ti parlerò di lei…
Ti racconterò di me…
Spesso osserva il cielo…
Forse per vedere se pioverà…
Ho sempre pensato invece che fosse perché lei vorrebbe essere altrove…
"Chi sei?" – sussurrò piano Oscar a se stessa, ma in fondo a lui, che pure non era lì, ma era come se ci fosse stato, lui a spargere parole lievi come chiare spade di luce impalpabile, lei lì, a raccoglierle,, tentando di volgere in immagini, che però le prime erano tutte affermazioni caute, forse molto poetiche, assolutamente incomprensibili.
Non capiva…
Oppure, forse, nel fondo scuro dell'anima, là dove si annidano pensieri netti però ancora incompresi dalla coscienza poco scaltra, aveva compreso tutto.
Ma non ci sarebbe stato modo di avere certezze, se non chiedendo a nanny.
E se lei non avesse saputo nulla?
E come avrebbe fatto a dirle che André…
La testa sorretta dalle mani, come a scacciare l'infausta visione.
L'orologio a pendolo batté le nove.
Era passato del tempo, non se n'era accorta. Non sarebbe voluta uscire, staccarsi dalle lettere che però prese a riordinare, tentando di ricomporre la cronologia.
Oscar si rese conto che l'ultima lettera recava la data dell'undici settembre 1780.
Poi più nulla.
Tutto combaciava dunque.
André aveva scritto e spedito l'ultima lettera.
Dove, quando…
E dopo…
Richiuse il pacchettino, intarsiando il fiocco così come l'aveva trovato. Le dita indugiarono sulla carta ruvida, l'immagine di Maria Antonietta che leggeva le lettere di Fersen scorse davanti agli occhi.
Maria Antonietta amava Fersen…
Dunque quando si ama si cerca l'altro altrove, ovunque…
Persino nello stesso tocco ch'egli può aver lasciato su un qualsiasi oggetto, la trama d'una stoffa, la ruvidezza d'un pezzo di carta.
La pelle…
Liscia…
Alla finestra, nascosta dietro le tende leggere, s'imbatté nella luce del giorno, il sole ormai alto, la nebbia non ancora diradata in lontananza impediva allo sguardo di scorgere le colline lontane.
La vista dunque era costretta a indugiare lì, alle immagini di sempre, l'acqua della fontana appena increspata, la rugiada pietrificata su steli e rami, le lame di luce stanche e monotone che si rincorrevano uguali, appoggiate agli scorci di sempre, all'uguale scorrere delle stagioni.
Lo strappo gravava sul cuore.
Il cuore si contrasse…
Tutto terribilmente immobile fuori di sé…
Tutto, dentro di sé, gridava follia e strazio.
Si ritrovò suo malgrado, acquietato il rimbombare delle tempie, in ascolto dei consueti rumori della casa, i suoni ovattati dei passi della servitù, il pentolame che cozzava, giù nelle cucine, gli zoccoli di un cavallo sulla ghiaia.
Vide Victor Girodel avanzare dal vialetto e poi tirare le redini del cavallo e scendere, due dita al tricorno in segno di saluto a Madame Glacé ch'era pochi passi più avanti.
La donna si teneva la mantella stretta addosso. Non aveva più la rosa con sé, segno che il fiore era stato lasciato in dono a Notre Dame nella chiesetta dove era stata officiata la messa.
Le mani appoggiate al vetro…
Oscar vide Victor estrarre un pezzo di carta dal taschino della mantella, porgerlo a nanny.
Uno scambio rapidissimo. Impossibile comprendere cosa si dicessero.
Nanny pareva serena. Victor dunque aveva compreso che nulla le era stato rivelato della sorte di André.
E nemmeno l'avrebbe fatto lui, visto il sorriso lieve adagiato sul volto, da cui non traspariva angoscia o dissenso.
Madame Glacé fece un inchino scusandosi ch'era in ritardo…
Un tuffo al cuore…
Che quella fosse una lettera…
Un'altra…
Dio…
Allora era così che nanny aveva ricevuto le lettere fino ad allora.
Oscar si scostò in fretta, richiudendo il cassetto e sgusciando fuori dalla camera, senza salire su, alla propria, ma dirigendosi fuori, la nebbia punse in faccia, l'alito caldo ingoiato dal freddo del mattino, i passi veloci sul selciato, l'anima di nuovo in subbuglio, perché non c'era scampo alla visione e tutto…
Tutto a quel punto passava in secondo piano.
Tutto avrebbe anche potuto essere avvolto dalla dannata nebbia, per sempre, che tanto, se anche quella si fosse sollevata, nulla sarebbe mutato.
I giorni, i mesi, gli anni a venire sarebbe scorsi.
Le domeniche, le feste da ballo, le ambasciate da paesi lontani, i nuovi giochi d'acqua nelle fontane della reggia, l'ultima moda delle acconciature, i cavalli scelti e acquistati dal sovrano…
Tutto sarebbe mutato e tutto sarebbe rimasto uguale.
Ma la morte, evento unico e definitivo, avrebbe alitato la sua gelida stilla per sempre, su di lei e…
Tutto era stata travolto e stravolto da quella e nulla sarebbe mai più tornato uguale a prima.
Oscar si ritrovò nel giardino, le mani aperte appoggiate alla ruvida corteccia d'una quercia addormentata.
D'improvviso la mente prese a ondeggiare, fieramente colpita dal disgusto.
André se n'era andato per colpa di una donna…
Chi era quella donna?
E ora che lui…
Si piegarono le ginocchia, Oscar si ritrovò a terra…
Quella dannata era stata la causa di tutto…
Quella dannata non avrebbe sofferto nemmeno per un istante per ciò che era accaduto.
Nessuno sapeva chi fosse.
Lei stessa non sapeva nulla di André, s'era vero ciò che lui aveva detto.
Dunque nessuno le avrebbe mai sbattuto in faccia ciò che la cecità o chissà quale oscuro fascino avevano provocato.
Le mani strapparono con rabbia gialli ciuffi d'erba…
La nausea saliva di nuovo…
La disperazione…
Le spalle strette in una presa, un abbraccio intenso, distolsero i sensi dal pianto.
"Oscar…" – sussurrò Victor Girodel accostandosi al viso, inginocchiandosi accanto.
Silenzio…
Non era abbastanza chiaro…
Inaudito che lei esibisse a quel modo lo strazio.
"Non hai detto nulla alla tua governante…mi pare di comprendere che lei non sa nulla! L'ho vista serena!".
"Lei no…non ho avuto il coraggio…" – soffiò distrutta – "Invece io so tutto!".
"Cosa?".
L'altra fece per scrollarsi di dosso le mani dell'uomo, un gesto di rabbia, che si sentiva tradita, ora più di prima. Aveva faticato a ottenere da Girodel una spiegazione sulla strana confidenza che si era animata tra lui e nanny. Le parole pesate ad una ad una le erano sembrate sincere.
Ma c'era dell'altro…
"Ho compreso tutto…ho trovato le lettere di André. E poi ho visto che parlavi con nanny poco fa, le hai allungato un pezzo di carta. Era una lettera!? Un'altra lettera? Sei stato tu a portargliele? E non mi hai mai detto niente! E nemmeno lei l'ha fatto! Come ci sei riuscito? Come hai fatto a raggirarla a questo modo? Se non mi ha mai detto nulla…che le avresti detto per indurla a tacere, a nascondere che invece lei ha sempre ricevuto notizie di…".
Il tono accusatorio…
Il nome…
Impossibile pronunciarlo.
Come a volerlo proteggere, André, dal destino infausto, e poi se stessa dal contatto con altri che non fossero solo loro due. Lei e André.
E Victor non era nessuno. Nessuno che avesse mai avuto diritto d'intromettersi tra di loro.
E André non c'era più e…
Dannazione lei continuava a proteggerlo e l'avrebbe fatto per il resto della sua vita.
A poco a poco, nell'assoluta assenza, anziché dimenticare, anziché lasciarsi trafiggere dalla stizza e dalla rabbia, Oscar François de Jarjayes era scivolata giù, dentro l'altro, nelle viscere del compagno silenzioso che aveva camminato mezzo passo dietro a lei e c'era sempre stato ma non aveva mai fatto pesare la sua presenza.
Ora che André non c'era più, quella stessa presenza, ch'era divenuta assenza, pesava come un macigno…
E il non sapere adesso era come un ferro rovente appoggiato sul cuore…
Bruciava e non c'era verso di calmare la smania.
"Perdonami…" – riprese Girodel stringendo di più le spalle, intestardendosi a voler restare lì, accanto a lei, che le pareva fragile, sull'orlo di finire in frantumi – "No…ecco…".
Victor Girodel aveva compreso o forse l'aveva sempre saputo che André Grandier era stato importante nella vita di Oscar François de Jarjayes. Ora che lui era morto…
"Non ti ho detto nulla…hai tutte le ragioni d'essere adirata con me…ma sai come funziona il meccanismo delle missive che giungono dall'America…".
"Che c'entra?" – l'interruppe Oscar tentando di non piangere, come a contestare che nessun dannato groviglio burocratico avrebbe mai potuto indurre a tacere e tenerla all'oscuro del fatto che lui aveva scritto e molte lettere erano giunte in Francia e dunque lui era vivo.
Almeno fino a qualche mese prima.
Dannazione allo strazio di quell'assurdo disallineamento…
Una lettera giungeva addirittura quando il soldato poteva esser già morto…
Nessuno che l'avesse fermato il dannato pezzo di carta…
Nessuno che avesse avuto in mente d'informare della morte piuttosto che della vita!
"Ascolta…" – Victor Girodel forzò la presa e l'altra si voltò, dolcemente indotta dalla forza lieve – "Ricevere notizie per la tua governante è stato importante…ebbene…sono stato io a prometterle di portarle quelle lettere…ma sai anche tu che quelle lettere non potevano essere recapitate che prima d'un certo numero di settimane. Ebbene io ho aggirato quella regola, l'ho fatto per lei. Ma soprattutto…l'ho fatto per te!".
"Non me l'hai detto! Perché?!".
"Perché…la tua governante si sarebbe vergognata!".
"Che diavolo stai dicendo? Vergognata di cosa?".
"D'avere il privilegio di ricevere le lettere senza il rispetto delle regole e dei tempi d'attesa! Non ha voluto che ti dicessi nulla perché sapeva – sa - che le regole sono tutto per te e lei non avrebbe mai accettato che una qualsiasi ombra calasse sulla famiglia Jarjayes, dove una governante avrebbe goduto del privilegio di ricevere prima d'altri e contro le regole le missive del proprio nipote! Non capisci? Lei l'ha fatto per te! Come avrei potuto esser io a tradirla…se ero io stesso ad averla avviata in questa strada di privilegio!? Alle volte tacere è meglio. Certo, avrei potuto dirtelo è vero…ma…importi di fingere di non sapere nulla!? Se non ho compreso male…tu stessa non le hai mai chiesto nulla…tu stessa, se permetti, le hai dato a intendere che in fondo non t'importava poi molto se…".
