Non ti ho fatto né celeste né terreno, né mortale né immortale, perché di te stesso quasi libero e sovrano artefice ti plasmassi e ti scolpissi nella forma che avresti prescelto.
Tu potrai degenerare nelle cose inferiori che sono i bruti; tu potrai, secondo il tuo volere, rigenerarti nelle cose superiori che sono divine.
De dignitate hominis
Giovanni Pico della Mirandola
Ordini alti, medi, infimi
Nel predisporre il viaggio aveva caparbiamente relegato i fantasmi nel fondo più segreto dell'animo.
Il percorso prevedeva varie tappe.
Ognuna di esse, per quanto i fantasmi faticassero a restare chiusi, relegati nel fondo dell'animo, l'avrebbe, nel bene e nel male, avvicinata allo stesso percorso che aveva compiuto l'altro.
Ogni segmento di quel viaggio avrebbe dunque accorciato il tempo, quello che l'aveva divisa da lui.
Non sapeva perché.
Sapeva solo che da quel giorno, dall'istante in cui aveva ascoltato i dodici rintocchi di Notre Dame, vomitando l'anima nel dannato vicolo di Parigi, dopo aver appreso che André, un André…
Non poteva essere il suo André…
C'era un nome sulla lista dei soldati che avevano perso la vita in America…
Da quel giorno aveva iniziato a vivere a ritroso.
A pensare a sé e a lui, a immaginare il tempo trascorso e quello che non avrebbe più potuto trascorrere.
Dunque in quel percorso si era insinuato il desiderio ossessivo di ritrovarlo e siccome non poteva farlo nell'immediatezza, s'era messa a cercare le tracce di lui, evanescenti e lontane nel tempo.
Lo aveva cercato nella propria mente, come si tenta di rammentare un suono, un odore, una visione.
Aveva cominciato a unire i fili di una trama che non sapeva dove l'avrebbe portata.
Non aveva certezze, non aveva nulla tra le mani.
Aveva solo se stessa, la propria convinzione. Anche se non sapeva se quella convinzione fosse un lacero brandello di coscienza a cui aggrapparsi per non impazzir, oppure perché realmente essa fosse dotata d'un solido barlume di fondatezza.
Non poteva dimenticarlo e non poteva far finta che lui non fosse mai esistito.
Ma al tempo stesso, avrebbe voluto dimenticare André Grandier, perché il suo ricordo avrebbe torturato la coscienza, fino allo sfinimento.
Lui era…
A Ponta Delgada, dapprima sarebbe approdata la Destin, così che gli ufficiali a bordo sarebbero scesi per rifocillarsi, sgranchirsi le gambe, dare disposizioni per cibarie e carichi d'acqua necessari ad affrontare la parte più lunga del viaggio.
Poi l'Aiace…
Poi, l'Aigle, la Glorie e così via, i turni di guardia concordati, così come le ispezioni al carico di armi e munizioni, così che tutti gli uomini avrebbero avuto modo di smaltire la smania accumulata nelle prime settimane di viaggio.
Un unico pensiero…
S'era annotata la cronologia delle lettere, come una sorta di filo d'Arianna che l'avrebbe condotta entro il labirinto del viaggio dell'altro.
La prima missiva ricevuta da nanny era stata spedita proprio da lì.
Dunque chissà dove, da qualche parte, su quell'isola sperduta in mezzo all'Oceano Atlantico, c'era una traccia del suo passaggio.
André aveva scritto la lettera e aveva trovato il modo per spedirla.
Pregò che lui l'avesse fatto di persona, senza affidare la busta a qualche inserviente di bordo che di solito raccoglieva le lettere dei soldati da recapitare all'ufficio postale.
In silenzio, dismessi i panni dell'ufficiale, indossati quelli meno appariscenti d'un giovane qualunque, dopo aver declinato l'offerta di una guida, così come quella d'un accompagnatore, Oscar François de Jarjayes s'avviò, risalendo la strada che dal porto recava su, che quell'ufficio era in cima alla via, era sempre stato là, da che le flotte francesi avevano preso Ponta Delgada come appoggio per le proprie spedizioni.
Il punto era che nessuno si sarebbe potuto rammentare di un giovane che quasi tre anni prima era passato di lì per spedire una lettera.
Il punto era che forse, proprio perché André l'aveva fatto di persona, qualcuno poteva avere di lui un ricordo più netto.
Forsanche un'annotazione su un qualche registro.
Il dannato tempo contraeva la soffocante stretta e subito dopo dilatava lo sguardo, come le narici s'aprono a un odore nuovo per carpirlo, così come a un sentore conosciuto per lasciarsi cullare, come le dita desiderano accarezzare una superficie nota e cara per ottenere conforto, così come affrontare lo sconosciuto timbro d'un tessuto ignoto.
Il ricordo acuto svolgeva il suo passo entro pietre e sassi sconosciuti, che era tutto lì, tutto dentro di lei, perchè in quei luoghi lei non c'era mai stata, e anche lui ci era arrivato solo, senza di lei.
Dunque nessuno dei due aveva vissuto nulla di quel paesaggio, dei suoni, delle grida del porto, dell'odore intenso di salsedine e reti marce.
Lì, loro – assieme - non c'erano mai stati.
Dunque lei avrebbe dovuto recuperare la parte di lui che non possedeva, attraverso il ricordo di altri.
Oscar François de Jarjayes attese...
Il via vai era intenso…
Soldati che porgevano missive.
Soldati che chiedevano lettere…
Sì, perché a Ponta Delgada potevano anche arrivarci lettere giunte dalla Francia, che da qualche tempo piccoli mercantili viaggiavano veloci quasi a rincorrere i destinatari prima che quelli scomparissero, inghiottiti dalle miglia oceaniche e dalla guerra.
Un paesello tanto piccolo quanto trafficato negli scambi epistolari.
Lei invece aveva necessità che tutto fosse concluso, che tutto fosse calmo, così da ottenere l'attenzione del povero ufficiale postale.
Nell'attesa, lo sguardo basso, il rimbombo del tempo ch'era scorso, il dannato sogno che aveva inciso i ricordi più lievi…
Oscar…
Tienimi stretto…
Nascondimi…
Il rivolo freddo di sudore sul viso caldo.
Lo sguardo aperto sbarrato al soffitto del letto, stoffa istoriata di broccato floreale, nero di guizzi di luce pallida che sbucava dalla finestra aperta.
Stava soffocando…
La gola chiusa…
Stava cadendo…
D'istinto le braccia s'erano allargate come per aggrapparsi. Le dita a stringere il lenzuolo.
Uno scarto istintivo a riprendere l'equilibrio minato da ciò ch'era scorso nella coscienza addormentata, mossa da un palpito, spezzata da un respiro soffocato, svegliata dall'incubo.
L'effige dell'altro irriconoscibile, muta, il volto scuro di sangue rappreso, il ghigno sbilenco, come percosso da inusitata follia…
La bocca aperta, senza suono…
Almeno non le pareva d'aver emesso sillaba…
Eppure lo strazio della visione galleggiava nella mente…
Aveva respirato piano, per riprendere coscienza di sé, ammettere ch'era sveglia, ch'era stato solo un dannatissimo sogno, che pure i sogni coltivano paure già seminate nella testa e nel cuore.
La pelle fredda, umida, percorsa da tremore sconosciuto…
André…
Rammentò che aveva avuto freddo quella mattina, anche se era estate. E aveva di nuovo freddo mentre s'avvicinava al tavolo dell'addetto allo smistamento della posta.
La data scandita piano…
Il giorno impresso nel timbro sulla lettera…
"Perché proprio quel giorno monsieur?" – chiese l'ometto tenendo gli occhi incollati al foglio che stava vergando con grafia lenta ma perfetta.
"Ho necessità di verificare la spedizione d'una lettera…".
"Vostra?".
"No!" – si morse la lingua, dannata onestà che inghiotte ogni velleità di trovar scorciatoie, come se quella qualità fosse ora il difetto peggiore.
"Se non è vostra non potete!".
"Se non è mia non posso, ma posso verificare se è stata spedita da qui, dal timbro impresso sulla lettera!".
"Ma se sapete che è partita da qui, allora significa che è stata ricevuta!?".
"Si…".
Gli occhietti grigi dello scrivano si staccarono dal foglio…
"E di grazia…se la lettera non è vostra ma è giunta, come mi state dicendo, a destinazione, che necessità avete di sapere se è stata spedita da qui? Se è arrivata!?".
Obiezione ovvia, vai a spiegarglielo a quello che ci si era messi in caccia del tempo a ritroso.
"Se è arrivata non è importante…mi importa sapere se chi l'ha spedita l'abbia fatto da qui!".
"Monsieur…" – spazientito…
"Monsieur!" – decisa.
L'altro si pregiò di roteare la penna che impugnava per scrivere. Il vessillo della remigante di prim'ordine puntò a uno scaffale, l'ennesimo.
Oscar seguì la direzione svogliatamente impartita dalla pennetta.
Quanti ne aveva veduti – di scaffali e registri - in tutti quegli anni.
A quanti s'era avvicinata con timore, mentre le dita avevano sfiorato le copertine di cuoio, accarezzandole, come s'accarezza il mantello d'uno strano mostro, ad ammansirlo così che quello non si rivolti a mordere e ferire.
Gli occhi cercarono e lessero.
Il giorno era uno soltanto e la firma era lì, nitida, lieve, conosciuta.
Lo sguardo si velò, mentre una dannazione sibilava tra i denti, assieme al nome, mentre le dita si spingevano a ricamare la voluta corrispondente alle lettere.
