Ma vivi altrove.
Il tuo tenero sangue si è fatto altrove.
Le parole che dici non hanno riscontro
con la scabra tristezza di questo cielo.
Tu non sei che una nube dolcissima, bianca
impigliata una notte fra i rami antichi.

Notturno – Cesare Pavese

19 ottobre 1940

daLavorare stanca, Einaudi, 1943

Rondini

Brest, 31 mai 1781…

Dove sei?

Perché sei partito?

Per lei?

Chi è lei?

E chi sono io per te?

E tu…

Sei…

Vivo?

La cicatrice pulsava. come se la ferita fosse ancora aperta, la carne viva attinta e sfregiata dalla pallottola sparata per disperazione.

E quel dolore pareva essersi impresso come marchio nella testa, a rammentare il giorno, l'ora, l'istante in cui Oscar François de Jarjayes aveva compreso che André Grandier non c'era.

Non c'era più.

Nessuno alle spalle…

Nessuno a cui rivolgere lo sguardo voltandosi…

Ai primi di marzo dell'anno 1781, il Generale La Fayette, rientrato a gennaio di quell'anno, era ripartito di nuovo, alla volta dell'America, alla testa di venti vascelli di linea, tre fregate e più di cento bastimenti di accompagnamento.

Tremiladuecento tra ufficiali e soldati che sarebbero approdati nell'isola della Martinica.

Re Luigi XVI aveva assunto il comando di quell'impresa che, come avevano predicato gli stessi La Fayette e Rochambeau, si sarebbe combattuta e vinta in mare perché in mare gl'inglesi erano ormai allo stremo.

La stagione s'era resa poi, d'improvviso, indisponibile, attraverso piogge violente, vento forte, mareggiate imponenti, per consentire a un'altra flotta di salpare immediatamente dopo, per un viaggio altrettanto importante, con quel carico di sedici milioni di livres raccolte e destinate alle colonie del nord e ai territori al confine con la Nuova Francia, che gli avamposti francesi da difendere erano anche là.

Così i mesi erano scorsi lenti e compatti.

La ferita ci aveva impiegato diverse settimane a rimarginarsi, il riposo forzato aveva acuito la smania, straziato gl'intenti, minato sino allo sfinimento il desiderio di lasciare la Francia.

Suo padre, il Generale Jarjayes, era persino arrivato a pensare che la figlia non fosse poi così forte, così come l'aveva allevata lui, e che chissà come, avesse preso a rivelare quella nota femminile, ondeggiante e triste, che lui aveva sempre tentato di soffocare.

Ma si sa, alla natura non ci si oppone.

Quella nota, quell'accordo che aveva preso a rimbombare sordo e costante nel cuore era forse incapacità a rassegnarsi ma, di contro, le pareva che quella mancata rassegnazione fosse solo una scusa, perché se si fosse finalmente rassegnata, il senso di colpa le avrebbe imposto di uccidersi.

Non aveva mai davvero compreso chi fosse André, così che giorno dopo giorno, le dannatissime incomprensioni avevano preso a rodere con la loro diabolica faccia.

E giorno dopo giorno, s'era ritrovata furiosa con se stessa non solo per non aver compreso.

Ma perché l'aveva lasciato partire.

Chiunque fosse quella dannata donna, lei, Oscar François de Jarjayes, non avrebbe dovuto consentire che l'altro partisse e quel pensiero dunque rovistava nell'animo come un verme si ciba della polpa d'una deliziosa mela, bacandola irrimediabilmente.

Chiunque fosse stata l'altra…

§§§

Era quasi il tramonto.

La finestra socchiusa fluttuava di cielo soffuso d'arancio, sospinto d'odorosa lavanda e tiepida ginestra, intrecciate all'alone salmastro del mare.

Caparbia, come lo sono le rondini che a ogni nuova stagione tornano a solcare gli stessi cieli, libere, nella coltre ovattata della sera, a catturare gli ultimi insetti che s'agitano nell'afa del giorno morente, anche lei, Oscar François de Jarjayes, era voluta tornare lì, a Brest, proprio lì, nello stesso edificio dell'Arsenale, dove aveva incontrato Fersen, quella sera di ormai tre anni prima, giunta lì per cercare il conte, per annunciargli l'ambasciata di Sua Maestà la Regina Maria Antonietta in attesa di un figlio, il primo figlio.

Madame Royale era nata…

E ora…

Lì, nella stanza in penombra, occupata adesso in qualità di ufficiale che avrebbe scortato il carico di denaro in America, dunque senza più necessità di nascondere identità e grado, seduta sulla poltroncina, Oscar François de Jarjayes sorrise, d'un tirato sbuffo, cinico e rassegnato.

Semmai avesse ritrovato il Conte di Fersen, gli avrebbe comunicato l'affetto della regina e i suoi pensieri mai sopiti dalla lunga separazione di miglia e giorni, ma anche che Maria Antonietta era in attesa del suo secondo figlio e che la Francia intera aveva benedetto la maternità, finalmente lontana da ombre, pulita e sincera.

Che poi, in fondo, tutta la vita della regina era sempre stata così, pulita e sincera, perché l'amore in fondo è così, anche quando s'annida nelle oscure pieghe del desiderio.

Solo che, prima d'allora, era stato difficile farlo comprendere al popolo e ai benpensanti, perché il popolo e i benpensanti si nutrono solo del pettegolo desiderio, mentre del grande amore, puro e sincero, non sanno che farsene.

Chissà se Fersen avrebbe gioito?

Chissà se il conte aveva dimenticato quella passione acuta e nera, al punto d'accettare che la donna amata aveva oramai chinato il capo, cedendo consenso e corpo al destino che le aveva adagiato sul capo la corona di regina?

Il cicaleccio continuo e imperterrito raggiunse un limite quasi insopportabile.

Si ritrovò smarrita ed esausta, nella stanza bagagli sparsi e alcune borse di carte e libri.

La smania riprese a innervare la punta delle dita che si mossero altrettanto nervosamente a spostare volumetti, registri e boccette d'inchiostro.

Il campionario di chiavistelli…

Lo stesso Luigi XVI s'era prodigato a forgiare serrature adatte ai bauli che avrebbero custodito i denari, fino allo sbarco in America.

Ciascun baule era dotato di una particolare serratura.

Solo che quella che appariva…

Spesso non tutto ciò che appare, è!

E non tutto ciò che non appare, non è!

La conta delle monete era stata lunga e laboriosa, la sigillatura dei sacchi altrettanto solenne, così come la misteriosa creazione delle sorprendenti serrature, necessarie per evitare che qualcuno fosse in grado di aprire i forzieri in un tempo esiguo.

Nessun forziere in sé è inespugnabile, semmai è bene che il ladro c'impieghi così tanto tempo da finire per essere scoperto.

S'era poi dispiegata la responsabilità della tenuta dei chiavistelli.

S'era deciso per un sistema semplice, una precauzione necessaria, i forzieri non avrebbero viaggiato assieme al detentore delle chiavi.

Così s'era stabilito.

Dunque.

Perché…

Dannazione, perché?

Perché sei tornata qui, per quale dannato motivo?

Avresti potuto scegliere un'altra stanza ma no, hai chiesto proprio questa, dove non è rimasto alcun segno dell'altro, che probabilmente l'ha occupata per il tempo necessario a concordare l'imbarco delle armi e dei soldati…

Sei una donna di rara bellezza e intuito acuto…ammetto sia del tutto ingiusto e scortese chiederti di parlarmi di Maria…ma con te posso farlo…credo che potrei…ti prego…onora la mia persona…non sono soltanto un conte…

Credo che potrei…

La mano afferrata…

Il ricordo come ago che penetra la stoffa, ricamandola d'un punto di fuoco…

La mano stretta…

L'istinto di sottrarsi, di nuovo, la coscienza e l'affetto a forzare i muscoli, a lasciarsi chiudere nel desiderio dell'altro…

L'ago cuce un altro punto…

Uno dopo l'altro…

Come una goccia dopo l'altra, diviene rivolo di pioggia che lo sguardo segue e inevitabilmente conduce al mare.

Fersen le aveva domandato se lei era felice, se lo era stata.

Fersen non sapeva nulla e dunque aveva domandato.

Credo che potrei…innamorarmi…

André non aveva mai domandato nulla.

E tu…tu che ne sai dell'amore!? Quali strade percorre? Quali strade ci costringe a percorrere?

L'aveva persino rimproverata, come se lui già sapesse che lei non era felice, che lei, dell'amore, non sapeva un accidente di niente.

André era un arrogante…

Fece per alzarsi…

Da fuori giungeva lo scarrocciare di passi e carretti lungo la via scura che costeggiava l'Arsenale. Grida di barrocciai e mercanti a chiedere di fare largo, che lì s'andava di fretta e nella fretta si rischiava di mozzare i piedi a qualche allocco che s'attardava nel mezzo del selciato, inebetito dal caldo o dalla stupidità.

L'oppressione del giorno morente, la smania d'essere altrove, l'intransigenza verso il proprio fallimento, la stizza di non lasciare nulla d'intentato, tutto combatteva contro tutto, tutto s'acquietava e tutto tornava a mordere la coscienza.

Fece per alzarsi…

Un tocco alla porta che s'aprì senza che lei nemmeno avesse il tempo d'accettare l'entrata dell'ospite.

Si alzò alla fine, ritrovandosi davanti una giovane donna dal sorriso malizioso, fino al limite del cinico, come se quella sapesse il fatto suo e non avesse in animo d'irretire l'ospite ma semplicemente comunicare intenti assolutamente noti a entrambi.

Oscar François de Jarjayes c'impiegò qualche istante poi la memoria balzò all'indietro, guidata dallo stesso istinto d'una rondine che percorre miglia e miglia ogni anno, sempre nella stessa direzione e riconosce canneti, case, gronde sotto cui riposare le ali stanche, finanche aspetto e voce delle anime cristiane che abitano le stamberghe o che accade d'incrociare durante il viaggio.