Il senso era chiaro…
Inaccettabile ma chiaro.
In fondo lei s'era resa complice del silenzio.
Invece di chiedere aveva preferito tacere…
Invece di esser parte della scelta aveva preferito sottrarsi al problema. Involontariamente o meno, l'aveva fatto.
In ginocchio, Oscar François de Jarjayes abbassò il capo che finì per appoggiarsi alla spalla di Victor, che offrì il sostegno, non si ritrasse, abbracciandola, mentre ascoltava il corpo sciogliersi in un pianto silenzioso, scosso da sferzanti e amarissimi singhiozzi.
Piangeva Oscar François de Jarjayes, ormai non più capace di adirarsi, respingere l'altro, invocare il tradimento, la menzogna, il disgusto.
A che sarebbe servito?
André era morto…
Più nulla importava ormai…
"Ti prego…se lei ti vedesse…ne morirebbe…" – accennò Victor – "Se verrai qualche giorno da me…ti prometto che non disturberò il tuo dolore. Ma almeno potrai stare in pace e smettere di fingere…".
"Che t'importa della mia governante?".
"Mi sono affezionato a lei…credi che non abbia un cuore? Dovrà saperlo ma non ora…".
"Le hai dato un'altra lettera?".
Ormai non era più necessario fingere.
Oscar François de Jarjayes era lì, tra le sue braccia, arresa al dolore. E aveva scelto Victor come custode di quel dolore.
Eppure, il tarlo perforava il dolore, la logica rifiutava la fine di tutto.
"Si…".
"Quando…l'hai avuta?" – il respiro spezzato ma non arreso.
"Che importanza ha ormai? Quando l'ho presa? Qualche giorno fa!".
Il respiro si fece affannato…
Crebbe la nausea…
Qualche giorno fa…
Anche solo un'ora sarebbe stata importante…
Il balenio delirante d'una pallida speranza…
Un errore…
Il nome di André Grandier era stato messo su quel registro per errore…
Come avrebbe fatto un soldato deceduto a scrivere lettere?
"Va bene…verrò…ma…non ora…dovrò essere a Versailles nel pomeriggio…dopo troverò una scusa con nanny…".
"Sono felice!" – le mani dell'uomo strinsero la presa come non avessero coraggio di lasciarla, come se avessero voluto tenere ancora un poco lì quelle spalle piccole ma forti, intensamente piegate al dolore – "Verrò a prenderti a Versailles…".
Annuì Oscar e al contempo assestò il colpo di grazia…
"No…verrò da sola…e preferisco che tu non venga a Versailles…".
"Va bene…" – balbettò Girodel che ormai credeva d'essere abituato ai repentini mutamenti d'umore ma no, non c'era verso di comprendere il filo intessuto dalla mente dell'altra.
Si staccò un poco da lei, le spalle abbandonate, che le braccia rimasero giù, lungo il corpo, come incapaci di reggersi e reggere il peso degli eventi.
"Ti aspetterò…".
Muta, Oscar François de Jarjayes attese che Victor Girodel si allontanasse.
Muta, rientrò in casa facendo attenzione a non incrociare nanny.
Nella testa c'erano le date delle missive, i luoghi da cui erano state spedite, i tempi intercorsi tra una e l'altra.
Strideva quella dannata messinscena.
Strideva ancora di più la sua innata volontà di non cedere alla realtà, ch'era l'esatto contrario della prima.
Ma sia la prima sia la seconda erano dannatamente assurde e tragiche e…
Attese…
Come una ladra, attese che nanny si cambiasse, lasciando il mantello nella camera per avviarsi nelle cucine.
Attese che uscisse, calcolò che probabilmente non si era data alcun tempo per leggere alcuna lettera, visto ch'era già abbastanza tardi e a quell'ora incombeva la necessità di dare ordini per il pranzo a cui avrebbe partecipato la famiglia.
Attese…
Dal cortile intuì giungere il rimestare di zoccoli contro la ghiaia, ruote che macinavano sassi e erba.
Giungevano le carrozze con gli ospiti…
Sua madre…
Forse suo padre…
Le sorelle con i consorti…
Qualche amico di famiglia, a completare il convivio dove scambiarsi opinioni e voci, noie di palazzo e ultime novità in fatto di pizzi e cappellini da passeggio.
Forse i generi si sarebbero appartati a sfoderare disquisizioni sulla guerra, inscenando rudi battaglie a suon di figure intagliate nel legno. Le dame dall'altro lato del salotto, armate d'ago e filo avrebbero intessuto pettegolezzi di raso rosso e cenere e zafferano.
E lei non sarebbe stata bene né da una parte, né dall'altra, che lei non era un gentiluomo e neppure una nobildonna.
I passi s'avviarono grevi, le lacrime ricacciate in gola, giusto il tempo di mandar giù tre bocconi e disertare dessert e liquori, che nel pomeriggio si sarebbe recata alla Reggia e aveva necessità di prepararsi per tempo.
Non aveva avuto davvero il coraggio di guardare nanny in volto ed era stata attenta a osservare nell'ordine il piatto, la zuppiera, il centrotavola di rose tardive, il volto di sua madre lieve e sorridente, la voluta di fumo che usciva dalla pipa di suo padre, chiara e profumata…
La mano s'appoggiò di nuovo alla maniglia.
Stavolta entrò, chiudendosi la porta alle spalle con un giro di chiave.
Non avrebbe accettato l'intromissione di alcuno nell'ultima scena dell'ultimo atto dell'assurda tragedia.
Che s'era rivelata per ciò che era, una tragedia appunto, dall'epilogo figlio del silenzio e dell'indifferenza.
Il suo e quello di quella dannata donna…
Dunque Victor Girodel l'aveva dipinta come un personaggio ligio alle regole. Talmente severa con se stessa e con chiunque avesse avuto a che fare con lei, ch'era stato necessario nasconderle la verità.
Per mesi Oscar François de Jarjayes s'era domandata che fine avesse fatto André Grandier e la risposta era lì, era sempre stata lì, in quel cassettino che lei ora apriva, di nuovo, nel giro di poche ore.
Non si sentiva più una ladra…
Il cuore spezzato…
Se anche avesse ucciso un uomo lì o fosse stata lei stessa trafitta, avrebbe sentito meno dolore…
Le dita sfiorarono il pacchettino delle lettere. Pregò che nanny non avesse tenuto con sé quella ricevuta al mattino, per riuscire a leggerla magari rubando un istante alle faccende della giornata.
Vide, nella penombra, una carta scostata dalle altre.
Il cuore si fermò.
Non aveva poi immaginato che se la busta fosse stata ancora chiusa, lei non avrebbe potuto aprirla se non al prezzo di farsi scoprire.
La busta era aperta. Forse nanny aveva avuto il tempo di leggerla o forse l'aveva solo aperta per controllare che il contenuto fosse davvero stato scritto dalla mano di André Grandier.
Tutto strideva…
Tutto rimbombava nella testa…
La grafia conosciuta…
Oscar estrasse la lettera dalla busta e l'aprì.
La carta produsse un flebile suono, un soffio accartocciato…
Cosa cercava Oscar François de Jarjayes in quella lettera? Lui o se stessa?
Cosa voleva sapere Oscar François de Jarjayes da quella lettera?
Chi era lui o chi fosse quella donna?!
Perché André Grandier non aveva mai fatto il suo nome, neppure una volta?
Perché non aveva mai detto di salutare lei, Oscar…
Che lei…
C'era lei mezzo passo avanti a lui…
1° octobre 1780…
Ma chère grand-mère…
Un tuffo al cuore…
André aveva scritto quella lettera il 1° ottobre…
La lettera era successiva a quella dell'undici…
I dispacci sui soldati deceduti recavano la data dei primi di novembre dell'anno 1780…
Quando era accaduto allora?
Quando…
Siamo stati comandati d'addentrarci in una regione chiamata Six Nations.
Paesaggi d'intensa maestosità, mari di selvaggio verde, macchiati dal rosso e dal giallo di foglie arse dal fuoco dell'inverno prossimo a venire, che presto ingoierà foreste, fiumi, sentieri, alture impervie e aguzze.
In apparenza assoluto disordine, impossibile da comandare, impossibile da percorrere, che la testa rischia di perdere il senso di sé.
Oso immaginare, specchiato nelle distese d'acqua dolce, di sconfinata nebbia e silenzio, lo scorcio del mare della Normandia, sotto lo stesso cielo che m'inghiotte il respiro.
Lì, ci ho scritto il suo nome, mille volte.
Perché non c'è nulla da fare. Perché lei è lì, nel cielo limpido e puro, come in ogni squarcio limpido e puro.
E se giungono nuvole di vento o voli adenti di falchi, veloci e implacabili, a cancellarlo, io lo riscrivo di nuovo, ancora e ancora.
Dovette sedersi Oscar…
"Chi-diavolo-sei?" – masticò con rabbia, dimenticandosi delle lacrime che s'affacciavano alla gola.
O meglio…
Non stare in pensiero per me, non crucciarti della mia scellerata decisione.
Le lacrime erano lì, a quel punto non era più dato stabilire s'esse fossero pronte a disgregare le ultime forze residue oppure a lenire il dolore più atroce.
Non ho partecipato a molte battaglie, mi è stato assegnato un incarico importante e dunque le mie incombenze quotidiane sono un po' diverse da quelle che mi sarei aspettato.
Ciò non mitiga la durezza della lontananza.
Il pensiero corre a te.
A voi…
Abbi cura di te.
Abbi cura di lei…
Con immenso affetto…
Tuo nipote André Grandier
André Grandier…
André Grandier…
André Grandier…
Il nome sillabato, ripetuto…
Non c'era verso di capire ma forse aveva già compreso e allora non c'era verso d'accettare che fosse lei, lì, tra quelle righe, nominata sempre, chiamata per nome mai.
Assurdo che mai lui avesse fatto il suo nome.
Che, per assurdo, forse l'aveva sempre fatto!
Le dita sfiorarono la carta, scorsero alla grafia impressa, ai ghirigori delle lettere, immaginando la penna intinta rilasciare l'inchiostro, il gesto della mano, la sua mano, che vergava pensieri, imprimeva immagini, e lei lì a osservare i paesaggi, come li avesse scorti attraverso gli occhi dell'altro.
Lo sguardo si sgranò nel vuoto, nel buio, nell'assenza, nel dolore…
Lui diceva d'essere stato assegnato a un incarico importante e di non aver preso parte a molte battaglie.
Dunque com'era stato possibile che lui non ci fosse più?