Lui aveva firmato, lui era stato lì. Lui…
"Avete trovato ciò che cercavate? Di che si tratta? Un defunto?!" – sputacchiò l'ometto avvicinandosi e allungando il collo per scorgere la data del giorno che spiccava sul frontespizio della pagina.
L'altra non rispose, non ci sarebbe riuscita.
L'ometto s'aggiustò gli occhialetti sul naso, poi tossicchiò: "Oh…quella giornata è stata davvero strana!".
Oscar si voltò, osservò l'altro anelando a un altro tassello…
"Che intendete?".
"Quel giorno, lo rammento perché accadde un fatto strano…siamo una cittadina piccola…sì, è vero, quando arrivano le navi della flotta francese, le nostre strade si riempiono di facce sconosciute, alcune strane, altre…".
L'ometto corse con l'indice a indicare il nome, quel nome, senza che l'altra avesse chiesto nulla, per non orientare la scelta dell'uomo su ciò che l'aveva colpito quel giorno.
D'improvviso rimbombò nella testa lo strano sogno, come se quella visione fosse finita lì, per avvertire di non finirci davvero dentro. Spesso la mente conduce sul baratro proprio per far sì che quel passo non si compia, consentendole d'avvedersene e scansarlo.
"Vi prego…che è accaduto?".
L'altro s'aggiustò gli occhialetti: "Quel giovane mi chiese di spedirgli una lettera. Mi spiegò ch'era per sua nonna, che era rimasta in Francia. Firmò ciò che doveva e se ne andò…".
Un racconto ordinario…
Solo che quel racconto riguardava André.
Nonostante il tempo, nonostante la distanza, entrambi gli interlocutori discutevano della stessa persona.
"Come fate a rammentare un fatto simile?" – tentò di obiettare l'altra, non sapendo bene se sperare in un malinteso oppure nella ferrea memoria dell'ufficiale postale.
"Già…sono trascorsi ormai tre anni…quel giorno…tutto il paese accorse…" – annuì l'altro, andando a pulirsi gli occhiali, socchiudendo gli occhi, come per rammentare meglio o forse scacciare da sé il triste ricordo.
"Che…".
"Io stavo qui, a terminare di registrare le missive da spedire…vidi passare molte persone che correvano su…e soldati…cercavano una persona…quel giovane…sembrava sparito…ma poi, il giorno dopo…".
Oscar smise di respirare, un altro tassello…
"Era già uscito da un pezzo…era quasi sera…compresi che cercavano lui perché vennero anche nel mio ufficio e mi chiesero s'era passato e me lo descrissero e io ammisi che poteva essere lui. Ci avevo parlato…per poco ma insomma, me lo rammentavo. Ma non fu quello a lasciarmi stupefatto…".
Oscar scostò lo sguardo, implicito assenso a proseguire.
"Lo cercarono…lui e altri…sapete…Ponta Delgada è l'ultimo baluardo prima dell'oceano, prima di finire chissà dove…e in tanti hanno provato a nascondersi fino a che le navi ripartivano. Poi quelli che rimanevano qui riprendevano la via per tornare indietro, a casa. Allora s'era pensato che quel giovane avesse disertato…".
"E' impossibile!" – d'istinto, che lei lo conosceva bene André e…
Eppure, un ripensamento…
Nessuno è esente dalla paura, nessuno può dirsi capace di sostenere il peso di un simile viaggio, allontanarsi dalle persone care…
Da…
Quella…
Donna…
Da te…
La morte, per qualche istante, si ritrovò messa all'angolo, come non fosse mai giunta a respirare piano, accanto al volto di André.
Il pensiero tornava lì…
"Lo conoscete monsieur?! Dico…quello…lo conoscete? Come fate a dire ch'era impossibile che non avesse disertato!?".
"Monsieur…e voi come fate a dire che l'abbia fatto?".
Sorrise l'altro…
"Siete un bel tipo! Rispondete a una domanda sempre con una domanda?!".
"Monsieur…ve ne prego… non ho molto tempo…e dovrò affrontare quello stesso viaggio a cui voi asserite quel giovane si sarebbe voluto sottrarre…".
"Non si sottrasse infatti! Venne picchiato…quasi a morte! Lo ritrovarono il mattino seguente…poco lontano da qui…chissà che devono avergli fatto…".
L'uomo si rimise gli occhiali, le mani dietro la schiena ripiegate ad assumere una posa mesta. Girò i tacchi per tornare alle sue faccende.
Le parole, quelle rimasero lì, sospese, in aria, come mille spade di Damocle pronte a scivolare giù e trafiggere il cuore.
"Picchiato…a…morte?" – balbettò Oscar stranita.
Nel buio, la terra fredda a scolpire il fetido olezzo nella testa…
Nel buio, il corpo immobile…
Nel buio…
Sentore di sabbia e foglie marce e risate asciutte…
Ghigni bastardi a lambire la pelle, percuotere i sensi…
Nel buio…
Frusciare di vesti e cinture…
Nel buio…
Il corpo libero e nudo, immobile, attinto da gesti secchi…
Ordini sputati addosso…
Impossibile adeguarsi e seguirli…
Nel buio…
Il rifiuto...
Che però la corda stringeva di nuovo e l'aria non entrava…
E il sangue rappreso, impresso sul viso, bruciava l'esigua vista...
E la gola inondata di rabbia, chiusa, impossibile emettere alcun suono…
Nel buio…
Incedere di mani rozze a imporre un consenso…
Nel buio…
Un altro rifiuto, anche se l'aria non entrava…
Nel buio…
L'odore della morte, addosso, ficcato nella coscienza che dapprima rifiuta d'adeguarsi e poi comprende che il rifiuto equivale alla morte…
Inusitato desiderio d'averla addosso, rivederla, almeno una volta…
Barlume accecante dettato dalla sua pelle, dai seni piccoli, puntati addosso, accarezzati piano…
Gemito lieve respirato lì, nell'incavo, tra collo e spalla…
Pensieri erranti, ultimo baluardo alla pazzia…
Nel buio…
L'odore della morte infiltrato in ogni pertugio della carne e della coscienza…
Il corpo immobile…
La risata smargiassa…
L'odore della morte…
Non voleva morire, non poteva morire…
Non senza averla vista un'ultima volta. Solo un'altra volta.
Nel buio…
Il corpo cedeva.
Nel buio…
La coscienza intuiva la forza estranea, ruvida, livida…
Ogni residuo intento di salvezza piegato e distrutto…
Nel buio…
Moriva piano…
Il corpo piegato, spezzato…
La carne straziata e lesa…
Nel buio…
Moriva piano…
Progressiva e inevitabile consapevolezza dell'insulto…
Spinte ripetute…
Agonia delle viscere…
Gola chiusa…
Le mani s'erano aperte, le dita avevano graffiato aria e sabbia, nuda essenza dello sporco pavimento…
Nessun appiglio…
Nessuna salvezza…
Sussulto sgraziato…
La bocca muta…
Muta preghiera, in silenzio, il nome sigillato nelle labbra, il corpo violato e sferzato da inconcepibile danno…
Nell'istante la mente straziata era piombata nel buio, graffiata dall'inconsapevolezza, annientata dalla vergogna…
Moriva piano…
Respirava e moriva piano…
Oscar…
Tienimi stretto…
Nascondimi…
Oscar…
Unico volto, unico pensiero…
Ti sei divertito con quel damerino…a Brest?!
"Ma non è morto!" – tenne a precisare il dannato ometto – "Ecco sì. Allora potete tranquillizzarvi. Almeno finché è rimasto a Ponta Delgada…era vivo quand'è ripartito. Dopo non so. I mercantili che riportano in Francia le missive dei soldati al fronte dall'America si fermano in rada ma il loro carico non viene visionato…dite…avete ricevuto altre lettere?".
"Si…" – sussurrato, quasi afono.
"Oh…allora quel giovane è vissuto! Meglio così…mi pareva una gran brava persona…era preoccupato che sua nonna ricevesse la lettera…e se mi dite che così è stato, allora…anche quella brava donna avrà goduto d'un poco di sollievo…".
Un inchino…
Un saluto mesto…
Corse via Oscar François de Jarjayes, la mente vuota, le mani incise da mille punture, aghi strazianti a incidere la carne.
Ogni tassello conduceva a un altro tassello…
L'ufficio di reclutamento…
Una minuscola stanza, un addetto in divisa, l'uniforme dei sottufficiali portoghesi…
Una domanda…
Sempre la stessa…
L'esitazione dell'uomo, la richiesta accorata…
Le parve d'impazzire a udire il proprio timbro, solitamente imperioso e secco, implorare il consenso a visionare altri registri, per comprendere se due anni e mezzo prima, qualche soldato avesse avuto necessità delle cure d'un medico, per una caduta, per i pidocchi, per la nausea da navigazione.
Il nome dell'altro era lì, nell'ennesimo registro.
L'annotazione risaliva al giorno successivo a quello del timbro di spedizione della lettera.
André era stato medicato. Si descrivevano lividi e ferite, una costola rotta.
Forse l'esito fatale d'un tentativo di diserzione, forse un pestaggio per rubare i pochi soldi portati con sé, oppure uno sgarbo fatto a qualcuno…
Uno sgarbo…
Le dita rimasero lì, la domanda rimbalzò dalle pareti grezze e un poco scurite per via dello sporco del tempo, fin dentro la testa, perché la risposta non stava fuori ma dentro di lei, in quell'unico istante trascorso assieme, non lì a Ponta Delgada, dove nessuno rammentava il giovane, ma a Brest.