Come una rondine che aveva fatto un lungo viaggio, non tanto attraverso il mare, quanto attraverso il tempo che l'aveva separata dall'altro, Oscar François de Jarjayes convenne ch'era stanca, ma non tanto stupita di ritrovarsi l'altra davanti

"Voi siete…" – abbozzò severa, indugiando sulla figura della giovane che fece un inchino, sobrio, giusto per rispettare l'etichetta.

L'abito questa volta era di foggia meno appariscente della precedente, ossia almeno abbondava di stoffa rispetto a quello succinto d'un tempo, muto testimone d'un mestiere che forse s'era semplicemente abbellito e ripulito proprio come il vestito, ma che si tradiva nei gesti lievi e rapidi.

La giovane chiuse la porta per dirigersi verso la madia e appoggiarvi sopra una pila di asciugamani.

Un cenno del capo…

"Bentrovato monsieur…" – annuì quella dando a intendere che anche lei ricordava l'effige dell'ospite – "Sono anni che non ci vediamo…lieta che mi abbiate riconosciuto…sono Mademoiselle Bellenuit!".

Davvero singolare come nome, pareva uno scherzo, più un nomignolo che quella s'era tenuto cucito addosso dopo chissà quali vicissitudini, che se davvero fosse stato il nome d'una stirpe familiare, c'era da chiedersi da dove venisse.

Oscar rammentò il rapido scambio di battute con il Conte di Fersen quando l'aveva incontrato a Brest, tre anni prima.

Il passo del conte e dietro di lui i passi lievi d'una gentile entraîneuse, ch'era però, in un solo battito d'ali, stata messa in disparte.

Conte…sarà questione di poco…

Non sia mai! Se siete arrivato sin qui…

Rammentò ch'era sussultata, perché Fersen aveva preferito non rivelare che lei era una donna, chissà forse per non insospettire i presenti oppure non per ingelosire la fanciulla.

Che si sa, una donna messa in disparte sarebbe stata capace di tutto.

Meglio dunque che l'altra avesse pensato d'aver come rivale un ufficiale pari grado piuttosto che una donna.

Che una donna messa in disparte per colpa di un'altra donna…

Quella l'aveva appellato monsieur, dunque pareva che nessuno si fosse preso l'onere di dissuadere la giovane Mademoiselle Bellenuit d'aver avuto a che fare – e di avere davanti a sé – quel bellimbusto d'un ufficiale d'un tempo.

"Posso fare altro per voi?" – domanda ovvia…

La giovane si parò davanti. Prese a scrutare l'ospite che a sua volta rispose con un muto sbuffo di rifiuto.

"Avanti…" – si spinse oltre la sbruffoncella arrogante correndo con la mano ad afferrare la mano – "Se siete uno degli ufficiali che deve imbarcarsi…direi che dovreste trascorrere più allegramente l'ultima sera in Francia!".

Le dita si strinsero alla mano.

Un tonfo sul cuore, instupidito dalla rabbia, gelosa d'una donna che non sapeva chi fosse, furiosa con se stessa, che forse il cuore lo sapeva già chi era quella donna…

L'avrebbe uccisa quella donna, quella dannata che le aveva portato via André…

Dio…

Invece di scansarla, Oscar François de Jarjayes si ritrovò lì, dentro la stretta un poco umida e morbida.

Inebriavano i profumi della sera.

Inebriava il triste sentore dell'altra, intriso di stanche notti a porgere baci comprati e carezze accese d'ancestrale abbandono.

Straziavano i ricordi…

"E va bene…ma non qui…" – concluse roca, un poco sovrappensiero, che la giovane schioccò un entusiasmante , lasciando la presa, lisciandosi il grembialuccio decorato di pizzo bianco, qua e là rammendato per via di chissà quali battaglie.

"Se avrete la cortesia d'attendermi, mi renderò presentabile e v'accompagnerò in un luogo d'eccezione…molti soldati e molti ufficiali gradiscono bere un buon bicchiere di vino e per voi farò portare una buona annata…oh…dimenticavo…".

Oscar François de Jarjayes ascoltava la voce dell'altra, trillante e fastidiosa.

Si domandava fin dove si sarebbe spinta lei, che l'altra la credeva un ufficiale, un uomo, e lei lì, non aveva avuto in animo di rivelarsi e dissuadere la giovane entraîneuse dal concordare le successive ore, ma nemmeno che in fondo non sarebbe accaduto nulla.

Poco male, avrebbe goduto dell'insolita sceneggiata quando quella se ne sarebbe accorta.

"Il vostro amico…monsieur…" - sussurrò Mademoiselle Bellenuit – "Devo avvertire anche lui? Gradirà unirsi a noi!?".

"Il mio…amico…" – si riebbe Oscar – "Monsieur…Victor…Girodel?".

La mente balzò all'indietro, al giorno in cui Oscar François de Jarjayes era tornata dal viaggio che l'aveva portata in giro per mezza Francia, a recuperare il denaro raccolto per finanziare le truppe francesi in missione in America.

Un poco stranita dalla stanchezza e rattrappita dal dolore accanito al braccio, aveva osservato lo sguardo di Victor Girodel sgranarsi e poi imprecare muto.

Non aveva aperto bocca Victor Girodel, ma ciò che era accaduto era bastato a vedersi accogliere, da parte di Sua Maestà Re Luigi XVI, la sua richiesta di accompagnare il Colonnello Oscar François de Jarjayes, in America.

Lei si era maledetta da sola per essersi trovata sulla linea di tiro come un pivello.

Lui aveva gioito, sobriamente certo, ma aveva gioito, della poca grazia dell'altra nell'essersi fatta impallinare come un pivello.

Viaggiare sola sarebbe stato estremamente pericoloso, vuoi perché sola non avrebbe mai potuto controllare l'intero carico di denaro, vuoi perché il meccanismo di custodia dei forzieri prevedeva almeno due personalità, di pari grado o quasi, che si conoscessero a fondo, dunque capaci di fidarsi l'uno dell'altro, così che, solo in tal maniera, il carico sarebbe stato assolutamente al sicuro.

Alle perdute, soltanto la metà avrebbe corso il pericolo d'essere derubato, ma di certo non l'intera altissima somma ormai prossima a patire per l'America.

Dunque colui che sarebbe stato degno sostituto a sostenere la sicurezza della famiglia reale, si era rivelato degno compagno di viaggio per il medesimo scopo.

Che Victor Girodel era stato bravo. Aveva recitato la sua parte alla perfezione. Era stato così bravo che alla fine aveva ottenuto il consenso del re e dunque quello della donna che lui stimava.

Si ribaltavano i ruoli.

Ora Victor Girodel ammetteva d'aver imparato a conoscere abbastanza bene Oscar François de Jarjayes ma, al tempo stesso, d'essere stato scaltro a sufficienza, da non rivelare del tutto se stesso all'altra.

Non tutto di sé sarebbe aggradato all'altra.

Victor Girodel lo sapeva assai bene.

E poi…

"Potreste anche chiederglielo ma non credo che accetterà…lui è…" – si massaggiò le tempie Oscar – "Insomma…".

"Capisco…" - chiocciò la giovane con aria furba – "Pensate che il luogo ove vi condurrò non sarebbe degno del suo rango?".

"Potrebbe essere…" – ammise Oscar, anche se non del tutto convinta.

Stupidamente sola…

Come una dannata rondine solitaria, voleva per sé quell'ultima notte.

E nessuno a girarle intorno, a giudicare quella parte di sé che lottava furiosamente contro la propria indolente stupidità, d'aver lasciato partire André.

E ogni volta, il nome era un battito perduto.

E ogni volta, il nome era una muta preghiera e una dannazione al tempo stesso.

Sollevò lo sguardo Oscar François de Jarjayes, un cenno del capo per invitarla a uscire.

"Se volete v'aiuto a cambiarvi d'abito?".

"Farò da me…" – negò l'altra stizzita – "Vi aspetto di sotto…".

Nell'atrio d'ingresso dell'edificio dell'Arsenale, Oscar si ritrovò a osservare le pareti, ad annusare lo stesso odore di tabacco che aveva percepito nella precedente visita.

Nel lasso di quei tre anni non era stato apportato alcun cambiamento, la tavola di radica era al suo posto, le tende tirate, il camino spento che allora era un poco più freddo mentre adesso le giornate avevano preso a susseguirsi afose, quasi torride.

E poi c'erano gli stendardi.

Si mosse una tenda al passaggio della dama che, quasi di corsa, afferrava la mano del suo accompagnatore e con l'altra apriva la porta…

"Che vi prende?" – chiese Oscar contrariata.

"Sapete che è accaduto?" – sputò l'altra tra il divertito e il risentito – "Quando sono andata per avvertire il vostro amico…beh non ci ho nemmeno parlato…non ci sono riuscita!".

"Come sarebbe a dire?".

"Stavo quasi per accapigliarmi con quella strana persona. Quella che stava lì, fuori dalla porta, vestita come un giovanotto, anche se aveva i capelli erano intrecciati in due strambe cordelle e aveva una faccia…severa…mi ha guardato e non ho fatto a tempo a fare un passo che quella ne ha fatto uno contro di me! Pareva un animale sul punto di saltarmi addosso e m'ha spaventato…".

Quando era giunto il tempo di partire, Monsieur Benjamin Franklin aveva declinato d'esser riaccompagnato nella propria patria, avendo ancora altre faccende da sbrigare e città da visitare e sovrani da convincere a sborsare soldi per finanziare i coloni americani.

Ma quando quello stesso tempo era giunto e quando la giovane Mohwak Lua Pietra Incandescente si era resa conto che Victor Girodel sarebbe partito e lei sarebbe rimasta in Francia…

Lua non aveva sentito ragioni…

Quasi pareva avrebbe perso il senno.