Le lacrime davvero inondarono gli occhi annebbiando la vista mentre le orecchie perdevano la capacità d'udire i suoni, le risatine di commiato che agitavano le movenze degli ospiti intenti a salutare i padroni di casa e a domandarsi dove fosse finita lei.
Le dita ebbero uno scatto di rabbia. La carta sarebbe finita accartocciata e gettata via con disprezzo, se non che quella lettera non era indirizzata a lei, non era sua.
André non le aveva mai scritto.
André se n'era andato e non le aveva mai rivolto un pensiero.
Eppure…
Sul molo a Brest…
Si…hai detto bene…è questa la dannazione che ho tentato di spiegarti…
Dovevi dirmi ch'eri sveglio…
Perché?
Ti sei approfittato di me!
Io!? Io mi sarei approfittato di te!? Ne sei proprio sicura!?
Tu che ti ostini a nascondere ciò che sei…chi sei davvero!? Tu…sei tu che stai approfittando di chi sei davvero…e allora…io non posso restare a guardare ciò che stai facendo alla tua vita!.
Cosa c'entra adesso la mia vita? Stiamo parlando di te! Stiamo parlando di ciò che avresti fatto! Stiamo parlando del fatto che stai lasciando la Francia! Non hai detto che parti per colpa di una donna!?
Ebbene sì, parto per colpa di una donna! Io sono un plebeo…un uomo del popolo…cosa mai potrei offrire a una giovane che non appartiene al mio stesso disgraziato rango!? E poi…in fondo…sono anche peggio d'un plebeo!
Sono solo un uomo…non ha importanza chi io sia per questo paese…e non ha importanza chi sia lei…ti basta?
Che significa? Vuoi spiegarti?
Non capisco…non sei mai stata un'ingenua e hai sempre dimostrato di conoscere bene le regole…regole che non ho stabilito io…devo adeguarmi e anche tu! E se quella donna sapesse di me…
Se non hai nulla da rimediare….
Non ho nulla da rimediare! E ho deciso di non aver nulla a cui porre rimedio! Amare non significa sacrificarsi…ma imporre un sacrificio a chi si ama…e io non potrei mai farle un simile torto! Sono un uomo…un uomo che ama…non potrei mai imporle il mio amore…non potrei mai imporle un simile sacrificio! Il mio amore ucciderebbe lei…e ucciderebbe me!
Stai fuggendo! Stai lasciando la Francia! Stai lasciando la tua vita!
L'hai detto! Non mi pare difficile!
Dunque l'amore si può mettere a tacere semplicemente abbandonandolo!? Dunque per non imporre un sacrificio a qualcuno…l'abbandoni? Che razza di amore sarebbe questo?!
Le spalle afferrate e sospinte…
Le figure sapientemente libere dal cono d'ombra del voltone, sbucate allo scoperto, illuminate dalla luce del sole ormai alto, gli occhi per un istante abbagliati…
Ci stanno osservando…dunque…non vuoi augurarmi buona fortuna? In fondo sei venuta sin qui…mi hai trovato…
No!
No? Sei crudele!
Pensala come ti pare! Non ti augurerò buona fortuna! Disapprovo ciò che stai facendo e soprattutto i motivi per cui lo fai! Sarò anche crudele ma non sono un'ipocrita! Non posso augurare buona fortuna a chi sta compiendo una pazzia! Posso solo tentare di dissuaderlo…ma se non ci riesco…non ti augurerò buona fortuna! La responsabilità di ciò che compi…è solo tua!
Va bene! Sarai soddisfatta adesso!
Di cosa?
Hai espresso il tuo punto di vista…ma…tuo padre mi ha dato la sua benedizione…
Io non sono come mio padre! Lui e il suo smisurato senso dell'onore…
Lui ha il suo onore, tu, il tuo orgoglio! Una figlia degna di suo padre! Sei tale e quale a lui! Anche tu e il tuo dannatissimo orgoglio avete eretto un muro…dunque…attraversalo…e augurami buona fortuna!
No! Dimmi chi è quella donna?
Te l'ho già detto! E' una persona onesta…pura…
André…se tieni più alla sua purezza che al tuo amore per lei…allora forse non ne sei così innamorato!
E tu…tu che ne sai dell'amore!? Quali strade percorre? Quali strade ci costringe a percorrere? Augurami buona fortuna!
No!
Sei testarda!
Un guizzo…
André si era sporto…
Che lei s'era ritrovata chiusa…
Le labbra catturate…
Liberamente a baciare la bocca…
Le labbra dolcemente chiuse e poi di colpo lambite, aspirate piano, morse…
S'era ritrovata chiusa e come ammansita dal gesto…
Liberamente aveva accolto l'abbraccio dell'altro…
E tu…tu che ne sai dell'amore!? Quali strade percorre? Quali strade ci costringe a percorrere?
Le parole svolazzarono via, sospinte dal cupo incedere del demone piantato nel petto.
Il gesto secco e netto, il contatto stupido e stupito, sibilò invece nella testa, sgorgando rosso di sangue acuto, rivelando il dannato senso, così da indurre le dita a impietrirsi, evitando di stravolgere il pezzo di carta, che quello, stropicciato al pari dell'amaro significato che conteneva, non avesse rivelato l'infame furto della vita ch'era stata e che non c'era più.
Nanny non meritava d'essere abbindolata a quel modo.
La lettera richiusa in fretta, un istante ad accarezzare ancora la carta…
Il cassetto chiuso in fretta, il respiro troncato…
I passi condussero fuori, in fretta, via, poche camicie nella borsa da viaggio, l'uniforme indossata con smanioso disprezzo, la spada al fianco…
Un veloce appunto per nanny, lasciato all'ambasciata d'una giovane servetta…
"Non torno questa sera…mi recherò a Versailles e resterò in attesa di ordini. Farò sapere del mio ritorno non appena avrò contezza del giorno…".
Il linguaggio ricercato…
"Mademoiselle…" – balbettò la servetta, occhi sgranati e testa appesantita dall'altisonante parola – "Monsieur…perdonate…tornate per cena?".
Oscar tirò un respiro fondo…
L'altra aveva compreso poco o niente.
"No! Stavo appunto dicendo di riferire a Madame Glacé che questa sera non sarò a casa. Neppure domani. Farò sapere quando torno. Ditele di non preoccuparsi!".
"Ah…ecco…non si deve preoccupare! Adesso…" – le dita attorcigliate, un respiro fondo – "Adesso ho compreso!".
Un inchino e la donzella scomparve.
Forse avrebbe dovuto parlarci lei con nanny, anche se non avrebbe avuto il coraggio di guardarla negli occhi.
Forse avrebbe dovuto dirle tutto…
Forse…
§§§
"Colonnello Jarjayes…sono felice di vedervi. Da quando ma reine si reca al Trianon…vedo molto poco anche voi…".
"Maestà…sono lieta di sapervi in salute…".
"La mia gioia sono mia moglie e la mia piccina, Madame Royale. Ebbene…è da qualche tempo che non vedo più accanto a voi il vostro fidato attendente".
Silenzio…
"Maestà…André si è arruolato…".
Un sussurro…
Null'altro da spiegare. André si era arruolato.
Non sarebbe riuscita a spingersi oltre.
"Oh…avevo inteso fosse partito…non però che fosse andato così lontano! Ebbene…spero che stia bene. Una scelta che gli fa onore".
Silenzio…
Oscar annuì, sulle spine.
"Comunque, vi ho convocato per disporre di alcune mie necessità che avrei pensato d'affidare a voi. Volevo mettervi al corrente personalmente, così che potrete offrirmi il vostro punto di vista…".
"Sono ai vostri ordini…".
Luigi XVI s'avvicinò allo scrittoio. Estrasse una busta abbastanza voluminosa.
"Qui ci sono i lasciapassare per accedere, a nome del Sovrano di Francia, a tutte le Municipalità del regno. Ho necessità di recuperare il denaro necessario per finanziare una nuova spedizione in America. O meglio, per fornire altro supporto agli uomini che già sono sul suolo americano. Pare che le battaglie stiano volgendo verso sud ma vi sono svariati avamposti che necessitano di armi e munizioni e denaro per continuare a tenere saldi i confini guadagnati. Ebbene…so che non sarebbe vostro compito ma…i tempi sono abbastanza stretti…la spedizione dovrebbe essere in grado di partire entro la prossima primavera e dunque ho necessità che il denaro venga raccolto altrettanto in fretta. Le Municipalità sono già allertate. Ovviamente farete in modo che quel denaro giunga a Brest nel più breve tempo possibile. Affido a voi questo compito…".
"Maestà...sarà mia cura eseguire gli ordini…" - le parole rimasero sospese, che il sovrano intuì il dubbio scorrere in esse, seppure la fedeltà non avrebbe consentito di sollevare obiezioni.
"Mi rendo conto che questo incarico non rientra nelle vostre incombenze…ma avrei desiderio che foste voi, Colonnello Jarjayes, ad assumerne l'onere. Mi fido di voi…siete sempre stata onesta e di questi tempi l'onestà è merce sempre più rara…".
Luigi XVI era uomo buono e parco di parole.
L'accenno all'onestà – e, di fatto, alla disonestà ch'era l'altra faccia della medaglia – strideva dalla bocca del sovrano che notoriamente aveva sempre dimostrato fiducia nel prossimo, finanche a fidarsi delle persone sbagliate.
"Sono al vostro servizio Maestà…organizzerò subito il viaggio. Avrò necessità di almeno una ventina di uomini…si tratterà di una cifra importante…".
"Senza dubbio…".
Luigi XVI s'avvicinò al panciuto mappamondo ingiallito, chiazzato da delicate venature verdi, ocra e beige. La mano impose alla sfera un paio di rotazioni, lasciandola libera di rallentare e fermarsi ove avesse voluto il caso.
Il meccanismo sibilò orchestrando in un battito di ciglia un immaginario percorso fatto di migliaia di miglia.
"Non si tratterà soltanto di scortare un'ingente somma di denaro…" – riprese il sovrano con pacatezza – "So che purtroppo molti sudditi non hanno reale contezza di quanto questa guerra e l'appoggio ai nostri soldati al fronte possa rappresentare per la Francia. Se doveste imbattervi in una qualsiasi opposizione alla raccolta del denaro…dovrete fare in modo di avere la meglio sul rancore e sulla rabbia…".
"Avere…la meglio?" – chiese l'altra preoccupata.
"Beh…certamente le persone non dovranno temere nulla né dal sovrano né da questa guerra…anzi…sarà bene far comprendere loro che se corrisponderanno il denaro necessario, così da ripagare coloro che l'hanno generosamente anticipato per permettere questa impresa, i nostri soldati riceveranno l'aiuto necessario a vincere altrettanto in fretta il nemico. Questa guerra finirà, di certo non dovrà durare oltre il necessario, cosicché lo sforzo dei francesi sarà ricompensato con il ritorno a casa di molti più soldati che potranno riabbracciare le loro famiglie. Ecco…in questo modo avrete la meglio sull'ostilità che sicuramente incontrerete. Siete una bella persona Colonnello Jarjayes! La vostra onestà s'intuisce da un vostro semplice sguardo. Nessuno ne resterebbe immune. Ed essa sarà il riflesso della bellezza della famiglia reale e degli intenti del sovrano di Francia di avere a cuore il glorioso destino di tutto il suo popolo!".