Non c'era nessuno dei medici che avevano curato André, che i medici tornavano spesso in patria e chissà dov'erano quelli ch'erano stati lì, due anni e mezzo prima.
E poi, le navi francesi vantavano ottimi ufficiali medici, presi in prestito dalle fila dei barbieri e dei macellai di Parigi. Forse ci avevano pensato quelli a rammendare il malcapitato.
André dunque era sopravvissuto.
La morte di nuovo negata, messa all'angolo…
La testa impegnata a scavare nel rozzo evento…
Uno sgarbo…
Noi ci stiamo! Se il qui presente signor damerino intende onorare i soldati francesi…noi saremo onorati d'accontentarlo! Come preferisce poi…da soli o assieme…a noi va bene tutto! Starà a lui reggere il passo!
Forse…avete ragione…
Come?! Adesso avresti cambiato idea?
E…i miei compagni pagheranno la stanza e…insomma voi siete due…e non credo che il denaro sarebbe sufficiente!
Amico…noi i soldi li abbiamo…
Quelli avevano tentato di prendersela da parte – lei, nella dannata sceneggiata del damerino…
Che lei s'era ribellata…
André aveva fatto un passo…
Quel passo…
S'era messo in mezzo, s'era messa lei alle spalle, così da liberare lei dall'incombente energumeno.
In un altro frangente non sarebbe stato necessario…
Ma nessuno doveva sapere che lei era Brest e nessuno doveva sapere che lei era una donna…
Sentite…la compagnia…è André che ne ha bisogno…non voi! E lui ha deciso che gli sta bene!
Non è mica come voi che appena potere, saltate addosso a chiunque…magari avrà avuto necessità di pensarci…è sempre solo…che ne sappiamo…magari non gli si rizza e ha paura…
Voleva stare con lui, voleva parlarci…
L'aveva costretto a difenderla…
Uno sgarbo…
Non t'azzardare a rifiutarmi! Non perdono quelli che mi prendono in giro!
E tu non t'azzardare a tirarti indietro…stavolta anch'io farò sul serio!
Forse il suo azzardo – quell'azzardo - era costato caro ad Andrè.
Forse quelli s'erano imbarcati e l'avevano seguito.
Chi mai avrebbe potuto conoscerlo e chi mai avrebbe potuto infierire contro di lui a quel modo se nessuno sapeva chi era…
O forse i suoi compagni l'avevano scoperto…
Un servo che aveva servito i nobili per anni non era ben visto tra le fila di soldati arruolati tra la gente del popolo.
Dunque tutto ripiombava lì, sulle sue spalle e sul dannato orgoglio.
Se lei non avesse giocato a farsi strada nella coscienza dell'altro, se non gli avesse imposto a tutti i costi la propria volontà di vederlo e parlargli…
Picchiato quasi a morte…
Rimbombava la chiosa…
Il paesaggio estraneo della notte…
I passi imboccarono l'unica strada che avrebbe condotto la mente a liberarsi dalla chiosa mortale. Un antro buio, salmastro, libero, vuoto…
Corse giù, alla spiaggia, incapace d'affidarsi al proprio rigore, finanche a un bicchiere di vino che avrebbe almeno un poco appannato lo strazio.
Le pareva che nemmeno il sangue fosse più capace di scorrere nelle vene…
Incredula di fronte allo scenario…
I passi sulla rena, un poco incerti, il desiderio di scomparire e al tempo stesso di gridare e rivelare tutta la rabbia…
Lo sguardo ficcato al buio mitigato solo dagli aloni dei raggi lunari adagiati sulle rocce e sugli arbusti che riflettevano la presenza dell'astro, insolitamente brillante, sagoma nitida nel cielo, tanto quanto i pensieri erano distorti e ripiegati nella mente.
Barcollò come se fosse ubriaca, quasi cadde…
L'andatura strabica indusse rabbia…
Il tempo di sollevare lo sguardo, intravedere la coltre stellata, miriadi di minuscole lacrime che danzavano confondendosi con perle d'acqua salmastra.
Il tempo di riconoscere rumori molesti, passi sulla sabbia…
Il tempo d'acquietare il cuore e le sagome furono vicine, addosso…
Codarda…
Non avrebbe avuto forza di combattere…
"Non ho denaro con me…" – sibilò piegandosi un poco, racchiudendosi, perché quelli s'erano fermati, ma s'erano messi in cerchio e parevano sbarrare il passo.
La mente in fuga incespicò nello strazio di lasciarsi prendere e vincere e abbattere, come si fa con un animale a cui si da la caccia, buono per la carne o per pelle, aveva poca importanza.
E quello capisce che non ha scampo e allora sa di doversi difendere con tutte le forze.
Gli animali provano a scappare ma se non ci riescono, combattono fino alla morte.
"Non fa nulla, monsieur…ci accontentiamo anche di altro…abbiamo notato che non vi reggete in piedi…potremmo accompagnarvi…".
La voce melensa e vigliacca, solo all'apparenza amichevole…
Intuì qualcuno che l'afferrava per un braccio, si divincolò nell'immediato per liberarsi.
Un'altra presa, da un'altra mano, stretta…
Provò a staccarsi ma i passi non reggevano, la mente divisa tra il passato che piano piano si disgregava e il presente che sferzava.
Si ritrovò accerchiata, gli occhi fecero appello ai deboli raggi lunari…
Prima un pugno, a segno, poi un calcio, a segno…
Le spalle afferrate e strattonate…
Provò a liberarsi, di nuovo, mentre la rabbia saliva, assieme alle lacrime, assieme alla paura…
Non adesso, non adesso…
E' così che è accaduto André?
E' stato così anche per te?
Come non volesse davvero sottrarsi…
Per lenire i propri sensi di colpa, per vivere lui attraverso ciò che aveva vissuto lui.
Il motivo per cui era accaduto il pestaggio non aveva molta importanza.
Ciò che aveva sentito André adesso lo voleva anche lei. Lo voleva addosso, sulla carne…
André picchiato quasi a morte…
E così lei…
L'istinto dettò di difendersi, respingere l'assalto…
Ascoltava ovattati ghigni e risate di scherno alla sua incapacità, ma lei era sola, gli altri erano cinque…
André picchiato quasi a morte…
Un colpo allo stomaco, uno alla tempia…
Il dolore spezzò le gambe e la smania di proteggersi…
Un grido, acuto, disumano, mentre si rialzava e si scagliava contro una delle ombre.
Estranea o la propria?!
Il corpo contro il corpo dell'altro, sospinto e atterrato, in spregio a qualsiasi tattica di sopravvivenza…
Caddero entrambi i corpi, i tonfi simmetrici in acqua e poi dimenarsi di braccia e gambe, respiri affannati misti a imprecazioni e soffi…
Mancavano gli appigli, vani tentativi di sottrarsi misti ad aggressioni, le mani a trascinarla erano impari e lei faticava a distinguere le proprie risorse.
"Questo è un osso duro!" – sbuffò uno degli avversari, scuro come l'Inferno, mentre un altro a terra imprecava d'esser liberato dal peso.
Nel buio si sentì afferrare per i capelli…
Dannazione, era una donna, li portava lunghi e…
Strano…sapevo che i soldati non possono tenere i capelli lunghi…
Ci è stato consentito…a patto di tenerceli in ordine…nessuno li vuole i pidocchi a bordo…dunque mi sono impegnato a tenerli in ordine…mi piacciono i capelli lunghi…dovresti saperlo…
Non sapeva più se stava combattendo contro di lui, le sue dannate parole, frammenti taglienti come cocci d'una bottiglia spaccata a terra, oppure contro se stessa e la sua smania di liberarsi di lui, dei ricordi, che subito si ritrovava atterrita se ciò fosse accaduto davvero.
Gridò di nuovo, mentre era costretta a seguire l'avversario che la teneva per i capelli e l'altro l'afferrava per le braccia, le torceva riducendola a terra di nuovo, le ginocchia piantate nella rena bagnata, la pelle incisa da sassi e pietre.
Gridò perché non sarebbe riuscita a liberarsi, non da sola, e l'orgoglio adesso aveva preso il brutto vizio di sollevare la testa nel momento sbagliato, nella direzione avversa a ciò che aveva sempre orientato i sensi.
Se fosse morta lì, non avrebbe onorato l'incarico di far giungere il denaro raccolto per finanziare la spedizione dei soldati francesi in America.
Poco male, la flotta abbondava di ufficiali, Victor Girodel era abbastanza abile da portare avanti quella missione anche da solo.
Ma se fosse morta lì, non avrebbe mai potuto seguire quel dannato istinto, fatto di timbri, grafie, racconti, immagini che André le aveva regalato e di cui lei avrebbe dovuto chiedergli conto, così che questo pensiero, che lui fosse ancora vivo, l'aveva tenuta in vita fino ad allora.
Se avesse compreso che André era morto, allora anche lei…
Nessuno avrebbe potuto portare a termine quella ricerca, dunque Oscar François de Jarjayes doveva vivere. Avrebbe portato a termine il viaggio e scavato nella sabbia e recuperato ad una ad una le tessere dello strano mosaico.
La vista s'imputò allora alla scia argentea che ondeggiava lieve, accarezzata da languide onde che spumavano schiuma profumata contro la riva.
Era fradicia, le pareva d'aver inghiottito sabbia e acqua salmastra.
Tentò di rialzarsi, tirandosi indietro per vedere in faccia quelli che l'avevano accerchiata.