"Chi era?" – chiese Victor appoggiando il bicchiere al tavolino.

"Nessuno…" – sussurrò Lua chiudendosi la porta alle spalle.

"Nessuno!? Il tuo nessuno…non sarà per caso…".

"No…non era lei…" – s'avvicinò l'altra, appoggiando le mani ai braccioli della poltrona, inclinandosi verso l'altro, sfacciata e severa – "Era una di quelle vostre dame che se ne vanno in giro mezze svestite…".

Un mezzo sorriso inarcò le labbra del nobiluomo.

Sì, aveva convenuto d'esser spesso circondato da belle dame e aveva parimenti convenuto che la giovane amante, pur silenziosamente accettando lo scenario, aveva iniziato a essere gelosa.

Il che aveva anche un senso…

L'importante era che non fosse gelosa di lei…

Victor Girodel gliel'aveva ripetuto più e più volte alla giovane Lua Pietra Incandescente che Oscar François de Jarjayes non doveva essere, da lei, Lua Piera Incandescente, nemmeno nominata.

Figuriamoci immaginarsi d'esser gelosa di lei.

E che, semmai Victor Girodel avesse avuto, un giorno, il privilegio di prendere in moglie il suo bel colonnello, la discrezione e il tatto della giovane amante sarebbero stati di gran lunga apprezzati, piuttosto che, appunto, isteriche scenate di malsana gelosia.

Non c'era niente tra di loro e niente ci sarebbe mai stato. E così tutto sarebbe dovuto restare.

Niente era più di nulla!

Niente era già più, che rischiare d'essere scacciata e dimenticata.

Lua Pietra Incandescente aveva accettato d'essere niente, pur d'essere accanto a Victor Girodel, ammettendo di voler partire per tornare alla propria terra e servire quel giovane ufficiale da cui ormai non avrebbe più potuto separarsi.

Victor Girodel l'aveva presa sotto la sua protezione, con discrezione, la stessa che aveva imposto alla giovane indiana.

E mentre Oscar François de Jarjayes sarebbe andata in America, a cercare Fersen o forse quel servo ch'era morto, lui le sarebbe rimasto accanto, con discrezione, così che quando tutto sarebbe divenuto chiaro…

"E cosa voleva?" – chiese annoiato Victor Girodel.

"Non lo so…" – si chinò la giovane scivolando sull'altro, allargando le gambe così da sedersi sulle ginocchia…

"Magari era importante…ti ho già detto che non devi prendere iniziative senza prima consultarmi…".

"No! Nessuna iniziativa!" – Lua afferrò piano i lembi della camicia dell'altro, aprendoli – "Nulla che io non sappia già…".

La bocca si schiuse adagiandosi alla bocca, il corpo parimenti s'adagiò aderendo e facendosi piccolo, così ch'esso fosse abbracciato e chiuso sull'altro.

Nessuna resistenza, nessuna rimostranza…

Lei non era niente…

Era tiepida pasta da modellare e carezzare così da suscitare l'implosione dei sensi…

Era miele dolce da leccare e succhiare e lasciarsi scivolare addosso…

Era suggello dei sensi…

Che quell'abbigliamento maschile privilegiato per il viaggio aveva la sua ragione.

Era pratico…

Non era necessario compiere gesti, slacciare nulla che non fosse un banale legaccio…

Congiungersi e basta…

Restare lì, muti, in ascolto dei corpi che s'aprivano e si chiudevano, avvinghiati e docili ad assaggiarsi e compiacersi, combaciando a diventare un tutt'uno.

Restare lì, i corpi trasportati da sé, dall'inedia del desiderio.

E poi quegli abiti parevano rendere la giovane amante abbastanza simile all'impossibile amore della vita dell'altro.

Lua Pietra Incandescente l'aveva compreso e l'aveva accettato.

Pur d'essere amata ogni volta che l'altro l'avesse avuto in mente, ogni volta che dell'uomo che amava, Victor Clement de Girodel, avesse scorto l'oscurità, rivelata dalle labbra cinicamente inarcate, di malcelata noia e malessere di vivere.

Lua Pietra Incandescente aveva deciso d'arrogarsi il diritto d'insinuarsi lì, entro il pertugio grigio e freddo, così che l'altro avrebbe ascoltato il sangue scaldarsi, in fretta, dimenticando, in un battito d'ali, la disastrosa e disonorevole fuga, verso una donna che non l'avrebbe amato mai.

Lua Pietra Incandescente lo sapeva che Victor Girodel amava Oscar François de Jarjayes come si ama la stilla pura del sole morente, l'ultimo raggio che trafigge il cielo al calar della notte, la eco tremante della prima stella che compare all'orizzonte.

Ognuno solitario, unico, irripetibile…

Non le importava.

Lua Pietra Incandescente non sapeva cosa significasse amare al di sopra dell'amore, amare la purezza oltre al sesso, amare l'immagine oltre la carne.

Non le importava.

Victor Girodel si ritrovò le dita inanellate alle trecce nere, inebriato dalla serica consistenza. Le slacciò così che le mani corsero a trattenere i capelli…

Implose il corpo chiudendosi su quello dell'altra…

In un guizzo Victor Girodel si domandò se Oscar François de Jarjayes avesse compreso il motivo per cui lui aveva acconsentito a portarsi appresso la giovane Lua Pietra Incandescente.

Forse no.

O forse non le importava.

Oscar François de Jarjayes era essere incontaminato, puro e lieve.

Oscar François de Jarjayes non aveva mostrato sentimenti contrari all'amore sordo e nero, quello nascosto alla legge e segreto agli occhi.

La sua purezza, una volta colta, si sarebbe profusa a chiunque si fosse accostato a lei.

Lui sarebbe stato salvo dalla perdizione, l'avrebbe amata con infinita dolcezza e senza compromessi, così che la purezza dell'altra avrebbe lavato via le sue colpe.

Solo che…

Il passo accostato a quello della sconosciuta ch'era giunta lì a rammentare la strada verso la stessa locanda di allora.

Sorprendente fu entrarci dentro.

Sorprendente fu ritrovare la stessa scena di tre anni prima.

Solo che…

Lo sguardo corse all'angolo in cui un tempo era seduto André. La mente accarezzò il sentore noto, mistura di fumo e vino, sghignazzi e fischi, tutto impresso nella mente, come se tutto fosse accaduto solo poche ore prima.

"Monsieur…sedete! Vi faccio portare del vino…siete mio ospite questa sera…".

La damina s'affrettò ad apparecchiare con bicchieri puliti e una bottiglia di vino rosso, come se lì, quella, fosse di casa.

"Prego!" – ripeté all'ospite ch'era rimasto in piedi, ritto, in preda al delirio dei ricordi – "Monsieur!".

Oscar guardò l'altra, davvero non s'era accorta di nulla?

"Avanti…" – l'incitò la giovane intuendo la progressiva perdita di controllo delle intenzioni dell'altro – "So per certo che gli ufficiali francesi sono gentiluomini! Mica come quei soldati senza soldi e che hanno solo voglia di…di…".

Lo sguardo dell'ospite s'assottigliò, come ad invitare l'altra a proseguire e al tempo stesso a lasciar perdere.

Era troppo enigmatico quel giovane. Mademoiselle Bellenuit intuì il crescente disagio: "Prego…" – provò a insistere.

Oscar corse oltre la giovane, scorrendo alla scala, giù in fondo alla sala. I gradini conducevano di sopra, il brivido scorse lungo la schiena, istintivo.

Combatteva il desiderio annichilito dallo strazio…

Chi è Oscar François de Jarjayes?

Chi era stata e chi sarebbe mai stata, sola…

Si sedette alla fine. Mandò giù il primo bicchiere di vino che bruciò un poco la gola, mentre il calore s'allargava nello stomaco.

Mademoiselle Bellenuit si sedette a sua volta, tirando un respiro di sollievo che almeno quel passo era compiuto.

"Ne ho conosciuti molti di ufficiali sapete?!" – esordì civettuola.

L'argomento era stupido ma quella non sapeva veramente da che parte farsi mentre l'ospite che si ritrovava di fronte mandava giù il secondo bicchiere.

Magari si trattava di solleticare l'amor proprio, che la giovane era esperta, era ricercata, e dunque era il caso di non lasciarsi sfuggire l'occasione.

"E vi dirò di più…quella sera…quella sera sarei stata quasi sul punto di graffiarvi la faccia…".

Il vino andò di storto. Oscar quasi si strozzò, guardò l'altra di sbieco, intuendo il senso della contestazione stupida.

Muta, fredda.

Schiaffeggiare…

Quello che credi un uomo?

"Credevo…insomma…siete così bello…siete davvero il più bel ufficiale che abbia mai conosciuto e quella sera…quando il signor conte m'ha messo da parte per andarsene con voi…ho pensato…".

"Che avete pensato?" – insistette l'altra un poco ebbra e curiosa e straziata.

Come una rondine, caparbia e dannata, era finita in mezzo alla tempesta.

S'era infilata in una massa fredda e umida e ora doveva volare più forte del vento, più intensamente delle raffiche di pioggia gelata per riuscire a salvarsi.

Non lo sapeva più Oscar François de Jarjayes se voleva salvarsi o se avrebbe mai preferito perdersi, abbandonarsi all'oscura effige dell'anima morta, quella che batteva nel petto, con battiti lenti.

Così lenti che prima o poi si sarebbero arrestati.

Afferrò la mano della giovane accompagnatrice.

Perdersi…

Perdere quell'aura di purezza cucita addosso.

Perdersi in un limbo di nulla e di niente…

"Monsieur…".

"Fersen…" – chiese secca –

"Il Conte Fersen! Eri gelosa di lui?".

Che vuoi sapere dunque Oscar François de Jarjayes?

Chi vuoi essere in questo momento?