Parole altisonanti…
Così avulse dalla quotidiana e parsimoniosa dialettica del sovrano.
Così lontane dalla sua proverbiale riservatezza…
Tornare a casa…
Riabbracciare le famiglie…
La bellezza della famiglia reale…
Il glorioso destino di tutto il popolo francese…
D'improvviso, come travolta da una marea, o peggio ancora avvolta da una specie di nube di cenere lavica, tanto insidiosa per il respiro quanto drammaticamente letale per pelle e carne…
André non tornerà!
André non riabbraccerà più sua nonna.
E tu…
Tu, dannazione, tu Oscar François de Jarjayes, nemmeno tu lo rivedrai più!
Sferzò nella mente l'ultimo abbraccio, rubato a chissà quale esistenza, a chissà quale dimensione, se di sogno o realtà.
E quell'abbraccio, forse muta forza di disperata incredulità o rivolo tiepido di smanioso amore, indusse a muovere un passo, che la nube, così com'era calata addosso, d'improvviso, a togliere respiro e bruciare la residua speranza, si dissolse nell'istante in cui il Colonnello Oscar François de Jarjayes fece quel passo.
"Maestà…quel denaro…dovrà essere recato in America?".
"Ovviamente…si sta già approntando una piccola flotta…salperà da Brest forse già a maggio del prossimo anno…".
"Maestà…".
Luigi XVI sorrideva tra sé e sé alla visione della perfetta rotondità terrestre, come se la perfetta sfericità andasse al passo con la perfezione della sua decisione, che non era cosa da poco di quei tempi, con tutti i ministri e i segretari che gli erano sempre addosso per dire o contestare o sussurrargli ciò che doveva fare.
Che nessuno in effetti credeva che il sovrano di Francia, benché avesse ricevuto da Dio il diritto di governare sulla Francia, la governasse davvero, ma che tutto il potere e le decisioni fossero rimesse alla mente e ai capricci dello stuolo di nobili e aristocratici che pullulavano alla reggia…
Che le finanze del regno erano sempre sull'orlo della bancarotta…
Che i poveracci fingevano di piangere miseria per sgusciar via dalle imposizioni dovute al regno…
Che se però nemmeno i nobili avevano e avrebbero mai pagato le tasse – perch'essi non potevano soggiacere a tale onta, dato che essi contribuivano con i loro blasoni e le loro ricchezze a mantenere alto il nome della Francia - come diavolo si sarebbe riusciti a tenere in piedi la grandiosa macchina dell'aristocrazia più importante e rispettata d'Europa!?
Che i dannati detrattori del regno, filosofi da quattro soldi e commedianti da strapazzo, che inneggiavano alla libertà tra gli esseri umani, come avrebbero immaginato un popolo capace di governarsi da sé, senza la guida illuminata dalla luce di Dio, incarnata nella persona del Re!?
Eppure, questa volta, era accaduto qualcosa di sorprendente…
…Noi teniamo per certo che queste verità siano di per se stesse evidenti: che tutti gli uomini sono creati eguali, che essi sono dotati dal loro Creatore di certi Diritti inalienabili, che tra questi vi siano la Vita, la Libertà ed il Perseguimento della Felicità. Che per assicurare questi diritti sono istituiti tra gli Uomini i Governi, i quali derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati…*
Luigi XVI aveva ammesso che quelle parole recavano la sintesi dei suoi pensieri, della sua idea di popolo unito e felice.
I governanti di Francia erano rappresentati dal Parlamento e dal Re...
In tanti avevano tentato di dissuaderlo ma Luigi XVI in persona aveva deciso di partecipare alla guerra d'America, come buon padre che vede lontano e lavora per rendere gloriosa l'esistenza dei suoi figli, così da preparare per la loro felicità nuove terre e nuove ricchezze a cui rivolgersi.
E quale modo migliore di partecipare al grandioso progetto se non esser parte del grande rivoluzionario atto di liberazione di un popolo dall'oppressione di un altro popolo e dalla bigotta monarchia che l'opprimeva!?
Quale altro re sarebbe mai stato così lungimirante e di ampie vedute da prender parte a una guerra in nome della libertà!?
Anche se arrossiva al pensiero, Luigi XVI s'immaginò che sarebbe passato alla Storia per questo!
"Lasciate che vada anch'io…lasciatemi scortare quel denaro fino…" – abbozzò Oscar severa.
"Mademoiselle…Colonnello…" – sussultò Luigi XVI.
"In America!".
Notoriamente placido e serafico, il re scattò sull'attenti, come morso dal più molesto dei ramarri, come intuendo il dolore del morso, prima ancora che il ramarro avesse mollato la presa – "Che dite!? Voi mi siete indispensabile…qui…a corte! Non potrei mai trovare un degno sostituto…".
"Perdonate…Maestà…non è mia intenzione oppormi al vostro sentire o dispiacere la vostra volontà…eppure…Victor Girodel…" – quasi tuonò l'altra – "Il Tenente Victor Girodel sarebbe un mio valido sostituto!".
"Sua Maestà la Regina non me lo perdonerebbe mai! Sarei uno stolto se pensassi di decidere senza il suo consenso! Se le sottraessi la vostra persona, il vostro coraggio…con voi accanto a lei…io sono tranquillo…lei si fida di voi!".
"Maestà…se mi sarà permesso…proverò io a convincere Sua Maestà la Regina…".
"Ma…ma…e vostro padre?!".
Le obiezioni proseguivano…
Sempre più labili da un parte, respinte con sempre maggior forza dall'altra.
"Mio padre mi ha allevato come un maschio…come erede della famiglia Jarjayes…sono un soldato…".
Che la parola eruppe nella testa in tutta la sua magnifica decadenza…
Ecco a che serviva essere un soldato!
Andare in un paese in guerra, portarci il proprio cuore spezzato, cercare ciò che forse non c'era più.
In fondo essere soldati sarebbe stato utile comunque.
Non si combattevano solo guerre sui campi di battaglia…
Ma nella testa e nel cuore…
Nessuno era esente dalla propria coscienza…
Un respiro a inanellare le parole sante, quelle che s'era sentita ripetere da una vita da suo padre. Mai come in quell'istante le trovò vuote e senza senso, seppur utili al proprio tornaconto, a calmare la smania, a tessere una trama, seppur lei era cieca e continuava a restare cieca.
"Credo anzi sarebbe orgoglioso se apprendesse della mia proposta. Se davvero sarà necessario un mio passo per consentire a questa guerra di giungere al termine…ebbene questo sarà il mio contributo. Maestà, non convenite anche voi che prima questa guerra terminerà – come saggiamente avete detto – e prima i nostri soldati torneranno a casa!? E tutto questo andrà a beneficio della vostra persona! I francesi vedranno in voi un sovrano saggio…un sovrano a cui sta a cuore il destino di ciascun singolo francese! Eseguirò i vostri ordini in questo modo!".
Lodare e corrompere la stima di sé…
Lodare per ottenere ciò che serviva…
"Non ne avrei mai dubitato…ma non è necessario un passo così grave e pericoloso! Concedetemi il tempo di pensare…".
"Maestà!" – la voce incombente, al passo col passo infinitesimo e incombente – "Io sono un vostro suddito…e concedervi di pensare a questa mia richiesta…già scorgo nelle vostre parole un'immensa lungimiranza…".
Luigi XVI era uomo di buon cuore. Era facile indurre in lui una decisione presa sull'onda della lusinga emotiva della sua stessa lungimiranza.
Forse il re non era abbastanza astuto d'accorgersene, oppure lo era e abbinava la lusinga alla devozione assoluta verso quella stessa bontà che s'immaginava di elargire ai propri sudditi.
"Be…bene…" – balbettò preso alla sprovvista – "Al vostro ritorno vi darò una risposta…".
"E sia…perdonate la mia insistenza…".
"Siete perdonata mademoiselle…ci conosciamo da tanti anni…la vostra veemenza è pari alla vostra onestà! Non dubito della vostra sincerità…è solo che…sapervi così lontana…sono sicuro che Sua Maestà la Regina…sarà ancora più in apprensione di me…".
§§§
"Vorresti!?".
Victor Girodel si parò davanti all'altra, nell'udire quanto era stato deciso o meglio ciò che l'altra aveva stabilito per se stessa, nella manciata di ore che avevano preceduto l'arrivo di Oscar François de Jarjayes presso la residenza dei Girodel.
E sì che l'aveva lasciata a casa, quel mattino, con la promessa di trascorrere qualche giorno in pace, nella placida solitudine offerta dalla sua casa.
In quella manciata di ore…
Oscar François de Jarjayes, per una volta tanto, seguendo un malevolo opportunismo, aveva accettato di restare a casa del Tenente Victor Girodel.
Le ragioni era diverse.
Non avrebbe avuto il coraggio di guardare in faccia nanny e rivelarle ciò che aveva appreso su André.
Perché l'altra ne sarebbe morta all'istante.
E perché lei, lei stessa, Oscar François de Jarjayes, ancora non aveva accettato la visione.
Le parole scritte di pugno nelle lettere rivelavano una persona così diversa da quella che lei aveva conosciuto, così lontana e al tempo stesso terribilmente vicina.
André, era lui che camminava sempre mezzo passo dietro a lei…
Quell'André…
Era…vivo…
E quando anche chiunque altro le avesse detto ch'era morto…
Per lei André era vivo.
Perseguire quel pensiero era divenuta ragione di vita, tutto s'era impresso addosso nella sparuta manciata di ore ch'erano seguite all'apprendimento della notizia, e dunque chiunque si fosse messo in mezzo non avrebbe avuto scampo.
Se fosse tornata nella propria casa, la testa e le gambe l'avrebbero condotta nella stanza dell'altro, André, alla ricerca di chissà quale odore, ricordo, immagine.
La stanza era ormai vuota da oltre un anno. Tutto dell'altro s'era dissolto come la neve si dissolve al tepore del sole di primavera.
Eppure per lei André era vivo.
E poi avrebbe riferito al Tenente Girodel della decisione presa e del fatto che lei, Oscar François de Jarjayes, vedeva in lui il degno sostituto agli incombenti che dovevano essere portati avanti a tutela della sicurezza della famiglia reale.
Victor Girodel venne messo al corrente ovviamente solo dell'ultima parte di tutti i pensieri che rimbombavano nella testa.