Vide ombre che ondeggiavano anch'esse al ritmo strambo delle lievi onde.
Che disgraziato panorama per andarci a morire…
Che disgustosa fine per il rampollo della blasonata famiglia Jarjayes…
Che luna deliziosa…
Non sapeva più se essa fosse residuo risalito in superficie dal passato, oppure scheggia d'un riflesso immediato o ancora…
Sprofondò nella voragine…
S'immaginò che quella luna e quella scia argentea lei le aveva già viste, in un oscuro passato o forse in una vita mai vissuta, la vita di un'altra donna che aveva camminato spesso sulla rena del mare, lasciando orme presto inghiottite dall'acqua, che, attirata dall'astro, aveva desiderio di ricongiungersi alla terra, lambendone i fianchi, ammantando la rena con docili abbracci tondi e suadenti.
Cerchi ampi si susseguivano…
Che idiozia morire così!
Gridò forte…
Gli avversari s'intuirono scoperti, in scacco, perché dalla spiaggia aveva preso ad accorrere gente.
Un'imprecazione…
Tonfi sordi che prendevano la via della fuga…
Acqua smossa, nera, graffi rossi e brucianti…
Bruciava tutto…
Gli occhi, la bocca, le ferite, l'orgoglio…
Nel buio, l'equilibrio s'infranse, neppure il tempo di mettere le mani avanti e ritrovarsi la faccia in acqua, mentre ascoltava il corpo ripreso in fretta, strattonato, tirato indietro, rigirato, le mani frugarle addosso, la faccia trattenuta…
La faccia…
Victor…
§§§
Victor sapeva tutto. Victor arrivava sempre.
Victor non l'avrebbe mai abbandonata.
Victor l'avrebbe salvata, da se stessa e dal resto del mondo.
Victor avrebbe accolto il suo essere donna come lei fosse stata la più tenera delle creature femminili, come la più leggiadra dea dell'Olimpo, la più ingenua e deliziosamente innocente fioritura d'un prato scosceso.
Pura…
E allo stesso tempo avrebbe languidamente lambito e ammansito il suo essere maschio, la sua foga, la sua assoluta incapacità di pensarsi debole, indifesa, ingenua, finanche troppo sicura di sé, al punto da rassegnarsi all'inevitabile destino di rischiare la pelle, che fosse la vita o la reputazione.
Victor le avrebbe parlato, animosamente…
Victor l'avrebbe condotta entro i meandri delle disquisizioni tipicamente femminili sullo stato dell'arte, i progressi della filosofia, la cattiva coscienza della stregoneria, la luce della scienza e le delizie dell'amore.
"Non siete sorpreso di vederla ridotta così?".
Madame Roma un poco stupita ma in fondo non troppo, interruppe il flusso dei pensieri.
Lo sguardo era posato sul Colonnello Oscar François de Jarjayes, un poco rattrappito sul pagliericcio della stanza che fungeva da infermeria militare.
C'era puzza di sangue misto ad acqua salata…
Appesi alle pareti seghetti e tronchesi e pinze e coltellini…
Ponta Delgada era un'isoletta in mezzo all'Atlantico. Non s'erano combattute battaglie tali da esser riportate nelle cronache della Storia ma il luogo era comunque attrezzato ad accogliere sbreghi da pallottole, scazzottate per via d'una contesa a carte vinta barando o ancora il tentativo finito male di sfilare denaro da borse o taschini.
"Non più di tanto…perdonate…" – risposte un poco stranito Victor Girodel, lo sguardo fisso all'effige immobile dell'altra – "Sì…è accaduto ancora…è sempre disdicevole…prima o poi potrebbe ferirsi gravemente ma insomma…è accaduto…ancora…".
"Oh…allora ho compreso…in effetti…ho potuto notare e vogliate scusarmi voi se v'appaio un poco irriverente ma abitando nello stesso luogo ristretto, insomma…ho apprezzato diverse cicatrici sulla pelle…di certo il colonnello…da qualche parte se le dev'esser procurate…".
"Madame, vi ringrazio di avermi fatto chiamare…".
"Quando mademoiselle…il colonnello…si è avviata verso la salita del paese ho immaginato non sarebbe stato prudente lasciarla andare da sola. Ho apprezzato che non ama la compagnia asfissiante di altri ma questo non implica non apprezzi chi magari ha più lungimiranza di lei nello scorgere pericoli. Ponta Delgada sa essere spesso peggiore d'uno dei peggiori quartieri di Marsiglia…".
Victor Girodel tornò al viso di Oscar François de Jarjayes, reclinato sul fianco sinistro.
Non si scorgeva facilmente ma il livido sulla tempia, quello era bel visibile.
L'uomo non si rassegnò. L'altra era ancora incosciente.
L'aveva recuperata sulla spiaggia, trascinata fuori dalla rena, fradicia, implorante di lasciarla lì, pazza quasi, per chissà quale motivo.
Era stata vista dirigersi verso l'ufficio della posta, non sarebbe stato difficile immaginare cosa ci fosse andata a fare e che cosa avesse trovato o avesse scoperto. Qualsiasi fosse stata la notizia, essa era stata in grado di ridurla in uno stato pietoso, soprattutto incapace di attendere all'unico obiettivo ch'era – per un ufficiale dell'esercito - quello di tutelare se stessa, tenersi lontana dai guai, riguardarsi e non pensare ad altro che all'incarico per cui era stata designata.
E invece, doveva essere senz'altra andata così, lei s'era messa in cerca dell'altro, del passaggio dell'altro sull'isola, dato che la prima lettera che Victor Girodel aveva consegnato a Madame Maron Glacé proveniva proprio da lì.
Dunque quell'uomo, l'esistenza o forse ormai lo spettro di quello, era sempre lì, aleggiava la sua aura o forse la sua nefasta influenza, tra loro, a distorcere dai compiti, dall'orgoglio, dalla purezza che mai aveva intaccato l'ingenua e intransigente esistenza dell'altra.
"Tenete molto a lei?" – proseguì Madame Roma porgendo all'altro una pezza bagnata.
Victor Girodel non rispose. Non si diede modo di sussultare o di lasciar intendere ch'era così.
Ma dunque era così evidente? Se lo era per tutti quelli che si avvicinavano a loro, perché non poteva esserlo per lei, per Oscar?
E sì che lei era sempre stata molto perspicace.
Era incapace Victor Girodel d'immaginarsi che l'altra avesse davvero compreso.
E al tempo stesso sferzava il pensiero che non ci sarebbe mai stato nulla da fare.
Sarebbe stato preferibile e meno costoso per l'orgoglio, immaginarsela del tutto innocente, incapace di pensare all'amore.
Non solo il proprio per lei, ma quello di chiunque altro.
Era dunque incapace Victor Girodel d'immaginare che forse la simbiosi del cuore, la cifra oscura dell'amore, quella, è insondabile e imperscrutabile e assolutamente non addomesticabile.
Per lui essa era solo una cifra, pari a qualsiasi altro sentimento, ficcata nel fondo del muscolo più potente.
Per assurdo l'unica cifra capace di portare gli amanti a ritrovarsi delusi se uno o l'altro avessero fallito nelle reciproche aspettative.
"Che cosa farete adesso?".
"Fortunatamente le chiavi dei forzieri sono al loro posto…".
"Beh, mademoiselle non le avrebbe mai portate con sé…".
"Ne convengo…ma ho il dubbio che lei sia divenuta un bersaglio troppo facile. Questa aggressione potrebbe essere stata messa in scena da qualcuno che sapeva delle chiavi e le voleva per sé…".
"Dite che non è un caso? Ponta Delgada…ve l'ho detto…non è infrequente imbattersi in ladri qualunque…".
"Madame…per me il caso non esiste…debbo considerare tutte le eventualità e le debbo considerare dalla loro peggiore angolazione. Questo per me è un attacco a un ufficiale francese. Per quanto questo ufficiale fosse in giro da solo, e senza esibire la sua origine, non indossando l'uniforme, resta che è stato aggredito…dunque la mia decisione, fino a quando il colonnello non si rimetterà, sarà di viaggiare su questa nave, assieme a voi. Semmai…tra qualche settimana, quando lei sta meglio, provvederò a rientrare sulla…".
"Non puoi!" – il sussurrò un poco stentato, senza voltare il capo, per via dal dolore impresso addosso dalle ferite, viso contro il muro, aveva ascoltato e replicava alla strategia di Victor – "Sai che non possiamo restare sulla stessa imbarcazione…saremmo troppo vulnerabili…".
Il corpo tremò tentando di voltarsi, le fitte inchiodavano alla malefica posizione.
"Si che posso! A questo punto…utilizzeremo la strategia contraria…" – s'impuntò Victor Girodel, che Oscar fu costretta a voltarsi, muta, occhi sgranati all'altro.
"Provvederò a rientrare sulla Destin…" – proseguì severo Girodel, quasi non avesse voluto ascoltarla – "Solo quando starai di nuovo bene! Separati siamo troppo vulnerabili…rischiamo di essere aggrediti, catturati e diventare l'uno la spina nel fianco dell'altro…".
Per nulla intimorito dal montare della reazione, la scelta della strategia mutò via via in una raffica di ordini – "Rafforzeremo i turni di guardia…resteremo assieme…in queste condizioni sono io il più alto in grado. Non voglio nemmeno sapere perché sei stata aggredita…lasceremo Ponta Delgada domattina e viaggeremo sullo stesso vascello. Io resterò di guardia e tu avrai il tempo di riposare…".
"No!".