L'amante straziata del bel Conte di Fersen oppure l'oscura ombra del soldato André Grandier?

"Monsieur…no…ossia…perché me lo chiedete? Sapete dove si trova? Voi lo avete conosciuto?".

"E' andato in America…".

"Si…l'avevo sentito…e sapete se è vivo?".

"Credo di si…".

"Oh monsieur…davvero!? Ne sono felice…sapete…lui s'è comportato come un vero gentiluomo con me. Mi ha trattato bene! Più che bene…".

Silenzio…

"Intendo dire…" – Mademoiselle Bellenuit tirò un respiro fondo come a cercare il filo di un discorso passato, altro che era accaduto – "E' stato gentile…non ha voluto giacere con me…ha detto che lui era innamorato di un'altra donna…e così mi ha pagato ugualmente ma solo per tenergli un poco di compagnia…".

La spiegazione frustò le viscere…

"Monsieur Fersen…".

L'altra tirò un altro respiro, che dunque le era riuscito di catturare l'attenzione e non si capacitava d'esserci riuscita.

"Vedete…così m'ha detto e io sono rimasta sorpresa. Avevo una pessima opinione dei nobili. A Brest ne sono passati tanti e tanti di loro hanno semplicemente fatto ciò che dovevano. Ufficiali certo ma anche soldati…quelli non sono nobili…".

"Hai conosciuto anche soldati?".

Eruppe l'improvvisa virata del discorso.

Oscar François de Jarjayes stava volando, sola, perduta, senza meta, nel mezzo della tempesta, nel mezzo dell'oceano.

Avrebbe potuto godere del tracciato nitido e splendente, il fulgido sentiero dell'amore puro e sublime, quello del Conte di Fersen per la sua amata regina.

Un amore così forte e grande che - s'era vero ciò che diceva la giovane dama che l'aveva conosciuto - era rimasto saldo, nonostante non fosse stato necessario, nonostante Fersen non dovesse alcuna fedeltà a Maria Antonietta.

Restare entro quel sentiero luminoso, saziarsi dell'amore puro, lasciare che le ali bagnate dalla pioggia gelida si riscaldassero al tiepido fuoco di quell'amore vero.

Lei era depositaria di quell'amore…

Fersen le aveva detto, che, forse, di lei si sarebbe potuto innamorare…

Che lei sola dunque avrebbe goduto del privilegio di ricacciare all'Inferno l'amore per la regina.

Invece no…

"Oui monsieur…" – si schermì Mademoiselle Bellenuit.

"Ehi…ma tu sei quello là!?" – la voce alle spalle fece trasalire entrambi gli ospiti, cacciati entro lo strano colloquio smozzicato.

Mademoiselle Bellenuit si voltò colpita dalle parole della padrona della locanda che s'avvicinò con passo pesante, occhi ficcati all'ospite in abiti maschili.

"Mio bel damerino! Siete di nuovo qua!? Eh…è un vero peccato che questa sera non ci siano anche i soldatini dell'altra occasione…un vero peccato! Quello è stato uno spettacolo indimenticabile!".

Straparlava la comare…

"E tu…giovinetta? Che ci fai con questo damerino? Non lo sai che a questo le donzelle gli vanno di traverso!?".

"Cosa…".

Straparlava e rimescolava le carte in tavola…

"Di che parlate?!" – balbetto la giovane un poco frastornata.

"Bellina…tu non c'eri…ma quella sera…uh…un bel soldato moro, occhi verdi come il mare quando il sole non è ancora troppo alto…insomma il bellimbusto prima ha fatto finta di non volerne sapere e poi s'è preso il qui presente damerino sottobraccio e se l'è portato di sopra! E poi…beh…so che l'ho rivisto la mattina dopo…il soldato intendo…e pareva straziato e…insomma bello straziato dall'esser rimasto soddisfatto! Chissà che hanno combinato!? Dunque…che ci farai con questo qui? A questo mica piacciono le donne!".

La giovane si voltò di nuovo, occhi sgranati e fissi all'ospite, da una parte straziato, dall'altra infastidito. La comare non aveva colpa, non poteva sapere cos'era accaduto davvero.

La lontana sceneggiata pareva essersi a tal punto sperduta nei meandri del passato, d'apparire quasi comica, a rappresentarsela ben bene davanti agli occhi.

Per un istante le parve non fosse mai avvenuta.

André era morto…

André stava scomparendo dalla sua vista, dai suoi ricordi, dalla sua mente.

Lui che non era mai stato nulla per lei, nulla più che un amico, un fratello…

Dio…

Nulla…

No…

André era sempre…

André era penetrato nella testa, come grido che trafigge il cuore, schiaffo che spiazza gl'intenti, bacio che suggella un amore, chiodo arrugginito incapace di tenere assieme i poveri pezzi di legno marcio.

Lei era marcia…

Il nome sorse bastardo tra le labbra…

Lo sussurrò piano…

André…

An-dré…

Mi- ka – el…

Chi è come Dio?

Dio…

Perché?

André…

"Come…monsieur!? Che avete detto?" – saltò su la giovane intuendo il suono delle sillabe – "André? Mon amour André Grandier?".

Il nome si piantò nel cuore come stiletto sottile e mortale…

Il nome colpì in viso, forte e sconvolgente…

"Mon…amour…che stai dicendo…come…conosci quel nome?" – digrignò l'ospite trafitta…

"Oh…si…mi pare di rammentare che quel bel giovane si chiamasse André!" – s'intromise tronfia e ghignante la comare della locanda, entro la muta battaglia fatta di mezze parole e lampi di rabbia che ora pareva scorrere tra entrambi gli ospiti seduti al tavolo.

"Come lo conosci?" – ripeté Oscar alla giovane accompagnatrice mentre ogni cosa attorno pareva liquefarsi come sospesa in un mondo sconosciuto ed infernale – "Come sai che si chiama André…".

"Monsieur…che v'importa? Era vostro amico? Ci avete avuto a che fare anche voi? Oh…adesso comprendo meglio…" – prese a balbettare confusa la damina – "Se madame qui presente mi dice che a voi io non potrei mai interessare…e se mi chiedete se ho conosciuto André…e se l'avete conosciuto anche voi e se ci siete stata assieme…".

Oscar si alzò di scatto in piedi…

La mano batté sul tavolo…

"Perché l'ha…chiamato André…come l'hai conosciuto?".

Rimbombavano nella testa le menzogne mescolate ai silenzi…

Chi dannazione era André Grandier…

Prima Amelie Jenevieux…

E la piccola Victoire…

E ancora quella donna misteriosa…

E ora…

"Monsieur così mi fate paura!".

"Non farò nulla…" – il tono s'ammorbidì, la ritrosia dell'altra infieriva e allo stesso tempo sferzava la rabbia – "Parla…dove l'avresti conosciuto…".

"Insomma…monsieur…che modi sono!?" – s'intromise nuovamente la padrona, che non si capiva a cosa mirasse, se a tenersi i due ospiti seduti lì a continuare a consumare vino e sborsare soldi, oppure sfiancarli dalla rabbia e costringerli a lasciare la locanda…

Forse…

"Sentite miei bei giovani…perché non continuate la vostra deliziosa conversazione in un luogo meno affollato? Mi pare che questi non siano discorsi da farsi in mezzo ai tavoli d'una locanda…siamo gente rispettabile noi…vendiamo pane, arrosti, vino…compagnia sì…ma non tresche di poco conto…".

Oscar sarebbe impazzita se non avesse ottenuto altre parole, forsanche una sola.

Chi era André?!

Non chi era stato!

Aveva André…

Vivo…

Nella testa…

Anche una sola parola che le rivelasse André…

Che lui era allora come terra calda e accogliente, umida e ricca, terra di fronte agli occhi, ma lei era ancora lassù in mezzo alla tempesta.

Che lui era oceano, vasta distesa impossibile ai sensi d'abbracciarla, e allora sovveniva la coscienza che costringeva a scendere giù, ancora più a fondo, a percepire la tremante vibrazione d'un accordo oscuro, nero, che non si poteva dire, né afferrare, nemmeno annusare…

Oltre, oltre ancora…

Non era sicura sarebbe riuscita a raggiungerlo. Le pareva che quella terra si stesse facendo sempre più lontana, ogni giorno sempre più inospitale.

"Monsieur…vi parlerò di lui se vi fa piacere…" – s'ammorbidì Mademoiselle Bellenuit che dunque aveva scovato il debole dell'altra, anche se non sapeva chi fosse l'altra, ma c'era da ammettere che l'altra non avesse in animo di rivelare troppo apertamente, così su due piedi che, a lei – uomo - aggradassero gli uomini – "L'ho conosciuto tre anni fa, proprio in questa locanda. Era in partenza anche lui, per l'America. Gli ho fatto compagnia. E' stato gentile…era una bella persona…ma di poche parole…mi ha trattato con tanta gentilezza…un amante intenso e generoso…".

Fersen non aveva voluto giacere con la fanciulla per via dell'affetto verso Maria Antonietta…

André, ch'era partito per colpa d'una donna di cui nessuno sapeva l'identità e l'esistenza, invece…

"Sei…stata…" – il balbettio tranciò l'eloquio fino a quel momento severo e fermo – "Con lui?".

Arrossì un poco Mademoiselle Bellenuit.

"Ma monsieur…che v'importa?! No…perdonate! L'avete conosciuto dunque si, lo ammetto, abbiamo trascorso poche ore assieme, ma sono stata bene…mi chiedeva se avevo freddo, se avevo caldo, se ero comoda…e poi ad un certo punto si è messo a ridere e io non capivo e credevo mi stesse prendendo in giro ma lui mi ha chiesto scusa e mi ha detto che…che era…perch'era mercoledì!".

Il corpo si tirò su, ergendosi di scatto, la sedia scacciata all'indietro cadde che il tonfo parimenti troncò l'eloquio leggiadro della fanciulla, ammutolendo persino la comare.