Si sarebbe immaginata una ferma opposizione…
L'altro si parò davanti, gli occhi in fiamme, lo sguardo disgustato nell'apprendere che lei lo stava allontanando di nuovo e per di più per andare ad affrontare un destino incerto. Non ovviamente il viaggio per le municipalità francesi, bensì la seconda parte…
Si morse la lingua Victor Girodel.
Aveva imparato che l'altra non era una donna qualsiasi.
Era una donna allevata come un uomo, educata a pensare e decidere come tale.
Peggio ancora…
Come un soldato!
Una donna che aveva la libertà di decidere e comportarsi come un uomo, come un soldato, non era creatura facile da inquadrare. Non se n'erano mai viste, non c'era esperienza di esse e nemmeno di come…
Tenerle a bada!
"Verrò con te!" – sputò Girodel atterrito – "Non ammetto un tuo rifiuto!".
"Non è così semplice Victor…ammesso io accettassi d'averti come compagno di viaggio…è necessario che tu resti a tutelare la sicurezza della famiglia reale. Sei il più alto in grado…mi sei sempre stato vicino e sai esattamente come comportarti in un simile frangente. Se entrambi ci allontanassimo…".
L'altro si passò una mano sulla faccia, incredulo.
Lo spiraglio però lo intuì, aveva imparato a pesare le parole di Oscar François de Jarjayes come fosse stato un alchimista alle prese con la formula che trasforma il piombo in oro.
"Dunque…semmai trovassi un nostro valido sostituto…" – insinuò livido…
Oscar ammise che lo spiraglio lo aveva concesso lei. Si stupì.
Qualche mese addietro avrebbe corretto la lingua opponendo una fiera negazione ma in quella situazione ammise che nulla avrebbe impedito a Victor di affrontare lo stesso viaggio, nemmeno lei stessa.
E si stupì che in fondo nemmeno lei aveva motivazioni valide per opporsi. Solo una forse, ossia che continuare a vigilare sulla sicurezza della famiglia reale sarebbe stato assolutamente dirimente.
"Credo sia impossibile…sei un ottimo soldato Victor…" – si schermì a voce bassa – "Non ho mai avuto necessità di rimproverarti nulla. Se Sua Maestà mi concederà di partire…sarei sollevata se fossi tu a prendere il mio posto!".
Victor Girodel avrebbe voluto strillare che no, no e poi no non l'avrebbe lasciata andare da sola.
Ingoiò le ripetute negazioni, ammise che contrapporsi all'altra l'avrebbe reso ridicolo, una specie di moccioso che fa i capricci perché gli viene sottratto il gioco più ambito e prezioso.
"Ti lascio sola allora!" – chiosò cinicamente, accompagnando le parole con un mesto inchino.
Se la sua teoria era esatta, ossia se tutto ciò che aveva imparato su Oscar François de Jarjayes, nei mesi di preziosa vicinanza, fosse stato corretto, non sarebbe stato lui a rincorrere lei ma l'esatto contrario.
"Victor!".
L'altro s'arrestò sul ciglio della porta. Il nome produsse nella testa lo stesso scisma d'un fulmine che colpisce il tronco d'un albero.
Dunque la strada era quella. Arretrare per lasciarle, all'altra, il tempo di ritrovarsi sola.
Riporre le armi spuntate, per consentire all'altra d'affilare le proprie.
Una degna battaglia…
Impossibile non amare una donna che ripudia moine verbali e stucchevoli schermaglie amorose.
Victor Girodel le amava le donne, forse tutte e di qualsiasi carattere, ma lei…
Un respiro fondo, Victor Girodel non si voltò, severo e impassibile.
Attese…
"Ti sono grata per ciò che fai…sarà un viaggio piuttosto veloce e pericoloso…se saprò che la famiglia reale è sotto la tua illuminata protezione…lo affronterò con molta più concentrazione. Credimi…anche questo mi sarebbe di grande aiuto…".
Dunque era così…
Per amare Oscar François de Jarjayes sarebbe stato necessario starle lontano. Come lei desiderava.
Ma per essere amati da Oscar François de Jarjayes…
Che si doveva fare?
Chissà se quel servo l'aveva pensata alla stessa maniera?
Se lo chiese Victor Girodel…
"E sia…rispetterò la tua volontà…" – annuì laconico l'uomo lasciando la stanza.
Poco male…
Ormai non aveva più importanza. André Grandier era morto.
Ammise Victor Girodel che la questione non gli dispiaceva.
Non più di tanto, forse solo un poco per via di quella governante che si ritrovava senza nessuno al mondo…
Madame Marron Glacé in fondo era una donna buona, era stato abbastanza facile ottenere la sua devozione.
Che poi, che senso aveva avuto essersi affiancato a lei, aver lavorato per tutti quei mesi per guadagnarsi la sua fiducia più fonda, se non che ora quella avrebbe caldeggiato la sua causa e non certo perché Victor Girodel fosse un buon partito ma perché era il migliore che la sua dispotica padrona avrebbe mai potuto aspirare ad avere accanto!?
§§§
Strinse i capelli orientando il lavorio della bocca…
Ammansire la rabbia e al tempo stesso godere dell'insperato pertugio, della sorprendente conquista.
Aveva finalmente compreso che Oscar François de Jarjayes non era donna da rincorrere, che lei non era donna da lasciarsi rincorrere.
E lui non l'avrebbe più fatto.
Avrebbe impiegato i mesi a venire per diventare il miglior sostituto del Colonnello Oscar François de Jarjayes e per costringere lei ad ammettere di non poter far più a meno del suo aiuto.
Strategia del tutto innocua, assolutamente semplice, complicata da mettere a frutto…
Le immagini si susseguivano nella mente, mentre i suoni piano piano perdevano di consistenza divenendo poco più che nebbia colma di stille di piacere…
Il corpo ritto, in piedi, attraversato da onde calde e ripide, innalzava la propria tensione mentre le dita leggere della giovane amante graffiavano la pelle delle natiche, lievi tracce come a sollecitarsi a restare lì, immersa nel minerale effluvio di piacere, risucchiato come a prendersi l'uomo che stava di fronte a lei, tutto, così da illudersi di possederlo.
La giovane aveva compreso ch'era accaduto altro.
Lui non era solito arrivare con quella foga, così, nella sua stanza, per giunta quando il sole non era ancora tramontato.
Lua Pietra Incandescente aveva compreso che Victor Girodel teneva al proprio aspetto, alla propria persona, al proprio rango, alla propria immacolata nomea di seduttore attento e discreto.
Ma quel giorno…
Doveva essere accaduto altro, perché l'altro non aveva esitato, muto, a ordinarle di lasciarsi prendere, che poi invece aveva mutato idea e una volta che lei s'era spogliata, aveva ammesso di desiderare altro, come se, lasciando fare a lei, lui avrebbe avuto modo d'appagarsi e basta avendo comunque il tempo per continuare a pensare e scegliere con cura il da farsi, i pensieri e le congetture.
La tensione crebbe e con essa il desiderio…
La giovane provò a staccarsi, sentiva impellente l'intenso fremere delle viscere, chiedeva di non essere tenuta lì, lontana, ma l'altro strinse ancora di più i capelli e lei si ritrovò prigioniera dell'ordine.
Dunque non avrebbe potuto godere d'altro che della superba visione dell'uomo che aveva chiesto di stare con lei, in balia delle sue labbra e del morso tenero della carne, così lieve e beffardo, il silenzio colmato dal rantolo sordo e greve, ripetuto e basso, sgorgato roco dalla gola, impossibile da trattenere, esito fatale dell'orgasmo che squassò i muscoli, dilaniando le viscere, oscurando la vista, distruggendo il controllo di sé.
§§§
Pioveva a dirotto…
Nell'arco dei tre, forse quattro, mesi che la separavano dalla partenza della flotta dal porto di Brest, che avrebbe raggiunto le Americhe con il suo carico di luigi d'oro e armi e munizioni, non sarebbe mai riuscita ad attraversare in lungo e in largo la Francia, per raggiungere le oltre sessanta cittadine e le rispettive municipalità ove sarebbero confluiti i denari necessari a finanziare la spedizione.
Parte del denaro era già stato anticipato dai funzionari addetti alla riscossione delle gabelle, che poi ci avrebbero pensato loro a riscuotere la restituzione dalla gente del popolo.
Doveva soltanto essere recuperato…
Dunque si era stabilito di restringere i percorsi a soli quattro grandi direttive, sostanzialmente corrispondenti alle arterie principali battute dalle diligenze postali, ove si era ordinato di far convergere il denaro raccolto.
Un azzardo e al tempo stesso l'unico modo per battere sul tempo chiunque avesse voluto attaccare il carico e tentare di appropriarsi delle denaro.
Pioveva a dirotto…
Non aveva accettato l'ospitalità del Sindaco della cittadina di Alençon. C'era già passata, quando, ormai tre anni prima, era arrivata fino a Brest per cercare Fersen e poi invece aveva ammesso d'essere finita a Brest per cercare lui, André, che lui adesso era sempre lì, di fronte a sé, nonostante piovesse a dirotto e dalle pareti fradice della tenda, trasudasse vapore plumbeo e nero d'umidità fatta di terra ed arbusti secchi.
Lui era lì, come una dannazione piantata nel cuore, come un abito caldo che però sta pian piano perdendo la tensione del tessuto, distrutto dal tempo, logorato dall'uso disperato.
Qualche lume acceso per riscaldare lo spazio esiguo. I due segretari che le erano stati assegnati trascrivevano con cura, negli appositi registri, il passaggio di ciascuna moneta estratta dalle sacche intestate alle varie municipalità ch'erano state trasportate lì, via posta, scortate dai drappelli degli uomini che lei stessa s'era scelta.
Da quando era partita, non aveva avuto modo di riposare bene, né di mangiare a sufficienza, come se infliggersi ulteriori mancanze avesse avuto l'unico scopo di impedire al pensiero costante, alla mancanza sovrana, di farsi strada e sopraffare i sensi impegnati a contrastare la fame, la stanchezza, la tensione per l'incarico ricevuto.
Così da evitare alla mente di ricadere sempre nello stesso dannato oscuro buco nero.
Da quando era partita, dopo aver salutato in fretta e furia nanny, spingendosi con lo sguardo ad accarezzare quello dell'altra, non aveva avuto più tempo di pensare ad André, come se quell'incarico avesse avuto pregio d'inanellare un pensiero dopo l'altro, una tratta dopo l'altra e con essa il numero dei cavalli necessari a coprirla, le stazioni di posta da avvisare affinché gli animali venissero presi in carico e sostituiti con altri più riposati e pronti a percorrere la tratta successiva, e così anche per gli uomini, che tutti fossero sempre efficienti e all'erta e nessuno così distratto da non accorgersi d'essere seguito, finanche aggredito da balordi che avevano annusato il prezioso carico.