"Oscar François de Jarjayes…" – Victor Girodel si alzò dallo sgabello, lo sguardo fiammeggiante – "In questo caso non posso essere d'accordo con il tuo rifiuto. Ciò che è accaduto non può essere passato sotto silenzio. Ti sei allontanata, sola, sei stata aggredita. Non te ne faccio una colpa ma resta che il tuo comportamento ha messo in pericolo la buona riuscita della spedizione…se ti avessero catturata…come avremmo fatto a ripartire?".
"Sai che se mi fosse accaduto qualcosa, sareste ripartiti ugualmente…non accampare ragioni inesistenti!" – sputò l'altra che ascoltava il dolore salire e l'impossibilità di ribellarsi.
Una smorfia…
L'ennesimo errore…
Iniziava a pensare d'esser davvero idiota a finire per cacciarsi in simili frangenti.
Mai si sarebbe detta invincibile ma nemmeno del tutto vulnerabile al punto da ritrovarsi comunque un uomo alle calcagna che vigilasse sulla sua incolumità!
Il difetto bruciava al pari del sale marino sulle ferite!
"Monsieur…credo che adesso sia il caso di lasciar riposare mademoiselle …" – tentò d'intercedere Madame Roma.
"E sia…ti lascio due ore di tempo…" – sibilò Victor serio, quasi fosse stato un padre che non tollera i capricci del figlio più piccolo – "Poi risaliremo tutti a bordo. Predisporrò io le modifiche ai turni di guardia…".
"Monsieur...sulla Aiace lo spazio è più ridotto della Destin…" – Madame Roma tentò d'obiettare più per curiosità civettuola che non per serio fondamento dell'accidente.
"Mi adatterò!" – tuonò Victor Girodel, l sguardo fisso verso o si sarebbe meglio detto contro Oscar François de Jarjayes – "Alcuni ufficiali della Aiace verranno suddivisi sulla Destin e sulla Saint Paul Rosmary e sulla Livrea. Vorrà dire che visto che ti atteggi a prendere iniziative come se fossi un uomo, a disprezzare il pericolo come se fossi un uomo, a finire nei guai col rischio di compromettere tutta la spedizione…come se fossi un uomo…ebbene non sarà un problema per te dividere lo spazio di viaggio con un uomo!".
Sussultò Madame Roma, correndo con lo sguardo alla malandata ospite che, parimenti, non batté ciglio, forse senza forze, forse confidando che Victor Girodel mai si sarebbe spinto a tanto.
Si spalancò la porta a quel punto, il legno quasi si schiantò contro la paretina e i cardini cigolarono sollecitati impietosamente.
La giovane amante indiana irruppe nella stanza, che lei aveva seguito il suo uomo, l'aveva atteso e aveva inevitabilmente ascoltato quelli che erano i suoi folli propositi.
La vicinanza a Oscar François de Jarjayes sarebbe equivalsa all'allontanamento tra sé e l'altro e dunque…
"Tu esci!" – proseguì Victor sprezzante, senza nemmeno consentire all'altra di parlare o forse proprio per evitare che l'altra rivelasse ciò che oramai non era necessario tenere segreto ma nemmeno sbattere in faccia.
Oscar François de Jarjayes non era una mocciosa, avrebbe compreso il senso dello sguardo livido e atterrito della giovane indiana ma non avrebbe parimenti apprezzato il motivo per cui quella adesso, pugni alzati, le piantava addosso due occhi furenti, braci che a poco a poco s'infuocavano fino quasi a divenire incandescenti.
"Monsieur…" – ansimò Lua in preda al terrore – "Victor…".
L'altro si avvicinò: "Sai come la penso…sai che cosa ti ho sempre detto…non avvicinarti a lei o per te sarà la fine. Se non comprendi peggio per te…non sei degna di starle accanto e se ti adeguerai io non ti abbandonerò…".
Poche parole sussurrate all'orecchio.
Lua diresse le mani in due direzioni diverse. Una cadde al fianco a peso morto. La sinistra si appoggiò al petto di Victor, una posa consueta tra loro, preludio all'abbraccio dell'uomo nel momento cui si sarebbe accostato a lei.
Non accadde nulla, Victor Girodel rimase rigido e l'altra fu costretta a indietreggiare, distanziarsi.
A capo chino uscì dalla stanza…
"Posso almeno…restare…".
Girodel le arrivò alle spalle, spingendo la giovane indiana fuori dalla porta - "Lo stabilirò a tempo debito…" – digrignò livido.
"Con te…" – concluse l'altra, piano.
Madame Roma tornò a osservare colei che giaceva nel letto.
Che avesse ascoltato o meno, adesso era ridiscesa in una sorta di limbo oscuro e silenzioso, segno che forse il dolore delle ferite aveva la meglio sulla capacità dei sensi di catturare lo sciame delle emozioni che evaporava dalla piccola stanza.
"Tenete molto anche a lei!" – concluse Madame Roma, che però stavolta un mezzo sorriso di compatimento inarcò le labbra, come a dire, in silenzio, all'uomo, che lui avrebbe potuto fare e dire e disfare tutto ciò che avesse voluto ma si vedeva bene che quello era un poco diviso, preso alla sprovvista dall'affetto mescolato alla rabbia, dall'amore puro mescolato a quello irruento e per nulla domato.
Se non ci fosse stato pari consenso da parte di tutti a gestire certi sentimenti, tutto sarebbe stato inutile.
"Non ha importanza ciò o a chi tengo io. Ciò che è importante è che il colonello non abbia a patire da questo viaggio, né da altri accidenti che potrebbero turbare la sua tranquillità!".
"Un vero gentiluomo!" – gorgheggiò ironica Madame Roma, lo sguardo illuminato di compassionevole scherno – "Vi prodigate così tanto…ma vi siete almeno accertato che le vostre attenzioni siano non dico ricambiate ma almeno gradite?!".
"Non ha…" – inghiottì Girodel…importanza…
"Sì che ce l'ha! Sì che tutto ciò ha importanza…" – lo prevenne l'altra – "Voi considerate questa donna come fosse già la vostra donna…
Che Victor Girodel si ritrovò scoperto e messo alla gogna…
"Al di là del suo volere…pensate sia corretto tenerla in disparte a tutti gli accidenti che un viaggio del genere potrebbe riservarle? E poi siete proprio sicuro di sapere tutto su di lei?".
"So quanto basta! E il vostro tentativo di considerarvi e considerare lei come persona capace di badare a se stessa non vi fa onore madame…una donna…dovrebbe sempre avere l'accortezza di accettare l'aiuto di un uomo…altrimenti…".
Madame Roma rise piano…
"Monsieur…dunque voi ambite all'intelletto e al corpo di questa donna…" - ironica, quasi cinica – "Più che al suo cuore?!".
"Madame…siete oltremodo irriverente…".
"E voi siete davvero encomiabile nel vostro disegno…".
Victor Girodel si parò davanti all'altra…
"Non temete…mi siete simpatico…" – madame s'affrettò a calmare l'ufficiale – "Se non altro non fate mistero dei vostri sentimenti…non disdegnate neppure di portare appresso a voi la vostra amante…siete franco e diretto…".
"Madame…quella che voi definite amante…".
L'altra alzò le mani in segno di resa…
"Monsieur…non preoccupatevi…chi sia per voi la giovane indiana è affar vostro! Ma temo che il colonnello…mademoiselle…come la chiamate voi…mi pare donna che ammetta con estrema difficoltà che un uomo coltivi sentimenti estranei a quelli della sincerità e della fedeltà verso una persona con cui vorrebbe condividere cuore, intelletto e sesso! Oh…io sarei estremamente lieta di condividere la vostra visione della vita…".
Girodel fu costretto a fare un passo indietro, sdegnato…
"E non temete…se mademoiselle comprenderà sarà solo grazie a se stessa…" – rincarò l'altra che aveva scovato dunque la piccola breccia nell'intransigente figura dell'altro – "Mi premunirò di aiutarvi se questo servirà ad avvicinarvi a lei. Certo è che…pare quasi una sfida…avete mai pensato che più che coltivare il consenso di una donna se ne dovrebbe ammansire il dissenso?!".
"Madame Lemonde…ciò che ambisco che accada non è affar vostro…".
"Oui monsieur…era solo un consiglio…e…mi domando…avete mai pensato che ciò che vi attrae…" - lo sguardo di Madame Aleksandra Roma Lemonde scorse al profilo un poco affossato del corpo della donna che giaceva sul pagliericcio, come persa entro una coltre ruvida, ripiegata anima e corpo entro un invisibile bozzolo fatto di tela di ragno più che di bava di seta – "Potrebbe essere proprio ciò che un giorno, quando l'avrete tra le vostre mani, non sarà più lo stesso?".
"Dannazione…che intendete?".
"Oh…nulla di grave…certi uomini ambiscono a conquistare le donne sensualmente ribelli, quelle che non sono facili da domare…per certi uomini è quasi una sfida a se stessi più che alla conquista dell'altra…ma poi…una volta che tale bellezza sia stata presa…Monsieur Girodel…non finireste voi stesso per disprezzare una donna che vi diventasse docile e devota sotto le vostre dita? Questa donna intendo…non una donna qualsiasi!? Ah…gli uomini…benedicono le donne che sono fragili come i fiori più preziosi da conquistare e poi quando esse perdono il loro profumo segreto…le maledicono per ciò che sono diventate! Banali e sottomesse! Perfette dame di società, madri e mogli…".
"Madame…non vedo cosa ci sia di male a che una donna diventi madre e moglie…e…ancora una dama capace di stare in mezzo alla nobiltà più insigne di Francia…colei di cui state parlando potrebbe essere chiunque lei volesse…".