Mercoledì…che significa…

I pugni chiusi, Oscar François de Jarjayes imprecò muta contro se stessa.

Se lei non aveva mai conosciuto André Grandier, di certo adesso stava imparando a conoscerlo assurdamente bene.

La fanciulla, questa volta per nulla intimorita dalla reazione, ammise che il luogo si stava facendo angusto per il tenore delle parole e per via di quelle confidenze che a poco a poco risalivano dal passato.

Oscar stava lì, muta e ferma.

S'accorse solo che l'altra l'aveva presa per mano e la stava conducendo via, sotto lo sguardo complice della comare della locanda.

Nelle orecchie grida di vittoria da un tavolo, dove s'era appena consumata una partita a carte.

Strascichi di sedie scostate, imprecazioni, bicchieri innalzati a tintinnare…

Nel naso l'odore della carne arrosto, del fumo di legna ancora verde e umida…

Nella testa l'odioso disgusto per via di quella banale quotidianità, per via che la vita, in un modo o nell'altro, seguiva il suo corso, mentre lei avrebbe solo voluto fuggire via nell'impossibilità di fermare il lento oblio dei sensi.

L'odiosa monotonia d'una esistenza ormai estranea, incapace di acquietare i sensi, bensì straziarli e indurre nausea.

Come imbambolata, forse dal vino, forse dal rosario di sorprendenti scene che si sgranavano via via tra le dita, Oscar François de Jarjayes si ritrovò seduta su di un letto, intuendo che il corpo era stato guidato fin lì, su per le stesse scale di allora, dentro la stessa stanzuccia di allora.

Gli occhi fissi nel vuoto intravidero la figuretta gentile che ripuliva il comò appoggiando i bicchieri sopra, addolciva la fiamma della candela smorzando un poco lo stoppino, sprimacciava le coperte e prendeva a slacciarsi il corsetto.

Parlava l'altra ma Oscar non riusciva più a udire nulla.

Le tempie battevano, le orecchie parevano come piombate dal peso di miglia e miglia d'acqua…

Tutto giungeva ovattato e distrutto…

Andrè che parla di amanti…

André che scompare di notte…

André che ha conosciuto Amalie Jenevieux…

André che disegna il nome della sua donna nell'azzurro del cielo…

André, amante gentile e premuroso…

André è morto.

Instupidita si ritrovò la giovane entraîneuse seduta addosso a lei, sulle ginocchia. C'era giunta senza chiedere il permesso, forse l'aveva chiesto ma lei non l'aveva udito e non aveva risposto.

"Monsieur…non abbiate timore…".

"Dimmi…quando lo hai conosciuto…dove?" – sussurrò Oscar quasi senza voce.

Mademoiselle Bellenuit si risentì un poco della domanda. Maschio o femmina che fosse il rivale, non era propriamente rispettoso chiedere di un'altra persona mentre si era alle prese con i preliminari d'un incontro galante.

"Questo non vi fa onore…" – bisbigliò la giovane accostandosi all'orecchio.

Le mani lisciarono il bavero della giacca e scivolarono giù al petto per andare ad aprire i bottoni della giacca.

Ancora qualche istante…

Un respiro fondo…

Sarebbe impazzita…

Chi era André?

Chi era stato?

Chi era diventata lei da non avere pace finché non avesse trovato un brandello di lui in chiunque altro lui avesse osservato, sfiorato, baciato…

Cercava se stessa o lui…

Cercava di ritrovare l'altro o ritrovarsi?

"Quando l'hai conosciuto? Dimmelo!" – digrignò Oscar François de Jarjayes afferrando i polsi sottili della giovane che quasi sobbalzò al repentino cambio d'atteggiamento.

"Monsieur…così…".

Strinse Oscar, i polsi esili…

"Monsieur…lui era così triste…mi ha chiesto se volevo fargli compagnia…abbiamo parlato…e poi mi ha baciato. All'inizio piano…che quasi pensavo avesse paura. E poi…poi ecco…perdonate…mi vergogno…anche se io sono una giovane che giace con altri uomini, insomma, parlarne con voi…ma perché v'interessa?" – prese a farfugliare la damina tentando di liberarsi dalla presa, per andare ad accarezzare i capelli – "Per via delle parole di quella stupida comare, di sotto? Ma siete stato davvero con Monsieur Grandier? Ecco, va bene lo stesso. Ma voi siete bello e se io non vi dispiaccio…posso provare…".

Oscar strinse ancora di più il polso…

"Mi fate male!" – strillò Mademoiselle Bellenuit – "Ma non dovreste essere geloso!".

La mano, in un gesto secco, girò il polso che stringeva…

Il pollice s'insinuò tra le dita chiuse costringendole ad aprirsi.

Ch'esse s'aprirono, e così la mano condusse quelle dita ad adagiarsi addosso…

Oscar appoggiò la propria mano sopra quella dell'altra, premendola così che la mano dell'altra era costretta a restar lì, premuta contro il petto.

Così che l'altra avrebbe compreso.

Le dita annasparono scontrandosi dapprima contro la stoffa ruvida della giacca e poi, come d'incanto, lisciando in un soffio la pelle del torace, morbida e poi la lieve rotondità del seno.

Comprese la damina, il respiro incespicò entro stramba verità.

Lo sguardo addosso, vicinissimo, alla pelle del viso dell'altra, liscia, non sgraziata da tagli o rasature, bianca e tesa, si sgranò, correndo oltre, alla sinuosa linea del collo, nessuna asperità a inasprire la gola, alle ciocche leggere, adagiate sulle spalle, l'attaccatura raffinata e soave.

E poi al disprezzo dello sguardo celeste e scuro, avido e al tempo stesso terreo di sulfurea rabbia…

Gelosia…

Rancore…

Furia…

Paura…

Angoscia…

Odio…

Stillò l'odio derivato dal vuoto…

Nulla avanti a sé, nessuno alle spalle.

Il vuoto eterno della morte avanzava, ingoiando tutto, come Lucifero agguanta e divora i suoi dannati figli, che non gli riescono a sopravvivere.

André non c'era più.

E, giorno dopo giorno, era come se non fosse mai esistito.

Gli occhi della damina buffa e testarda e ormai succube della tenacia rabbiosa dell'ospite scorsero agli occhi chiari lividi, solcati da nuvole d'imminente tempesta che presto si sarebbe abbattuta su di lei.

"Monsieur…" – balbettò tentando di ritrarre la mano.

"E' accaduto questo!? E' stato così?!" – gridò l'altra tenendosi la mano addosso, ascoltando l'incedere affannato delle dita che pareva volessero sottrarsi e al tempo stesso conoscere il mistero abilmente celato dalla stoffa.

"No…che avete? Voi siete…chi siete? André…".

"André è morto!" – gridò Oscar lasciando la presa dei polsi e chiudendo la giovane donna in un abbraccio stretto, il viso appoggiato al petto, le gambe intrecciate a tenerla lì – "E' morto…e voi siete forse la persona che lui ha abbracciato per ultima. Prima…prima…".

Senza parole Mademoiselle Bellenuit, perfetta sconosciuta, ignorante pedina d'un destino beffardo, si ritrovò straziata dalle parole, incapace d'opporsi e di replicare, finanche di liberarsi.

Non capite Oscar…la vostra mano…la vostra mano ha stretto la mia…nella notte del ricevimento, l'ultimo a cui lui ha partecipato.

E questa stessa mano, io lo posso solo immaginare, può aver stretto la sua…quando l'avete incontrato.

Ditemi che è così?! Ditemi che almeno gli avete stretto la mano, così che io adesso, abbia certezza di toccare la stessa mano che ha sfiorato lui…

"Prima di me…".

Gli occhi chiusi…di nuovo…

L'aveva sentito muoversi…

Aveva inteso calore…

Esso ora era come risucchiato dal terreo sguardo della morte…

La mano allungata, oltre il braccio.

Abbracciata piano, di nuovo, senza alcun rumore, senza neppure una parola…

Labbra schiuse…

Da lontano, lo stesso mugghiare del mare avvolto nella foschia della notte calda e salmastra…

Da lontano, lo sciacquio delle ore, sciolte nei respiri silenziosi, nella potente esistenza pura e libera…

Incontaminata…

Liberamente aveva baciato la bocca…

Liberamente aveva accolto la bocca dell'altro…

Le mani si sollevarono a stringere la testolina della giovane entraîneuse.

La testa ferma un poco ruotata verso il basso…

Ecco, aveva ammesso la regina, che le aveva preso la mano, l'aveva stretta, il viso calato verso il palmo, come a odorarne il sentore.

S'era avvicinato Fersen…

Le aveva preso la mano…

Un guizzo…

L'aveva stretta…

L'aveva tirata a sé, piano, avvicinandola alla bocca, appoggiando le labbra al dorso della mano in un gesto d'inusitata e folle disperazione.

Maria Antonietta aveva baciato il palmo…

Fersen aveva baciato il dorso…

Le labbra s'erano ricongiunte seppur attraverso la pelle d'una estranea…

Dunque questo era l'amore…

Pensiero ondeggiante ma fisso…

Volto offuscato ma certo…

Nulla che avessero riportato occhi o orecchie o tatto o…

Che il viso scorse verso l'alto, la bocca si schiuse così che la bocca si sarebbe saziata d'un altro bacio, sulle stesse labbra che avevano baciato l'altro…

Chiunque lei fosse stata...

Chiunque fosse stata quella donna…

Lì c'era André…

Lì c'era stata la sua bocca…

Lì, in quel luogo caldo ma sconosciuto…

Le ali stanche trovarono un istante di ristoro dal lungo ed estenuante viaggio.

Chiunque fosse stata lei…

Donna o uomo non aveva più importanza…

Quando si ama si ama e basta e…

§§§

Lo sguardo osservava il via vai di sotto, nella strada. Per quanto fosse ormai notte, il buio non avrebbe mai avuto la meglio sul laborioso e sciancato popolo che s'agitava per le vie nere e putride d'una cittadina di mare.