Oscar François de Jarjayes aveva adottato tutti i sistemi possibili per non pensare ad André o meglio per pensarlo così come lui era sempre stato per lei.
Mezzo passo dietro a lei…
Solo che lì, nello scroscio sordo di pioggia, nell'umida consistenza dell'aria bruciata di legna troppo verde, nel sentore del vino troppo acido per ammansire e coltivare l'oblio dei sensi, André Grandier era tornato, era lì…
Oscar chiuse gli occhi.
Lo sventolio fradicio della tela che fungeva da porta la richiamò alla realtà.
Che razza di personaggio bello e affascinante avrebbe mai potuto impersonare in quel frangente!?
Quale dannata dea dell'Olimpo di sfolgorante bellezza si sarebbe mai trovata ad alzare gli scudi contro il cielo, ridotta così, bianca, magra, i capelli spettinati e umidi, il volto severo, le dita nervose…
"Colonnello…come temevamo c'è stato un attacco alla diligenza da Marsiglia…".
Le municipalità del sud erano sempre state ricche. Per via dei commerci via mare, per via degli scambi con Spagna e Italia. Aperte di mentalità, chiuse di portafoglio.
Forse chi aveva assaltato il postale era lo stesso che tre giorni prima aveva di malavoglia versato il proprio obolo all'assurda guerra.
Tutte le guerre sono assurde…
Ancora di più quelle incomprensibili.
Ma quale guerra non è incomprensibile?
Luigi XVI aveva lusingato i distretti del sud della Francia con promesse di commerci oltreoceano, affari che si sarebbero moltiplicati grazie all'appoggio e alla preferenza che i coloni americani, i nuovi padroni delle terre su cui si combatteva, avrebbero riservato agli alleati francesi, spodestando i tiranni inglesi.
Che poi, i francesi in America c'erano già ormai da secoli. Ai francesi era sempre e solo importato commerciare, avere pellicce indiane, patate, mais, pomodori, tabacco.
E i francesi, a dispetto dei tiranni inglesi c'erano sempre andati d'accordo con gli indiani, più che gli stessi coloni americani.
Dunque adesso a tutti, francesi di Francia e francesi d'America, quella guerra stonava non poco, aveva fatto storcere il naso, che essere obbligati a pagare una guerra contro un popolo con cui s'era sempre andati d'accordo, ossia i nativi americani, era apparso pressoché a tutti del tutto inutile, finanche ridicolo.
E una guerra inutile era ancora peggio d'una guerra incomprensibile!
E ancora peggio, ridicola!
Un respiro fondo…
"Ordinate agli uomini di prepararsi in assetto da combattimento! Che le baionette siano cariche, ma fate attenzione a non sprecare polvere e a che non s'inumidisca. L'ordine è di non sparare!".
"Colonnello…prego…" - balbettò il sottoposto che forse aveva perso il filo del discorso ma poi no, l'aveva compreso benissimo.
"Non sparate!" – replicò l'altra insofferente di dover replicare un ordine – "Dobbiamo recuperare il carico…dobbiamo far comprendere a questa gente che la guerra in America non si vince solo con le preghiere a Notre Dame…".
Una dannazione corse tra i denti…
Lei per prima stava combattendo contro quell'assurda visione.
Lei per prima – adesso lo rammentava – mentre fuori dall'Hotel de Ville, quel giorno, piegata dal dolore, aveva invocato lei stessa il nome di Notre Dame, Che avesse allontanato da lei il terribile dolore…
"Il postale?" – domandò issandosi il mantello sulle spalle.
"A sud…è stato fermato nella Contea del Berry".
"Era quasi arrivato a destinazione! La stazione e il mastro di posta?".
"Monsieur Van Fillé…è barricato nella stazione di Châteauroux!"
"Ci vorrà quasi un giorno per raggiungerla!"
Nella pioggia il drappello prese a incunearsi lungo la strada viscida di fango e nera di foglie marce.
Nella pioggia il cuore prese a battere così forte che per poco pensò di non sentirlo più.
Nessuno alle spalle, nessuno sguardo su di lei che ora lei stessa cercava. Era passato ormai un tempo infinito e gli occhi avevano iniziato a dimenticare l'effige dell'altro, il suo sguardo.
Quell'abbraccio era addosso a lei invece, come se lei lo avesse indossato per tutto quel tempo, unico abito in grado di proteggerla.
Non l'uniforme, non la spada al fianco…
Non il mantello…
No…
L'impalpabile abbraccio che l'aveva cinta.
Oscar rammentò ch'era accaduto due volte. Prima quando André le era corso incontro, dopo che lei aveva recato al Conte di Fersen il messaggio della regina, e dopo ancora, dopo…
A Brest…
Si accorse che lì, nel freddo dell'inverno che conduceva all'anno 1781, nella pioggia pungente mista a neve che graffiava il viso e frantumava le ossa, quell'abbraccio era stato il suo unico indumento.
Né stoffa, né lana, né lino, né broccato.
Un abbraccio fatto di nulla…
Il nulla che l'aveva tenuta a galla…
Il nulla che adesso lei poteva osservare nelle mani ferite.
Scese da cavallo.
Era ormai l'alba. Un altro giorno, un altro sole sarebbe sorto senza di lui…
Aveva cavalcato per tutta la notte, una breve sosta alla stazione di posta immediatamente precedente, la concitazione scorta sui volti di quelli che venivano da Châteauroux, occhi sgranati a raccontare che ad avvicinarsi si rischiava di finire sotto una grandinata di pallottole.
Quelli della stazione erano dentro e resistevano…
Gli assalitori stavano fuori…
Si tolse i guanti, un istante a osservare i solchi rossi sui palmi.
Indurite ancora di più, forse per via del freddo o forse perché lei le aveva strette disperatamente e le redini avevano inciso la pelle.
Osservò con disprezzo i palmi delle proprie mani.
Poi lo sguardo scorse allo scenario. La pioggia aveva inzuppato l'esiguo piazzale avanti l'edificio della stazione di posta, il vento forte aveva rovesciato alcune balle di fieno usate per rifocillare i cavalli.
Lo scarto del viso a estrarre la pistola mentre si faceva largo tra i soldati verso la casa nera, dov'erano asserragliati il mastro di posta e i funzionari intenzionati a difendere il carico di monete che sarebbe dovuto ripartire per giungere ad Alençon.
Frapposta tra lei e l'edificio, due carri rovesciati.
Frapposta tra lei e i fucili puntati addosso, la sua sola pistola…
"Non sparate…" – l'ordine ai suoi e il monito agli avversari.
"Colonnello…".
"Ho detto non sparare!".
Siete una bella persona Colonnello Jarjayes! La vostra onestà s'intuisce da un vostro semplice sguardo. Nessuno ne resterebbe immune. Ed essa sarà il riflesso della bellezza della famiglia reale e degli intenti del sovrano di Francia di avere a cuore il glorioso destino di tutto il suo popolo!
Noi teniamo per certo che queste verità siano di per se stesse evidenti: che tutti gli uomini sono creati eguali, che essi sono dotati dal loro Creatore di certi Diritti inalienabili, che tra questi vi siano la Vita, la Libertà ed il Perseguimento della Felicità. Che per assicurare questi diritti sono istituiti tra gli Uomini i Governi, i quali derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati…
Voi ad esempio! Invece che ammaestrare la vostra bellezza ed il vostro intelletto attraverso l'etichetta più rigida e le buone maniere e la musica ed il canto e la danza e la lettura…ed il vostro corpo abbellito da sottane e merletti e broccati…proprio come è stato fatto con questi giardini…voi siete finita dentro un'uniforme…forse un'ambigua scelta per chi l'ha ideata…
I fucili si spianarono contro la figura che s'avviava contro la casa scura.
Pioveva di nuovo…
Un'alba appiccicata e sghemba…
Era sola…
Nessuno dietro a lei…
André…
Mezzo passo dietro a lei…
In apparenza assoluto disordine, impossibile da comandare, impossibile da percorrere, che la testa rischia di perdere il senso di sé.
Oso immaginare, specchiato nelle distese d'acqua dolce, di sconfinata nebbia e silenzio, lo scorcio del mare della Normandia, sotto lo stesso cielo che m'inghiotte il respiro.
Lì, ci ho scritto il suo nome, mille volte.
Perché non c'è nulla da fare. Perché lei è lì, nel cielo limpido e puro, come in ogni squarcio limpido e puro.
E se giungono nuvole di vento o voli adenti di falchi, veloci e implacabili, a cancellarlo, io lo riscrivo di nuovo, ancora e ancora.
Alzò le mani Oscar François de Jarjayes, segno che non avrebbe sparato per prima.
"Vengo in nome del Re di Francia, Sua Maestà Luigi XVI…".
"Che Sua Maestà il Re Luigi XVI vada all'Inferno!" – la replica gridata attraverso la pioggia…
I capelli sul viso…
La pioggia livida penetrata fin dentro il mantello…
La pistola umida…
Se anche avesse tentato d'usarla, era ormai inevitabilmente inservibile.
Sfidava la sorte, Oscar François de Jarjayes, senza nessuno alle spalle, senza alcun respiro addosso, senza alcuno sguardo dell'altro.
Il suo nome…
André…
Mezzo passo dietro a lei…
D'improvviso comprese…
Il fulmine infranse il lento lavorio dei pensieri…
La luce e dopo il buio e poi il rombo…
Spaventati gli assalitori spararono contro la figura che avanzava…
Un'imprecazione, Oscar si scansò, un ginocchio finì a terra, il fango traditore minò l'equilibrio.
"Non sparate!" – gridò di nuovo.
S'acquietarono quelli, mentre l'ennesima saetta, l'ennesima luce schiarì lo scenario quasi irreale, ove scorse, abbastanza vicino, i volti smagriti, gli occhi neri, i denti marci, le mani nodose a stringere l'impugnatura del fucile.
Si rialzò a fatica alzando le mani.
"Non sparate…voglio solo parlare…".
"Fallo da lì…emissario del re!" – gridò uno di quelli puntando il fucile all'altezza del viso – "Giù…in ginocchio!".
Rumoreggiarono alle spalle i soldati, un ordine empio, un'offesa senza precedenti al loro comandante.
Un respiro fondo, Oscar François de Jarjayes, accettò di mettere di nuovo il ginocchio a terra, ma lo sguardo rimase alto a osservare gli assalitori.
Un tuffo al cuore che la voce…
"Vi comprendo…" – sibilò tentando d'accattivarsi l'attenzione degli assalitori.
"Che comprendi damerino?" – sputò sempre la stessa voce.
Sussultò all'appellativo, era da tempo che nessuno l'aveva più scambiata per un damerino.
Quelli parlavano…
Oscar François de Jarjayes ascoltava per scorgere voci e numero di assalitori.