"Chiunque vorreste voi!" – lo corresse Madame Roma, alzandosi e sistemandosi la lunga veste di tela rozza, sbiadita dal vento e dalla salsedine.
"Dunque voi mi state dicendo che né io, né chiunque altro potrebbe mai avvicinarsi a lei…perché così facendo lei non sarebbe più la stessa?".
"Io non dico nulla monsieur…osservo e deduco…ascolto e immagino…voi l'immaginereste mademoiselle fasciata in un lungo abito da ricevimento…agghindata e imbellettata, magari un neo finto, cipria sul volto, un'acconciatura sontuosa di piume e fiori!? Oppure ficcata in una sfarzosa uniforme, mostrine dorate, cordelle d'argento, istoriata di ricami preziosi…parimenti fasciata e incapace quasi di respirare? Che ne sarebbe di ciò che è lei davvero? Chi è lei davvero!?".
Cinico Victor Girodel sfoderò un sorriso sicuro…
"Madame…tutti i vostri discorsi presuppongono che io abbia intenzione di conquistare questa donna…il suo cuore…il suo amore…ebbene…temo di deludervi madame…".
Che fu l'altra a stupirsi stavolta, l'eloquio si contrasse in un muto disappunto.
"Vedete…l'amore…" – Victor sollevò gli occhi a un immaginario cielo stellato – "L'amore è effimero…sfuggente…nulla può deludere più di ciò che si ammanta del suo insostenibile vello…".
"Non volete il suo amore…" – affondò altrettanto cinica Madame Roma.
"Perché esporre questa donna meravigliosa al timore d'una delusione d'amore quando un'unione avrebbe il sacro pregio di fondarsi su sentimenti ben più solidi finanche il rispetto che le porterei sempre…".
"Rispetto!? Con la vostra amante al seguito?".
"Avete detto bene madame…amante…nulla è un amante se paragonata all'unica donna a cui ambisce l'intelletto e la coscienza! Né un amante, né una carica militare, nessuna ricchezza potrebbe mai distogliermi da lei. Dunque, come vedete, esiste una forza ancora più potente dell'amore. Essa non potrà mai deludere…".
"Siete abile Monsieur Girodel…mi domando come potrete far breccia nel suo cuore se ciò che avrete da offrirle sarà diverso da ciò che lei sta cercando…".
"Madame Roma…pensate che mademoiselle cerchi l'amore!?" – cinico.
L'altra si avvicinò, sorrise, lo sguardo s'assottigliò, le iridi color malva sciolsero scintille sprezzanti.
"Semmai fosse così, monsieur…per voi sarebbe la fine…".
Non attese risposta Madame Roma…
Victor Girodel rimase lì, come se davanti a lui si fosse improvvisamente elevato un enorme monte fatto di sassi e pietre, brullo e spoglio. Non c'era modo di scalarlo come se esso fosse inavvicinabile, una sorta di montagna sacra agli dei.
Gli parve che se il suo piede si fosse avventurato per i suoi sentieri, lui avrebbe finito per perdersi.
O forse sarebbe riuscito ad arrivare in cima e a conquistarlo.
Esso sarebbe divenuto suo. Il monte però non sarebbe più stato lo stesso di prima.
§§§
Il trasferimento degli effetti personali del tenente e della giovane dama indiana furono completati nella notte. Fu necessario redistribuire alcuni sottufficiali tra i vascelli della flotta così che sulla Aiace vennero recuperate ben due cabine, non molto distanti da quella occupata dal Colonnello Jarjayes.
Stessa sorte toccò ai forzieri, così che tutti avrebbero viaggiato assieme alle casse.
Così che si decise che anche l'equipaggio dell'Aiace avrebbe subito modifiche: i membri sarebbero stati sottufficiali e ufficiali dell'esercito e della marina che avrebbero avuto il compito di coordinare il poco personale di marineria necessario a governare la nave. Meno estranei, meno rischi.
Victor Girodel chiese a Madame Roma di vegliare su Oscar François de Jarjayes, con l'ordine di avvertirlo non appena l'altra si fosse svegliata.
Quando accadde, Victor Girodel informò Oscar François de Jarjayes dei cambiamenti imposti agli equipaggi delle imbarcazioni, agli spostamenti degli ufficiali, alle turnazioni delle guardie.
Ricevette una sommessa conferma della bontà del lavoro svolto, assieme al tacito consenso che racchiudeva una sorta di accorata gratitudine.
Oscar François de Jarjayes ammetteva di aver commesso un errore.
Nella testa ritornava a digrignare addosso, come un cane rabbioso, il racconto appreso all'ufficio postale, che ora dopo ora si mescolava al sogno, come se la realtà e l'incoscienza fossero legati dal filo invisibile che s'era dipanato nel passato, tra sé e André, un filo capace di unire eventi del tutto estranei, distanti non solo nello spazio ma persino nel tempo.
La voce di André rimbombava nella testa.
Il grido di terrore s'era inciso sulla pelle, fin nel fondo delle viscere, e non c'era verso di scansare l'idea che tutto fosse stato casuale, ma era come se quel grido lei l'avesse udito, da un tempo immemorabile ormai e l'aveva seguito, vagando per l'isola, come se, da un istante all'altro, lei l'avesse scorto, l'altro, buttato in un angolo, picchiato quasi a morte, e lei fosse corsa – avesse potuto farlo davvero – per finirgli addosso e abbracciarlo.
Non l'aveva scorto, André non c'era.
Instupidiva che lei si fosse ritrovata a cercarlo, là dove lui non c'era più, e per seguire quel filo s'era lasciata condurre dalla rabbia, sì ch'era stata aggredita.
E ancora, come calata in una dimensione altra dalla realtà, s'era immaginata che lui – André – sarebbe stato lì, in un'atroce mescolanza tra passato e presente che piombava il respiro.
Non perché lei non sarebbe riuscita a difendersi…
Non perché allora tanta parte di ciò che le era stato risparmiato nel passato era forse stato grazie alla presenza dell'altro…
Era, incombente, il puntiglio d'averlo lì, di nuovo, come se nulla fosse accaduto…
Senza motivo, senza scopo, senza affetto, senza amore…
Per nulla che non fosse solo che lui era vivo…
La coscienza diveniva una sorta di velo bianco, né fulgido, né limpido…
La coscienza si svuotava, sospinta dal vessillo della speranza, atterrita dalla lama livida della realtà.
Chissà se fu la coscienza o l'istinto o forse la rabbia o forse la disperazione o chissà cos'altro a sospingere la mano verso Victor Girodel.
Un gesto di resa, che l'altro non si stupì, l'accolse come si coglie un fiore al mattino non ancora sbocciato.
La tenne ferma, la mano, come a bearsi del semplice contatto di cortesia.
D'istinto la portò alle labbra e baciò il dorso.
In silenzio, scorse un sussurro di niente, un tocco distante…
Come a rammentare a Oscar François de Jarjayes che Victor Girodel sapeva tutto.
Victor arrivava sempre.
Victor non l'avrebbe mai abbandonata.
Victor l'avrebbe salvata, da se stessa e dal resto del mondo.
Victor avrebbe accolto il suo essere donna come lei fosse stata la più tenera delle creature femminili, come la più leggiadra dea dell'Olimpo, come la più ingenua e deliziosamente innocente fioritura d'un prato scosceso.
Pura…
E allo stesso tempo avrebbe languidamente lambito e ammansito il suo essere maschio, la sua foga, la sua assoluta incapacità di pensarsi debole, indifesa, ingenua, finanche troppo sicura di sé al punto da rassegnarsi all'inevitabile destino di rischiare la pelle, che fosse la vita o la reputazione.
Victor le avrebbe parlato, animosamente…
Victor l'avrebbe condotta entro i meandri delle disquisizioni tipicamente femminili sullo stato dell'arte, i progressi della filosofia, la cattiva coscienza della stregoneria, la luce della scienza e le delizie dell'amore.
Victor l'avrebbe amata per sempre…
§§§
Océan Atlantique …
La navigazione riprese.
Nessun altro approdo, se non, una volta giunti in America, comprendere se e dove scegliere di fare ingresso nel continente.
Alcune imbarcazioni di rango minore, fregate e brigantini, sarebbero state spedite in avanti per perlustrare lo specchio d'acqua.
La visione dell'immenso specchio d'acqua s'incise entro la coscienza, stupiva la vastità di contro ai tasselli del viaggio ch'erano gli stessi, pur non essendo lo stesso viaggio, forse la tinta del cielo a specchiarsi sul mare, il rollio della nave, lo sciacquio delle onde contro lo scafo…
Forse i pensieri…
Victor Girodel ebbe poco tempo per pensare ai discorsi con Madame Roma.
Chi era Oscar François de Jarjayes?
Chi era davvero?
Lo scorrere dei giorni indusse la mente a considerarli sciocchi e poco utili.
Con i sentimenti, anche quelli come rispetto e affetto, non si può discutere, come si discute di forza del vento o correnti marine. Non c'è un sistema di misurazione.
E tutto ciò che non era misurabile era fonte di apprensione per Victor Girodel.
Tutto ciò che non era possibile tenere sotto controllo era da scansare come la peggiore delle sventure.
S'immaginò che per Oscar François de Jarjayes fosse lo stesso.
Victor Girodel, in questo senso, si percepiva sorprendentemente simile all'altra, perché entrambi erano caparbi, severi, seri, ma in fondo non all'eccesso, così da risultare insolenti e insofferenti.