Incontri fulminei, baci scambiati per poche lire, risate di scherno…

Secchi d'acqua sporca rovesciati in mezzo alla strada…

Il Tenente Victor Girodel chiuse la tenda.

Maldestri miagolii uniti a canzonacce di soldati ubriachi rendevano vano ogni tentativo di riposare, nonostante i sensi avessero avuto la loro soddisfazione e le membra fossero ancora colte dal tiepido tremore d'un amplesso fondo e appagante.

Aveva compreso che il Colonnello Oscar François de Jarjayes aveva lasciato la sua stanza.

Un tempo sarebbe corso a cercarla, ansimando dietro al suo passo quasi marziale.

Un tempo…

Ora invece avrebbe atteso che lei tornasse, l'avrebbe accolta in silenzio, avrebbe riservato altro silenzio, fino a quando l'altra, imprigionata da sbarre evanescenti e mute, non avrebbe piano piano iniziato a cedere.

Divenire confidente e sostegno a Victor Girodel non interessava più.

Voleva altro…

Si rivestì in fretta. Erano da poco passate le ventitré.

Passando accanto al letto l'impulso fu di scostare una lunga ciocca di capelli neri adagiata sulla guancia della giovane amante. Le dita si soffermarono ad accarezzare la guancia un poco rossa.

Avere tutto…

Ecco ciò a cui ambiva il Tenente Victor Girodel.

L'uomo s'avviò per la strada scura. Era buio, le lampare del porto ondeggiavano alla brezza del mare calma e invitante.

Non avrebbe mai immaginato Victor Girodel che fuori dalle mura di Versailles il mondo fosse così contorto eppure così fulgido al punto d'ammaliare la sua mente.

Il passo veloce guadagnò vari stradelli, fino a che lo sguardo si sollevò all'edificio ove campeggiava un'insegna in legno dipinta.

Poche sillabe per indicare il Comando della Marina Francese da ove, il giorno successivo, sarebbero state prelevate le sacche con il denaro raccolto per finanziare la spedizione.

Il Colonnello Oscar François de Jarjayes aveva impartito l'ordine della turnazione della guardia ogni due ore. Il cambio doveva avvenire di fronte ad un ufficiale.

Il precedente si era svolto di fronte a lei, quello sarebbe toccato al tenente che entrando attese in doveroso silenzio l'avvicendamento dei due soldati.

Nell'angolo più scuro dell'atrio d'ingresso stazionava un ometto, anch'esso vestito con un lungo pastrano scuro, senza troppi fronzoli, né maniche di camicia penzolanti o rouches o mostrine da esibire.

Due dita al tricorno…

Victor Girodel si avvicinò, un respiro fondo, attese che l'altro parlasse.

Era accaduto tutto quando al Colonnello Oscar François de Jarjayes era stato ordinato dal sovrano Re Luigi XVI di recuperare il denaro necessario a finanziare l'ultima e si sperava decisiva missione in America.

Era accaduto in un pomeriggio di tiepido sole, ch'era ancora inverno, Oscar era in viaggio, mentre lui, il Tenente Victor Girodel, a debita distanza, e nell'intento di onorare alla perfezione l'incarico di tutelare la sicurezza della famiglia reale, osservava il re e la regina intrattenersi a commentare gli ultimi progressi di Madame Royale.

La bimbetta giocherellava con una bambola di pezza che agitava e scagliava lontano.

Luigi sorrideva e si alzava per andare a riprendere la bamboletta che puntualmente la mocciosa, per gioco o per capriccio, gettava nuovamente via.

Una volta che il gesto era venuto a noia alla piccina, la famigliola aveva deciso di ritirarsi mentre il sole basso sull'orizzonte regalava tagli obliqui di nebbiosa luce d'inverno.

Il tenente aveva osservato il padre e la madre con la piccola in braccio allontanarsi dimenticando la bamboletta di pezza tra i cespugli che bordavano il vialetto di ghiaia.

Era accaduto allora…

Sua Maestà la Regina Maria Antonietta, che la figlioletta reclamava la bambola, era tornata indietro da sola, forse pensando di fare più in fretta dato che sapeva bene dove fosse finito il giocattolo.

Era stata preceduta però, di poco.

La bamboletta non c'era più.

Il Tenente Victor Girodel s'era impietrito alla vista di una mocciosa sbucata dal retro dell'edificio, forse dalle cucine.

Quella aveva seguito il gioco di Madame Royale e una volta che tutti s'erano allontanati era corsa a recuperare la bambola dimenticata, che ora teneva stretta tra le braccia, come un prezioso tesoro.

Era corsa via a nascondersi.

Così, anche la regina se n'era tornata dentro, il freddo incombeva…

Il Tenente Victor Girodel s'era avviato per seguire e trovare la mocciosa. L'aveva scorta infilarsi dentro la porta che dava nelle cucine.

La figlia di una cuoca, di una sguattera…

Chiunque fosse…

S'era fermato incerto se entrare e rischiare…

S'era fermato e poi aveva atteso.

Di nuovo dalla porta aveva scorto uscire la bambina che strillava e scalciava, la bambola di pezza passata di mano, strappata via da quella che doveva essere una parente della piccola, la madre forse…

I pugni stretti…

Victor Girodel si era sorpreso che proprio lì, proprio nel luogo più remoto e lontano dalla chiassosa e sporca Parigi avesse ritrovato colei che aveva cercato a lungo.

La visione era rimasta impressa nella mente.

"Dunque monsieur?" – abbozzò Victor Girodel all'indirizzo del viaggiatore che l'attendeva.

L'ometto s'avvicinò annuendo, sfregandosi le mani: "Come vossignoria ha ordinato!".

Un altro respiro fondo.

Victor Girodel annuì a sua volta tornando a osservare il cambio della guardia, come se ciò che aveva appreso non fosse ormai più importante.

Voleva tutto…

Quel giorno non si era avvicinato mentre udiva la giovane donna sgridare la bambina che si era presa d'un oggetto non suo, la bamboletta di pezza di Madame Royale.

Il Tenente Victor Girodel aveva optato per un altro scenario.

Quella stessa sera mentre vegliava sul pranzo della famiglia reale, distanziato quanto bastava per osservare e non essere osservato, aveva scorto la stessa giovane donna intenta a ricevere ordini dalla capocuoca.

Le Petit Trianon era una dimora relativamente ridotta rispetto a Versailles e poteva accadere che servitù e ospiti finissero per solcare le stesse stanze a poca distanza gli uni dagli altri, ma sempre nel rigoroso rispetto delle distanze che tenevano separati i due mondi, i due ranghi, i due universi.

L'aveva seguita mentre quella s'avviava a raccogliere un cesto di patate.

L'aveva seguita, s'era piazzato nel mezzo del sentiero che conduceva alla dispensa.

Aveva atteso, finché quella aveva alzato lo sguardo e la cesta era scivolata giù a terra, le patate disperse in mille tonfi sordi.

Ce ne aveva messo di tempo Victor Girodel e mai avrebbe immaginato di ritrovare lì, mescolata alla servitù de Le Petit Trianon, la giovane donna conosciuta a Parigi.

Amalie Jenevieux s'era tappata la bocca da sola per non strillare.

Aveva saputo che il Colonnello Oscar François de Jarjayes sarebbe partita per qualche settimana. Lei stessa gliel'aveva spiegato ma l'aveva rassicurata che non le sarebbe accaduto nulla.

Sarebbe tornata…

No, Oscar François de Jarjayes non c'era, mentre ora, davanti ad Amalie Jenevieux c'era un'altra persona.

Un goffo inchino, gli occhi puntati agli occhi…

"Ne è passato di tempo mademoiselle…" – aveva esordito Victor Girodel – "Vi ho fatto cercare a Parigi. Mai mi sarei immaginato di ritrovarvi qui…ebbene…avete avuto fortuna oppure…".

L'altra era rimasta muta, pietrificata dal terrore. Non era riuscita più a dire una parola.

Victor Girodel si era avvicinato e la mano era corsa ad accarezzare il viso, una carezza languida e lieve. Poi aveva stretto la faccia, tenuta lì…

"Di chi è?".

L'aveva domandato ad Amalie Jenevieux come se davvero fosse importante ma al tempo stesso come se non gl'importasse per nulla.

La testa dell'altra s'era mossa ondeggiando, come per insistere nella negazione.

Nessuna risposta, se non negare, sempre e comunque.

"Non ho detto nulla…".

"Bene…".

Poche parole…

La risposta era comunque corretta.

Victor Girodel aveva lasciato il viso e se n'era andato. Nel voltarsi aveva osservato la mocciosa correre fuori dalla cucina e scendere giù nel viottolo che portava alla dispensa.

Era buio ormai e i passetti sulla ghiaia erano rimbombati nel silenzio della campagna solcata solo da flebili ronzii d'insetti notturni.

La bambina l'aveva raggiunto, si era fermata sollevando lo sguardo per cercare di scorgere quello dell'uomo che aveva di fronte e che in un certo qual modo le sbarrava la strada.

"Chi sei?" – aveva chiesto Victoire Jenevieux con la solita curiosità che non era mai venuta meno.

La mocciosa era cresciuta di poco.

Il piccolo crocchio malfatto di capelli scuri ondeggiava sul punto di sciogliersi. Le manine erano dentro le tasche per via del freddo.

Era una bambina magra, bianca bianca, gli occhi grandi stillavano vaghi riflessi verde oro.

Una vera fortuna…

"Un amico di tuo padre…" – aveva ammesso Victor Girodel allungando la mano, ma l'altra s'era ritratta come un animaletto selvatico pronto a mordere, lasciando l'uomo con un senso di smacco e d'insofferenza.