Parevano due uomini quelli che impugnavano i fucili eppure…
Dunque la famosa grandinata di pallottole era soltanto la solita invenzione di viandanti chiacchieroni che amavano ingigantire le storie per esibire spocchioso coraggio da indossare agli occhi del mondo.
Un passo…
Il cielo rovesciava giù pioggia fitta e fredda…
Chissà forse la polvere da sparo era stata gestita dagli assalitori con encomiabile cura, molta più di quella che i suoi soldati spesso impiegavano.
Il guizzo lucido della fiammata…
Il fumo mozzato dalla pioggia, il colpo secco…
Un'imprecazione stretta tra i denti…
L'istinto all'erta impose di schizzare giù a terra…
Il tremore del corpo rattrappito, attinto dalla pallottola, perforato e lacerato, indusse movimenti scomposti e stupidi.
I muscoli gridarono mentre la coscienza, come le era stato insegnato, prese a scindere il dolore sordo dall'intento di restare salda ed evitare il degenerare della situazione e così l'impossibilità di onorare il patto con Sua Maestà. Se avesse fallito, se quei dannati attaccabrighe avessero sparato a lei, forse lei sarebbe morta, ma poi quelli sarebbero stati trucidati…
E allora…
Le sarebbe stato impossibile ottenere il favore del re e finanche…
Lo scopo più importante…
Partire…
Partire…
Partire…
Partire…
L'unico pensiero…
Andare dov'era lui, dove lui era stato. Vedere con gli occhi che diavolo fosse accaduto e se lui…
"Non sparate!" – gridò, la voce roca sospinta dal dolore.
Alle spalle intuì il rumoreggiare dei soldati…
La pistola a terra, caduta nel fango molle, un errore imperdonabile l'avrebbe appellato suo padre.
Gli occhi scorsero a due giovani che le correvano incontro. Erano davvero solo due…
Il dolore era intenso, non aveva idea se fosse una ferita di striscio oppure…
Quelli l'afferrarono per le braccia e se la issarono in spalla.
I soldati, dalla parte opposta, non si sarebbero mai azzardati a sparar loro addosso, col rischio di colpire il loro comandante.
S'avviarono e lei si ritrovò cacciata in un angolo, sotto una specie di riparo costruito alla meno peggio tra una carrozza rovesciata e la carcassa d'un cavallo morto.
La poca luce rivelò altre figure.
Non erano solo due uomini a imbracciare i fucili.
Anzi, quelli non erano nemmeno uomini ma due ragazzi, impauriti.
E c'erano anche tre donne, due più giovani e una più vecchia, comunque livide e zozze, gli occhi spalancati di rabbia per via che l'assalto s'avviava al peggio per gli assalitori.
O chissà, forse per la paura d'essersi guadagnati un ostaggio, che come usarlo o finanche il coraggio di farlo fuori, adesso, chi ce l'avrebbe avuto!?
"Che avete combinato?" – prese a strillare la donna più anziana – "Colpire un soldato del re!? E adesso? Se ci prenderanno nessuno ci toglierà le teste dalla forca e…".
Ecco di chi era quella voce…
Una donna…
Gracchiante come una cornacchia, severa come quella d'un boia!
La donna si alzò infuriata contro i due uomini, allargò il braccio che teneva stretto il fucile verso un altro angoletto dell'improvvisato rifugio.
Gli sguardi corsero a tre bambini abbracciati l'uno all'altro, accartocciati di freddo, i visini zozzi, gli occhi lucidi di terrore.
Accanto, un'altra donna più giovane e poi un'altra…
Due fucili ciascuno…
Nella testa un solo pensiero a guidare le parole e i gesti e la tensione.
Incanalare la propria e quella degli altri per raggiungere un risultato da cui tutti avrebbero tratto beneficio.
Oscar scrutò il gruppetto che muto si scambiava imprecazioni mute, incredulo d'esser riuscito a tenere in scacco il mastro di posta e i suoi segretari e persino un nutrito drappello di soldati di Sua Maestà!
"Che cosa faremo adesso?!" – si chiese la vecchia tornando a puntare il fucile contro l'ostaggio, così che i due uomini, presi ancor più dal panico, fecero altrettanto.
Tre fucili puntati addosso…
"Se mi ammazzerete, nulla resterà di voi…e i vostri bambini saranno dannati…" – sputò Oscar François de Jarjayes, scegliendo lo smacco del fallimento e l'impietosa sorte riservata ai più piccoli.
"Oh…monsieur! Noi dannati lo siamo già!" – rimbeccò la vecchia che pareva avere forza o forse disperazione sufficiente a tenere le fila della faccenda – "E non abbiamo necessità d'ammazzare nessuno per essere dannati! La Sua Santa Signoria il Re Luigi di Francia si è preso tre dei miei figli! E adesso si sta prendendo tutto quello che le mie mani e quelle dei figli che mi restano abbiamo tentato di guadagnare per sopravvivere. E sapete…dicono che noi poveracci ci nascondiamo per non dare al re quel che ci chiede! Ebbene i figli non li ho potuti nascondere e la Francia e il Re di Francia se li sono presi! Sono andati in guerra e non sono più tornati! Chi me li restituirà i miei figli!? Mi restano questi due…e non glieli voglio dare al re…e poi le mogli di due di quelli che sono morti. Sapete che due avevano moglie e figli?! Quelli sono i miei nipoti! E…".
Gli occhi cerchiati di scuro parevano prendere fuoco…
Lucidi e impazziti…
Lì, nessuno lì aveva più nulla da perdere, che la dannazione era già calata sulla testa di ognuno.
"Il vostro re ci ha preso tutto! Non ho più nulla da offrire…niente di niente! E allora facciamo che chiedo a voi…monsieur…se avete qualcosa da offrirmi in cambio della vostra vita!?".
Parlava forbito la vecchia…
La disperazione alle volte s'incanala nella semplicità della ragione.
Respirò piano Oscar, sputò a terra…
La lama affilata della perdita sferzò gli intenti.
Come dare torto all'altra?
Come immaginare una qualsiasi ragione plausibile che giustificasse la perdita di un figlio o quella di un...
Amico!
"Mi spiace per i vostri figli…" – respirò piano, scegliendo le parole – "So che in tanti hanno perduto i propri cari. Il denaro raccolto, per quanto possa essere assurdo, verrà usato per evitare che questa guerra possa durare ancora altri mesi. Troppi mesi. Così i soldati torneranno a casa!".
"I miei figli no!".
"Nemmeno André!".
Gridarono entrambe…
Perfette sconosciute l'un l'altra, lo stesso macigno sul cuore…
"Chi sarebbe…" – sibilò stupita la vecchia.
Salirono le lacrime, la realtà incideva la gola, una specie di sasso piantato lì ormai da mesi trovò modo di crollare giù, graffiando la pelle nella sua rovinosa caduta, sollecitato dal pulsare del sangue nel braccio.
"Era…mio…fratello…" – sussurrò Oscar – "Era il mio migliore amico…".
S'ammutolì la vecchia che però le lacrime salivano parimenti dalla gola.
"Mezzo passo sempre dietro a me…era...".
L'ultima chiosa si perse nell'incedere scrosciante della pioggia.
"Che volete, che dovremmo fare?" – incise la donna anziana.
"Aiutatemi ad alzarmi…" – il primo ordine.
Quelli sospirarono e poi aiutarono l'ostaggio ad alzarsi.
"Andiamo dentro…".
"Dentro? Siete pazzo! Non ci faranno mai entrare!".
"Assieme a me si!".
Il gruppo sbucò da sotto il rifugio improvvisato…
L'agitazione dentro la casa si rivelò presto, altri fucili puntati addosso e la porta sprangata e la finestra aperta…
"Fateci entrare! Sono il Colonnello Oscar François de Jarjayes della Guardia Reale di Sua Maestà il Re di Francia! Queste persone mi stanno aiutando!".
Sussultarono i due uomini, la vecchia digrignò i denti marci, passandosi la mano sulla faccia a scacciare i pochi capelli fradici che infastidivano la vista.
La porta era sprangata. Il chiavistello girò due volte.
Oscar s'avvicinò, appoggiò la fronte al legno, la testa pesava, le gambe stavano cedendo.
Il dolore aumentava, se fosse svenuta sarebbe stata la fine di tutto. Quelli avrebbero capito, lei non avrebbe combinato nulla dimostrando la solita stolta debolezza.
"Aprite! O sarete ritenuti complici di ciò che sta accadendo!".
Quattro dannazioni accompagnarono il terzo giro di chiave. La porta si spalancò, i fucili puntati addosso.
"Entrate solo voi!" – l'ordine del mastro di posta.
"No! Entrano tutti o non entra nessuno!".
Altri istanti d'indecisione…
Una stilla, un rantolo…
"Diavolo! Entrate!" – sputò il mastro di posta.
Entrarono dunque, tutti, i bambini raggomitolati l'uno addosso all'altro, come tre gattini ripescati dai vortici d'un fiume in piena. Le due donne a stringerli per mano.
L'anziana col fucile debitamente puntato addosso agli ospiti e gli ospiti con i fucili debitamente spianati al contrario, contro gli avversari.
"Riponete le armi! Tutti!"– tentò d'ordinare Oscar mentre s'appoggiava ad un tavolo – "I miei soldati non spareranno. E nessuno è autorizzato a farlo!".
La testa doleva…
Il vortice dell'assurda missione batteva nelle tempie a rivelare la progressiva erosione della fiducia in se stessa e nell'equilibrio sempre più instabile su cui poggiava l'esistenza della disgraziata Francia.
Chi avrebbe mai potuto ritenere legittima quella guerra?
"Questi sì invece, questi v'hanno sparato!" – chiosò cinico il mastro di posta.
"Questo lo stabilirò io a tempo debito…" – tagliò la risposta sorprendente e schietta.
"Che dite!? Il colpo…è partito da quelli!" – indicò l'uomo spianando il fucile contro i due uomini che alzarono a loro volta i fucili.
"Dannazione!" – che fu lei a imprecare – "Ora non m'interessa stabilire che è accaduto! Sono qui per conto di Sua Maestà Re Luigi XVI. Devo ritirare il denaro che è stato raccolto. La spedizione per l'America è pronta a salpare. Non c'è molto tempo!".
"Noi si è fatta la nostra parte! Sono questi qui…" – ribatté il mastro di posta, Monsieur Van Fillé mantenendo alta la punta della baionetta – "Che si oppongono agli ordini del nostro sovrano! Magari sono davvero furbi! Piangere miseria per tenersi per sé il denaro che spetta ai nostri soldati!".
La vecchia prese a tremare…
Malconcia e nera, furiosa per l'affronto, disperata perché non comprendeva…
Avere nel pollaio dieci galline e nella stalla tre capre e una mucca poteva valere tanto quanto quel nobiluomo che passava tutti i santi giorni in carrozza e quando scendeva esibiva scarpe sempre lucide, calze seriche, ricami variopinti sulla giacca trapuntata, e con un cenno otteneva il prezzo dei terreni che concedeva di lavorare!?