Era accaduto però, che il muro grigio e statico della coscienza s'era liberato, per un istante, dal manto polveroso e marcio di una certa ombra, così che galleggiava ancora quel tacito consenso, una resa ch'era vittoria sottile, ch'era breccia, ma non era importante che il muro crollasse, quanto che lo strano rampicante che s'insinuava via via nelle fessure, avesse poi forza di trattenere il tutto, sostenerlo, e divenire via via un tutt'uno col muro stesso.
Un'entità a sé dunque, sorprendentemente unica, impossibile da spiegare, per quanto è cosa comune che i muri si ritrovino avvolti dai rampicanti e in una sorta di mutualistico aiuto, traggano l'uno dall'altro il desiderio di restare uniti e complici.
Erano trascorsi quasi tre anni da che Victor Girodel aveva colto la sorprendente opportunità d'avvicinarsi a Oscar François de Jarjayes, seppure ammetteva che la coscienza dell'altra fosse comunque avvolta ancora da quella certa ombra, capace di celare la spontanea bellezza dello sguardo, la libera ascesa verso un altro essere umano.
Stridevano le parole di Madame Roma dunque, che allora, Oscar François de Jarjayes non sarebbe più stata la stessa, semmai qualcuno avesse sollevato quel velo e rivelato lo sguardo puro e libero che l'altra nascondeva?!
Erano trascorsi quasi tre anni.
A ogni passo in avanti ne corrispondevano mille indietro.
Ma ogni passo era bastevole, unico, prezioso e immenso.
Victor Girodel accantonò i discorsi spesi con Madame Roma.
Si beò dell'occasione regalata, ammise ch'era stato fortunato ma anche accorto.
Non si era mai nascosto, non aveva fatto mistero d'essere amante…
La propria amante l'aveva portata con sé e se Oscar François de Jarjayes, nonostante ciò, aveva rivolto lo sguardo verso di lui, ciò significava che lei fosse comunque consapevole dell'alto valore dell'altro, di quella forza, rispetto misto ad abnegazione verso di lei, che mai sarebbe stata sconfitta.
S'era ritrovato qualche volta a passeggiare sul ponte, assieme a Lua.
Non s'era nascosto dunque, seppur non aveva esibito alcun contegno indegno, che giungesse a infastidire i bei pensieri di Oscar François de Jarjayes e neppure il desiderio furioso della giovane indiana.
Un tempo sarebbe stato più accorto…
Un tempo…
"Come vi sentite?" – Madame Roma entrò nella stanzetta, trovando l'ospite finalmente in piedi, lo sguardo un poco perso a fissare l'orizzonte piatto e celeste del mare di contro a quello ceruleo e gonfio di nuvole del cielo.
"Meglio…vi ringrazio per aver sopportato la mia convalescenza…".
"Sedete…" – impose l'altra – "Devo ammettere che sono io a ringraziare voi. Questo è il viaggio meno noioso che abbia mai affrontato. Anche mio marito è dello stesso parere e sì che Monsieur l'Ammiraglio Lemonde ne ha affrontati davvero parecchi…".
Oscar obbedì, stranamente incapace di opporsi alla richiesta dell'altra. La testa doleva ancora e il dolore aveva avuto pregio di ammansire gli intenti sprezzanti a tentare di fare da sé, senza l'aiuto di nessuno.
"Con il vostro permesso…" – respirò a fondo Roma – "Mi permettete di continuare a occuparmi di voi?".
Lo sguardo severo scorse, riflesso al dannato specchio.
Oscar si vide, scapigliata, il livido alla tempia del colore giallastro di frutta ormai marcia, la pelle un poco spenta, bianca, le labbra ancora gonfie.
"Siete stata fortunata…" – riprese Roma andando a preparare acqua in una brocca a cui aggiunse alcune gocce oleose – "Avete ancora tutti i denti in ordine e il vostro bel naso non si è rotto. Perdonate ma dovreste avere più cura di voi stessa…non siete nata per vivere come un animale braccato nella foresta e credo che avere timore e riguardo per il proprio aspetto forse sarebbe segno di ancor maggior assennatezza da parte vostra. Disprezzare il pericolo a quel modo non vi fa così tanto onore…".
Nella testa sbattevano le immagini…
I ricordi avviluppati alle congetture…
La voragine su cui sempre si ritrovava al pensiero che André…
"Che cosa volete madame?" – soffiò arida Oscar François de Jarjayes non abituata alle cure di altri che non fossero se stessa o alle perdute quelle di Madame Marron Glacé.
"E' semplice! Voi!".
Si voltò l'altra un poco stupita, la guardia sollevata d'istinto.
Rise, riso isterico e sprezzante…
Senza parole…
"Che avete compreso?" – s'affrettò a correggersi Madame Roma, soddisfatta però d'aver finalmente scovato un punto debole – "Vorrei mostrarvi chi siete…".
"Con tutto il rispetto…madame…lo so benissimo chi sono e non ho necessità che qualcuno si interessi a dimostrarmelo…".
"Siete arrogante! Questo lo sapevate? E siete presuntuosa. Sapevate anche questo? Sapete che Monsieur Girodel prova dell'affetto per voi? E sapete che anche voi…voi sembrate alla ricerca di altro?! E' come se viveste sempre col desiderio di ritrovarvi sull'orlo d'un baratro, che a voi di camminare per un sentiero già tracciato da altri…si, lo fate, ma vorreste proprio evitarlo…".
"Pare che voi sappiate molte più cose di quel che saprei di me stessa! Mi domando allora se io sia davvero così intelligente oppure più ingenua di quel che pensate!".
Madame Roma si avvicinò.
"Che avete capito?" – la mano si allungò a lisciare la capigliatura arruffata e ruvida di salsedine e passeggiate sul ponte – "Non avete mai immaginato di ritrovarvi tra le braccia di un uomo anziché sotto i pugni di un uomo!? Non avete mai immaginato che un uomo, ogni uomo, non sia solo un avversario da atterrire con le parole e con il disprezzo, come se da un qualsiasi affetto potesse derivare solo dolore e disprezzo!?".
"Madame…" – rise l'altra, di nuovo, d'un riso canzonatorio mescolato a rabbia – "A me francamente non interessano…".
La faccia riflessa nello specchio…
Il volto di Madame Roma s'appaiò a quello di Oscar François de Jarjayes.
Stavolta la donna si limitò a scorrere al viso dell'altra, il collo libero, l'ovale un poco più acuto e smagrito, solcato dalla lieve fessura della bocca dischiusa, come increspata d'inconsueto pianto, e poi dal taglio degli occhi che avrebbero voluto stupirsi ma no, era come se non potessero, il naso, dritto, liscio, bello…
Le parole incespicarono…
Rammentò il cuore allora, che nella testa batteva la rabbia…
Rammentò…
Sei una donna di rara bellezza e intuito acuto…ammetto sia del tutto ingiusto e scortese chiederti di parlarmi di Maria…ma con te posso farlo…credo che potrei…ti prego…onora la mia persona…non sono soltanto un conte…
Credo che potrei…
La mano s'era allungata ad afferrare la mano di lei…
La mano s'era stretta alla mano…
L'istinto di sottrarsi di nuovo, la coscienza e l'affetto avevano forzato a lasciarsi chiudere nel desiderio dell'altro.
Restare lì…
Che Fersen s'era portato la mano al volto e poi lentamente il palmo alla bocca.
Ti chiedo scusa…chiedere a una donna di parlare di un'altra donna…è una richiesta di pessimo gusto…
Dunque non mi sbagliavo…
Come…
Si…tu devi saperlo bene cosa sia la felicità…
Non…capisco…
Quando te lo chiesi…tre anni fa…mi dicesti ch'eri felice, senza spiegare perché. Poi mi hai chiesto scusa per avermi consigliato di lasciare la Francia, ammettendo d'aver usato parole di Stato e non sentimenti. Eppure…adesso…ascoltando la descrizione di Maria… non hai parlato di lei come di una regina.
Non ti sei soffermata su quale fosse la sua vita adesso…chissà forse gl'impegni di corte saranno stati diradati per non affaticarla…chissà quali vestiti indossa…non hai parlato di tutto ciò ma dei suoi occhi…della sua preoccupazione.
Quale donna non lo farebbe!? E come non osservare dietro questa descrizione il senso di felicità che immagino pervada Maria e che dunque tu hai saputo cogliere!?
Io non credo di sapere cosa sia la felicità…
La mia vita…è sempre scorsa a servire la famiglia reale…intuire i possibili pericoli che avrebbero potuto attentare alla loro sicurezza…
O minarne l'onore…
Ecco…non so se in tutto questo mi sia stato possibile scorgere la felicità, dunque cosa sia davvero…
Nemmeno io so cos'è! Ma so per certo che non si tratta d'un sentimento assolutamente visibile. La felicità…è ciò che si scorge nei gesti, negli sguardi…ammetto ch'è difficile…non sempre siamo in grado di comprenderla…quella altrui e persino la nostra!
Io non lo so…
Avevi detto…di saperlo…e che lo eri…
No… non lo ero…
Ora posso affermarlo con certezza…perché ora provo infelicità…ed è lo stesso che provavo anche allora…
Dunque anche allora…
E' possibile che ne fossi convinta…è possibile che in fondo…rispettare l'onorabilità della propria famiglia renda orgogliosi e se ci si riesce allora si potrebbe anche pensare d'essere felici…ma adesso…
Non eri felice dunque…e non lo sei nemmeno ora?
E lo stesso vale per la solitudine? Sei infelice per via della solitudine?