Una vera fortuna…

E' più facile liberarsi di ciò che genera insofferenza e dissenso e fastidio.

Amalie Jenevieux aveva oltrepassato Victor Girodel andandosi a prendere in braccio la bambina, dimenticandosi cesto e patate.

"André Grandier è morto!" – aveva allora sibilato Victor Girodel alle spalle dell'altra.

Voleva dirglielo, che quella avesse smesso di sperare, caso mai avesse nutrito ancora qualche speranza.

"E' morto e Mademoiselle Oscar François de Jarjayes ne è già al corrente. Credevo te l'avesse detto. Non potrai più ottenere nulla da nessuno dei due…".

Amalie era corsa via…

Victor Girodel non l'aveva più vista.

Nemmeno Oscar François de Jarjayes aveva più ritrovato Amalie Jenevieux e sua figlia Victoire.

Quand'era tornata dal viaggio l'aveva cercata per salutarla e rammentarle di non temere e…

Aveva chiesto dove fosse finita.

I domestici, i cuochi, tutti quelli che ci avevano lavorato assieme non avevano dato che vaghe risposte, tutte con un'unica certezza.

Amalie Jenevieux era sparita una mattina portandosi dietro la mocciosa, senza dire a nessuno dove sarebbe andata, senza lasciare messaggi. Nulla di nulla.

Tutti erano tornati alle proprie faccende, quasi che le scarse parole dedicate alla sguattera e alla sua sfortunata figlia fossero una sorta di vendetta per la sfacciata fortuna che quelle avevano avuto o per via del modo – chissà quale – che s'erano guadagnate per esser finte lì, a Le Petit Trianon, sotto la protezione di quella donna che vestiva da uomo e comandava le Guardie Reali.

Tutti avevano la coscienza a posto. Nessuno aveva torto un capello a nessuna delle due sguattere e dunque la fuga rivelava, alla fin fine, tutta la smaccata ingratitudine verso la benefattrice e verso il destino.

Oscar l'aveva cercata, così aveva intuito Victor Girodel, nelle settimane successive.

Ma nulla era emerso sul destino della giovane Amalie Jenevieux.

Poco male.

Victor Girodel aveva assistito al repentino mutamento d'umore di Oscar François de Jarjayes, intuendo che la scomparsa della giovane sguattera e della bambina potesse esserne all'origine, deducendo dunque che lì, al Petit Trianon quelle due potevano esserci arrivate proprio grazie all'intercessione di Oscar.

Una vera fortuna…

Ora sarebbe stato necessario comprendere fino a che punto s'era spinta quell'intercessione.

L'abbraccio si sciolse…

La morte di André aveva spezzato l'incanto d'un blasfemo trasporto…

Oscar si arrese, lasciandosi cadere indietro, sul letto, lo stesso dell'altra volta, forse un altro.

Gli occhi scorsero un istante al soffitto, poi lo sguardo si colmò del volto della giovane amante che, in un gesto leggero, s'era slegata anche i capelli.

"Dunque voi siete…" – mugolò Mademoiselle Bellenuit, ingoiando lo stupore, deglutendo l'amara verità ch'era sgusciata dalle labbra dell'ospite – "Una donna…".

Le mani corsero a lisciare la pelle del collo, scorrendo alla spalla, liberata dalla lieve stoffa della camicia.

Pareva non le importasse più di tanto a Mademoiselle Bellenuit che l'uomo a cui aveva un tempo regalato gli stessi gesti, era finito a letto con la donna che adesso era lì, proprio davanti a sé.

Tutto aveva un senso e tutto era senza senso.

Rimbombava nella testa la chiosa muta…

Rimbombava entro le viscere l'atroce verità.

Oscar era impietrita…

André è morto…

Forse per non cedere all'isteria, per non restare sola, in disparte, svuotata dall'orrore del vuoto, s'adagiò allora sul corpo dell'altra, adattandosi ad appoggiarsi con cura per non infierire là dove un'eccessiva foga avrebbe ferito o infastidito.

Le mani solcarono il petto…

Era libero così che i palmi s'appropriarono della consistenza immacolata dei seni.

La damina attese in silenzio, intuendo il progressivo disgregarsi della coscienza dell'altra, come se a quella non importasse nulla di ciò che sarebbe accaduto, come se lo volesse però, con tutta se stessa, di liberarsi di quei panni scomodi e assurdi per il bel corpo ch'essi nascondevano.

Si chinò…

Le labbra colsero le labbra dischiuse, assaggiando il morbido incedere della lingua che pulsava a mietere tocco dopo tocco la pelle umida della bocca.

Era leggera…

L'incedere lento…

La damina avanzava piano, come avesse intuito che l'ospite voleva così. Non aveva necessità proprie, voleva solo la replica di gesti già compiuti con un'altra persona.

Era leggera…

Si domandò se André l'avesse ascoltata così come lei lo cercava nell'altra.

L'abbracciò, afferrando con foga la testa, stringendo i capelli, affondando nella bocca…

Inaudito…

Incomprensibile…

Non era l'amore a guidare i gesti…

Era l'odio…

Verso di sé e verso l'altro…

Che André era morto…

Che lei non voleva impazzire ma non aveva più capacità di restare ferma, immobile, trafitta dalle stille d'immenso dolore, lame che ogni giorno, tutti i giorni, solcavano la povera carne.

Com'era possibile che quel dolore non si riversasse fuori nella liquida consistenza delle lacrime, nella pastosa irruenza d'una maledizione, nella lugubre e liberatoria perdita del senno!?

Era tutto assurdo, inutile, scomodo…

Lei ch'era il fregio più agognato della sua famiglia, simbolo più puro della divina regalità della famiglia reale, pietra tagliata con la cura maniacale d'un cesellatore di diamanti…

Lei non s'era mai veduta così, lei non s'era mai veduta e basta.

Lei non era nessuno senza André…

Non era possibile che l'ego fosse scivolato così in basso.

Non era possibile che la coscienza reclamasse la tessitura morbida del corpo della leggiadra sconosciuta che aveva come unico vanto d'esser stata tra le braccia di André…

L'incontaminata verginità vibrava ora, scossa dalla eco sinistra della morte…

Follia pura…

André non era lì, non era mai stato su quelle labbra…

André non poteva aver stretto a sé quel corpo che s'adeguava diabolico alle fattezze morbide d'una donna…

Sussultò Oscar…

Afferrò e strinse di nuovo i polsi dell'altra, strattonandoli indietro.

La mossa costrinse l'architettura dei tendini delle spalle a uno strappo rapido.

La giovane cacciò un grido mentre gli occhi fulminarono rabbia per l'insulsa reazione dell'ospite…

"Che vi prende?" – sputò infuriata.

"Alzati e vattene!" – sibilò Oscar, il respiro affannato, il corpo percorso da stille di sudore…

"Maledizione!" – imprecò la giovane…

Oscar la spinse via, il rapido movimento fece quasi cadere Mademoiselle Bellenuit all'indietro.

S'era quasi liberata dai vestiti, il seno piccolo e lievemente inturgidito spuntò dalla mussola giallastra…

Oscar scorse le fattezze dell'altra.

In quel corpo s'era dispiegato il senso dell'altro, le sue mani, la sua bocca…

Lui era davvero stato lì?!

Scostò il viso a negare l'insulsa negazione.

Mademoiselle Bellenuit prese a rivestirsi in fretta.

Non fece a tempo a voltarsi, alle spalle l'immobilità dell'altra, incerta se quella avesse capito che anche se non era accaduto nulla, un compenso le sarebbe spettato…

La mano s'era già tesa, la moneta spiccava nel palmo.

"Vattene e…".

Stava per mettersi a piangere la giovane prostituta…

"Perdonami…" – si morse il labbro Oscar François de Jarjayes.

"Mademoiselle…" – soffiò l'altra con un impercettibile inchino, tenendo chiuso il corsetto ch'era rimasto un poco aperto.

La comare sentì sbattere la porta.

Il tempo trascorso era stato esiguo perché due amanti, capaci o incapaci che fossero, avessero combinato altro che un bisticcio di mani e lingue.

Vide correre via la giovane, il volto scuro di rabbia, forse il pianto inchiodato nella gola…

Un altro tonfo e di corsa il bel damerino biondo che s'infilava la giacca, quasi correndo…

Che per poco alla comare non cadde il vassoio dalle mani, perché insomma…

Stava bene che quello fosse bello come il sole ma certe fattezze, certi particolari era difficile trovarli riuniti tutti assieme anche nel più bello dei cantanti che la comare aveva ascoltato alla Santa Messa, lassù, sul coro, quando intonavano il Te Deum o l'Ave Maria e parevano davvero angeli.

Alla comare gliel'avevano spiegato come facevano certi giovani damerini ad avere la voce così melodiosa e acuta…

Che affare sorprendente…

Essere uomo e donna assieme…

Anche di quelli se n'era parlato ogni tanto.

Ce l'aveva sulla punta della lingua quella parola così difficile da rammentare e da ripetere…

Dovette sedersi la comare.

Quella era una donna!

Diavolo d'un soldato! Chissà se l'aveva compreso! Chissà se quella sera quel bellimbusto l'aveva capito e allora…

Pardonnez moi monsieur…avete ragione…vedete…il nostro amico…non è che ce l'ha con voi…semplicemente è giù di morale e forse è troppo disperato per accogliere la vostra compagnia.

Però, di contro, dovrete ammettere ch'è sincero…che non si sta approfittando di voi, così, come se nulla fosse…punta i piedi ma insomma è un bravo giovane.

Da quando è venuto nel nostro reparto non ha mai dato grattacapi…lavora dalla mattina alla sera e se devo essere sincero non l'ho mai visto correre dietro alle sottane d'una donna…ecco perché forse…le donne forse a lui non interessano…

Fuori, all'aria salmastra e nostalgica del mare, riemerse lo strambo discorso del soldato che assieme ai compari di André l'aveva cercata, quella sera, la sera prima della partenza, proprio lì, a Brest, e poi l'aveva condotta fino alla dannata locanda dove lei aveva incontrato André.