Ma se dalla terra non si era ricavato nulla, che gli si dava al nobiluomo!?
"Basta! Tacete! Preparate il denaro…" – sputò Oscar, il respiro tranciato dall'ennesima fitta, quasi cadde se non fosse stato per i due uomini che la tennero in piedi - "Fare presto!".
La donna si fece avanti, sguardo truce di rabbia e disperazione: "Questa guerra...è la vostra guerra monsieur…sapete che la mia non finirà! Mai più!".
"Sì, lo so, lo so molto bene…non sto mettendo i vostri figli e il mio amico entro lo stesso destino…sto solo dicendo che se anche un solo uomo non morirà tornerà salvo, allora quelli che sono morti non lo saranno stati invano…nemmeno i vostri figli…".
L'argomentare era secco…
La donna sputò a terra, a disprezzo dell'evoluzione dei fatti. Non stavano ottenendo nulla, seppur pareva che le loro ragioni avessero avuto pregio di piegare la baldanza regalità dell'ufficiale che si erano tirati dietro nella folle impresa.
Sì, che a guardarla bene in faccia, nemmeno Oscar François de Jarjayes pareva convinta che le proprie stupide parole avrebbero avuto pregio di lenire il dolore degli assalitori, così come non avevano pregio di lenire il proprio.
I sacchi, tre piccoli e due più massicci, vennero posizionati sul tavolo assieme alle carte che recavano le somme contenute, in numero di monete e corrispondente valore.
"Bene…monsieur…" – respirò piano Oscar François de Jarjayes tenendosi il braccio – "Ora sareste così cortese da sedervi al tavolo e aprire il documento…".
Mastro Van Fillé sgranò gli occhi atterrito dal presagio di ciò che sarebbe accaduto.
Fece per tirar su il respiro e tuonare il proprio secco rifiuto, già immaginando la richiesta dell'ufficiale di mettere mano al registrino…
L'ufficiale sollevò il braccio, un po' a fatica, dopo aver sfilato dalla tasca interna della giacca dell'uniforme il carteggio che recava con sé, il lasciapassare a percorrere in lungo e in largo il Regno di Francia, autorizzato ad esser longa manus di Sua Maestà Re Luigi XVI.
In sua vece, avrebbe esposto a quei dannati francesi chi fosse davvero il loro re che aveva a cuore le sorti della Francia ma altresì di ciascun francese, che fosse nobile o popolano.
"Sedete!" – l'ordine risuonò secco nel terreo silenzio – "Ora annoterete alla presenza di tutti, la decurtazione di quindici luigi d'oro…".
L'uomo si sedette, la faccia prese a incendiarsi d'un sudato rosso, di vergogna o rabbia, la pennetta d'oca gli sfuggì tra le mani.
"Voi non sapete quel che state facendo! Questa è lesa maestà…questo denaro non v'appartiene!" – bofonchiò l'uomo, seppur attingendo la penna nel calamaio, ma la mano era sospesa, la goccia d'inchiostro lì lì per cadere e sporcare il foglio.
Le dita avevano sfiorato la carta, erano scorse alla grafia impressa, ai ghirigori delle lettere, immaginando la penna intinta rilasciare l'inchiostro, il gesto della mano, la sua mano, che vergava pensieri, imprimeva immagini, e lei lì a osservare i paesaggi, come li avesse scorti attraverso gli occhi dell'altro…
Le aveva parlato l'altro, le aveva raccontato tutto…
"Ebbene questo denaro appartiene al popolo di Francia ed io sto solo eseguendo un ordine del Re, sebbene possa sembrarvi astruso e senza senso. Sua Maestà è cosciente del grande sacrificio che il suo popolo sta affrontando per una guerra lontana e che a tanti appare senza ragione. Anzi…se proprio ci tenete a saperlo, persino a me essa è estranea ed ha recato un immenso dolore nella mia vita. Dunque lasciamo che questo denaro, per quanto esso non avrà mai pregio di riparare al torto che queste persone hanno subito, consenta almeno loro di continuare a vivere. Se avranno questo coraggio, forse, un giorno, potranno recuperare un poco di pace, anche se nulla e nessuno potrà restituire loro i figli perduti. Mastro Van Fillé voi avete figli!?".
L'uomo, punto sul vivo, abbassò gli occhi e così fecero i due giovani uomini ch'erano dietro di lui.
Ben vestiti, seppur con abiti sobri e scuri, le mani un poco scure anch'esse, come di chi è solito maneggiare inchiostro e carta…
Oscar sollevò lo sguardo.
"Immagino siano loro…".
Che anche quelli allora abbassarono gli occhi.
"E immagino che se essi sono qui…".
"Non andate oltre!" – tremò il mastro di posta – "Loro mi servono qui! E servono Sua Maestà esattamente come i vostri soldati! Se la gente può viaggiare e arrivare a destinazione in tempi ragionevoli lo si deve a noi, che abbiamo cura delle bestie che ci vengono lasciate, delle carrozze che vanno riparare, delle persone che hanno necessità di rifocillarsi…dunque…".
"Dunque a ognuno il proprio compito!" – l'interruppe lei – "Non ho alcun biasimo verso di voi perché i vostri figli sono qui. Ma comprenderete che se l'ammettete per loro, allora anche per i figli di chiunque vale ch'essi siano indispensabili per il proprio padre e la propria madre. Dunque comprenderete cosa sia stato per questa donna aver perduto i suoi che sono andati a esaudire un ordine del re, esattamente come stanno facendo i vostri…".
Tirò un altro respiro Mastro Van Fillé che avrebbe voluto replicare che non era uguale…
E no, non era uguale!
Era proprio diverso.
I suoi figli non avrebbero corso il pericolo di morire, com'era invece accaduto a quelli di quella povera pazza che aveva assaltato la stazione di posta.
E c'era che Mastro Van Fillé ne aveva visti in vita sua di banditi e briganti e villani che avevano messo a ferro e fuoco la sua stazione, ma mai ne aveva incontrati di così scalcinati e disperati, come se quelli che aveva di fronte l'avessero fatto proprio apposta, per finire alla forca, perché non c'era più vita oltre la morte dei propri figli.
E quel dannato ufficiale gliela stava rimettendo in mano quella vita, assieme ai quindici luigi d'oro che, a guardar bene, erano niente a confronto dei poveri figli che mai più sarebbero tornati.
Mastro Van Fillé abbassò il capo, deglutì a fatica. Poi si voltò e con un solo volo dello sguardo indusse i propri a comprendere il da farsi. I due si mossero, quasi avessero ricevuto l'ordine d'un superiore e scomparvero nella stanza attigua per tornare poco dopo con due ceste colme di pane e olio e formaggio e carne secca.
"Se vogliono…lor signori, messieures e mesdames, possono restare questa notte…" – balbettò paonazzo dalla vergogna – "Abbiamo due stanze libere…non c'è necessità che vi mettiate in viaggio con questa pioggia…andate…e vedremo di trovare qualche abituccio per questi mocciosi…".
"Monsieur!" - gracchiò la vecchia – "Non siamo poveracci che accettano elemosina…non l'abbiamo mai fatto…pagheremo…".
"Pagherete certo…" – sibilò severo Mastro van Fillé – "C'è da ripulire il fienile…se i vostri figli ne hanno voglia…e ci sono da pelare due botti di patate…se…".
"Madame Fabér!" – sputò la vecchia – "Sono Madame Anne Marie Fabér! E questi sono i miei figli! Paul e Claude, quelli che Nostro Signore m'ha permesso di tenere con me! E le mogli di quelli che non ci sono più, Lea e Rosaline! E i miei nipoti! Leonine, Flore e Aubray! E i vostri figli...monsieur...come si chiamano i vostri figli!?".
Piangeva la vecchia Madame Fabér nello snocciolare i nomi dei vivi, che si guardarono i due figli della vecchia, ch'erano ancora poco più che giovanetti e si guardarono le due giovani nuore, alzandosi, stringendo le mani alla stoffa del vestito fradicio…
"Non ora…" – sussurrò il mastro di posta – "Domani! Adesso andate a riposare…c'è tempo…lasciamo che spiova…".
Il tempo di osservarsi e fare un inchino…
Il tempo di sottoscrivere le carte e richiudere i sacchetti…
Il tempo d'infilarsi in tasca le monete…
I quattro ragazzi sgattaiolarono fuori con l'intento di darsi da fare a liberare il cortile della stazione di posta dalla carrozza rovesciata e dalla carcassa del povero cavallo morto.
Un ordine gridato dal padre ai due sull'uscio…
"Correte a chiamare Monsieur Gaviot! Quell'animale era sano…inutile sprecarlo! Saprà farlo a pezzi come si deve!".
Tutto come doveva andare.
Si maledisse Oscar François de Jarjayes…
Se non ci fosse stata lei, se al suo posto ci fosse stato un qualsiasi altro ufficiale…
Il re anelava a essere un buon sovrano.
Ma ormai non bastava più, tutto precipitava in una sorta di visione senza speranza.
Gli uomini non erano uguali e volevano essere considerati tali.
Perché solo se fossero stati tutti uguali, allora avrebbero potuto essere diversi!
Oscar intuì le forze cedere, il morso acuto irradiarsi come una specie di edera velenosa, attraverso i muscoli del braccio e oltre, al torace, allo stomaco.
La testa scoppiava…
S'intuì strana, sola, persa e perduta…
Tutto era finito come doveva finire.
Il mastro di posta convinto a non invocare né giustizia, né vendetta, che poi, quasi sempre, è difficile sapere quando la prima non è altro che il livido volto della seconda.
Tutto si era concluso per il meglio.
Il denaro recuperato, lo scarto dei quindici luigi d'oro camuffato come errore.
Le monete erano in fondo poca cosa, persino per quelli che li avevano ricevuti.
Indietreggiò…
Dal fondo d'una sconosciuta coscienza crebbe la sequenza bislacca d'ancestrali ricordi…
Biscotti caldi appena sfornati…
Fili d'erba in bocca a fischiare strambe melodie…
Lucciole catturate dentro barattoli di vetro…
Pozze di fango calpestate a piedi nudi…
La mano allungata verso il cielo, contro la luce che filtrava tra le nuvole veloci…
Per afferrare chissà quali raggi, chissà quali sogni...
Echi di risate, parole, battiti…
Capelli sfiorati dal vento…
Mani accarezzate, sguardi rubati, sogni…
Aria…
Luce…
Rabbia…
Nostalgia…
Echi di voci, la sua e quella di lui…
Si voltò…
Non c'era nessuno dietro a lei.
Le era sembrato, per un istante, che lui fosse lì, mezzo passo dietro a lei.
Ma André non c'era.
Non era lì.
Non c'era più.
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