Io…non…
Davvero…mi sarei aspettato che avresti negato con generosa responsabilità! Non neghi dunque di sentirti sola…è per questo che sei infelice?
Non credo d'essere in grado di parlare neppure di quella…adesso semplicemente…non lo so…
Hai ragione…ma mi ha fatto bene parlare con te…è sorprendente come io sia qui…con te…con una donna intendo…e riesca a conversare così tranquillamente…
Sorprendente?! Non ti capisco…vorresti dire che…che avresti preferito qualcun altro?
No…non fraintendermi! Oscar…sei una donna…perdonami…sei una persona leale e sincera…ecco…intendevo dire che è la prima volta che mi fido così a fondo di una donna…forse è accaduto solo con Sophie, mia sorella minore. Ma con altre donne…eccetto Maria…non ho mai azzardato ad accettare una simile vicinanza…
Insomma…non posso negare che tu sia una bella persona…adesso sono qui…con te…non avrei potuto desiderare compagnia migliore…sei un vero amico…
Un amico…
Prima…hai detto…credo che potrei…cosa…intendevi?
Credo che potrei…innamorarmi…
Mi piacerebbe che tu indossassi un abito…per me…
Un…abito…
Si…hai compreso…un abito per danzare con me…un abito che renda finalmente onore alla tua figura così sorprendente e fiera e bella…
Non devi rispondere adesso…anzi…perdona le mie parole azzardate…ma questo pensiero…il pensiero che un giorno potrò rivederti…e che forse potremo…danzare insieme…ecco si…mi consentirà di affrontare con più coraggio questa impresa. Sai…nell'ultimo ricevimento a Versailles…quella sera…avrei voluto danzare con Maria. E allora ti ho invidiato è vero, avrei voluto essere te…ma al tempo stesso…avrei voluto essere accanto a te…
Perdonami…sono un'egoista…avanzo una domanda del genere in un simile momento, sapendo bene che non ti concederò tempo per rispondere…
Ebbene…affronterò questo viaggio immaginandomi che un giorno tutto ciò potrà accadere…immaginandomi come potrà essere…così la mia mente sarà impegnata e sollevata…
Se avesse rivisto Fersen…
Lui era…
Lo sguardo s'abbassò mentre Madame Roma posava delicatamente la mano sul capo, lisciando un poco i capelli.
"Siete estremamente fortunata mademoiselle! Siete intelligente, siete severa, non avete riserve a parlare della verità, mi domando perché dovreste continuare a nascondervi dentro quella meravigliosa uniforme? Che cos'è quell'uniforme per voi? Il vostro unico abito…l'abito che voi indossate ogni giorno e in cui finisce il vostro sapere e il vostro cuore? Pensate che un abito possa dirci chi siamo!?".
"Non ho necessità di mutare abito…".
"Non ne avete la necessità…ma potete scegliere. E scegliere diviene sempre una necessità! Chi coltiva l'intelletto e il coraggio…penso non possa vivere degnamente senza mai scegliere. Non si può vivere immaginando di nascondere sempre la propria indole o i propri sentimenti. E un abito…sapete bene che non sto parlando di quello…forse…voi avete solo paura di scegliere…perché scegliere porta comunque alle conseguenze della scelta…".
Un respiro fondo…
Madame Roma indietreggiò: "Vi lascio dell'acqua per lavarvi. Non è molta come potrete immaginare…non è un abito che ci rende ciò che siamo davvero…".
Lo sguardo allo specchio.
Il buio alle spalle.
Lo sciacquio dell'acqua e la piccola spugna che lisciava la pelle.
Il sentore delle essenze…
Poche gocce che parevano racchiudere in sé la pesantezza ferma della terra, la solidità d'una roccia a strapiombo che si oppone al vento sferzante e al tempo stesso al fremere muto di sciami di ginestre gialle, quelle scorte a Ponta Delgada.
Le aveva vedute di sbieco, un istante di stupore, come se le avesse viste chissà dove e chissà quando.
Lei non era solo un abito.
§§§
Saggiò le forze, si strinse il giaccone addosso.
Il viaggio sarebbe durato ancora sei, forse sette settimane.
Un'eternità…
Quella stessa eternità che s'insinuava attraverso sinistri sibili d'aria tra le fessure del legno e scricchiolii di travi e corde sollecitate dalla forza del vento.
Fuori, all'aperto, scorse alla distesa del mare che pareva eterna, immensa, come se nessuno sarebbe mai più tornato a rivedere la terra.
Nel crepuscolo del giorno, nell'ora in cui i sensi vorrebbero acquietarsi, Oscar pensò alle parole di Fersen, al suo dolente sorriso, alla sua partenza, al mesto abbraccio.
Insomma…non posso negare che tu sia una bella persona…adesso sono qui…con te…non avrei potuto desiderare compagnia migliore…sei un vero amico…
Un amico…
Prima…hai detto…credo che potrei…cosa…intendevi?
Credo che potrei…innamorarmi…
Mi piacerebbe che tu indossassi un abito…per me…
Un…abito…
Si strinse il giaccone addosso…
"Stai meglio?".
La voce alle spalle…
Il passo severo ma fermo.
Si voltò mentre la luce del tramonto avvolgeva la figura di Victor Girodel, riflessa entro le iridi verde chiaro, malinconiche e forse rassegnate.
"Si…debbo chiederti scusa… ho sottovalutato la scenografia dell'isola…".
"Non ha più importanza. Hai…".
Oscar si mantenne con lo sguardo al mare, come a cercare un punto, forse lo stesso che, sulla medesima rotta, doveva aver fissato anche lui, tanti anni prima.
Rimbombavano le parole di Fersen…
Ondeggiavano le parole di André…
"Hai pronunciato il suo nome…mentre eri svenuta…".
"Il suo nome…".
Si sorprese Oscar, s'irrigidì…
Di chi…
Non osò chiedere…
"Comprendo che per te perderlo sia stata una vera tragedia…".
Perderlo…
Comprese…
No…
I pugni stretti, non voleva ammettere d'aver perso nulla.
"Per quel che potrò…" – Victor Girodel sostenne lo sguardo dell'altra, lo sostenne per comprenderlo e accoglierlo – " Non ti lascerò sola…anche se non potrò mai essere come lui…siete cresciuti assieme…era come un fratello per te…".
Come un fratello…
Oscar ammise che una parte dello straniamento veniva da lì.
André era stato come un fratello per lei, fin da quando erano bambini.
Non aveva fratelli lei, non aveva conosciuto che la severità del padre, la sua intransigenza, l'abnegazione a perseguire il suo obiettivo.
Le sorelle più grandi sistemate e sposate in famiglie decorose e benestanti, la moglie presente alla Reggia di Versailles e l'ultima figlia cresciuta come un uomo perché ne diventasse l'erede della discendenza militare.
Ogni pezzo dell'esistenza era stato tagliato e sistemato perché il quadro fosse perfetto.
In quell'armonia perfetta si era collocato anche André, il servo devoto, silenzioso e scaltro che mai l'aveva investita di responsabilità che non fossero alla sua altezza, mai le aveva fatto mancare il suo appoggio, la sua presenza.
Tutto perfetto…
Ma poi…
Fersen…
Fersen non avrebbe mai potuto avvicinarsi a Sua Maestà la Regina Maria Antonietta. Lui era invischiato in un amore senza scampo.
Ma André…
André aveva rotto l'incanto, stracciato la tela, distrutto il perfetto meccanismo.
André aveva conosciuto una donna e per lei aveva lasciato tutto.
André era libero, nessuno gli avrebbe impedito di sposarsi e avere una propria famiglia…
Chi diavolo è allora? E' bella? E' nobile? E' una giovane del popolo? Affermi d'essere un plebeo…dunque…
Si…
Sì…cosa!?
Sì! E' bella! E' davvero...
E' bella…
E' bella…
Bellissima…
E allora perché se n'era andato?!
E che sia nobile o meno…sai che per me non avrebbe importanza. Ma non per lei. No…non è una giovane del popolo. In questo, la mia volontà potrebbe poco. Dunque comprendi perché non ho speranza!?
Lei deve vivere...non merita di sopravvivere e basta...la sua luce...lei...tutto scomparirebbe...
Stai vaneggiando!
No! E' tutto così semplice invece! Ma allora, se proprio ci tieni...ti dico che non me ne andrei se...
Se?!
Se fosse lei a chiedermelo!
Tu gliel'avevi chiesto di restare.
Tu non sei lei…
Se gliel'avessi chiesto…
Di restare…
Come se l'avesse chiesto lei…
I pensieri…
Il sole ormai inghiottito dall'avido orizzonte nero…
Raffiche di vento a sferzare il viso…
Victor Girodel appoggiò la mano su quella dell'altra, a sua volta appoggiata alla balaustra della nave.
"E' meglio rientrare…hanno annunciato tempesta…se ti fa piacere…mi hanno regalato una scacchiera adatta…i pezzi sono abbinati a calamite…non dovrebbero cadere casomai…".
Oscar non ritrasse la mano, mentre lo sguardo continuava a osservare l'orizzonte.
Il cuore si contrasse al pensiero del tocco lieve, al tepore della pelle, alla sensazione di non essere in fondo del tutto sola, in balia di se stessa.
Annuì, mentre le parole lontane oramai nel tempo e nello spazio presero a dissolversi, avvolte dalla nebbia che s'alzava solcando la superficie liscia dell'acqua.
Lo sguardo corse a rincorrere la eco.
Victor lasciò la mano e fece strada.
138