Le parole del soldato…

Da quando è venuto nel nostro reparto non ha mai dato grattacapi…lavora dalla mattina alla sera e se devo essere sincero non l'ho mai visto correre dietro alle sottane d'una donna…

Monsieur…lui era così triste…mi ha chiesto se volevo fargli compagnia…abbiamo parlato…e poi mi ha baciato. All'inizio piano…che quasi pensavo avesse paura. E poi…poi ecco…perdonate…mi vergogno…anche se io sono una giovane che giace con altri uomini, insomma, parlarne con voi…ma perché v'interessa?

Per via delle parole di quella stupida comare, di sotto? Ma siete stato davvero con Monsieur Grandier? Ecco, va bene lo stesso. Ma voi siete bello e se io non vi dispiaccio…posso provare…

I racconti stridevano…

E soprattutto…

Nessuno dei due pareva essere André Grandier.

Le lacrime, inaspettatamente, colmarono gli occhi. Dannata salsedine, dannata aria di mare, dannati ricordi, dannata impotenza, dannato vuoto…

"Tieni…".

La voce alle spalle…

Si voltò, Victor le porgeva un fazzoletto.

Oscar lo accettò, non ne aveva con sé e nemmeno aveva in animo d'esibire lacrime inspiegabili a chiunque. Victor Girodel compreso.

Non aveva importanza sapere il motivo. Uno valeva l'altro per Victor Girodel.

"Mi sono permesso…" – esordì Victor senza guardarla mentre entrambi s'erano appoggiati ad una balaustra in ferro che riparava il marciapiede su cui passeggiava la gente, scorrevano carretti, si vendevano mercanzie. Durante il giorno…

Lì, di notte, quello stesso luogo, ora vuoto e silenzioso, le sole onde del mare contro gli scogli a dare dimensione dello spazio e del tempo attraverso il suono ritmato, conferiva al pensiero la consistenza intensa e piena dello scorrere del tempo.

Prima e dopo…

Ieri ed oggi…

Poi e allora…

Vita e…

Morte…

"Ti confermo che il cambio della guardia è avvenuto regolarmente. Alle cinque di domani mattina assisteremo entrambi alla sigillatura dei forzieri. Dicevo…mi sono permesso di cercare alcune informazioni per te…".

Silenzio…

L'assenza di parole era chiaro segno a proseguire…

"Dopo che sei tornata dal viaggio per raccogliere i denari della spedizione…ho saputo che hai chiesto notizie di due persone. Una donna e una bambina…forse sua figlia…".

Silenzio…

Il mare stropicciava i pensieri…

Le onde cozzavano contro gli scogli, ridimensionando il buio atroce. Dentro e fuori…

"Ebbene…mi sono permesso di cercare anch'io notizie su quelle persone. Ho compreso che ti stanno a cuore…non m'interessa sapere perché. Sei sempre stata una donna dall'animo nobile e generoso e sono sicuro…".

Si sollevò il corpo dell'altra, ritto questa volta. Si voltò Oscar François de Jarjayes, in attesa…

"Parla…".

Il respiro sospeso…

"E' giunta a Brest una persona a cui ho chiesto di indagare…purtroppo non ho buone notizie…".

Un'onda più forte produsse un fragore sinistro.

Il buio avvolgeva i pensieri ed i discorsi ed i volti delle persone.

"Quell'uomo mi ha riferito che pochi giorni fa, dopo che noi avevamo già lasciato Parigi, il corpo di una donna è stato ripescato dalla Senna. Qualche giorno prima un paio di passanti l'avrebbero vista gettarsi nel fiume. In verità c'è molta gente che annega, per disgrazia o perché lo vuole. Credo sia accaduto questo, che quella donna si sia gettata per sua volontà…ovviamente la poveretta…".

Tremò Oscar François de Jarjayes…

"Come fai a dire…".

"Si, te ne dò atto…ebbene…Monsieur Bahamut mi ha portato queste…".

Victor Girodel allungò due oggetti all'altra.

Il primo era una babbuccia, raso spelacchiato e suola ormai consumata…

La foggia sarebbe stata bene per il piede d'una bambina di quattro o cinque anni. Piccola insomma...

Il secondo era una bamboletta di pezza, umida e nera d'alghe e fango.

La bambola di Madame Royale, quella con cui la Delfina giocava spesso nei giardini de Le Petit Trianon.

"Ce li aveva addosso quella giovane…Monsieur Bahamut mi ha detto che la babbuccia era stretta nella mano mentre la bambola stava all'interno del vestito…io non ho molte spiegazioni su come una bambola che apparteneva alla nostra Delfina e con cui l'ho vista trastullarsi poco meno d'un paio di mesi fa potesse essere accanto al cadavere d'una persona ripescata nella Senna…".

Oscar prese in mano la bambola e la scarpetta.

La prima non la riconobbe subito. Forse il dono alla Delfina era stato offerto quando lei non c'era.

Doveva fidarsi…

Ma la seconda…

Era una delle scarpine ch'erano state portate lassù, nella mansarda assegnata alla famiglia Jarjayes come luogo di appoggio nel caso che le incombenze avessero imposto di restare a dimorare a Versailles. Ce l'aveva fatta portare lei…

Il passo cedette, il cuore si perse…

Di nuovo il buio calava addosso come un mantello troppo pesante per consentire al respiro d'entrare nei polmoni.

"Amalie…" – un sussurro – "C'era una bambina con lei…una bambina…Victoire…".

"Non è stata trovata…" – s'affrettò a rispondere Girodel freddo – "So di chi stai parlando…l'avevo intravista qualche volta, affaccendata nelle cucine a pelare mele e patate…era piccola…molto magra…dunque è possibile che la corrente…insomma…sai come vanno queste cose…".

"No!" – un grido – "Non lo so come vanno queste cose! Non lo voglio sapere!".

"Oscar…la corrente se la sarà portata via…è inutile sperare…".

"Perché? Perché Amalie avrebbe dovuto uccidere se stessa e la sua piccola? Era al sicuro al Trianon…le avevo promesso che l'avrei difesa…".

"Da chi?".

La domanda eruppe livida e fredda, quasi non importasse tanto farla e nemmeno attendere la risposta ma solo offrire un altro dubbio.

"Perché t'interessavano quelle persone?" – l'incalzò Victor – "Da chi avresti dovuto difenderle? Forse è accaduto tutto per causa di quelli da cui tu dici avresti voluto difenderle! Chi è che temevi?".

"No!" – imprecò di nuovo – "Ti sbagli! E' impossibile! E'…praticamente impossibile!".

Era tutto assurdo…

La scoperta…

Amalie era morta…

Forse s'era gettata nella Senna assieme a sua figlia o forse ce l'avevano buttata.

Una trama orrida, figlia della disperazione…

Nessuna via, nessuna speranza, nessun sogno, nessun grido.

Stupida!

E poi…

L'insinuazione…

André era morto. Se lui avesse avuto mai un ruolo in quella faccenda…

Lui era lontano…

Lui era morto…

"E' possibile che sia per colpa del tuo servo?".

La domanda esplose nella testa di Oscar François de Jarjayes, seppur pronunciata nella sottile cadenza, morbida e suadente della voce del Tenente Victor Girodel.

"Che stai…" – si voltò davvero Oscar, si piantò davanti all'altro, pugni alzati, chiusi – "Dicendo?".

La rondine era ripiombata nella tempesta, gli strali del vento, le saette, le nubi dense e gelate avevano distrutto lo straziato orientamento.

La rondine s'era ritrovata sola, aveva perduto i disgraziati e inutili compagni di viaggio…

Sola…

Nessun riposo alle ali stanche, nessun aiuto da parte di correnti calde…

Nulla di nulla…

Precipitava l'uccellino…

Giù, nel fondo buio dell'orrore…

Victor Girodel colse al balzo il gesto, afferrò le mani, non i polsi, le strinse, le aprì per inanellare le dita alle dita…

"So chi erano quelle persone…sei stata brava a nasconderle al Trianon. All'inizio, confesso che sono stato distratto, non mi ero accorto subito ch'erano giunte fin sotto i miei occhi. Quella giovane l'avevo già conosciuta a Parigi. L'ho vista con André e nessuno mi toglie dalla testa che quella bambina…i suoi grandi occhi grigi e tristi…dimmi che non hai pensato neppure per un istante che lei non potesse essere…non ti ha mai detto nulla quella giovane!?".

Tirò Oscar, con forza, per liberarsi.

"No!" – gridò, folle, negando tutto…

Che André non era chi lei aveva conosciuto…

Che André avesse avuto un amante…

Che no, non una soltanto…

Che avesse avuto una figlia…

Che…

Poi no…

Che André fosse morto…

Che alla fine di tutto André non c'era più.

No…

Che forse, André non c'era mai stato.

§§§

Nulla esisteva più ormai.

Se non i suoni che davano senso a vaghe certezze, rapidi appigli a una vita slavata dai raggi del sole morente.

Acqua che scorreva…

Uno sparo in lontananza…

Corvi a solcare l'aria nera della sera…

Strida a scorticare il silenzio…

Odore d'acqua marcia, erba secca…

Nella luce del tramonto insinuata nel cono d'ombra, la lama incise la carne, spellando la pelle, raschiando l'osso bianco.

Le dita ricavarono una specie di boccone nero di sangue.

Un balzo...

L'esserino l'ingoiò d'un balzo, vorace e affamato.

Forse erano giorni che non mangiava, nascosto dal mondo, salvato dalla stessa mano che adesso modellava un altro piccolo boccone.

Il sangue scorse, imbrattando la candida innocenza della giovane esistenza…

Sangue puro sulla pura e inviolata vita…

"Piccola…".

83